L’area dei delusi divide la sinistra Ginsborg: ora ci proviamo noi

Convention a Firenze. Spunta l’idea del “default controllato”    

Convention a Firenze. Spunta l’idea del “default controllato”    

ROMA – Con la fiducia nei partiti crollata al 5 per cento e l’astensionismo vicino alla metà dei votanti, immaginare un’altra politica, «la buona politica», può aggregare un’area del «10-12 per cento». Lo dice Ugo Mattei, professore di diritto civile a Torino, estensore con Paul Ginsborg, l’assessore di De Magistris Antonio Lucarelli, Luciano Gallino, Marco Revelli e altri, di un manifesto che può farsi a sua volta partito. «Nell’arco di due legislature questo movimento può diventare la maggioranza del paese», si sbilancia Mattei. Oggi a Firenze il movimento per un “soggetto politico nuovo” organizza un’assemblea pubblica. Sceglierà un nome, quasi sicuramente “Lavoro e beni comuni”. Da giorni il manifesto (il giornale) alimenta il dibattito. Ieri è intervenuto Alberto Asor Rosa suggerendo la necessaria «cattiveria» per dare forma e corpo alla protesta contro gli attuali partiti e il pensiero unico del neoliberismo. Prove tecniche di una corsa alle elezioni politiche, verrebbe da pensare.

L’unica certezzaè chea sinistra crescono fermenti, disagi, contestazioni e che possono succhiare linfa al Partito democratico. Da Grillo a questa riedizione dei Girotondi, molto si muove. «Allora – ricorda il professore girotondino Ginsborg – abbiamo supplicato i partiti di cambiare direzione, di abbandonare un modello fallimentare, di aprire la politica alla partecipazione. Non lo hanno fatto». Così, a volte ritornano.

Li spinge il modello del referendum sull’acqua, bene comune per eccellenza, successo inaspettato e clamoroso, una sfida partita dal basso e arrivata con veemenza al traguardo, subito messa in discussione da sindaci e partiti che si rifiutano di prendere atto della volontà popolare.

Com’è accaduto con il finanziamento pubblico. La battaglia per i beni comuni, il superamento di una società dedicata al solo Dio denaro, ha attirato anche la firma, tra le 4 mila raccolte finora, di Stefano Rodotà. Con qualche riserva. «L’obiettivo è un’organizzazione a rete, un sostegno alla politica lontanissimo dall’antipolitica. Ma guai a pensare a un partito. Guai a trasformarlo in un luogo che raccoglie tutti i reduci delle battaglie perse della sinistra. Il manifesto deve essere aperto. Attenzione al pacchetto chiuso». Nel documento non manca la critica ai partiti, una critica severa. Per far nascere un partito nuovo, come vorrebbe il sindaco di Napoli De Magistris che scalpita per lanciarsi sul palcoscenico nazionale? Si vedrà. Ginsborg assicura che il movimento non vuole correre in maniera autonoma.

«Sarebbe una follia pensare che possiamo fare tutto da soli». Cercherà alleati, connessioni. Già oggi Sel invierà una sua delegazione all’assemblea. Anche Di Pietro apprezza: «L’Italia dei valori cerca una piattaforma programmatica aperta a tanti soggetti. Del manifesto mi piacciono le firme e i contenuti. È arrivato il momento di scomporre e ricomporre tutte le realtà di oggi. E non chiamiamola anti-politica».

Un’ispirazione del “soggetto nuovo”? Cristina Kirchner, il presidente argentino che ha rilanciato il Paese e affronta a muso duro le multinazionali. Il nostro governo tecnico piace pochissimo. «Dobbiamo rinegoziare il debito. Avviare un default controllato e ripartire da zero», sogna Mattei. Questo tipo di argomenti preoccupano il Pd. «Una certa sinistra non riesce proprio a essere europeista», si lamenta Francesco Boccia. «Altro che rinegoziare il debito, dobbiamo accelerare sull’unità politica della Ue». Il vicesegretario Enrico Letta però prevede un nuovo fallimento.

«Da due anni nell’area alla nostra sinistra provano a spaccare il Pd e unire le forze. Non sono riusciti a fare né l’uno né l’altro. Sono divisi e nascono sempre nuove sigle.

Mentre il Pd in quel campo mantiene la sua egemonia». Non caso Letta sceglie la parola egemonia, nell’anniversario della morte di Gramsci. La provocazione del “moderato”.

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