Il bandito di velluto

Ezio Barbieri, 90 anni, di cui 25 passati in carcere, è stato il rapinatore gentiluomo per antonomasia. Il Dillinger italiano si conquistò la fama nella Milano del dopoguerra con azioni show, espropri ed evasioni spettacolari «Altro che Barbieri, altro che Montenapoleone… America anni Trenta!» Ricordate Banditi a Milano , il film di Carlo Lizzani sulla banda Cavallero nel quale Gian Maria Volonté esaltava così le gesta del suo gruppo criminale? Era il 1968, e se solo pochi anni prima il colpo di via Montenapoleone aveva inaugurato le rapine con sparatoria, il mito di Ezio Barbieri era ancora là  dallo spegnersi. Già , ma chi era Ezio Barbieri?

Ezio Barbieri, 90 anni, di cui 25 passati in carcere, è stato il rapinatore gentiluomo per antonomasia. Il Dillinger italiano si conquistò la fama nella Milano del dopoguerra con azioni show, espropri ed evasioni spettacolari «Altro che Barbieri, altro che Montenapoleone… America anni Trenta!» Ricordate Banditi a Milano , il film di Carlo Lizzani sulla banda Cavallero nel quale Gian Maria Volonté esaltava così le gesta del suo gruppo criminale? Era il 1968, e se solo pochi anni prima il colpo di via Montenapoleone aveva inaugurato le rapine con sparatoria, il mito di Ezio Barbieri era ancora là  dallo spegnersi. Già , ma chi era Ezio Barbieri? Dopo la fine della Seconda guerra mondiale la stampa lo riscassinatori del mondo, e che questi erano richiesti dappertutto per lavori su commissione. Ma non solo. Tutti, in Italia e in Europa, sapevano che il quartiere Isola era roba di Ezio Barbieri, e che quindi per ogni problema si doveva passare dalla sua banda. La rapa con la donna nuda Il bandito dell’Isola fu un bandito gentiluomo, già da quando, travestito da tenente delle Brigate nere, espropriò le derrate con le quali gli industriali speculavano sulla fame della popolazione, ridistribuendoli alla cittadinanza. Oppure come quando inaugurò il sistema delle rapine con il posto di blocco, finendo per organizzarne una in corso di Porta nuova, ossia a pochi metri dalla Questura. Azioni quasi sempre spettacolari e simboliche. Come il celeberrimo colpo con la donna nuda: una bella ragazza, completamente nature , entra in una banca, scatenando la giustificata curiosità di guardie e cassieri; intanto gli uomini della banda provvedono a svuotare le casse, fuggendo indisturbati. Sono gli anni in cui la Bezzi&Barbieri, furti e rapine’ spadroneggia in tutto il nord Milano (Bezzi, ucciso in un conflitto a fuoco, ispirerà il film di Lattuada Il Bandito , con Amedeo Nazzari). E il testo della canzone Porta Romana deve essere aggiornato: «La banda Barbieri era attrezzata, faceva rapine a mano armata, e sette sette sette fanno ventuno, arriva la volante e non c’è più nessuno ».

Sono gli anni in cui Barbieri, con la sua Aprilia nera con targa falsa Mi 777 (in spregio alla rinomata lentezza della polizia: 777 era il numero di telefono della squadra mobile), fa i suoi colpi e poi si dilegua, lasciando agli sbirri il solo compito della ricostruzione dei fatti. È il momento d’oro della banda dell’Aprilia nera. La pasqua rossa e le altre isole Naturalmente, gliel’avrebbero fatta pagare. Prima la questura, poi i volonterosi aguzzini carcerari. Cui però Barbieri opporrà sempre una risoluta e dignitosa opposizione. A cominciare dalle evasioni. Innanzitutto quella dal carcere di Novara, con annessa intervista da fuggiasco per il Corriere Lombardo . Ma anche la più grande rivolta carceraria dal dopoguerra, quella del 21 aprile 1946, passata alla storia come la Pasqua rossa, ha come principale protagonista il bandito dell’Isola. Quattro giorni di assoluta presa in possesso di San Vittore, con fuori migliaia di militari armati fino i denti. Una rivolta, tra l’altro, risoltasi in una ciucca colossale dei detenuti, che una volta trovata la cambusa non esitano a darci dentro, pagando più che salatamente il conto: Barbieri, trasformato in capro espiatorio, si beccò 30 anni. Ma non si perse d’animo.

Continuò a lottare per un nuovo modello di carcerazione, a tentare di evadere. E, per contrappasso, divenne un frequentatore coatto di parecchie isole: Santo Stefano (l’isola del Diavolo italiana, dove si suicidò Gaetano Bresci), Portolongone (la Cayenna italiana) e Barcellona Pozzo di Gotto (un Opg). In quei luoghi dimenticati da dio conobbe sua moglie, una ragazza di Piacenza che aveva cominciato a scrivergli in carcere e con la quale convolerà a nozze nel 1968, accompagnato all’altare dal vecchio amico Niccolò Carosio. Sarà libero solo nel 1971. Ezio Barbieri oggi La leggenda di Ezio Barbieri non è mai venuta meno. Italia nera , il libro di Franco Di Bella considerato una bibbia da tutti gli studiosi di cronaca criminale, aveva lui in copertina. Nel 2003, per raccontare la sommossa carceraria della Pasqua rossa, Bevilacqua scrisse un romanzo con protagonista il Dillinger italiano. E oggi la Casa Editrice Milieu pubblica I l bandito dell’Isola, una biografia scritta dallo stesso Barbieri insieme al criminologo Nicola Erba. Per la presentazione del libro, l’ex nemico pubblico numero uno doveva tornare a Milano dopo tanti anni. Ma, oramai novantenne, non ha ottenuto il permesso dei medici e della moglie, che l’accudisce a Barcellona Pozzo di Gotto, la località dove il vecchio bandito ha deciso di vivere la sua vita da «libero». Anche se forse, da buon «isolano», Barbieri libero lo è sempre stato. battezzò il Dillinger italiano, trasformandolo nel bandito gentiluomo per antonomasia. Un uomo capace non solo di azioni temerarie ed espropri ante litteram, ma anche, una volta in galera, di insurrezioni, lotte ed evasioni spettacolari; intemperanze che gli costarono 25 anni tra carceri e ospedali psichiatrici giudiziari… Una vita in galera, insomma. Gli anni della ligera e delle bande

Ma andiamo con ordine. Nato a Milano l’1 novembre 1922, prima fascista, poi renitente alla leva, quindi partigiano, infine nemico pubblico numero uno, Ezio Barbieri è entrato nell’immaginario collettivo in un periodo cruciale per la storia del Belpaese, passando alla storia come il Robin Hood di via Borsieri. Allora, a Milano operava la cosiddetta Ligera, la quale, divisa in bande dai nomi d’antan (i «figli di nessuno», i «figli della libertà», «la banda dovunque», «la banda del lunedì», «la banda della gomma a terra»), faceva della criminalità a volto scoperto uno stile di vita, e del piombo una extrema ratio da usare contro i vecchi fascisti che ancora colonizzavano i sistemi repressivi dello stato.

Per capire invece quale fosse il regno indisturbato di Ezio Barbieri, ossia il quartiere Isola, basta ricordare un famoso film francese del 1954: Rififì , di Jules Dassin. Nella scena in cui si decide il colpo alla gioielleria, il protagonista dice: «Certo, ci vuole uno specialista di casseforti…». E il socio, prendendo su la cornetta, fa: «Vorrei parlare con Milano» (a quel punto nei cinema meneghini tutti si alzavano e applaudivano, orgogliosi di appartenere a una città capace di una simile arte). Insomma, in tutta Europa si sapeva che a Milano, e in particolare al quartiere Isola, si trovavano i migliori

Oggi la presentazione

IL LIBRO Oggi, alle ore 17.30, al quartiere Isola di Milano, presso lo Spazio Mercury di via Thaon di Revel 21, sarà presentato il libro sulla vita di Ezio Barbieri: «Il bandito dell’Isola» (Milieu Editore). All’evento, organizzato insieme all’Associazione Antigone, presenzieranno esperti di criminalità vecchio stampo (la cosiddetta ligera), ex «sbarbà de vita» e l’autore del libro, Nicola Erba. Nel corso dell’evento sarà proiettata una video intervista inedita al bandito dell’Isola.

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