Vallette, 3 giugno 1989, il dovere della memoria

3 giugno 1989

il 3 giugno 1989, un incendio uccise undici donne nell’allora nuovo carcere delle Vallette. Erano Ivana, Rosa, Paola, Lauretta, Lidia, Morsula, Ediita, Beatrice, Radica (Vesna), detenute, e Rosetta e Maria Grazia, agenti. Sono morte per incuria e inefficienza

Venticinque anni fa, il 3 giugno 1989, un incendio uccise undici donne nell’allora nuovo carcere delle Vallette. Erano Ivana, Rosa, Paola,  Lauretta,  Lidia, Morsula, Ediita, Beatrice,  Radica (Vesna), detenute, e Rosetta e Maria Grazia, agenti. Sono morte per incuria e inefficienza, perché 300 materassi infiammabili erano stati accatastati sotto le finestre del braccio femminile, perché i soccorsi hanno tardato, perché non esisteva un piano antincendio, e il tentativo di aprire decine di celle era affidato a due sole agenti, che così hanno trovato la morte. Eravamo compagne di detenzione di queste donne, abbiamo lottato  per mesi e anni per  un processo giusto, sostenute dall’avvocata Bianca Guidetti Serra, coinvolta e  presente.

Ma giustizia non fu fatta, allora, nessuna responsabilità è stata stabilita. Abbiamo lottato anche  perché i racconti di chi è sopravvissuta non si disperdessero, se ne mantenesse memoria, e i volti e i nomi delle donne morte fossero ricordati: per rispetto a loro e per ribadire i diritti di chi è detenuto,  prima di tutto il diritto all’incolumità personale.  Ma anche la memoria pare essersi perduta: durante una recente  visita guidata nel carcere delle Nuove, dell’incendio è stato fatto cenno, ma menzionando soltanto le due agenti, ed anzi affermando che nessuna delle donne detenute aveva riportato seri danni. Rinnovando così un dolore, una ingiustizia, venendo meno al rispetto. Ma per una memoria che si perde, un’altra tiene duro: sono passati molti anni, ma noi le ricordiamo  tutte,  queste ragazze, queste donne.  Le ricordiamo  per non dimenticare che una delle  più grandi tragedie  del carcere non fu fatalità, e  le ricordiamo per onorarle.
E crediamo, infine,  che la città dovrebbe dedicare loro un segno, un simbolo, un ricordo.
Susanna Ronconi  Liviana Tosi

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