Il popolo di sini­stra la vuole. Ma la «cosa rossa» è lontana

Come Syriza?. I tanti attori in gioco d’accordo solo sulla parola «progetto». Landini: «Lo Tsipras italiano? Non è detto che sia un uomo». Sinistra Pd, solo Fassina sul palco

Ciò che rende lon­tani Roma e Atene sta tutto in una sigla: Syriza. La sini­stra in Gre­cia è unita dal 2004 e da qual­che set­ti­mana è il primo par­tito che ha sfio­rato la mag­gio­ranza asso­luta in par­la­mento, lasciando al Pasok socia­li­sta le bri­ciole e l’onta di finire sotto il 5 per cento.

Legit­ti­ma­mente la piazza, i 20mila in cor­teo di ieri chie­dono a gran voce «una Syriza ita­liana». Facile a dirsi, dif­fi­cile — se non improbo — a farsi. Per strada e sul palco sfi­lano i tanti che ne dovreb­bero fare parte. Chi è già in poli­tica — Nichi Ven­dola e Nicola Fra­toi­nanni (che par­lerà dal palco per Sel), Cur­zio Mal­tese e Eleo­nora Forenza dell’Altra Europa, Paolo Fer­rero di Rifon­da­zione e i pochi espo­nenti del Pd che hanno deciso di ade­rire — a parole dice di cre­dere alla «cosa rossa». Per tutti Tsi­pras — e Pablo Igle­sias di Pode­mos — è «un esem­pio», «un faro», per­fino «una cala­mita». La bat­ta­glia con­tro l’austerità «è la bat­ta­glia di tutti». Quando si tratta di trat­teg­giare il nuovo sog­getto poli­tico arri­vano i distin­guo. E la parola più get­to­nata è «per­corso» assieme a «cam­mino comune».

I più rico­no­sciuti, fer­mati e a volte sfer­zati durante il cor­teo sono gli espo­nenti della sini­stra Pd. Ste­fano Fas­sina è in prima fila alla par­tenza e la frase che si sente chie­dere più spesso è: «Ma per­ché non lasci il Pd?» alter­nata dalla ver­sione «Quando lasci il Pd?». Lui risponde a tutti, anche a chi lo cri­tica aspra­mente. La chiu­sura del suo inter­vento dal palco — accolto da applausi e solo qual­che mugu­gno — è la sin­tesi per­fetta della situa­zione comune a tutti i poten­ziali attori in gioco: «Al di là delle dif­fe­renza che ci sono fra di noi». Ecco, quel con­fine va sol­cato. Ma «per­ché» e «quando» lo farà Fas­sina non è ancora dato sapere.

Civati — forse ancora scot­tato dalla vicenda Fal­ciani conto sviz­zero — invece lascia alla sua fidata Elly Schlein il com­pito di par­lare dal palco. «Avanti così, com­pa­gni», chiude lei senza chia­rire bene se il gruppo lascerà la ditta Pd.

Il bersanian-cuperliano Alfredo D’Attore invece si è quasi limi­tato ad osser­vare il cor­teo dal mar­cia­piede. Lui a dif­fe­renza dei suoi com­pa­gni (par­don, col­le­ghi) di par­tito l’altra notte è rima­sto in aula a votare le riforme costi­tu­zio­nali di Renzi («Siamo con­trati ma uscendo e facendo man­care il numero legale avremmo fatto sal­tare tutto il pro­getto di riforma», si scher­ni­sce) e non sem­bra per niente per­suaso all’idea di uscire dal Pd: «Apprezzo la spinta di vari sog­getti della società civile alla poli­tica per modi­fi­care la poli­tica ita­liana per aprire un varco nel muro dell’austerità euro­pea», si limita a dire.

Il più con­vinto è Vin­cenzo Vita. Per­cor­rendo il cor­teo che lo riporta «alle mani­fe­sta­zioni degli anni ’70 con­tro i colo­nelli e in soli­da­rietà a quella Gre­cia che ora invece per noi è una guida poli­tica», l’ex par­la­men­tare, pur con­si­de­rando «il pro­gramma più impor­tante delle per­sone» — e il neo key­ne­sia­ne­simo di Syriza è vera­mente radi­cale e allo stesso tempo pro­po­si­tivo» — non esi­sta a deli­neare «una pos­si­bile tro­jka» per la nuova «cosa rossa»: «Lan­dini, Civati, Fassina».

Pec­cato che il primo, inse­guito come al solito come «la madonna pel­le­grina» per strette di mano, sel­fie e abbracci dal popolo della sini­stra, con­ti­nua imper­ter­rito a non sen­tire ragioni. Ai tanti gio­vani, adulti e anziani che gli dicono: «Ti aspet­tiamo», lui risponde sor­ri­dendo: «Aspetta, aspetta. Io sono qua (nel sin­da­cato, s’intende, ndr) e non mi muovo». Ai gior­na­li­sti che gli chie­dono se sarà lui lo Tsi­pras ita­liano, il segre­ta­rio gene­rale della Fiom risponde rilan­ciando: «E chi dice che dovrà essere un uomo? Potrebbe essere una donna».

Dif­fi­cile, se non impos­si­bile — per le stesse ragioni di Lan­dini — che sia Susanna Camusso. Che anche ieri a chi le chie­deva se il sin­da­cato potesse avere una fun­zione sup­plente rispetto alla poli­tica, ha repli­cato: «Credo che la poli­tica non può essere sup­plita, sarebbe un errore che il sin­da­cato lo facesse».

Rimane però in piedi l’idea lan­ciata dallo stesso Lan­dini. Pro­prio rical­cando la sto­ria di Syriza, il lea­der Fiom ha par­lato di «una rete per la sini­stra sociale» in cui «ognuno man­tiene il suo ruolo ma lavora per «espri­mere un altro punto di vista che rilanci la par­te­ci­pa­zione delle per­sone». A ieri l’unica strada per­cor­ri­bile per arri­vare alla nuova cosa rossa.

You may also like

0 comments

Leave a Reply

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Sign In

Reset Your Password