La rimozione della lotta di classe. Intervista a Rossana Rossanda

Sul che fare, anzitutto mi pare necessario recuperare la dimensione di classe della società, dimensione offuscata anche formalmente dal 1989, per responsabilità dei partiti comunisti e degli stati di socialismo reale

Comincio con lo scusarmi per il ritardo nel rispondervi, dovuto al mio stato di salute e a una serie di difficoltà della politica italiana. Le domande che mi rivolgete sono tali che esigerebbero veri e propri saggi di risposta. Risposta che, per quanto mi riguarda, ho cercato di dare nei libri e negli articoli nel corso di questi anni. C’è infatti qualche questione metodologica di fondo sulla quale dovremmo metterci d’accordo per intenderci, senza di questo molte mie risposte vi appariranno lontane dal fondo delle domande che mi fate. Il nodo per me è il pensiero di Marx, che è stato assunto solo in parte dai partiti comunisti europei, Pci compreso. Vi manderò le mie ultime riflessioni che dovrebbero essere pubblicate fra poco per poter portare avanti il nostro dialogo.

1) Dalla seconda metà degli anni settanta ad oggi, la marginalizzazione delle donne è andata di pari passo con l’occultamento della rappresentanza degli immigrati e la rimozione della questione di classe. Come la sinistra potrebbe ripartire per riunificare le diverse soggettività e istanze e ripensare la rappresentanza?

La rimozione della lotta di classe è in alcuni paesi europei la rimozione della questione degli immigrati, che ha a che fare con essa ma non si esaurisce in essa e non hanno granché a che vedere con la questione femminile. Insisto sul carattere a parte, storicamente e temporalmente, della contraddizione fra i sessi – che mi pare del resto evidente nella sua permanenza in secoli e in situazioni geografiche assolutamente lontane. Sul che fare, anzitutto mi pare necessario recuperare la dimensione di classe della società, dimensione offuscata anche formalmente dal 1989, per responsabilità dei partiti comunisti e degli stati di socialismo reale. Sui rapporti fra situazione sociale recenti e conflitto sessuale molto più antico si lavora molto poco, ma lo considero necessario nel  suo aspetto diacronico e sincronico.

 

2) C’è e c’è stata una rilevante discussione sulla traiettoria storica del PCI in Italia. Alcuni pensano che scelte come il compromesso storico o la stessa dissoluzione del partito negli anni novanta fossero inevitabili. Condividi queste posizioni o pensi, invece, che la traiettoria del PCI poteva percorre altre direzioni?

Non capisco che senso abbia la parola inevitabile là dove si tratta delle contraddizioni politiche della società capitalistica. Nulla è inevitabile. La scelta di offuscare la lotta di classe è una scelta politica di soggezione al capitalismo nella sua fase finanziaria e nella sua globalizzazione.

 

3) Sono passati 77 anni dalla morte di Antonio Gramsci. Pensi che il suo pensiero potrebbe aiutarci a capire le dinamiche globali attuali? Se sì, in quali termini?

Gramsci è un pensatore della crisi, anche del movimento operaio e della prospettiva della rivoluzione in occidente, dopo la prima guerra mondiale. Da allora la società italiana è molto cambiata: è diventata industriale da contadina che era, e partecipa del neoliberismo imperante in tutto l’occidente. Anche gran parte dei partiti comunisti e dei sindacati gli hanno molto concesso. Imparare da Gramsci il metodo di analisi, storica e sociale, in un contesto storicamente diverso sarebbe essenziale: ma il Pci aveva scelto soprattutto di affermare una scelta “moderata” di Gramsci, non già riferita agli specifici anni tra il Venti e il Trenta, ma in genere davanti al capitalismo più moderno. Scelta che in Gramsci non c’è mai stata.  Certo manca in lui, rimasto in prigione o in clinica fino quasi alla morte, ogni bilancio del “socialismo reale” che sicuramente avrà fatto nei colloqui, rimasti segreti, con Piero Sraffa.

 

4) Sei stata una delle figure che maggiormente sono state identificate con la storia del quotidiano “Il Manifesto”. Che riflessione puoi fare su questa tua lunga esperienza?

La mia esperienza si iscrive nel ripiegamento generale della sinistra di fronte alle domande poste dal suo stesso sviluppo, ripiegamento che ha toccato anche il collettivo del giornale, mentre i fondatori si dividevano fra la speranza e la non speranza di ricoinvolgere il Partito comunista italiano in una opposizione decisiva. Né quelli che rientrarono nel Pci né coloro che ne rimasero fuori hanno superato il proprio isolamento: il Pci dopo gli anni Settanta e Ottanta non ha più ritrovato l’anima che ne aveva fatto uno dei più intelligenti partiti di opposizione “rivoluzionaria” in Occidente.

 

5) Nel 2012 SYRIZA, dopo le elezioni nazionali, è diventata il secondo maggiore partito del parlamento greco e il maggiore partito di opposizione. Gli ultimi sondaggi danno un vantaggio del 3% a SYRIZA, sebbene la situazione politica generale sia piuttosto fluida . Pensi che ci sia qualcosa da imparare dalla fatale esperienza di Rifondazione Comunista, per evitare si ripetano gli stessi errori?

Non penso che l’ex Pci, diventato prima Ds e oggi confluito nel Pd insieme con una sinistra cattolica molto moderata, possa essere influenzato e imparare qualcosa da Syriza. Quanto a Rifondazione comunista non si può considerarla una vera eredità del Partito comunista del dopoguerra. L’intero quadro della sinistra che si ritiene radicale e di quella “moderata” in Italia implicherebbe una seria autocritica per le scelte fatte e per le prospettive; è stato un tentativo che “il manifesto” non è riuscito a far avanzare a sufficienza.

 

6) L’ideologia neoliberale affermatasi negli anni Ottanta ha prodotto e diffuso la rappresentazione di una società senza classi. La crisi economica del 2008 ha posto in luce la crescente polarizzazione sociale già esistente ma accentuatasi proprio dagli anni Ottanta. Come pensi che i partiti di sinistra in Europa dovrebbero muoversi per la rappresentanza delle classi lavoratrici oggi?

Non mi pare che la crisi del 2008, tutta interna al capitalismo, abbia dato più forza a una contraddizione di classe dimenticata. In Italia, in Francia, in Germania e per quel che ne so anche in Spagna c’è stato un reale offuscamento del marxismo come teoria della lotta di classe, e prassi relativa. Tanto che i partiti comunisti in Occidente e anche quelli al potere in Russia, in Cina, a Cuba sembrano averne dimenticato la stessa chiave, mentre nel corso della crisi la lotta di classe dalla parte degli avversari si è accentuata: può interessarvi il libro di Luciano Gallino, “La lotta di classe dopo la lotta di classe”, Laterza 2012, che io condivido in pieno .

 

7) Dagli anni Ottanta il pensiero marxista è stato occultato sia nelle scienze sociali sia nel discorso pubblico. Dopo il Duemila abbiamo assistito a un ritorno del pensiero marxista a causa dell’azione di forze politiche (movimenti e partiti) che lo hanno promosso nell’analisi della congiuntura. Nonostante il rinnovato interesse per il pensiero marxista continua ad esserci un divario rilevante tra teoria e prassi. Come pensi che questo divario potrebbe essere colmato ulteriormente?

Marx non è stato occultato: è stato esplicitamente combattuto sia dalle forze politiche di tipo fascistoide, sia da quelle di orientamento cristiano sociale, sia dalle tendenze socialiste. I partiti comunisti non hanno opposto una rivendicazione del marxismo, al contrario (sarebbe interessante capirne le ragioni non puramente imposte dal rapporto delle forze in campo). Non vedo il ritorno del pensiero marxista in Europa occidentale né nel continente americano. Non conosco abbastanza Syriza per sapere se ha fatto i conti realmente con Marx: lo spero, vedendo quale forza persuasiva abbia acquistato in Grecia. Nel viaggio in Italia di Alexis Tsipras ho apprezzato la chiarezza e insieme la sottigliezza delle sue analisi, ma mi sarebbe piaciuto potergli parlare a lungo; probabilmente voi potete indicarmi gli scritti politici e teorici più importanti dell’elaborazione di Syriza, che dovrà affrontare  una fase molto complicata di lotta e insieme di costruzione di alcune alleanze per la transizione. Sarà comunque di grande insegnamento per la povera sinistra europea.

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