Lan­dini è gia coalizzato

In un migliaio raccolgono la sfida del segretario della Fiom. Per riconquistare i diritti cancellati si parte dal basso. Lanciando campagne su reddito di dignità, beni, saperi e spazi comuni

Ascolta in disparte, prende appunti, passa da un gruppo di lavoro all’altro. Nel giorno in cui la sua pro­po­sta prende forma e sostanza, Mau­ri­zio Lan­dini fa da spet­ta­tore. Solo qual­che rispo­sta a mar­gine ai gior­na­li­sti che ancora una volta gli chie­dono se «la coa­li­zione sociale sarà un par­tito». «Non so più come dirlo. Sto stu­diando il cinese e la pros­sima volta lo dirò in cinese», è la rispo­sta quasi stiz­zita.
Par­lerà oggi, tirando le fila di una due giorni che dovrà ini­ziare ad «unire tutto quello che è stato diviso e rimet­tere al cen­tro della discus­sione tutto quello che è stato can­cel­lato: diritti, un’idea diversa di svi­luppo e soste­ni­bi­lità ambien­tale, riqua­li­fi­ca­zione e rige­ne­ra­zione delle città, sia dal punto di vista eco­no­mico che morale».

I tempi e i modi sono allo stesso tempo lun­ghi e com­plessi. «Par­liamo alle per­sone, non ai par­titi e saranno le per­sone a deci­dere cosa fare, se il nostro pro­getto li può inte­res­sare. Se uno all’inizio di un per­corso sa già come va a finire vuol dire che si è messo d’accordo prima e noi non ci siamo messi d’accordo pro­prio con nes­suno. I pro­blemi sono grandi — con­clude Lan­dini — e noi non pen­siamo a una cosa che li risolve in quat­tro e quattr’otto».

Una lunga gior­nata di «poli­tica con la P maiu­scola», dun­que. Una gior­nata comin­ciata con tre inter­venti «cap­pello» — di Filippo Mira­glia dell’Arci, della costi­tu­zio­na­li­sta Carla Car­las­sarre, di Cor­rado Oddi dei Forum per l’Acqua pub­blica — e la prima divi­sione in gruppi di lavoro. Di sotto, nella sala prin­ci­pale, si parla di “Unions” e diritti del lavoro, di sopra nella sala più pic­cola di “Rige­ne­rare la Città”. Nel pome­rig­gio invece nella sala grande l’argomento è “Eco­no­mia, poli­ti­che indu­striali, cam­bia­menti cli­ma­tici», men­tre in quella pic­cola tocca a “Saperi e conoscenza”.

«Quat­tro temi deci­sivi per cam­biare la nostra con­di­zione di vita», si sin­te­tizza dal palco. Cin­que minuti a testa e l’accorato appello — eluso in qual­che caso — «a non rac­con­tare solo la pro­pria espe­rienza, ma a fare pro­po­ste con­crete», come ricorda Michele De Palma, respon­sa­bile Auto della Fiom e coor­di­na­tore del gruppo Unions che «parte dalla con­sta­ta­zione che la crisi divide, mette in com­pe­ti­zione e sot­to­pone al ricatto le per­sone che per vivere devono lavorare».

Accanto al palco o ai tavoli di chi gesti­sce i gruppi ven­gono messi dei pan­nelli blu sui quali attac­care post-it gialli con le pro­prie pro­po­ste. In un clima da uni­ver­sità inglese all’inizio c’è ritro­sia. Il primo corag­gioso verga un pro­gramma poli­tico strin­gato ma assai impe­gna­tivo: «Lotte e mutua­li­smo per costruire nuovi diritti. Red­dito e sala­rio per tutti». Poi la cosa prende piede e i bigliet­tini ini­ziano a non bastare per i gra­fo­mani, costretti ad attac­carne anche tre assieme pur di non disper­dere le loro idee.

Si va per le lun­ghe. Biso­gna con­tin­gen­tare i tempi per per­met­tere agli altri due gruppi tema­tici di poter avere un tempo decente di discus­sione. Una sin­tesi di 50 inter­venti — come quelli con­tati nel caso di Unions — diventa com­pli­cata. La fa il gio­vane Fede­rico che sot­to­li­nea «i punti comuni a gran parte degli inter­venti: il salto del nesso tra indi­vi­duale e col­let­tivo, la scor­cia­toia del prin­ci­pio del capo che è il renzismo».

Ma sono le pro­po­ste a farla da padrone: «Cam­pa­gne per unire e legare gene­rale e par­ti­co­lare con al cen­tro l’efficacia: il fatto che il Jobs act sia un inno all’illegalità in cui il “tutele cre­scenti” è una scusa per pre­ca­riz­zare e pagare meno tutti; un sala­rio minimo non assi­sten­ziale ma come bat­ta­glia di libertà su cui fare cam­pa­gna sul ter­ri­to­rio quest’estate e un momento comune e nazio­nale in autunno; la bat­ta­glia sala­riale e quella dei migranti come ver­tenza di carat­tere euro­peo con l’idea di un sala­rio minimo con­ti­nen­tale per evi­tare il dum­ping sociale». A fianco alle pro­po­ste «c’è il metodo: nuove forme di sin­da­ca­liz­za­zione, soli­da­rietà alla Gre­cia di Tsi­pras e la demo­cra­zia come vin­colo su tutte le decisioni».

Forse ancora più inte­res­sante il dibat­tito uscito dal gruppo “Rige­ne­rare le città”. Ame­deo del cen­tro sociale romano La Strada rias­sume le pro­po­ste «sulla rige­ne­ra­zione urbana» lan­ciando una «cam­pa­gna nazio­nale sul tema del patri­mo­nio pub­blico, della gestione dei beni e degli spazi comuni e una piat­ta­forma digi­tale per met­tere assieme le esperienze».

Da “Saperi e cono­scenza” invece arriva l’appello ad allar­gare («a uni­ver­sità, diritto allo stu­dio, for­ma­zione per­ma­nente, accesso alla cul­tura», sin­te­tizza Ric­cardo della Rete della Cono­scenza) e ren­dere tra­sver­sale il grande suc­cesso della mobi­li­ta­zione con­tro la Buona scuola. Sui “Cam­bia­menti cli­ma­tici” infine si punta a bloc­care lo Sblocca Ita­lia, a filiere pro­dut­tive non inten­sive e all’autogestione di sta­bi­li­menti in crisi legan­doli al territorio.

Oggi si riparte con la ple­na­ria. E con l’intervento di Ste­fano Rodotà (ieri a Genova a RepI­dee, ma non con Renzi). Ver­ranno letti i report dei quat­tro gruppi e poi si cer­cherà di tro­vare una sin­tesi. Con tutta pro­ba­bi­lità la farà Mau­ri­zio Lan­dini. E ai suoi avrà il van­tag­gio di non dover par­lare in cinese. Qua nes­suno vuole fare un par­tito. Solo (buona) poli­tica dal basso.

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