Freital, Sassonia, esplode l’auto del capogruppo Linke

Germania. Nell’ex Ddr dove prosperano i neo nazisti contro i profughi

Anche in Ger­ma­nia c’è una «emer­genza» col­le­gata all’arrivo di migranti. È quella del mol­ti­pli­carsi di feno­meni di intol­le­ranza e vio­lenza raz­zi­sta. Nel mirino rifu­giati e richie­denti asilo, ma anche gli atti­vi­sti che si mobi­li­tano in loro aiuto: come Michael Rich­ter, capo­gruppo della Linke nel con­si­glio comu­nale di Frei­tal, cit­ta­dina della Sas­so­nia, non lon­tano dal con­fine con la Repub­blica ceca. Un lembo di quella pro­vin­cia pro­fonda della ex Ddr dove i neo­na­zi­sti – varia­mente orga­niz­zati – si fanno sentire.

E anche se le inda­gini di poli­zia non hanno dato ancora nes­sun responso uffi­ciale, in pochi dubi­tano che siano pro­prio mili­tanti di estrema destra i respon­sa­bili della grave inti­mi­da­zione subita da Rich­ter: nella notte fra dome­nica e lunedì la sua auto è stata fatta esplo­dere. Nes­sun danno a per­sone, per fortuna.

Il signi­fi­cato dell’inquietante gesto è chia­ris­simo: l’esponente della Linke è da sem­pre impe­gnato nella locale sezione della ong Pro Asyl, che si batte per i diritti dei richie­denti asilo, e a Frei­tal è in corso un aspro scon­tro poli­tico attorno all’accoglienza di migranti. Pro­prio in quella cit­ta­dina sas­sone di 40 mila abi­tanti viva il fon­da­tore di Pegida, i «patrioti con­tro l’islamizzazione» scesi in piazza in migliaia nei mesi scorsi a Dresda.

Nulla di nuovo, dun­que, ma ciò che pre­oc­cupa è l’escalation: il co-segretario della Linke Bernd Rie­xin­ger ha denun­ciato «una nuova ondata di ter­ro­ri­smo fasci­sta e di raz­zi­smo». A sini­stra si fa il para­gone con le vio­lenze dei primi anni Novanta, il cui apice fu l’assalto al cen­tro di acco­glienza di Rostock nell’agosto del ’92. Ora come allora, i neo­na­zi­sti sca­te­nati nelle strade della Ger­ma­nia orien­tale (nel fine set­ti­mana si sono regi­strati attac­chi in Bran­de­burgo, Turin­gia e Sas­so­nia, bilan­cio di 4 siriani feriti) e il mondo poli­tico intento a discu­tere di regole più restrit­tive in tema di asilo e immi­gra­zione. Il gover­na­tore dell’Assia Vol­ker Bouf­fier, espo­nente dell’ala dura della Cdu della can­cel­liera Angela Mer­kel, ha pro­po­sto di limi­tare le poche forme di ele­men­tari sus­sidi ai pro­fu­ghi per «ridurre l’effetto-chiamata» verso la Ger­ma­nia. Meno bru­tale, ma con la stessa fina­lità, è la pro­po­sta uffi­ciale dei demo­cri­stiani (com­presa la Csu bava­rese): rico­no­scere uffi­cial­mente una serie di stati dei Bal­cani come «Paesi sicuri».

Quale sarebbe l’effetto di tale dichia­ra­zione? Pre­sto detto: i richie­denti asilo pro­ve­nienti da Ser­bia, Mace­do­nia, Alba­nia e Kosovo non avreb­bero più chance di vedersi rico­no­sciuto il diritto a restare sul suolo tede­sco. E per­ché pro­prio di que­gli stati si parla? Per­ché è da lì che negli ultimi mesi sta giun­gendo quasi la metà di migranti che man­dano in tilt una Ger­ma­nia inca­pace di acco­glierli. Secondo i dati dell’Ufficio fede­rale per le migra­zioni, da gen­naio a giu­gno si con­tano circa 21mila alba­nesi (in mag­gio­ranza rom), e da Ser­bia e Mace­do­nia sono il 60% in più rispetto al 2014 (e di nuovo, in mag­gio­ranza sono rom). In totale, dall’inizio dell’anno i richie­denti asilo sono 180mila, e si cal­cola che il loro numero nei pros­simo sei mesi superi i 400mila. La legge tede­sca pre­vede che pos­sano fer­marsi nella Repub­blica fede­rale solo le per­sone che fug­gono da Paesi con­si­de­rati «peri­co­losi» (come la Siria): altri­menti, c’è il rimpatrio.

Per for­tuna, ci sono anche par­titi e isti­tu­zioni che si pre­oc­cu­pano di miglio­rare l’accoglienza dei migranti, da qua­lun­que parte pro­ven­gano. È il caso di due ese­cu­tivi regio­nali in par­ti­co­lare: quello del Baden-Württemberg, dove l’amministrazione è gui­data dal verde Win­fried Kre­tsch­mann, e la Turin­gia del gover­na­tore della Linke Bodo Rame­low. Sono i Län­der più attivi nell’organizzare solu­zioni con­crete, ma anche nel chie­dere al governo fede­rale mag­giori risorse da poter desti­nare ai comuni per fare fronte ai costi cre­scenti. E si fanno sen­tire anche le orga­niz­za­zioni anti­raz­zi­ste, che denun­ciano le norme Ue (il «Rego­la­mento di Dublino») che impe­di­scono ai richie­denti asilo di poter cer­care lavoro e costruirsi una vita più dignitosa.

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