“We are not going back”, il canto libero dei migranti di Ven­ti­mi­glia

Prosegue nell’indifferenza generale la clamorosa protesta dei profughi africani che dal 9 giugno sono accampati davanti agli scogli sul confine tra Italia e Francia

Prosegue nell’indifferenza generale la clamorosa protesta dei profughi africani che dal 9 giugno sono accampati davanti agli scogli sul confine tra Italia e Francia. L’altra sera, con Vauro e la band Tetes de Bois, festa in musica con un ritornello inventato da un profugo di sedici anni. Da domani a domenica tre giorni di iniziative organizzate dai ragazze e dai ragazzi del presidio permanente No Border

I migranti sugli sco­gli sono abban­do­nati ma non sono soli. Meri­te­reb­bero molto di più. Ven­ti­mi­glia potrebbe diven­tare la capi­tale vetrina di que­sta Europa che non fun­ziona, respinge e uccide. Lo è già ma solo per quei pochi che se ne sono accorti. Quei cin­quanta metri di lun­go­mare, tra gli sco­gli dei Balzi rossi e il con­fine fran­cese, sareb­bero lo sce­na­rio per­fetto per guar­dare in fac­cia quella realtà che la sini­stra si limita ad ana­liz­zare nei mee­ting e nelle raf­fi­nate ana­lisi del giorno dopo, quando i fatti e le tra­ge­die lasciano sgomenti.

La situa­zione sta pre­ci­pi­tando e l’accademia dell’antirazzismo non fun­ziona più, è troppo distante dai luo­ghi dove le cose acca­dono con tutte le loro con­trad­di­zioni. In una peri­fe­ria romana o in un quar­tiere di Tre­viso, quando si mostrano, si mostrano sem­pre con gli stessi volti, sono raz­zi­sti, sono fasci­sti, è «gente esa­spe­rata». Sem­bra che non ci sia altro da dire e da fare. Ecco per­ché Ven­ti­mi­glia è una ecce­zione cla­mo­rosa che dopo più di cin­quanta giorni è già un’occasione persa, per tutti. Se in Ita­lia esi­stesse ancora un movi­mento orga­niz­zato sin­ce­ra­mente anti­raz­zi­sta, ma anche pezzi disar­ti­co­lati capaci di met­tere a fuoco la situa­zione, quell’ultimo tratto di via Aure­lia diven­te­rebbe il posto dove essere pre­senti, ogni giorno, per met­tere seria­mente in dif­fi­coltà i governi d’Europa. Gli unici ad averlo capito, testardi, deter­mi­nati, a modo loro anche ben orga­niz­zati, sono quei cin­quanta migranti afri­cani che dal 9 giu­gno si danno il cam­bio sugli sco­gli per chie­dere al mondo di poter oltre­pas­sare il con­fine e diri­gersi verso nord. Di poter vivere.

La Fran­cia li rispe­di­sce indie­tro e l’Italia con­ti­nua a com­por­tarsi come se non esi­stes­sero, ma loro ogni giorno pro­vano a var­care il con­fine. Per il governo sono fan­ta­smi, molto meno di una sec­ca­tura. Il via vai tra il cen­tro di acco­glienza della sta­zione e la pineta di fronte al mare è con­ti­nuo. I migranti, pro­fu­ghi suda­nesi ed eri­trei, mostrano una pazienza infi­nita. Quasi ogni giorno accade qual­cosa a tenere viva la spe­ranza. Può essere una par­tita a cal­cio, una pasta­sciutta, le chiac­chiere con i ragazzi del Pre­si­dio per­ma­nente No Bor­ders, una pre­senza fon­da­men­tale e discreta. Con fatica stanno cer­cando di fare rete con altre realtà orga­niz­zate: «Vor­remmo che l’esistenza di que­sto luogo, oltre che essere uno stru­mento di sup­porto per gestire il flusso dei migranti, potesse ser­vire anche per creare un movi­mento dif­fuso capace di bat­tersi con­tro la logica dei con­fini e per la libera cir­co­la­zione delle per­sone», spiega Lorenzo.

Dall’inizio è accam­pato in pineta, ci sono da orga­niz­zare lun­ghe gior­nate dove non accade quasi niente e non è facile abboz­zare un pro­gramma. Sono i migranti a deci­dere cosa fare. E sarà così anche per le tre gior­nate di mobi­li­ta­zione che comin­ce­ranno domani. «Ci aspet­tiamo un con­tri­buto da chi si occupa di immi­gra­zione in varie parti d’Italia — spiega — par­le­remo di legi­sla­zione euro­pea e assi­stenza legale. Poi dovremo attrez­zarci per con­ti­nuare, non ce ne andremo fino a quando i migranti deci­de­ranno di stare qui, Ven­ti­mi­glia resterà sem­pre un punto di passaggio».

La sera, pro­mette, ci sarà anche da diver­tirsi. Come l’altro ieri, anche se quella è stata una serata spe­ciale. La comu­nità di San Bene­detto del Porto (quella di don Gallo) mar­tedì è andata a tro­varli e insieme ai volon­tari si sono pre­sen­tati anche Vauro e la band dei Tetes de Bois. I migranti hanno improv­vi­sato un ritmo irre­si­sti­bile per­cuo­tendo pen­tole e bastoni su un ritor­nello «scritto» da Ibra­him, 16 anni. Quel canto di libertà è stato inciso dal gruppo e adesso vogliono farne una can­zone. Gli arran­gia­menti ver­ranno, ma il testo si può già can­tic­chiare: We are not going back (non tor­ne­remo indie­tro). Andrea Satta, il can­tante, ha spie­gato che l’avevano pen­sata solo «come una suo­nata per voce e fisar­mo­nica da tenere sugli sco­gli per accom­pa­gnare la spe­di­zione di der­rate ali­men­tari». Poi l’intuizione: «È un mes­sag­gio di spe­ranza e bat­ta­glia che abbiamo voluto ripren­dere per­ché come arti­sti abbiamo il dovere di farlo cono­scere e por­tare in giro per il mondo. Ne faremo una can­zone, una sto­ria da rac­con­tare che quest’estate por­terà Ven­ti­mi­glia in tournée».

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