Patrizia Moretti: «Mauro Guerra ucciso come Federico»

Mauro Guerra, 32 anni, una lau­rea in eco­no­mia e la pas­sione per la gra­fica e il cul­tu­ri­smo, è morto in mezzo ai campi, inse­guito dai cara­bi­nieri chia­mati a pla­carlo anche con un rico­vero coatto

Una fiac­co­lata con il sin­daco Mauro Sbi­cego, fra le cen­ti­naia di per­sone che hanno sfi­lato, in silen­zio, da Car­mi­gnano a Sant’Urbano. Un’inchiesta a Rovigo con il pro­cu­ra­tore capo Car­melo Ruberto che segue da vicino il lavoro del sosti­tuto Fabri­zio Suriano. E il fune­rale di domani pome­rig­gio che rimet­terà quest’angolo del Pado­vano al con­fine con il Pole­sine sotto i riflet­tori nazio­nali.
Mauro Guerra, 32 anni, grande e grosso, una lau­rea in eco­no­mia e la pas­sione per la gra­fica e il cul­tu­ri­smo, era senza dub­bio bor­der­line. Ma è morto in mezzo ai campi, inse­guito dai cara­bi­nieri chia­mati a pla­carlo anche con un rico­vero coatto. Il tren­tenne era riu­scito a «fug­gire». Un mili­tare lo aveva plac­cato, ma stava avendo la peg­gio nella vio­lenta col­lut­ta­zione. Il mare­sciallo Marco Pego­raro ha estratto la Beretta d’ordinanza: due colpi in aria e poi ha preso la mira su Mauro. È rima­sto un cada­vere coperto da un len­zuolo in mezzo alla cam­pa­gna bru­ciata dall’afa.
Patri­zia Moretti, la mamma di Fede­rico Aldro­vandi, ha levato la sua voce a soste­gno della fami­glia Guerra e di chi ora pre­tende mas­sima tra­spa­renza. «Mauro l’hanno dipinto come un mostro, come ave­vano fatto con mio figlio dieci anni fa», dichiara al Cor­riere Veneto. «C’è una ver­sione uffi­ciale carica di lati oscuri, i cara­bi­nieri che inda­gano su se stessi e una vit­tima che viene cri­mi­na­liz­zata». Patri­zia dà voce pub­blica a tanti altri: «Con­ti­nuano a spa­rare senza pen­sarci due volte, come se fosse assi­mi­lato un senso di impu­nità con­so­li­data. Sarà sem­pre peg­gio. Per­ché tutto que­sto acca­ni­mento fino a ucci­dere? Serve un freno, forse una for­ma­zione ade­guata, una cul­tura diversa. E la fine dell’impunità, la pos­si­bi­lità di essere spo­gliati di quella divisa con cui com­met­tono que­sti abusi».
La morte di Mauro Guerra è desti­nata ad aggiun­gersi alla sequenza di ana­lo­ghi casi. Per ora, la fami­glia ha scelto di affi­darsi agli avvo­cati. Ma c’è sem­pre da sta­bi­lire se mer­co­ledì era stata dav­vero atti­vata la pro­ce­dura del Trat­ta­mento sani­ta­rio obbli­ga­to­rio. L’Usl 17 della Bassa pado­vana, i medici e il ser­vi­zio 118, il muni­ci­pio di Sant’Urbano e l’Arma sono i sog­getti chia­mati a cer­ti­fi­care se per Mauro era in corso un Tso oppure no.
Un «caso» ancora aperto, quindi. Tant’è che nei social c’è chi chiede: «Mauro Guerra, fuori la verità». Come pure si è mobi­li­tata la curva degli ultrà del Cal­cio Padova con uno stri­scione in sin­to­nia con il Dna poli­tico.
Domani alle 16:30 nella par­roc­chiale della fra­zione di Car­mi­gnano l’ultimo saluto a Mauro Guerra. L’epigrafe è sin­to­ma­tica: ripro­duce il Cri­sto che aveva dise­gnato recen­te­mente. E alla fine della ceri­mo­nia reli­giosa è pre­vi­sta una can­zone di Vasco Rossi: «Gli angeli», le ultime note che Mauro aveva affi­dato al suo pro­filo Fb. Ma anche in pieno ago­sto l’eco della tra­ge­dia di Car­mi­gnano farà fatica a stem­pe­rarsi nell’indifferenza vacan­ziera.
In que­sti giorni, sono riaf­fio­rati par­ti­co­lari sulla per­so­na­lità del tren­tenne. Con­dan­nato per stal­king, noto in paese da tempo per le sue biz­zar­rie, but­ta­fuori nei locali not­turni, con una vena arti­stica che con­fonde fede e vio­lenza. Ma resta il fatto che, den­tro l’abitazione di fami­glia in via Roma e durante l’inseguimento a Mauro in mutande, la sicu­rezza di tutti è cla­mo­ro­sa­mente sal­tata. E alla fine un inter­vento (Tso o meno) di rou­tine è sfo­ciato in un dramma inspie­ga­bile. L’accertamento delle respon­sa­bi­lità diventa il minimo. È agli atti l’autopsia effet­tuata per conto della pro­cura dal medico legale Lorenzo Mari­nelli. Hanno assi­stito i con­su­lenti Luca Mas­saro (per il cara­bi­niere) e Gio­vanni Cec­chetto, per la fami­glia Guerra. Un solo pro­iet­tile ha cau­sato la morte per emor­ra­gia interna.
Risale, invece, ad un paio di mesi fa il decesso durante un Tso di Mas­si­mi­liano Mal­zone, 39 anni di Agnone nel Cilento. Indaga la pro­cura di Lago­ne­gro in Puglia, soprat­tutto dopo il cla­mo­roso caso di Fran­ce­sco Mastro­gio­vanni, il mae­stro di Castel­nuovo Cilento morto il 4 ago­sto 2009 nel ser­vi­zio psi­chia­trico di Vallo della Lucania.

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