Le parole per i sordi

Alla fine, le parole migliore le aveva già dette De Gregori: aveva due pistole caricate a salve e un canestro pieno di parole, scaricò le sue pistole in aria e regalò le sue parole ai sordi

Alla fine, le parole migliore le aveva già dette De Gregori: aveva due pistole caricate a salve e un canestro pieno di parole, scaricò le sue pistole in aria e regalò le sue parole ai sordi. E, almeno ai tempi, era sempre con le spalle al sole, a calpestare nuove aiuole. Poi, certo, probabilmente alcune aiuole ha smesso di calpestarle, (ma consiglierei di andare a vedere cosa dicono di lui quelli che, per una ragione o per l’altra, sono stati al gabbio, e l’hanno riconosciuto come un fratello in un mondo nel quale si facevano e si fanno cori da stadio per incitare a buttare via la chiave). Però la gran parte di quelli che lo ricordano con la bocca piegata in un perfido sorriso (ma fate così anche quando muore il vostro calciatore preferito? Sottolineate che a 40 anni aveva la pancetta e non saltava più, o andate a rivedervi su youtube le imprese dei vent’anni?), aiuole non ne hanno mai calpestate (e molti, fra loro, si sono esibiti nella poco cortese arte della delazione), o hanno smesso ben prima di lui: da qui il loro sorrisetto ammiccante. Per parte mia, forse sono state più le volte in cui eravamo su fronti opposti che quelli in cui siamo stati dalla stessa parte della barricata (magari io con un sasso e lui con un fiore, però il lato era lo stesso), ma negare di esserlo stato significherebbe negare la barricata e pentirsi di esserci stati.

Questa riflessione di Girolamo De Michele è a commento di un ricordo di Marco Pannella pubblicato da Loredana Lipperini sul suo blog

 

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