Il Movimento liberazione della donna nel femminismo italiano

Scaffale. In un libro, la stagione femminista italiana attraverso le esperienze del Mdl, nato nel 1970 e proseguito fino al 1983, nel racconto di Beatrice Pisa, una delle sue protagoniste

Sempre complesso restituire la dirompenza politica e simbolica rappresentata dal femminismo, eppure di quella esperienza plurale che, dalla metà dagli anni Settanta in avanti, ha coinciso in Italia con una rivoluzione da cui è stato impossibile tornare indietro, si possono raccontare molte cose a partire da contesti precisi. Per esempio periodizzare e storicizzare la documentazione disponibile, catalogarne e collocarne i numerosi contributi riconoscendo in quella stagione politica un’articolazione di pratiche, di domande e altrettante risposte – che non sono state uguali per tutte.

INSIEME ALLE LIBRERIE delle donne, agli archivi e ai fondi – compresi quelli privati di chi custodisce gelosamente fotografie, carte, registrazioni e diari – in questi anni alcune operazioni editoriali , nella contezza della parzialità, rappresentano un riordino che si configura culturalmente prezioso, le informazioni rimarrebbero altrimenti di difficile reperimento. In molte hanno deciso di riprendere il filo di una vicenda che ne porta all’interno molte altre; significa dare credito al rigore della ricerca che diventa orizzonte storiografico.
Dentro un simile contesto, e al netto delle risposte che sono state cercate e trovate spesso per strade diverse, quella del Movimento Liberazione della Donna assume i contorni rilevanti di una questione ora disponibile nella sua puntuale ricostruzione. Inserita all’interno del partito radicale, Mld nasce nel 1970 e prosegue fino al 1983; a raccontarcene la centralità è Beatrice Pisa, una delle sue protagoniste, in un volume tanto denso quanto meditato: Il Movimento Liberazione della Donna nel femminismo italiano. La politica, i vissuti, le esperienze (Aracne, pp. 469, euro 24). La densità si gioca tra sforzo di indagine e interrogazione di carte, archivi pubblici e privati (come quello inaggirabile di Liliana Ingargiola).

Si illumina in questo modo lo scrigno di un processo politico che nel 1978 contava ben 47 gruppi sparsi sul territorio italiano; attraverso la letteratura grigia, le testimonianze orali ma anche i bollettini dell’epoca, lo statuto, la piattaforma, le relazioni ai convegni e quel bene grande e accessibile conservato ad Archivia (presso la Casa internazionale delle donne di Roma), l’autrice segue il doppio passo della storica esigente e della militante appassionata che cesella una delle «storie possibili» concentrandosi sull’avventura romana.

MLD SI È MOSSO nella mediazione tra liberazione ed emancipazione, in dialogo costante con le istituzioni; questo è forse uno dei punti che ha segnato la sua distanza con altre esperienze femministe italiane coeve. Al centro stava il punto sulla sessualità, (l’identità lesbica sarà cruciale all’interno del collettivo romano separatista di via Pompeo Magno), dell’aborto libero. Dirimenti sono stati, infatti, il self-help come pratica condivisa, la battaglia contro la violenza sulle donne, i consultori. Beatrice Pisa ha il merito di aver riportato all’attenzione storica quelle discussioni, con generosità e altrettanta serietà.

FONTE: Alessandra Pigliaru, IL MANIFESTO

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