L’Armata electro Brancaleone

Storia del centro sociale romano più avantgarde

Storia del centro sociale romano più avantgarde

ROMA. Sono in via di conclusione i festeggiamenti per i 20 anni del Brancaleone, storico centro sociale romano che ha reso omaggio alla sua esperienza con Branca Mon Amour, rassegna di eventi lungo tutto il 2010, con ospiti del calibro di Murcof, Jeff Mills, Trentemøller, Carl Craig, Ellen Allien: il meglio della musica elettronica mondiale. A conferma di uno spazio culturale che il Branca ha saputo conquistare in una strana metropoli come Roma, permanentemente sospesa tra modernizzazione corrotta e millenaria accidia.
La coincidenza temporale vuole che, come nell’attuale autunno delle università europee in rivolta, nei primi mesi del 1990, le università italiote fossero occupate dal movimento della Pantera e un gruppo di compagne/i del movimento di Roma nord occupò la palazzina in Via Levanna 11, zona Monte Sacro (sulla «preveggenza» della Pantera si veda ora C. Albanese, C’era un’onda chiamata pantera, manifestolibri). Si apriva così l’ondata dei «centri sociali tra seconda e terza generazione», che dopo le esperienze dei secondi anni ’70 e le occupazioni di metà anni ’80 (a cominciare dal Forte Prenestino), porterà alla nascita di centinaia di nuovi centri sociali, lungo tutta la penisola. È l’alba del movimento sociale e culturale, ma anche politico, forse più entusiasmante dell’ultimo trentennio. Il cerchio attraversato dalla saetta diviene il simbolo di un movimento che prova a riappropriarsi delle metropoli, come delle città più piccole, mutuando l’iconografia da occupazioni e squat sparsi in giro per l’Europa. È una storia che in parte è già stata fatta, ma che andrebbe nuovamente narrata in modo condiviso, poiché molte furono le intuizioni e le sperimentazioni nate dentro i centri sociali occupati e autogestiti (Csoa) di quegli anni, troppo spesso volutamente marginalizzate o stoltamente dimenticate. In questa sede ricordiamo da una parte l’esplosione dell’hip hop e del rap italiano, insieme con i soundsystem; dall’altra l’apertura creativa alle nuove tecnologie: dalle produzioni video, alla messa in rete dei computer.
Erano proprio di gennaio 1990 le prime performance di Onda Rossa Posse, dai microfoni di Radio Onda Rossa, alle facoltà occupate de La Sapienza di Roma, quindi alla presa del palco a piazza del Popolo, a suon di Batti il tuo tempo e Categorie a rischio. Ma di lì a poco nasceranno: Lion Horse Posse, dal Leoncavallo di Milano, Isola Posse All Stars di Stop al panico dall’Isola nel Kantiere di Bologna, con accanto Papa Ricky, i salentini Sud Sound System di Fueco!, 99 Posse dall’Officina 99 di Napoli, Lou X di Costa Nostra, il ragamuffin di mille soundsystem, a partire da quello di LampaDread a Roma. Un vero e proprio sommovimento culturale e politico che univa l’urgenza della presa di parola collettiva, in italiano, a suon di rap militante, insieme con la conquista di spazi di autorganizzazione della propria esistenza in comune, rompendo l’accerchiamento oppressivo delle metropoli, nella società dello spettacolo uscita dagli anni ’80: centri sociali e autonarrazione in presa diretta, tra Public Enemy, Do It Yourself e nuovi movimenti sociali autonomi. E dentro questo caleidoscopio c’era la creatività cyberpunk, con l’apertura delle Bbs (Bullettin Board System), come Avvisi Ai Naviganti, per le prime connessioni in rete di più computer, che erano massicciamente presenti in molti dei centri sociali di quegli anni. Come ha scritto qualcuno era il «rap autonomo italiano» che incrociava l’autorganizzazione sociale di una nuova generazione di militanti dei nuovissimi movimenti sociali, disposti a trasformare la città, liberandola dai micro e macro-fascismi; rivendicando diritti, spazi, autonomia; combattendo la speculazione edilizia, la diffusione dell’eroina, la solitudine, l’emarginazione sociale e l’abbandono nelle grandi metropoli.
E queste sono le lotte che spingono anche l’occupazione del Brancaleone, come testimoniano molti dei manifesti dell’epoca, esposti al Branca in questi mesi, a ricordare le battaglie di quegli anni: contro l’eroina, per sottrarre territori agli immobiliaristi e tutelare l’ambiente, per conquistare giustizia sociale e una vita autonoma dal comando capitalistico, per praticare antagonismo politico alle giunte democristiane e socialiste degli ultimi due sindaci capitolini della prima Repubblica: Giubilo e Carraro.
Così inizia l’immersione nell’ultimo decennio del ‘900, tra creazione di immaginario, produzione sociale autonoma, pratiche di autogestione e l’aspirazione a trasformare la città, obbligando le istituzioni locali a confrontarsi con l’attivismo metropolitano delle giovani generazioni. Sarà un percorso laborioso, che vedrà formarsi un Coordinamento cittadino dei centri sociali romani che lotterà e otterrà la delibera comunale (di iniziativa popolare) n. 26 del ’95, per regolare l’accesso agli immobili di proprietà comunale per usi sociali, culturali e ricreativi, quindi anche sanando le precedenti occupazioni (porterà infatti alla concessione della palazzina di via Levanna 11 al Branca).
Proprio sul finire degli anni ’90 il Branca diviene lo spazio di un’inedita contaminazione tra sperimentazioni video-musicali, evoluzione dell’estetica rave e sviluppo della Club Culture: è il tentativo di una riappropriazione degli stili di vita, oltre e contro le imposizioni della società del capitalismo spettacolare. Saranno le nottate di Agatha (dei seminali dj-produttori romani Andrea Lai e Riccardo Petitti) ad ospitare moltitudini intergenerazionali che rivendicano la conquista del proprio tempo liberato, fuori dai diktat dei circuiti mainstream, dentro la piacevolezza di una nuova socialità della notte. E la musica elettronica che passa nei venerdì notte infuocati e affollatissimi del Branca è la stessa che viene sparata dai soundsystem nelle street parade e cortei dei centri sociali, fino ai movimenti globali e no war che seguiranno nei primi anni 2000.
Se da una parte il percorso di produzione di reddito per la collettività che gestisce il centro sociale diviene praticabile, dall’altra l’ampliamento del pubblico partecipante alle produzioni del Branca diviene occasione per creare nuove sperimentazioni artistiche, culturali, sociali. Si ripete in parte quanto successo nel passaggio di decennio precedente con le posse: qui sono la musica elettronica, il mediattivismo, le performance, le nuove arti visive a divenire terreno di produzione sociale, nelle maglie strette di una metropoli in cui tutte le forme di vita sono messe a valore.
Gli anni zero consolideranno lo spazio culturale e artistico del Brancaleone, fino a farlo divenire anche uno tra i «locali» più rilevanti del circuito musicale elettronico d’Europa, aspetto che porta con sé critiche sull’inevitabile lievitare del costo degli ingressi e delle consumazioni, ma sempre ben al di sotto di un qualsiasi club che passa musica elettronica e dj set di caratura internazionale. E il Branca diviene definitivamente adulto proprio in questo decennio, organizzando e ospitando festival di video e cinema, quindi Eclettica, il RomaEuropa Festival, serate a tema con lo storico soundsystem di One Love Hi Pawa e con Firewater, solo per dirne alcune. Contemporaneamente il Branca prosegue interventi di tutela ambientale del territorio circostante, a partire dall’Aniene; attività di informazione sulle tossicodipendenze; relazioni con le associazioni civiche nate nel IV municipio. E negli ultimi anni è centrale soprattutto l’investimento sull’informazione, che vede valorizzare la piccola radio comunitaria Bbs Master (ancora la storia degli anni ’90!) che entra nel circuito di Popolare Network, fino alla recente nascita di Radio Popolare Roma.
È la piccola, grande storia di un centro sociale e di una collettività di compagne/i che ha saputo prima resistere alle sfide di una metropoli in trasformazione, quindi investire sulle proprie attitudini, passioni e bisogni per inventarsi un modo condiviso per abitare questa complessa transizione di secolo. Contro le sirene neoliberiste, dentro le contraddizioni della società globale, lottando per la propria autonomia. Non sarà un caso se stasera, proprio nelle sale del Brancaleone, si terrà la serata in sostegno de il manifesto, che forse è simile nella determinazione a questa armata di immaginari attivisti chiamata Brancaleone. Lunga vita a tutti e due, nel ricordo anche di Mario Monicelli!
Branca, Branca, Branca! Leon, Leon, Leon!

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