Girardi, un teologo nel Sessantotto

Ci fu un tempo, durante il Sessantotto, in cui molti cattolici immaginarono di poter svolgere un ruolo autonomo significativo — allora si diceva «d’avanguardia» — all’interno del movimento di contestazione. Furono anni a forte tasso utopico, in cui la Croce veniva sventolata al fianco della Falce e Martello, e la «teologia della liberazione» sembrò una concorrente credibile dell’ideologia marxista.

Ci fu un tempo, durante il Sessantotto, in cui molti cattolici immaginarono di poter svolgere un ruolo autonomo significativo — allora si diceva «d’avanguardia» — all’interno del movimento di contestazione. Furono anni a forte tasso utopico, in cui la Croce veniva sventolata al fianco della Falce e Martello, e la «teologia della liberazione» sembrò una concorrente credibile dell’ideologia marxista. C’era un gran bisogno di modelli religiosi e insieme rivoluzionari, in quegli anni: come quello del prete colombiano Camilo Torres, caduto durante un’azione di guerriglia; e come, in tutt’altro contesto, quello offerto da Giulio Girardi, sacerdote salesiano, filosofo e teologo. Proprio lui, tra i fondatori della «teologia della liberazione» e promotore del movimento Cristiani per il Socialismo, è pianto oggi dai suoi amici e seguaci dopo la scomparsa a 86 anni.
Una vita vissuta avventurosamente, quella di padre Girardi, perito del Concilio Vaticano II in qualità di esperto del marxismo e dell’ateismo contemporaneo, poi espulso nel ’69 dall’Università Salesiana di Roma in seguito a «divergenze ideologiche», per aver sostenuto la necessità di una collaborazione stretta tra marxisti e cattolici. In tempi che sembravano ormai all’insegna dell’eurocomunismo e del compromesso storico, Giulio Girardi apparve un profeta; salvo che, arrivato troppo in anticipo, dovette pagarne il prezzo: espulso da vari atenei religiosi, poi dalla congregazione salesiana e, infine, sospeso a divinis. Tutto ciò non lo indusse a ritrattazioni né a compromessi: i suoi numerosi libri (uno per tutti: Cristianesimo, liberazione umana, lotta di classe) si mossero sempre nello stesso solco, benché il terreno fosse minato. Anche l’Europa cominciò a sembrargli stretta: collaborò con il movimento sandinista in Nicaragua, divenne membro del Tribunale Russell sull’America Latina, finì addirittura col frequentare gli ambienti del regime cubano. Le dure repliche della storia non hanno confermato le sue teorie, ma nessuno — anche fra i suoi avversari — gli ha mai rimproverato l’incoerenza.

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