Anche grazie all'uscita del film Diaz uscito la scorsa settimana in tutti i cinema italiana, torna attuale il dibattito sull'inserimento di codici identificativi individuali sulle divise e i caschi degli appartenenti alle forze dell'ordine. A raccogliere la problematica è stato il Movimento 5 stelle Piemonte da sempre vicino alle tematiche dei NoTav, che a sua volta nelle scorse settimane aveva presentato un accurato dossier sull'operato delle forze dell'ordine, a dir poco discutibile, in Val Susa. Non essendo presente nel Parlamento italiano il movimento 5 stelle, ha depositato la sua proposta di legge alla Camera nel consiglio regionale (possibilità  che è concessa dalla Costituzione nell'articolo 121, come specifica Davide Bono nel suo intervento).

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A quando codici identificativi per le forze di polizia in Italia?

Anche grazie all’uscita del film Diaz uscito la scorsa settimana in tutti i cinema italiana, torna attuale il dibattito sull’inserimento di codici identificativi individuali sulle divise e i caschi degli appartenenti alle forze dell’ordine. A raccogliere la problematica è stato il Movimento 5 stelle Piemonte da sempre vicino alle tematiche dei NoTav, che a sua volta nelle scorse settimane aveva presentato un accurato dossier sull’operato delle forze dell’ordine, a dir poco discutibile, in Val Susa. Non essendo presente nel Parlamento italiano il movimento 5 stelle, ha depositato la sua proposta di legge alla Camera nel consiglio regionale (possibilità  che è concessa dalla Costituzione nell’articolo 121, come specifica Davide Bono nel suo intervento).

Anche grazie all’uscita del film Diaz uscito la scorsa settimana in tutti i cinema italiana, torna attuale il dibattito sull’inserimento di codici identificativi individuali sulle divise e i caschi degli appartenenti alle forze dell’ordine. A raccogliere la problematica è stato il Movimento 5 stelle Piemonte da sempre vicino alle tematiche dei NoTav, che a sua volta nelle scorse settimane aveva presentato un accurato dossier sull’operato delle forze dell’ordine, a dir poco discutibile, in Val Susa. Non essendo presente nel Parlamento italiano il movimento 5 stelle, ha depositato la sua proposta di legge alla Camera nel consiglio regionale (possibilità  che è concessa dalla Costituzione nell’articolo 121, come specifica Davide Bono nel suo intervento).

Nella relazione si sottolinea come le forze di polizia “preposte a far rispettare le leggi e mantenere l’ordine pubblico, sono a loro volta soggette alla legge e tenute comunque al suo rigoroso rispetto, in qualsiasi circostanza”. Purtroppo però accade che in Italia, come denota la relazione, in manifestazioni che magari degenerano in disordini le forze dell’ordine vengono meno al “ruolo di garanti dell’ordine pubblico e di esecutori di ordini in conformità alla legge, finendo per travalicare i principi inderogabili di legalità e onestà che dovrebbero contraddistinguerle, trasformando il legittimo impiego della forza da parte di uno ‘Stato di diritto’ in un abuso”. Nella relazione si passa citando i vari episodi più clamorosi che hanno lasciato al suolo cittadini italiani per mano della polizia (Carlo Giuliani e Federico Aldrovandi) per arrivare fino agli ultimi fatti che sono accaduti in Val Susa: “ad esempio il pestaggio di Marinella Alotta nel 2010, ma anche gli accadimenti del luglio 2011 di cui sono stati prodotti video che hanno segnalato agenti che hanno lanciato pietre contro i manifestanti, lanciato lacrimogeni ad altezza uomo, manganellato manifestanti a terra” che ha portato, tra le altre cose, all’apertura di venti fascicoli contro ignoti: le indagini, come riporta la stessa Procura, sarebbero rese impossibili dalla difficoltà di riconoscimento delle Forze di Polizia: “Gli agenti in tenuta antisommossa sono coperti dal casco integrale con visiera e dalla divisa di ordinanza che non porta contrassegni che possano permettere l’individuazione del singolo agente” come si apprende nella relazione.

Secondo la relazione quindi “si ritiene necessario introdurre per legge l’obbligatorietà di riportare contrassegni identificativi individuali sulla divisa e/o il casco del personale di Polizia, per far sì che sia più difficile che eventuali abusi commessi dalle Forze dell’Ordine restino impuniti. E tale riconoscibilità servirebbe anche da forte deterrente. La proposta di legge al Parlamento, per modificare la legge 121 del 1981 ‘Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza’ e smi, al ‘CAPO II – Ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza’, l’art. 30 ‘Armamento e divise’, comma 2?. In quest’ultimo comma si afferma che: “Il Ministro dell’interno con proprio decreto determina le caratteristiche delle divise degli appartenenti alla Polizia di Stato nonché i criteri generali concernenti l’obbligo e le modalità d’uso”. La proposta è di modificarlo con il seguente testo: “Il Ministro dell’interno con proprio decreto determina le caratteristiche delle divise degli appartenenti alla Polizia di Stato, ivi compresi i codici identificativi individuali chiaramente visibili, nonché i criteri generali concernenti l’obbligo e le modalità d’uso”.

Già tre sono le precedenti proposte di legge depositate alla Camera e al Senato rispetto a questa tematica, ma che non sono state raccolte dal Parlamento. La prima presentata il 24 settembre del 2001 dai deputati Deiana, Pisapia, Mascia in riferimento ai fatti accaduti nella Diaz e durante le manifestazioni contro il G8 di Genova: “nel corso di queste indagini, sia risultato in molti casi difficile se non impossibile risalire agli autori di questi episodi perché i protagonisti, siano essi appartenenti alle forze dell’ordine o dimostranti, avevano il volto celato da caschi, maschere, fazzoletti o sciarpe”. La seconda il 2 luglio dell’anno successivo, nel 2002, in Senato e dai senatori Martone, Iovene, Malabarba, Boco, De Zulueta, Ripamonti, Occhetto, Zancan, De Petris, Turroni, Carella e Donati. L’ultima per iniziativa dei deputati Turco, Beltrandi, Bernardini, Coscioni, Mecacci, Zamparutti sempre “in materia di impiego dell’uniforme e di identificabilità del personale delle Forze di polizia” il 17 giugno del 2008.

L’Italia rimane uno dei pochi Paesi europei in cui la polizia non è dotata di codici identificativi.

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