Le operazioni segrete degli agenti sul terreno Per far cadere il regime del presidente Assad
Le operazioni segrete degli agenti sul terreno Per far cadere il regime del presidente Assad
WASHINGTON. Un piccolo numero di agenti della Cia sta operando in segreto nella Turchia meridionale per aiutare gli alleati a decidere a quali gruppi dell’opposizione siriana, dall’altro lato del confine, devono andare le armi destinate a essere usate contro il governo di Damasco: lo sostengono funzionari americani e agenti di servizi segreti arabi. Le armi in questione, fra cui fucili automatici, granate per lanciarazzi, munizioni e anche limitati quantitativi di armi anticarro, vengono fatte passare quasi sempre attraverso il confine turco, per mezzo di una rete di intermediari dai contorni poco chiari, che include i Fratelli musulmani siriani, e sono finanziate da Turchia, Arabia Saudita e Qatar.
Gli agenti della Cia, secondo un alto funzionario americano, si trovano nella Turchia meridionale da diverse settimane, anche per impedire che le armi finiscano nelle mani di gruppi affiliati ad Al-Qaeda o ad altri gruppi terroristici. L’amministrazione Obama ha detto che non sta fornendo armi ai ribelli, ma al tempo stesso ha ammesso che i vicini della Siria vorrebbero farlo.
Questa operazione clandestina
di raccolta di informazioni è l’esempio più circostanziato di cui si abbia notizia del limitato supporto americano alla campagna militare contro il governo siriano, e si inserisce nel quadro del tentativo di Washington di incrementare la pressione sul presidente Bashar al-Assad, che negli ultimi tempi ha intensificato la repressione contro i civili. Dando una mano a passare al vaglio i gruppi ribelli, gli agenti segreti Usa in Turchia contano di riuscire a orientarsi meglio nel mutevole panorama della sempre più nutrita rete di opposizione all’interno della Siria, e di allacciare nuovi contatti. «Gli agenti della Cia sono sul posto e stanno cercando di procurarsi nuovi informatori e reclutare gente», ha detto un funzionario dei servizi segreti di un Paese arabo, che viene regolarmente aggiornato dai suoi colleghi americani. Funzionari dell’amministrazione americana e funzionari della Cia in pensione dicono che la Casa Bianca sta anche valutando l’ipotesi di fornire ulteriore assistenza ai ribelli, ad esempio mettendo a disposizione immagini scattate dal satellite e altre informazioni dettagliate sulla dislocazione e i movimenti
delle truppe regolari siriane. L’amministrazione Obama sta anche prendendo in considerazione l’idea di aiutare l’opposizione a mettere in piedi un rudimentale servizio di intelligence. Ma, dicono sempre queste fonti, nessuna
decisione è stata presa riguardo a queste misure o ad azioni ancora più aggressive, come inviare agenti della Cia all’interno della Siria stessa.
La lotta in corso nel Paese mediorientale
potrebbe intensificarsi
in misura considerevole nei prossimi mesi, perché sia il governo siriano che i combattenti dell’opposizione stanno ricevendo armi potenti in gran quantità. Il Pentagono continua a programmare e mettere a punto una serie
di opzioni militari, dopo una richiesta in tal senso da parte del presidente Obama a inizio marzo. Il generale Martin Dempsey, il capo di stato maggiore delle forze armate statunitensi, ha detto ai senatori in quell’occasione che fra le
opzioni prese in considerazione ci sono: ponti aerei per fini umanitari, sorveglianza aerea delle forze armate siriane e introduzione di una zona di non sorvolo. I militari Usa hanno anche elaborato piani per l’intervento di una coalizione di truppe straniere che provveda a mettere in sicurezza i considerevoli stock di armi chimiche e biologiche in possesso del di Damasco, se una guerra civile a tutto campo dovesse metterli in pericolo.
La novità rispetto a marzo è che i ribelli ora ricevono rifornimenti regolari di armi e munizioni. Secondo i membri del Consiglio nazionale siriano e altri attivisti, il mese scorso alcuni veicoli dell’esercito turco hanno portato armamenti anticarro fino al confine, facendoli poi entrare clandestinamente nel Paese. Gli analisti militari americani non sono tutti del parere che queste armi possano bastare a compensare la superiorità militare dell’esercito siriano: Joseph Holliday, ex ufficiale dei servizi segreti dell’esercito americano in Afghanistan e ora ricercatore dell’Institute for the Study of War, con particolare competenza sull’Esercito libero siriano, dice che «i ribelli stanno cominciando a capire come si neutralizza un carro armato». Ma un alto ufficiale americano che riceve rapporti riservati dai servizi
segreti dalla regione ha paragonato le armi dei ribelli a «cerbottane» rispetto agli armamenti pesanti in mano al Governo.
Il Consiglio nazionale siriano, il principale gruppo di opposizione in esilio, recentemente ha iniziato a cercare di organizzare le unità locali distribuite in modo irregolare sul territorio, e che combattono tutte sotto l’etichetta di Esercito libero siriano, in una forza più coesa. Ora esiste una decina di consigli di coordinamento militare, in varie province della Siria, che si scambiano tattiche e altre informazioni. L’eccezione più significativa è quella di Homs, perché i tre principali gruppi militari attivi in città non vanno d’accordo fra di loro, secondo esponenti del Consiglio nazionale siriano. Jeffrey White, analista militare per il Washington Institute for Near East Policy, che monitora i video e gli annunci diffusi da gruppi che si autodefiniscono ribelli, dice che attualmente si contano circa 100 formazioni di combattenti antiregime rispetto alle 70 o giù di lì di due mesi fa».
(Copyright New York Times-la Repubblica. Traduzione di Fabio Galimberti)
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