Vauro risponde

Un grande in bocca al lupo da «ciò che resta» del manifesto L’ho scritto: avrei preferito andarmene zitto zitto , quatto quatto. Ho capito che non posso farlo. Va bene. Avrei voluto farlo perché non volevo che la mia uscita suscitasse letture o polemiche che potessero danneggiare ciò che resta de «Il manifesto».

Un grande in bocca al lupo da «ciò che resta» del manifesto L’ho scritto: avrei preferito andarmene zitto zitto , quatto quatto. Ho capito che non posso farlo. Va bene. Avrei voluto farlo perché non volevo che la mia uscita suscitasse letture o polemiche che potessero danneggiare ciò che resta de «Il manifesto». Ecco, in queste due parole «Ciò che resta» la spiegazione. Resta molto poco de «il manifesto» nel quale ho lavorato per più di venti anni. Troppo poco. Almeno a mio giudizio. Ma forse anche a giudizio dei troppi lettori che hanno smesso di comprare il giornale. E non mi pare che ne «Il manifesto» (mi ci metto anch’io) ci si sia interrogati sulle nostre responsabilità politiche ed editoriali riguardo a questi abbandoni. Me ne vado in un momento difficile? No. Purtroppo il momento difficile è già passato e non siamo stati in grado di farvi fronte. Entro dicembre i liquidatori scioglieranno la cooperativa di cui anch’io faccio parte. Ne nascerà un’altra? mi auguro di sì ma è ovvio che non sarà quella verso la quale sentivo un obbligo politico e morale. Scrivo queste poche righe per dare una risposta a quelle lettere di lettori che mi chiedevano un perché. Forse questo perché avrebbe dovuto (e da tempo) darlo la direzione del giornale che adesso, nemmeno tanto velatamente, mi addita come quello che se ne va solo per soldi. Pazienza. Nella vita di ogni buon comunista è scritto che prima o poi debba essere considerato un rinnegato da altri comunisti (vecchio vizio). E’ vero che a «Il Fatto» il mio compenso sarà più elevato di quello che ho finora percepito da «il manifesto» e certo non me ne dispiaccio. Detto questo vorrei che qualcuno della direzione mi spiegasse come mai sarei diventato un «Vignettista squillo» dopo venti e passa anni, di cui gli ultimi sei o sette , seguiti al cambio contrattuale da me voluto quando compii la scelta di andare a lavorare per Emergency, con lo stipendio più basso di tutto «il manifesto» (un record!). In ultimo riguardo al mio essere comunista lo rivendico con orgoglio e non penso che diverrò meno comunista solo per il fatto di andare a lavorare in un giornale libero che però non si definisce comunista sotto la testata. Saluti comunisti ribaditi.
Vauro

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