Cambiare si può, con le regole

Caro Marco Rovelli, chiedi «a tutte e tutti coloro che si sentono e sono parte attiva della sinistra sociale e dei movimenti: che cosa stiamo aspettando?» Per riprendere l’iniziativa per «ricostruire una sinistra che non c’è». Rispondo, tramite il manifesto (proponendogli di riservare una finestrella quotidiana al tuo appello): presente!

Caro Marco Rovelli, chiedi «a tutte e tutti coloro che si sentono e sono parte attiva della sinistra sociale e dei movimenti: che cosa stiamo aspettando?» Per riprendere l’iniziativa per «ricostruire una sinistra che non c’è». Rispondo, tramite il manifesto (proponendogli di riservare una finestrella quotidiana al tuo appello): presente!

Vorrei però anche dare dei consigli, poiché ognuno di noi – come giustamente ricordi – si porta dietro non solo «storie e biografie personali» (spesso troppo pesanti) da mettere a disposizione, ma anche idee, desideri, aspettative… Allora penso che per avere successo il tuo sacrosanto appello debba partire davvero da coloro tra quelli/e di noi che sono davvero «in connessione» con quei «processi di lotta e di conflitto» che pure esistono numerosissimi e non sono nient’affatto minoritari, nel nostro paese. Hai già citato i mille No Tav d’Italia. Ricordo le liste locali di cittadinanza (che trovano oggi a Messina un esempio alto). Non dimentico il Forum dell’acqua bene comune. Penso alle mille esperienze di autogestione: dai centri sociali alle terre collettive. Penso alle due campagne in corso: quella transazionale sul debito e quella per la costituzionalizzazione dei beni comuni. Infine, una raccomandazione. L’esperienza grottesca di Cambiare si può ci deve insegnare che le regole contano più di ogni cosa: le modalità d’azione stanno ai risultati – ci insegnava Gandhi – come il seme alla pianta. Per ora basterebbe stabilire che i primi dieci promotori-garanti della nuova iniziativa non debbano avere alcuna aspirazione ad essere eletti da qualche parte.
Paolo Cacciari

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