Auschwitz © Foto Reuters

Incontri. Da oggi all'Università Roma 3 un convegno su "Shoah e il negazionismo nel web"
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Il rifiuto della storia è on line

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Incontri. Da oggi all’Università Roma 3 un convegno su “Shoah e il negazionismo nel web”

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Incontri. Da oggi all’Università Roma 3 un convegno su “Shoah e il negazionismo nel web”

Che il nega­zio­ni­smo costi­tui­sca una sfida non solo per gli sto­rici ma, più in gene­rale, per le società demo­cra­ti­che, è ora­mai un riscon­tro tanto dif­fuso quanto ancora poco com­preso. Basti pen­sare al revan­sci­smo fasci­stoide che si sta accom­pa­gnando all’evoluzione dei popu­li­smi euro­pei, par­tendo dall’Ungheria, pas­sando per la Gre­cia per arri­vare alla Fran­cia. La fun­zio­na­lità del discorso che nega, o ribalta, il pas­sato, stra­vol­gen­done non solo i signi­fi­cati con­di­visi ma lo stesso trac­ciato fat­tuale, ovvero il suc­ce­dersi degli eventi, si incon­tra con feno­meni sociali e cul­tu­rali nel mede­simo tempo com­plessi e stra­ti­fi­cati. La crisi eco­no­mica senz’altro pesa molto nello smar­ri­mento col­let­tivo che, sul piano cul­tu­rale, si tra­sforma in un vero e pro­prio sban­da­mento cognitivo.

PRO­DU­ZIONE DI IDENTITÀ

Dinanzi ad un futuro opaco e ad un pre­sente incerto il giu­di­zio su quello che è stato si tra­sforma in una varia­bile dipen­dente dai sen­ti­menti del momento e, soprat­tutto, dai risen­ti­menti di lungo periodo. Depu­rare i fasci­smi dei loro aspetti più bru­tali, a par­tire dall’agire ster­mi­na­zio­ni­sta con il quale hanno cau­sato e con­dotto una guerra cata­stro­fica, per­mette non solo di ria­bi­li­tarne i tra­scorsi, nobi­li­tan­doli agli occhi di col­let­ti­vità smar­rite, ma anche di rilan­ciarne la natura di pro­getti poli­tici e sociali basati sull’anestetizzazione di ogni resi­dua coscienza cri­tica. Il pro­blema, allora come oggi, non è mai la per­si­stenza in sé del fasci­smo come ideo­lo­gia della pre­va­ri­ca­zione raz­zi­sta ma il darsi di una costel­la­zione di fat­tori che ren­dono plau­si­bile il ricorso ad esso come stru­mento di solu­zione non nego­ziata dei conflitti.

Dopo di che lo spa­zio del nega­zio­ni­smo è pur­troppo oggi più che mai dila­tato. Più che leg­gerlo come il mero ritorno di qual­cosa che sus­si­ste car­si­ca­mente è bene sof­fer­marsi sui luo­ghi in cui esso si dà come vei­colo di costru­zione di iden­tità. Non importa quanto fit­ti­zie e mani­po­late, trat­tan­dosi di un feno­meno che per defi­ni­zione sfida qual­si­vo­glia ragio­ne­vo­lezza, poi­ché dotato di una razio­na­lità fer­rea, intrin­seca, auto­re­fe­ren­ziale, che pro­prio nel pre­scin­dere deli­be­ra­ta­mente dai dati di fatto ha costruito le sue for­tune. Siamo infatti in pre­senza di una dimen­sione al con­tempo con­tro­fat­tuale e mito­gra­fica. E non è un caso se entrambi i carat­teri ven­gano attri­buiti, dai nega­zio­ni­sti, ai loro con­fu­ta­tori. Poi­ché i primi riven­di­cano uno spa­zio radi­cale, quello della riscrit­tura imma­gi­ni­fica della sto­ria come pro­dotto della libertà dei moderni, che i secondi, invece, rifiu­tano, con­sa­pe­voli che facendo altri­menti si sfal­de­rebbe lo stesso lin­guag­gio con il quale leg­giamo il pre­sente. Quando i nega­zio­ni­sti par­lano, bla­te­rando, di «libertà di coscienza», così come di «libera espres­sione», non stanno solo patro­ci­nando i loro deliri ma incro­ciano un comune sen­tire, quello che nell’età del libe­ri­smo eleva la nozione astratta di «libertà», parola chiave nel les­sico neo­con­ser­va­tore, a totem della con­tem­po­ra­neità. Si tratta, in que­sto caso, dell’invito osses­sivo a rom­pere gli argini della coscienza col­let­tiva, intesa come una gab­bia, sosti­tuen­dovi un atteg­gia­mento di scet­ti­ci­smo esa­spe­rato e alter­nan­dovi il con­vin­ci­mento che la «verità» riposi in un discorso che rescinde la con­sa­pe­vo­lezza critica.

Il nega­zio­ni­smo, oggi, si pre­senta come un’affabulazione iste­rica sul cosid­detto con­tro­po­tere che deri­ve­rebbe dal met­tere alla ber­lina il sapere con­di­viso, tanto più se pro­dotto di una lunga ricerca. I nessi con il com­plot­ti­smo sono imme­diati, se non altro per­ché anti­se­mi­ti­smo e fasci­smi da sem­pre svol­gono una nar­ra­zione a sé stante del tempo pre­sente, ali­men­tan­dola di rimandi all’occultamento di coa­li­zioni di forze, all’azione clan­de­stina di sog­getti paras­si­tari, in una sola espres­sione alla let­tura dei con­flitti come il pro­dotto di un campo di volontà celate. Non a caso, allora, il con­ve­gno della Società per lo stu­dio della sto­ria con­tem­po­ra­nea si inter­roga sul rap­porto tra nega­zio­ni­smo e Web (appun­ta­mento oggi alle ore 14 all’Università Roma Tre, Sala del Con­si­glio, Via Ostiense, 234. Il pro­gramma com­pleto dell’incontro è con­sul­ta­bile nel sito Inter­net dell’università Roma 3). In quanto sem­pre di più il primo trova il suo habi­tat natu­rale nel secondo. Que­sto riscon­tro non legit­tima le inter­pre­ta­zioni che vor­reb­bero il nega­zio­ni­smo come ora­mai orfano di padrini poli­tici. Invita sem­mai a pen­sare ai luo­ghi della dif­fu­sione, a tratti virale, e alla fun­zione che oggi rac­co­glie, sod­di­sfa­cendo una domanda dif­fusa di biso­gno di signi­fi­cato, quand’anche alte­rato ed avariato.

Nel Web il rap­porto tra auto­rità e sapere subi­sce un’immediata ride­fi­ni­zione. Se tra­di­zio­nal­mente l’acquisizione di com­pe­tenze e cogni­zioni è legata alla tra­smis­sione inter­ge­ne­ra­zio­nale, nella Rete que­sta gerar­chia ver­ti­cale e ana­gra­fica si fran­tuma, sosti­tuita da un’orizzontalità inge­nua­mente intesa come «demo­cra­zia della cono­scenza». Si tratta di un equi­voco dif­fuso e, come tale, desti­nato a ripe­tersi. Fa parte di quell’idea di libertà intesa come spa­zio asso­luto della licenza, nel nome di un falso anti-autoritarismo che, para­dos­sal­mente, inter­cetta i tardi cascami di sug­ge­stioni della sta­gione che fu dei movimenti.

La man­canza di codici di inter­pre­ta­zione, l’apparente equi­va­lenza tra ver­sioni anti­te­ti­che, l’insofferenza per qual­siasi fil­tro inter­pre­ta­tivo, la satu­ra­zione di sol­le­ci­ta­zioni, l’invito a porre l’immagine (più che l’immaginazione) e l’evento (inteso non come parte di una suc­ces­sione bensì come epi­so­dio a sé, unico e irri­pe­ti­bile) al cen­tro del discorso sul sapere, ma anche il nar­ci­si­smo di massa, il ricorso alla scrit­tura come forma di auto­bio­gra­fia di massa, l’intolleranza nei con­fronti della com­ples­sità, l’ipertrofia del par­ti­co­lare, sono tra i fat­tori che fanno da cor­nice all’espansione delle oppor­tu­nità per il discorso negazionista.

IL DECLINO DELL’«UOMO PUBBLICO»

Non a caso tutti que­sti ele­menti si incro­ciano con il declino dell’uomo pub­blico ma anche e soprat­tutto con la tra­sfor­ma­zione della poli­tica, ossia la sua con­tra­zione da sfera pub­blica a campo di incur­sione dei pop<CW-11>ulismi e delle tec­no­cra­zie. La sfida del nega­zio­ni­smo, tanto più sul Web, non sta quindi in una voca­zione sto­rio­gra­fica che in alcun modo ha avuto, costi­tuen­done sem­mai il ribal­ta­mento. Piut­to­sto, col­lo­can­dosi al cro­ce­via di malu­mori, ango­sce, risen­ti­menti e rivalse, dà fiato a ciò che suben­tra al revi­sio­ni­smo con­ser­va­tore degli ultimi tre decenni, ossia una sorta di «rever­sio­ni­smo» lad­dove ognuno è invi­tato a sce­gliersi, nel nome di un anti­con­for­mi­smo di fac­ciata, in realtà subal­terno al rifiuto della sto­ria e all’ossessione per un pre­sente eterno e immu­ta­bile, una ver­sione a suo pia­ci­mento di ciò che è stato. Nel nome, ancora una volta, di una schia­vitù men­tale e cul­tu­rale che si pre­senta come atto di «libe­ra­zione» di idee e istinti. Da eterno fasci­smo, qual è il noc­ciolo duro, anti­se­mita, che porta con sé.

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