Dete­nuto si impicca, alcune guardie lo insultano su facebook

Ioan Gabriel Barbuta si è tolto la vita nel carcere di Opera (Mi). Sul social network del sindacato Alsippe c’è chi esulta: “Uno di meno, spero che abbia sofferto”. E chi si augura “più corde e sapone”

Il dete­nuto Ioan Gabriel Bar­buta, 39 anni, rumeno, una con­danna defi­ni­tiva all’ergastolo per omi­ci­dio, dome­nica scorsa ha deciso di met­tere fine alla sua esi­stenza. Si è impic­cato in cella nel car­cere di Opera, alle porte di Milano. Sono tra­ge­die piut­to­sto comuni che non scan­da­liz­zano gli addetti ai lavori: nel 2014 si sono uccisi 43 dete­nuti, signi­fica che più o meno ogni otto giorni le guar­die peni­ten­zia­rie devono rac­co­gliere un cada­vere. “Pur­troppo, nono­stante il pre­zioso e costante lavoro svolto dalla poli­zia peni­ten­zia­ria, pur con le cri­ti­cità che l’affliggono, non si è riu­sciti a evi­tare tem­pe­sti­va­mente ciò che il dete­nuto ha posto in essere nella pro­pria cella”, si legge in un comu­ni­cato del sin­da­cato Sappe.

Que­sta volta però non ci sono solo le note uffi­ciali a sot­to­li­neare il sesto sui­ci­dio del 2015 nelle car­ceri ita­liane. Ci sono anche le con­si­de­ra­zioni che alcuni agenti di un altro sin­da­cato di poli­zia peni­ten­zia­ria (Alsippe) hanno postato su una pagina face­book. Sono cose che fanno schifo anche solo a pen­sarle, ma è molto istrut­tivo vederle esi­bite con tanta leg­ge­rezza sui social net­work, per­ché a com­men­tare la noti­zia sono stati poli­ziotti penitenziari.

Il primo a pro­nun­ciarsi esi­bi­sce anche i titoli, dice di essere un ispet­tore presso il mini­stero della Giu­sti­zia: “Ottimo spe­riamo abbia sof­ferto”. Il com­mento suc­ces­sivo con­corda: “Uno di meno, che sicu­ra­mente non avrebbe scon­tato la pena per intero, ci sarebbe costato parec­chi denari e che all’uscita avrebbe creato di nuovo pro­blemi. Spero che abbia sof­ferto”. Sem­bra quasi il pro­gramma di un par­tito poli­tico, o un son­dag­gio su ciò che pensa l’opinione pub­blica. A seguire una ven­tina di com­menti. “Con­si­glio di met­tere a dispo­si­zione più corde e sapone”. E ancora: “Col­lega scala la conta”. La cate­go­ria soli­da­rizza anche: “Sicu­ra­mente i NS col­le­ghi saranno inda­gati! E che cazzo vuoi met­tere che la vita di un delin­quente, non debba essere tute­lata e chi come noi lavora in mezzo a que­sta fec­cia umana non debba subire la giu­sta puni­zione!!”. Solo un tale invita gli agenti a non insul­tare i morti. Que­sta la rispo­sta sgram­ma­ti­cata: “Lavora all’iterno. Poi vedrai. Spe­cial­mente extra­co­mu­ni­tari. X que­sto mestiere devi ava er core nero”. I nomi non sono stati resi noti, ma sem­bra che alcuni siano rap­pre­sen­tanti sin­da­cali. Iden­ti­fi­carli non sarà difficile.

Luigi Pagano, vice capo del Dipar­ti­mento dell’amministrazione peni­ten­zia­ria (Dap), non sem­bra dispo­sto a fare sconti. Cono­sce come pochi altri la realtà del car­cere, per una vita è stato diret­tore di San Vit­tore. “E’ una cosa inde­gna — spiega — abbiamo inca­ri­cato il nostro nucleo inve­sti­ga­tivo di rico­struire i fatti. Se sarà accer­tato che gli autori di quei com­menti sono poli­ziotti peni­ten­ziari, ovvia­mente agi­remo di con­se­guenza anche in sede disci­pli­nare”. E ancora: “Com­men­tare con uno di meno o frasi simili la morte di un dete­nuto signi­fica oltrag­giare una per­sona e allo stesso tempo offen­dere anche un corpo, quello della poli­zia peni­ten­zia­ria, che ogni giorno lavora per ren­dere più umane le car­ceri ita­liane e per fare fronte alle tante dif­fi­coltà quo­ti­diane che si incon­trano nell’ambiente peni­ten­zia­rio. Quanto acca­duto è dav­vero inac­cet­ta­bile”. Dura, ma non potrebbe essere diver­sa­mente, anche la presa di posi­zione del segre­ta­rio del Sappe, Donato Capece: “Esul­tare per la morte di un dete­nuto è cosa igno­bile e ver­go­gnosa. Il sui­ci­dio in car­cere è sem­pre, oltre che una tra­ge­dia per­so­nale, una scon­fitta per lo stato. Chi ha dato dimo­stra­zione della sua stu­pi­dità ed insen­si­bi­lità se ne assu­merà le responsabilità”.

Le inda­gini non dovreb­bero incon­trare osta­coli. Il mini­stro della giu­sti­zia, Andrea Orlando, già oggi con­vo­cherà il capo del Dap per cono­scerne l’esito. E nei pros­simi giorni incon­trerà le sigle sin­da­cali della poli­zia peni­ten­zia­ria “per discu­tere dell’accaduto e di come evi­tare che simili inqua­li­fi­ca­bili com­por­ta­menti pos­sano ripe­tersi”. Poi dovrà rispon­dere a un’interrogazione par­la­men­tare pre­sen­tata da Sel, “si tratta dell’ennesimo epi­so­dio che con­ferma la neces­sità di una com­mis­sione di inda­gine par­la­men­tare sulle morti in car­cere” ha com­men­tato Daniele Farina.

I non troppi poli­tici che hanno espresso disgu­sto, tra cui molti sena­tori del Pd che si sono appel­lati al mini­stro, invo­cano puni­zioni esem­plari. Giu­sto, ma sarebbe il minimo sin­da­cale. Forse, per non deru­bri­care la vicenda nel solito capi­tolo delle “poche mele marce”, sarebbe meglio capire come inten­dono rela­zio­narsi le ammi­ni­stra­zioni peni­ten­zia­rie con quella nuova sigla sin­da­cale che prima ha ospi­tato e poi rimosso quei commenti.

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