“La strage di piazza della Loggia a Brescia è sicuramente riconducibile alla destra eversiva”. Lo scrivono i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Milano nelle motivazioni in possesso dell’ANSA, delle sentenza con cui condannarono Maggi, allora ispettore di Ordine Nuovo per il triveneto e l’ex collaboratore dei servizi segreti Maurizio Tramonte, all’ergastolo per l’eccidio del 28 maggio del ’74
La strage di piazza della Loggia a Brescia è “sicuramente riconducibile alla ‘destra eversiva’ e tutti gli elementi evidenziati convergono inequivocabilmente nel senso della colpevolezza di Carlo Maria Maggi”. Lo scrivono i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Milano nelle motivazioni in possesso dell’ANSA, delle sentenza con cui condannarono Maggi, allora ispettore di Ordine Nuovo per il triveneto e l’ex collaboratore dei servizi segreti Maurizio Tramonte, all’ergastolo per l’eccidio del 28 maggio del ’74. “Carlo Maria Maggi, in relazione alla strage di Piazza della Loggia – scrivono i giudici – aveva la consapevolezza di poter contare a livello locale e non solo, sulle simpatie e sulle coperture, se non addirittura sull’appoggio diretto, di appartenenti di apparati dello Stato e ai servizi di sicurezza nazionale ed esteri”.
Secondo i giudici della seconda sezione della corte d’assise d’appello di Milano, incaricati del processo d’appello bis, dopo l’annullamento, da parte della cassazione, dell’assoluzione di Maggi e Tramonte, l’ex ispettore di Ordine Nuovo per il Triveneto aveva maturato la consapevolezza di poter contare sull’appoggio di appartenenti ai servizi di sicurezza, “attraverso le molteplici riunioni preparatorie anche con militari italiani e americani”. I giudici, presieduti da Anna Conforti, sottolineano che Maggi “era l’unica figura che, all’epoca dei fatti, coniugava a un tempo: l’ideologia stragista, il parvente instancabile attivismo per riorganizzare in ordine nero gli orfani del dissolto Ordine nuovo”, e ‘i cani sciolti’ dell’estremismo neo fascista. Aveva, inoltre, il carisma per svolgere un ruolo assolutamente centrale in tale opere di costituzione, e poteva disporre di piu’ canali di approvvigionamento di armi ed esplosivi” e “la disponibilita’ di gelignite, esplosivo utilizzato per il confezionamento dell’ordigno fatto esplodere in piazza della Loggia “che causo’ 8 morti e oltre 100 feriti, nel corso di una manifestazione antifascista”. La corte sottolinea inoltre che Maggi poteva disporre “di un armiere con le capacità tecniche di Digilio (Carlo ritenuto l’armiere di O.N.) per confezionare l’ordigno o per intervenire alla bisogna”. Maggi avrebbe infine, avuto “la rete di collegamenti necessari per completare la fase esecutiva dell’attentato senza “sporcarsi le mani”. Cosa accadde quel giorno Durante un comizio antifascista esplose una bomba, nascosta in un cestino della spazzatura, causando la morte di 8 persone e il ferimento di altre 94. La strage di piazza della Loggia è un altro episodio della strategia della tensione, una lunga scia di attentati, da Piazza Fontana, alla bomba alla Questura di Milano, al treno Italicus, che insanguinarono l’Italia dal 1969 al 1984. Le indagini e i processi Dopo molti anni di indagini e processi, vennero condannati alcuni membri del gruppo neofascista Ordine Nuovo. Esecutori materiali vennero riconosciuti Ermanno Buzzi (nel frattempo assassinato in carcere) e Maurizio Tramonte (condannato in appello, come la “fonte Tritone” dei servizi segreti), assieme ai già deceduti Carlo Digilio (addetto agli esplosivi) e Marcello Soffiati (trasportatore della bomba). Come mandante è stato condannato, in appello, Carlo Maria Maggi. Gli altri imputati, tra cui Delfo Zorzi, il generale Francesco Delfino e l’ex segretario del MSI e fondatore del Centro Studi Ordine Nuovo Pino Rauti furono assolti
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