A cinquant’anni dall’omicidio dello studente di destra Sergio Ramelli convegni, libri e un francobollo. La premier ripropone la narrazione delle vittime di destra dell’«odio» antifascista. La destra post-missina ha costruito una narrazione autoassolutoria e faziosa
A cinquant’anni dall’omicidio dello studente di destra convegni, libri e un francobollo. La premier ripropone la narrazione delle vittime di destra dell’«odio» antifascista
Giorgia Meloni compare con contributo video al convegno ospitato a Palazzo Lombardia a Milano «Le idee hanno bisogno di coraggio», in ricordo di Sergio Ramelli a 50 anni dal suo assassinio per ricordare una vittima «divenuta un simbolo per generazioni di militanti di destra e di tutta Italia». Oggi, afferma, «siamo chiamati a interrogarci su quello che ancora ci può insegnare il suo sacrificio».
DELL’OMICIDIO Ramelli, a differenza di molti degli eventi che hanno caratterizzato gli anni Settanta e il terrorismo neofascista, si sa praticamente tutto. A partire dai nomi dei responsabili che sono stati regolarmente processati e condannati. Ma la destra post-missina, che ha costruito molta della sua identità sul Pantheon delle sue vittime e sulla mitologia della persecuzione, ha costruito in questi anni, e a maggior ragione da quando è al governo del paese, una narrazione autoassolutoria e faziosa. È una versione dei fatti che sostiene che i neofascisti erano vessati dall’estremismo delle sinistre.
Questa operazione negli ultimi mesi, tra le altre cose si è avvalsa di almeno quattro libri, diversi convegni e dell’emissione di un francobollo dedicato a Ramelli. Tutto ciò serve a rafforzare l’idea che i postfascisti al governo non siano gli eredi di un partito di fuori dell’arco costituzionale, bensì un gruppo di sopravvissuti all’odio eroicamente passati attraverso le violenze della congiura antifascista. «Ai nostri figli dobbiamo raccontare che c’è stato un tempo in cui per le proprie idee si poteva essere costretti a cambiare scuola, quartiere, città – afferma Meloni – Si poteva essere minacciati, insultati, aggrediti».
DA CIÒ DERIVA l’idea di riscrivere la storia degli anni Settanta. Fu un periodo segnato da violenze e soprattutto da bombe, che com’è ampiamente dimostrato furono piazzate dai neri con la complicità di apparati dello stato. Ma furono anche anni di grande partecipazione democratica e avanzamento sociale. Durante il quale, giova ricordare, il Msi non aveva la forza di organizzare manifestazioni di massa o grandi mobilitazioni. Eppure le ricostruzioni di area governativa al massimo concedono che ci siano stati episodi esecrabili su due fronti contrapposti, come se l’area ultraminoritaria neofascista (che dal Msi ai gruppi esplicitamente eversivi lavorava abbastanza esplicitamente perché ci fosse un golpe) possa essere messa sullo stesso piano dell’insorgenza di massa che, pure nelle differenze e nelle tante articolazioni, operò a sinistra, nello spazio pubblico e in rete con esperienze di tutto il pianeta. «Io a Sergio Ramelli metto sempre vicino due giovani di sinistra, Fausto e Iaio – dice ad esempio Ignazio La Russa – Questa memoria condivisa di giovani che hanno perso la vita solo perché credevano in alcune idee, non importa se di destra o di sinistra, è un insegnamento che credo debba restare forte in questa fase storica in cui vedo riaffacciarsi nei fuocherelli che non mi piacciono».
QUESTE PAROLE ci ricordano che la generica condanna dell’«odio» serve a delegittimare le mobilitazioni dei giorni nostri. È in nome dell’uso strumentale di tragedie come quella di Ramelli che gli esponenti di Fratelli d’Italia attaccano gli antifascisti. Qualcuno rifiuta di stare al gioco: la scorsa settimana Giampaolo Mattei (fratello di Virgilio e Stefano, deceduti nel rogo di Primavalle a Roma, nel 1973) si è pubblicamente dissociato dal modo in cui governo, FdI ed estrema destra stanno strumentalizzando i morti degli anni Settanta e stanno sfruttando «ai fini elettorali» singole storie di violenza, decontestualizzate e usate ad arte per riscrivere il passato e disegnare il futuro a proprio uso e consumo.
* Fonte/autore: Giuliano Santoro, il manifesto
0 comments