antirazzismo – Micciacorta https://www.micciacorta.it Sito dedicato a chi aveva vent'anni nel '77. E che ora ne ha diciotto Tue, 16 Jun 2020 14:49:48 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 Monumenti e movimenti nella Storia https://www.micciacorta.it/2020/06/monumenti-e-movimenti-nella-storia/ https://www.micciacorta.it/2020/06/monumenti-e-movimenti-nella-storia/#respond Tue, 16 Jun 2020 14:49:48 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=26165 I simboli e i segni del passato e della storia non sono immobili e intangibili, possono sparire ed essere compensati, sostituiti, dimenticati. La storia è fatta sia di iscrizioni, sia di cancellazioni.

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Avete presente l’espressione romana «fare la lupa»? Significa andare avanti e indietro, avanti e indietro, in pochi metri, come un animale in gabbia. Infatti l’origine è proprio questa: la lupa di cui si parla è quella, che anche io ho fatto in tempo a vedere, che andava irrequieta avanti e indietro nella gabbia sulle pendici del Campidoglio. Quella lupa era un simbolo della romanità, della nostra identità. E anche della nostra cultura, delle nostre radici, della nostra Storia. Poi, a un certo momento, è scomparsa. Ne sentiamo la mancanza? Ci siamo per questo dimenticati di essere discendenti di Romolo? (Su che fine ha fatto Remo, l’altro figlio della lupa, lasciamo perdere). Ci siamo sentiti come se ci avessero lasciati senza storia, senza memoria, senza passato? Ce la siamo presa col politically correct animalista? Non credo e non mi risulta. È solo che siamo cambiati e quel simbolo non ci rappresenta più. Come la lupa del Campidoglio, i simboli e i segni del passato e della storia non sono immobili e intangibili, possono sparire ed essere compensati, sostituiti, dimenticati. La storia e la memoria comprendono anche l’oblio: come ci insegnano in tanti, da Jurij Lotman a Umberto Eco a Jorge Luis Borges, senza oblio non c’è né storia né memoria né cartografia. La storia è fatta sia di iscrizioni, sia di cancellazioni. Perciò credo che si regga su una errata idea della storia il politically correct che si scandalizza se qualcuno butta a fiume la brutta statua di un mercante di schiavi. Infatti mi domando anche: ma perché è Storia il monumento a Robert E. Lee a Charleston e non sono storia le decine di migliaia di cittadini che vogliono che sia rimossa? La storia è solo passato o anche presente? È storia o no il fatto che non dalla settimana scorsa ma letteralmente da un secolo in qua a Bristol fior di cittadini, compresi il meglio degli storici del posto, chiedevano educatamente di toglierla di mezzo? È o no negazione della storia ignorare questa storia, o parlare senza conoscerla? Credo che se noi chiamiamo Storia il monumento a Nathan Bedford Forrest, fondatore del KuKluxKlan, che campeggia nel palazzo del governo a Nashville, Tennessee, e non riconosciamo che sono storia anche quelli che vogliono toglierlo e sostituirlo, è perché la Storia siamo Noi – euroamericani liberali cristiani istruiti – e non loro – vandali orde teppisti. Ha ragione Toni Morrison: le definizioni appartengono ai definitori, non ai definiti. Edward Colston, Robert E. Lee, Mussolini, Nathan Bedford Forrest (ricordato in Via col Vento romanzo per la sua bella barba) non ci piacciono ma sono storia nostra, la storia ci appartiene e decidiamo noi chi la tocca e chi no. Perciò non battiamo ciglio o battiamo le mani quando qualcuno butta giù la storia di qualcun altro, che sia la statua di quel mascalzone di Saddam Hussein a Baghdad o quelle di Marx, Lenin e Stalin in mezza Europa (sono comunista, per Marx mi dispiace ma credo che date le circostanze ne avessero tutto il diritto). Quando quelli che chiamavamo i «senza storia» irrompono nella storia, sono sempre corpi fuori posto che violano il nostro spazio esclusivo (come Trayvon Martin nel quartiere sbagliato quella sera in Florida). Come si permettono? Anche qui, la scena emblematica sta in Via col Vento: quella in cui si vedono i deputati e senatori “negri” eletti dopo la guerra civile stravaccati sbevazzando sui solenni scranni del parlamento della Georgia (non andò affatto così in Georgia: si può fare grande cinema anche con una menzogna, ma non si può difendere la menzogna in nome della Storia). Certo che ci saranno errori, esagerazioni, scorie, in questo cambiamento epocale: a proposito dei movimenti di liberazione dal colonialismo e delle occupazioni delle terre nel Sud, Ernesto de Martino avvertiva che la «irruzione delle masse nella storia» non sarebbe avvenuta senza scorie e barbarismi, ma ci invitava ad avere la pietas e l’intelligenza necessaria per partecipare, accompagnare, consigliare e aspettare. Parte dell’intelligenza consiste nel distinguere. Oltre che vandali e teppisti, i nostri media bollano quelli che vogliono togliere di mezzo le statue di Robert E. Lee e Edward Colson come «iconoclasti». Ora, se alla storia ci teniamo, usiamo correttamente i riferimenti storici: l’iconoclastia è un atteggiamento diffuso in correnti cristiane e islamiche che per svariate ragioni teologiche combatte tutte le immagini in quanto tali (l’opposto di iconoclastia, dicono, è idolatria). Quello che è in atto adesso è invece una motivata obiezione ad alcuni monumenti e non altri: anche i più radicali antirazzisti e antifascisti sanno distinguere fra l’obelisco a Mussolini Dux e la Pietà di Michelangelo, pur sapendo bene le responsabilità storiche della Chiesa. Possiamo discutere caso per caso, ma il rifiuto di distinguere e la conseguente riduzione all’assurdo è una rinuncia a quel senso critico che dovrebbe caratterizzare i colti (l’etimologia di critica significa appunto distinguere), una rinuncia che induce persone intelligenti e rispettate ad argomentare seriamente che non possiamo togliere l’omaggio al KuKluxKlan da Nashville perché se no dovremmo abbattere anche il Colosseo a Roma (come se qualcuno oltre loro ne stesse parlando, e come se non sapessimo distinguere fra l’Anfiteatro Flavio e la lupa del Campidoglio). Quello che difendiamo in questo modo non è il Colosseo, ma il KuKluxKlan. Come ci insegna l’assassinio di Rayshard Broooks ieri ad Atlanta, non è solo a forza di dimenticare il passato ma anche a forza di idolatrarlo che rischiamo di continuare a riviverlo. PS. La scorsa settimana l’assemblea legislativa del Tennessee ha votato contro la mozione di togliere il busto del fondatore del Kkk, con la sua bella barba, dal palazzo del governo. Si vede che ancora li rappresenta. * Fonte: Alessandro Portelli, il manifesto

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Milano, oggi proteste e striscioni contro Salvini-Le Pen https://www.micciacorta.it/2019/05/milano-oggi-proteste-e-striscioni-contro-salvini-le-pen/ https://www.micciacorta.it/2019/05/milano-oggi-proteste-e-striscioni-contro-salvini-le-pen/#respond Sat, 18 May 2019 07:17:38 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=25427 MILANO. La piazza nazionalista e la protesta dei balconi. Oggi Milano accoglierà la manifestazione della Lega in piazza Duomo con centinaia di striscioni anti-Salvini, un presidio e un corteo: il Gran Galà del futuro. Le lenzuola contro il ministro degli Interni sono apparse in città già da giorni, soprattutto dopo la rimozione dello striscione a […]

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MILANO. La piazza nazionalista e la protesta dei balconi. Oggi Milano accoglierà la manifestazione della Lega in piazza Duomo con centinaia di striscioni anti-Salvini, un presidio e un corteo: il Gran Galà del futuro. Le lenzuola contro il ministro degli Interni sono apparse in città già da giorni, soprattutto dopo la rimozione dello striscione a Brembate e l’identificazione in zona San Siro di un signore reo di aver esposto – anche lui – uno striscione contro il capo della Lega. Salvini è rimasto spiazzato da questa protesta che ha il pregio di gettare caos nella sua megamacchina comunicativa e costringe tutti a parlarne, nella vita reale e sui social. E PER SALVINI governare il flusso del dibattito social è fondamentale. In questi giorni però la notizia non l’ha generata lui con una delle sue dirette video o dei suoi post, ma l’opposizione sociale. L’irriverenza, l’ironia, gli sfottò hanno provocato nervosismo anche tra le forze di polizia che, a giudicare da come stanno intervenendo, sentono il peso e le attenzioni del ministro. Oggi a Milano sono attese centinaia di lenzuola anti-Salvini, ma girando in città e sui social negli ultimi due giorni sono tante quelle già esposte. Al confine con Sesto San Giovanni una palazzina ne ha appese venti, le altri sono sparpagliate in tutta la città in modo abbastanza omogeneo. Si va da un sottile «Salvini #baciamilano» ai più classici «Mai con Salvini» e «Non sei il benvenuto», a «Qui si ama tutti» e «Menti e porti aperti», a «Placa i toni, esci i milioni». Anche i Vigili del Fuoco della Cgil, che avevano protestato dopo l’intervento a Brembate, hanno esposto il loro: «49 milioni di balconi. Vigili del fuoco professionisti del soccorso non della propaganda». Le associazioni che hanno organizzato la manifestazione People il 2 marzo scorso hanno coordinato la diffusione social di questi striscioni con l’hashtag #Salvinitoglianchequesti. «ABBIAMO RACCOLTO queste iniziative diffuse, decine di persone hanno iniziato a mandarci foto e le abbiamo pubblicate» ha raccontato a Radio Popolare Maurizio Merlotti de I Sentinelli che hanno anche lanciato una caccia al tesoro anti-Salvini: «dove sono i 49 milioni?» Nei quartieri sono stati affissi 49 striscioni ciascuno con un numero da 1 a 49, vince chi li fotografa tutti. Chissà se qualcuno di questi striscioni comparirà anche lungo il percorso del corteo leghista da porta Venezia a piazza Duomo. I militanti della Lega si ritroveranno alle 15, Salvini parlerà dal palco di piazza Duomo dopo le 16.30. Al suo fianco la leader della destra francese Marine Le Pen, questa volta arrivata a sostenere l’amico italiano dopo l’assenza all’iniziativa di lancio della campagna elettorale leghista. DOPO AVER PORTATO IN PIAZZA Duomo i neofascisti di Casapound e Lealtà Azione il 14 ottobre 2014 – l’inizio ufficiale dell’era salviniana – oggi il leader leghista sarà attorniato da 11 esponenti di questa alleanza nazionalista che formerà un gruppo a Strasburgo con l’ambizione di condizionare le future scelte del Ppe. GRANDE ASSENTE l’ungherese Viktor Orban, sospeso dal Ppe ma ancora dentro ai popolari europei: sarà lui a guidare l’eventuale dialogo tra popolari e nazionalisti dopo il voto. «Facciamo la storia» ha detto ieri Salvini. Piazza Duomo sarà circondata simbolicamente dal Gran Galà del futuro, la manifestazione convocata da Non Una di Meno e Milano Antifascista Antirazzista Meticcia e Solidale. «Abbiamo deciso di tenere stretta tra le mani la parola futuro, non permettere che diventi una parola della destra e di questi personaggi che da anni promuovono campagne oscurantiste, negazioniste e razziste e che nulla hanno a che fare con il futuro» dice Selam Tesfai di Non Una di Meno. «Non chiediamo di portare in piazza solo l’avversione a Salvini, ma proposte e immaginario futuro. Non Una di Meno e Milano Antifascista Antirazzista Meticcia e Solidale sono la Milano del futuro per noi, quella che non si limita alla tolleranza, ma che rispetta e si arricchisce delle sue diversità». L’appuntamento è alle 14 in piazza del Cannone per l’happening culturale con musica, teatro, danza e canto. Alle 16 il corteo da largo Cairoli fino ai giardini della Guastalla. * Fonte: Roberto Maggioni, IL MANIFESTO

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Sabato a Roma gli antirazzisti in piazza contro il decreto Salvini https://www.micciacorta.it/2018/11/sabato-a-roma-gli-antirazzisti-in-piazza-contro-il-decreto-salvini/ https://www.micciacorta.it/2018/11/sabato-a-roma-gli-antirazzisti-in-piazza-contro-il-decreto-salvini/#respond Wed, 07 Nov 2018 09:07:59 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=24955 Decine di pullman e 400 adesioni alla manifestazione che si oppone al «dl sicurezza». Mobilitazione in 58 città e crowfunding. In piazza anche Mimmo Lucano

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Sarà un pacco, un regalo graziosamente rispedito al mittente con la grande manifestazione di sabato prossimo a Roma, il decreto Sicurezza. Con o senza la copertura, l’ombrello, della fiducia. Gli effetti del decreto 113, già in vigore dal 5 ottobre e che in questi giorni sarà convertito in legge, impiegheranno un po’ di tempo a dispiegarsi nella loro negatività, ma mentre si vanno moltiplicando gli appelli per l’incostituzionalità e le iniziative spontanee dei Comuni che non intendono adeguarsi all’azzeramento degli Sprar e dei diritti degli asilanten, la mobilitazione dal basso contro le politiche securitarie e razziste del governo gialloverde sta crescendo e così anche l’appuntamento di sabato 10 novembre. Sono stati organizzati pullman da 58 città e le adesioni all’appello iniziale – lanciato in una assemblea che si è tenuta a Milano a settembre a seguito delle manifestazioni spontanee di Catania e Ventimiglia per l’apertura di porti e confini con la Francia – sono diventate 400, sia di realtà nazionali che locali. Con lo slogan, che probabilmente sarà nello striscione di testa: «Uniti e solidali contro il governo e il razzismo del decreto Salvini». ADERISCONO comitati antirazzisti appena nati e associazioni storiche come Oxfam, ActionAid e Un Ponte Per, o la sezione italiana dell’ong spagnola Proactiva Openarms, impegnata con le sue navi nei salvataggi a mare dei migranti. Ci saranno I Sentinelli di Milano, promotori della grande manifestazione antirazzista del mese scorso a Milano, che nel frattempo stanno «figliando» associazioni gemelle a Catania, a Roma e, ultima nata, a Macerata. Ci saranno i friulani che domenica scorsa hanno portato in piazza 15 mila persone a Trieste e molti centri sociali del Nord-Est e delle Marche. Ma anche di Napoli (Insurgencia e ex Opg Je so’pazz), città da cui potrebbe arrivare anche il sindaco Luigi De Magistris, tra le personalità che aderiscono a titolo personale. In piazza – il corteo seguirà il percorso classico da piazza Esedra a piazza San Giovanni passando per via Cavour – ci saranno anche l’europarlamentare Eleonora Forenza di Rifondazione e i parlamentari di Sinistra italiana e di Leu, mentre è ancora incerta la presenza del segretario Nicola Fratoianni, impegnato a dare il cambio come testimone sulla nave Mare Jonio ora ferma a Lampedusa per mare grosso. Il progetto Mediterranea sta ricevendo fondi consistenti grazie al crowfunding che continua in tutta Italia, e lo stesso è per le raccolte di soldi online per sostenere l’esperienza di accoglienza di Riace e le mense per i bambini migranti che non possono pagare la retta a Lodi. La solidarietà si autorganizza e il simbolo che di questo movimento di risposta alla deriva «cattivista» e xenofoba del governo – il sindaco di Riace, Mimmo Lucano – sabato sarà in testa al corteo. Dalla Toscana già prenotati oltre 10 pullman. LA MAPPA interattiva delle adesioni, insieme al testo dell’appello iniziale, si può visionare sul sito di Melting Pot e sulla piattaforma Indivisibili della rete Global Project – due dei soggetti promotori, insieme a l’associazione romana Baobab Experience – che dà accoglienza ai transitanti nell’attendamento dietro alla stazione Tiburtina ora sotto sgombero della giunta Raggi – e ai movimenti romani per il diritto all’abitare. I DUE PERCORSI che – da Milano e da Roma – hanno portato all’appuntamento del 10 novembre non sono stati semplici né lineari. Ma adesso, a ridosso dell’approvazione del decreto legge Salvini, si sono ingrossati prendendo uno spazio nazionale che nel frattempo non era stato occupato. Ci saranno i sindacati di base Cobas e Adl Cobas. Così se l’Anpi nazionale non c’è tra i firmatari, figurano invece le sezioni di Caserta, Catania, Venezia. Ed è la stessa situazione dell’Arci: singoli circoli Arci si vedranno sabato in forze al corteo nazionale antirazzista, anche se l’organizzazione è soprattutto impegnata, sempre sabato, nelle tante iniziative locali contro il decreto Pillon a fianco delle donne di Non Una di Meno. Il sindacato di Aboubakar Soumahoro -l’Usb- ha convocato un suo momento a dicembre e la Cgil, si sa, è impegnata con il congresso, ma singoli sindacalisti ci saranno comunque. MENTRE SI SPERA di vedere almeno alcuni della lunga lista di attori e musicisti che hanno garantito condivisione: da Ascanio Celestini ai Modena City Ramblers, dagli Assalti frontali a Eugenio Bennato. * Fonte: Rachele Gonnelli, IL MANIFESTO

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Sinistre riunite in piazza a Milano contro la «fortezza Europa» https://www.micciacorta.it/2018/08/sinistre-riunite-in-piazza-a-milano-contro-la-fortezza-europa/ https://www.micciacorta.it/2018/08/sinistre-riunite-in-piazza-a-milano-contro-la-fortezza-europa/#respond Wed, 29 Aug 2018 07:13:39 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=24795 La Milano antirazzista. Più di 10mila persone rispondono all’appello dei Sentinelli e del comitato Insieme senza muri. Sugli striscioni «Salvini is not Italy». Sul palco migranti e rappresentanti delle Ong

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MILANO. Un universo di anime e bandiere della sinistra dopo anni di conflitti interni si è ricompattato ieri in piazza San Babila a Milano. Tutti uniti contro la deriva sovranista ed euroscettica promossa dall’asse Salvini-Orbán. I nemici esterni che conciliano le divergenze. Mentre a palazzo Diotti, nella sede di una prefettura blindatissima, si incontravano il leader leghista e il premier ungherese, in piazza è scesa la Milano antirazzista. Dall’Anpi ai sindacati, dal Pd a Leu, dalle associazioni di richiedenti asilo al mondo cattolico, l’Ars e i centri sociali. Ci volevano Orbán e Salvini per riunire – come ai tempi delle proteste contro Berlusconi – un fronte spaccato. La Milano dell’accoglienza ha risposto all’appello dell’associazione dei Sentinelli e del comitato Insieme senza muri. Le stesse realtà che proprio nel capoluogo lombardo hanno organizzato a giugno la grande tavolata multietnica a favore dell’integrazione. Oltre 10 mila persone si sono riunite per dire no all’idea di Europa e di Italia promossa dal ministro dell’Interno. «Salvini is not Italy, Orbán is not Europe», recitavano alcuni striscioni. Ma l’immagine simbolo è stata il manifesto della Diciotti: la nave messa in salvo da due grandi mani, alzata su 500 cartelli alla fine della manifestazione. Luca Paladini, il portavoce dei Sentinelli, più volte minacciato per le sue battaglie sui diritti civili, ha voluto dedicare la giornata ai migranti bloccati per giorni nel porto di Catania. Si temevano disordini tra forze dell’ordine e antagonisti, come già successo in altre contestazioni al leader leghista. Ma così non è stato. Unico «fuori programma», quando gli attivisti del centro sociale Il Cantiere hanno protestato in via Fieno, ricoprendo i muri della sede del Consolato ungherese con le impronte di mani rosse di vernice. Un corteo varipinto, formato da giovani, anziani, bambini, ha poi sfilato lungo corso Venezia, scortato dagli agenti in tenuta antisommossa. Ma prima, gli interventi in piazza San Babila, mentre i calciatori della Fc St. Ambroeus, la prima squadra di rifugiati iscritta alla Figc, improvvisavano un allenamento. Sul palco, anche i rappresentanti del principale bersaglio del governo: le Ong che operano nel Mediterraneo. «Siamo stati chiamati taxi del mare e vicetrafficanti», ha ricordato Riccardo Gatti, comandante delle navi di Proactiva openarms. «Il governo sta dando altre imbarcazioni alla guardia costiera libica, noi abbiamo visto cosa fanno, come trattano i migranti, calpestando i diritti. Nessuno dice più quanta gente sta morendo in mare, vogliono distruggere l’umanità, vedendo questa piazza credo che non ce la faranno». «Un’Europa senza confini» il messaggio lanciato ai due leader barricati a poche centinaia di metri nella sede della Prefettura. «Stiamo assistendo a una situazione di pericolosa regressione dove sforzi della nostra Marina Militare e delle Ong sono stati cancellati in pochi mesi di scellerato governo», ha affermato l’assessore milanese al Welfare Pierfrancesco Majorino. «A Salvini diciamo che non ci faremo portare da lui nel Medioevo». Ma la scena è stata dei tanti profughi e richiedenti asilo che hanno preso il microfono e parlato alla piazza. «Non ho paura solo per me. Ho paura anche per voi italiani», è stato il commento di uno dei giocatori della Fc St. Ambroeus. La squadra e gli altri migranti, come quelli della comunità di Sant’Egidio, hanno poi guidato il corteo in prima fila, fino a sera. Tra gli ultimi a parlare anche l’ex presidente della Camera Laura Boldrini: «Voglio dire a Salvini che noi in questa piazza non abbiamo paura del futuro. Noi non abbiamo paura degli altri, di chi è diverso da noi, anzi questa diversità ci arricchisce. Non possiamo permetterci di disperdere le energie di questa piazza. Dobbiamo fornire un’alternativa, un’iniziativa politica innovativa, mai fatta prima». Un appello rivolto a una sinistra che da tempo non si ritrovava così unita. * Fonte: Mattia Guastafierro, IL MANIFESTO

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Fiom: costruire una rete di solidarietà antirazzista https://www.micciacorta.it/2018/07/fiom-costruire-una-rete-di-solidarieta-antirazzista/ https://www.micciacorta.it/2018/07/fiom-costruire-una-rete-di-solidarieta-antirazzista/#respond Tue, 17 Jul 2018 13:46:15 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=24674 A Lamezia Terme. Re David: abbiamo 40mila iscritti migranti, costruiamo con le associazioni la risposta al fascismo montante

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Mettere in contatto le diverse realtà che si occupano di migranti per costruire una rete dell’accoglienza e della solidarietà. Ieri a Lamezia Terme (Cz) la Fiom ha tenuto l’iniziativa “Il Cammino della speranza, migranti: accoglienza, dignità, lavoro». Gli interventi di iscritti arrivati in Italia sui barconi, rappresentanti delle Ong, Mimmo Lucano, sindaco di Riace, di Marco Bertotto di Medici Senza Frontiere, di Valerio Cataldi, presidente Carta di Roma hanno portato all’idea di creare una rete fra sindacato e associazionismo. «Questa iniziativa nasce dall’appello dei migranti della Fiom, dopo il caso della nave Aquarius – dichiara Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil -. Abbiamo circa 40mila iscritti migranti. Vogliamo dare una risposta per contrastare disumanità e razzismo in preoccupante aumento. Abbiamo scelto di mettere in rete le diverse realtà che si occupano di migranti per una rete dell’accoglienza e della solidarietà. Il fascismo è nato proprio dall’idea che una razza è superiore ad un’altra. Il razzismo è presente anche nei luoghi di lavoro, è per questo che nelle Regioni del Nord stiamo organizzando diverse iniziative antifasciste e antirazziste. Dobbiamo sviluppare tutte le forme di lotta democratica per contrastare questa ondata di odio contro essere umani sfuggiti da povertà e guerre».

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Donne, razza e classe. L’assedio al razzismo comincia tra i banchi https://www.micciacorta.it/2018/03/donne-razza-classe-lassedio-al-razzismo-comincia-banchi/ https://www.micciacorta.it/2018/03/donne-razza-classe-lassedio-al-razzismo-comincia-banchi/#respond Wed, 07 Mar 2018 09:46:27 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=24236 Femminismi. Un'anticipazione dal volume «Donne, razza e classe», edito da Alegre, che sarà in libreria dall'8 marzo

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Tra le donne lavoratrici e le donne provenienti da facoltose famiglie di classe media erano sicuramente le operaie quelle che avevano più diritto a fare confronti con lo schiavismo. Sebbene nominalmente libere, le loro condizioni di lavoro e le loro paghe richiamavano automaticamente, per le condizioni di sfruttamento, il paragone con la schiavitù. Tuttavia, furono le donne abbienti a invocare nella maniera più letterale l’analogia schiavista nel tentativo di esprimere la natura oppressiva del matrimonio. Durante la prima metà del diciannovesimo secolo l’idea che la secolare e consolidata istituzione del matrimonio potesse essere oppressiva era in qualche modo insolita. Le prime femministe potevano descrivere il matrimonio come una forma di «schiavitù» dello stesso tipo di quella patita dal popolo Nero innanzitutto per il valore scioccante del confronto, temendo che la serietà della loro protesta potesse altrimenti cadere nel vuoto. In tal modo però ignoravano che, identificando le due istituzioni, si affermava che la schiavitù in fondo non fosse peggio del matrimonio. Ad ogni modo l’implicazione più importante di questo confronto fu che le donne bianche di classe media sentivano una certa affinità con le donne e gli uomini Neri, per i quali la schiavitù voleva dire frustate e catene. NEL TERZO DECENNIO del diciannovesimo secolo le donne bianche – sia le casalinghe che le lavoratrici – furono attivamente coinvolte nel movimento abolizionista. Le operaie contribuivano col denaro dei loro magri salari e organizzavano mercatini per raccogliere fondi, mentre le donne di classe media divennero agitatrici e organizzatrici della campagna anti-schiavitù. Quando nel 1833 nacque la Philadelphia Female Anti-Slavery Society, sull’onda del congresso che dette origine alla American Anti-Slavery Society, un discreto numero di donne bianche manifestò il proprio sostegno alla causa del popolo Nero, fissando le basi per un legame tra i due gruppi oppressi (per la precisione la prima associazione femminile contro la schiavitù fu formata da donne Nere a Salem, nel Massachusetts, nel 1832). Quell’anno, in un evento ampiamente conosciuto, una giovane donna emerse come modello esemplare di coraggio femminile e di militanza antirazzista: Prudence Crandall era un’insegnante che sfidò gli abitanti bianchi della sua città, Canterbury, nel Connecticut, accettando nella propria scuola una ragazza Nera. La sua presa di posizione inflessibile in quella controversia divenne il simbolo della possibilità di forgiare una potente alleanza tra la lotta per la liberazione dei Neri, già organizzata, e l’embrionale battaglia per i diritti delle donne. I genitori delle ragazze bianche che frequentavano la scuola di Prudence Crandall espressero la loro unanime opposizione alla presenza della studentessa Nera e organizzarono un boicottaggio ben pubblicizzato, ma l’insegnante del Connecticut rifiutò di capitolare di fronte alle loro richieste razziste. Seguendo il consiglio di Charles Harris – una donna Nera che aveva assunto nella scuola – Crandall decise di accogliere altre ragazze Nere e, se necessario, di trasformare la propria scuola in una scuola solo per Nere. DA ESPERTA ABOLIZIONISTA la signora Harris presentò Crandall a William Lloyd Garrison, che pubblicava su Liberator – il giornale antischiavista – articoli sulla scuola. I cittadini di Canterbury si opposero facendo passare una risoluzione contro i suoi progetti secondo la quale «il governo degli Stati Uniti, la nazione con tutte le sue istituzioni di diritto, appartengono agli uomini bianchi». Senza dubbio parlavano di «uomini bianchi» nel senso letterale di maschi, perché Prudence Crandall non solo aveva violato il loro codice di segregazione razziale, ma aveva anche sfidato le norme tradizionali di condotta delle signore bianche. «NONOSTANTE LE MINACCE Prudence Crandall aprì la scuola (…). Le studentesse Negre stavano coraggiosamente al suo fianco. E allora accadde uno degli episodi più ’eroici’ e vergognosi della storia degli Stati Uniti. I commercianti si rifiutarono di vendere i loro prodotti a Miss Crandall (…). Il dottore del paese si rifiutò di visitare i suoi studenti indisposti. Il farmacista negò le medicine. Al vertice di tanta bestiale disumanità, dei facinorosi ruppero i vetri della scuola, sporcarono di letame i muri e tentarono di incendiare in diversi punti l’edificio» (dal libro di Samuel Sillen, Women against Slavery, Masses and Maistream, New York, 1955). Questa giovane quacchera dove trovò la sua straordinaria forza, e come sviluppò questa sorprendente capacità di perseverare in una situazione pericolosa, sottoposta a un assedio quotidiano? Probabilmente l’aiutarono i legami con i Neri la cui causa difendeva tanto ardentemente. La scuola continuò a funzionare fino a quando le autorità del Connecticut ordinarono il suo arresto. Ma, a quel punto, Prudence Crandall aveva ormai lasciato un segno nella sua epoca al punto che, nell’apparente sconfitta, emerse come un simbolo di vittoria.
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Prudence Crandall e la sua scuola
GLI EVENTI DI CANTERBURY del 1833 eruppero all’inizio di una nuova era. Come la rivolta di Nat Turner, come la nascita del Liberator di Garrison o la fondazione della prima organizzazione nazionale contro lo schiavismo, annunciavano l’avvento di un’epoca di intense lotte sociali. La salda difesa del diritto allo studio anche per i Neri da parte di Prudence Crandall è stata un drammatico esempio – più potente di quanto si potesse immaginare – per quelle donne bianche che stavano soffrendo il travaglio di una nuova consapevolezza politica. In maniera lucida ed eloquente le sue azioni illuminavano ampi spazi di possibilità per la lotta di liberazione se le donne bianche avessero solidarizzato in massa con le proprie sorelle Nere. «Facciamo tremare gli oppressori del sud, facciamo tremare i loro apologeti del nord. Facciamo tremare tutti i nemici dei Neri perseguitati. Non ho bisogno di usare la moderazione in una causa come questa. Parlo seriamente, non mi sbaglio, non mi scuso, non torno indietro di un millimetro. Mi farò ascoltare». Questa dichiarazione priva di compromessi era firmata da William Lloyd Garrison e comparve sul primo numero del Liberator. Nel 1833, due anni dopo, questo pionieristico giornale abolizionista si era creato un pubblico significativo formato da un ampio gruppo di abbonati Neri e da un sempre crescente numero di bianchi. PRUDENCE CRANDALL e altri come lei erano fedeli sostenitori del giornale. Ma anche le operaie bianche erano tra coloro che concordavano facilmente con la posizione antischiavista militante di Garrison. Inoltre, una volta organizzatosi il movimento abolizionista, le donne di fabbrica portarono un decisivo supporto alla causa. Tuttavia, le donne bianche più in vista nella campagna contro la schiavitù erano quelle che non erano obbligate a lavorare per un salario. Erano le mogli dei dottori, degli avvocati, dei giudici, dei commercianti, dei proprietari degli opifici, in altre parole le donne della classe media e della nascente borghesia. Nel 1833 molte di queste donne della classe media avevano probabilmente iniziato a rendersi conto che qualcosa nelle loro vite era andato storto. Come «casalinghe» in una nuova era di capitalismo industriale, avevano perso ogni importanza nelle loro stesse case, e il loro status sociale in quanto donne aveva patito una conseguente svalutazione. Nel frattempo avevano però guadagnato tempo libero da dedicare alla lettura, che consentiva loro di diventare riformiste sociali od organizzatrici attive della campagna abolizionista. A sua volta l’abolizionismo conferiva loro l’opportunità di lanciare una protesta implicita contro l’oppressione dei propri ruoli domestici. Solo quattro donne furono invitate a partecipare all’assemblea di fondazione della American Anti-Slavery Society. Gli organizzatori maschi di questo meeting di Philadelphia decretarono inoltre che potessero partecipare solo nelle vesti di «ascoltatrici e spettatrici», senza quindi una piena partecipazione. QUESTO NON IMPEDÌ a Lucretia Mott – una delle quattro – di rivolgersi coraggiosamente agli uomini dell’assemblea in almeno due occasioni. Nell’apertura dei lavori si alzò con baldanza dalla galleria (il posto per ascoltare da spettatrice) e argomentò contro una mozione che voleva posticipare l’incontro a causa dell’assenza di un importante uomo di Philadelphia: «I giusti princìpi sono più forti dei nomi. Se i nostri princìpi sono giusti, perché mai dovremmo essere codardi? Perché mai dovremmo aspettare chi non ha mai avuto il coraggio di sostenere i diritti inalienabili degli schiavi?». Senza dubbio Lucretia Mott – che era anche pastore quacchero – stupì quel pubblico maschile, perché in quei giorni le donne non prendevano parola negli incontri pubblici. Nonostante gli applausi del pubblico, che aprì i lavori seguendo la sua proposta, in chiusura dell’assembela né lei né le altre donne furono invitate a firmare la Déclaration of Sentiments Purposes. FOSSE PER UN DIVIETO esplicito sulle firme femminli, o perché agli uomini non venne in mente di far firmare le donne, ad ogni modo si mostrarono molto miopi. Il sessismo impedì loro di coinvolgere nel movimento abolizionista un vasto potenziale di donne. Lucretia Mott, che non era affatto miope, organizzò l’assemblea inaugurale del Philadelphia Female Anti Slavery Society nei giorni successivi al congresso maschile. Era destinata a diventare una figura pubblica di primo piano del movimento antischiavista, una donna ammirata ovunque per il suo coraggio e per la sua tenacia di fronte alla furiosa teppa razzista. «Nel 1838 questa donna dall’aspetto fragile, vestita con gli abiti sobri e inamidati dei quaccheri, affrontava con serenità la folla tumultuante favorevole alla schiavitù che aveva distrutto col fuoco la Pennsylvania Hall con la connivenza del sindaco della città»
  • Il testo è estratto dal capitolo 2 («Il movimento abolizionista e l’origine dei diritti delle donne») del volume che sarà nelle librerie da domani 8 marzo (edizioni Alegre, trad. Marie Moïse e Alberto Prunetti, prefazione Cinzia Arruzza, pp. 304, euro 18) e sarà presentato il 10 all’interno di «Feminism», fiera dell’editoria delle donne, alle ore 12 (Casa internazionale delle donne, Roma). Uscito negli Usa nel 1981, il libro sviluppa un saggio scritto in carcere nel 1971, uno studio sulla condizione delle afroamericane durante lo schiavismo volto a riscoprire la storia dimenticata delle ribellioni delle donne nere contro la schiavitù. Racconta episodi tragici degli Stati Uniti, frutto di miti ancora in voga come quello dello «stupratore nero» e della superiorità della «razza bianca», ma anche momenti di resistenza, attraverso  alcune figure chiave della lotta per i diritti delle donne, delle nere e dei neri, e della working class americana
  FONTE: Angela Davis, IL MANIFESTO

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Ventimila a Milano contro fascismo e razzismo https://www.micciacorta.it/2018/02/ventimila-milano-fascismo-razzismo/ https://www.micciacorta.it/2018/02/ventimila-milano-fascismo-razzismo/#respond Sun, 11 Feb 2018 09:09:49 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=24113 In Lombardia manifestazione pacifica e importante anche a Brescia. Scontri con i carabinieri a Piacenza, gli unici disordini della giornata

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MILANO. «Contro la violenza fascista – razzista – sessista. Solidarietà alle vittime di Macerata». Lo striscione sorretto da richiedenti asilo, che sono anche parte della squadra multietnica dei Black Panthers, apre la manifestazione milanese in supporto e continuità con la piazza centrale di Macerata. Ventimila persone mobilitate in un corteo che rompe gli schematismi degli spezzoni e obbliga il serpentone a non finire in via Zuretti ma alla Stazione Centrale. Una piazza di donne, uomini, giovani, anziani. Di «semplici» cittadini antifascisti e antirazzisti, oltre le organizzazioni, e nonostante le organizzazioni. Tanti i cartelli e gli striscioni fatti a mano, lungo il serpentone: «no border, yes action» si può leggere ma anche «Stranieri non lasciateci soli con i fascisti» e poi le coperte termiche dorate che dal 20 maggio dello scorso anno sono diventate anche le bandiere di «Nessuna persona è illegale». Dietro lo striscione d’apertura si legge «Chiudere i covi neri. Milano antifascista, antirazzista, meticcia e solidale». C’è anche la banda degli ottoni, instancabile colonna sonora di ogni manifestazione in città. L’Anpi provinciale non ha aderito ma la base, i tesserati e tante sezioni sono presenti in massa con vessilli e striscioni. Si fanno vedere i volti noti del Pd milanese Pierfrancesco Majorino ed Emanuele Fiano. Ma come a Macerata, il Pd non aderisce e non promuove la manifestazione. Beppe Sala, il sindaco che recentemente aveva dichiarato che «l’antifascismo deve essere militante» è silente. Solo i singoli scendono in piazza, a dimostrazione che la manifestazione nazionale a Como di qualche settimana fa è stata solo una mossa elettorale per il partito di Renzi e Minniti. Massimo Gatti, il candidato di Sinistra per la Lombardia, ha aderito immediatamente alla piazza milanese ed è stato in corteo. Come Onorio Rosati, candidato di LeU alle regionali. Presenti Potere al Popolo, Fiom e il Naga.
«In Italia non c’è spazio per l’apartheid, quando ci sono attacchi razzisti e terroristici come a Macerata si devono usare parole chiare e nette» Laura Boldrini
Ma più di chi è presente o assente occorre dire con chiarezza che a fare la differenza, numerica e qualitativa, non sono le strutture organizzate, non quelle istituzionali e neppure quelle di movimento, anche se hanno il merito di aver organizzato la manifestazione.Si fa vedere anche la presidente della camera Laura Boldrini che alla stampa dichiara «non c’è spazio per l’apartheid, quando ci sono degli attacchi razzisti e terroristici come a Macerata non si può stare zitti, come ha detto Di Maio, e non si può neanche fare quello che ha detto Salvini, cioè non usare parole chiare e nette contro quello che è accaduto». La differenza è stata fatta dal cuore delle persone, da chi ha voluto mostrare il volto «sano» della città, di chi ha voluto dire «restiamo umani» e ha deciso che oggi non ci possono essere tentennamenti davanti alla barbarie del rigurgito fascista e razzista di Macerata. Non solo a Milano ma anche a Brescia, dove oltre duemila persone hanno manifestato in continuità con la piazza marchigiana. E a Piacenza in diverse centinaia hanno manifestato contro la presenza di Casapound dovendosi scontrare con le forze di polizia per garantirsi la possibilità di manifestare per le vie del centro. 5 i carabinieri feriti secondo la questura. FONTE: Andrea Cegna, IL MANIFESTO

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Macerata. Il Centro sociale Sisma travolto dalle adesioni https://www.micciacorta.it/2018/02/24098/ https://www.micciacorta.it/2018/02/24098/#respond Sat, 10 Feb 2018 08:43:58 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=24098 Il centro sociale. Dal 1997 a oggi, di terremoto in terremoto, l’impegno nel territorio

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MACERATA. Nel quartiere dominato dal grande complesso della Comunità Salesiana, c’è un edificio colorato da murales dove ha sede il centro sociale Sisma. All’interno, davanti al dipinto con Jack Nicholson al bancone in Shining, un andirivieni di compagni, altri sono inginocchiati intenti a disegnare gli striscioni che oggi sfileranno per le vie della città. Da qui, nonostante il divieto della prefettura, sin da subito è partita la ratifica che la manifestazione si sarebbe svolta, dopo l’incredibile presa di posizione delle autorità che hanno posto sullo stesso piano Casa Pound, Forza Nuova e gli antifascisti. A quel punto sono piovute centinaia di adesioni anche dalle singole sedi delle associazioni che si erano defilate ufficialmente. Ciò è accaduto probabilmente anche per un’attenzione per niente scontata: il Sisma, comunicando fermamente di voler comunque scendere in strada, non ha rimproverato le segreterie nazionali di Anpi, Cgil, Libera e Arci che avevano deciso di chiamarsi fuori, ma ha affrontato frontalmente i diktat del sindaco Romano Carancini e del ministro Minniti. Organizzare un grande corteo in una piccola città, dopo quanto è successo, significa avere senso di responsabilità. Un attributo che sorge da lontano, da più di vent’anni di storia, da quando nel ’97, dopo il terremoto, un’associazione si è riunita per richiedere l’uso di un ex asilo. L’asilo, dove fra l’altro alcuni del collettivo hanno mosso i primi passi da bambini, ora è frequentato da attivisti che vanno dai 20 ai 50 anni: ci sono disoccupati, precari, studenti, architetti o avvocati. Un forte senso di aggregazione evidenziato anche dal festival che ogni anno si svolge in memoria di David, un compagno scomparso. Uno spazio sociale autofinanziato che si trova a pochi metri da una delle strade dove oggi passerà il corteo, e in cui si svolgono concerti, laboratori, presentazioni di libri, cene per raccolta fondi e festival sulla musica e l’editoria indipendente. Un attivismo politico e una vitalità che, malgrado la realtà di provincia, li ha visti sempre in prima linea. Due di loro, cresciuti politicamente nel Sisma, sono stati eletti in consiglio comunale con la lista civica «a sinistra per Macerata» che sosteneva il sindaco. Bene è specificare che nessuno ne ha fatto una carriera. Se tanti centri sociali d’Italia hanno chiuso battente o non richiamano più l’attenzione di una volta, il Sisma è riuscito a rilanciarsi puntando sul principio che l’idea può diventare pratica, confidando sulla forza delle relazioni sociali in provincia: «La ricchezza del Sisma – ci dicono – è che non siamo slegati dalla città, conosciamo praticamente tutti e insieme possiamo toccare con mano tematiche ambientali, culturali o anche quelle meno politiche, portando e ricevendo esperienze e idee. L’importante è non evitare la complessità». Da un anno, con la rete Terre in Moto e insieme ad altre e diversificate realtà, i ragazzi del Sisma fanno raccolta fondi, creano eventi e monitorizzano i lavori per la ricostruzione dell’entroterra colpito dal terremoto dell’ottobre 2016. Ultimamente al Sisma ci sono stati diversi laboratori sulla narrazione dove hanno analizzato i condizionamenti della comunicazione e i passaggi con cui si ricostruisce una storia. Prima di salutare, qualcuno ci dice: «Il motore delle storie, ciò che fa partire un racconto, è il conflitto». Una rottura che a Macerata c’è stata e bisogna ripartire. FONTE: Luca Pakarov, IL MANIFESTO

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Contro il razzismo, manifestazione nazionale oggi a Roma https://www.micciacorta.it/2017/10/23829/ https://www.micciacorta.it/2017/10/23829/#respond Sat, 21 Oct 2017 07:18:02 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=23829 Il corteo sarà aperto dallo striscione «Contro il razzismo, per la giustizia e l’uguaglianza», portato da giovani rifugiati e da richiedenti asilo

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Sono già centinaia le adesioni alla manifestazione nazionale contro il razzismo che si terrà il 21 ottobre a Roma. E altre adesioni continuano ad arrivare da associazioni, organizzazioni non governative, forze sociali e politiche. Il punto di incontro è Piazza della Repubblica da cui il corteo prenderà il via alle 14.30 verso Piazza Vittorio Emanuele, attraversando Viale Einaudi, Piazza dei Cinquecento, Via Cavour, Piazza dell’Esquilino, Via Liberiana, Piazza S. Maria Maggiore, Via Merulana, Viale Manzoni e Via Emanuele Filiberto. Il corteo sarà aperto dallo striscione «Contro il razzismo, per la giustizia e l’uguaglianza», portato da giovani rifugiati e da richiedenti asilo, seguito dallo striscione di #italiani senza cittadinanza. Arrivati a Piazza Vittorio, i manifestanti saranno accolti da interventi dal palco, dalla musica e dalle testimonianze di giovani di origine straniere. Prima della manifestazione, al mattino, nel campo sportivo XXV Aprile a Pietralata si svolgerà un torneo di calcio tra squadre multietniche, formate da ragazzi residenti negli Sprar e ragazzi italiani. A dare il calcio di inizio saranno l’Atletico San Lorenzo e la Rfc Lions di Caserta. A sostegno della manifestazione, la lettera di personalità come Don Raffaele Nogaro, don Luigi Ciotti, Andrea Camilleri, Toni Servillo, Carlo Petrini, Enrico Ianniello, Luciana Castellina, Moni Ovadia, Giuseppe Massafra. Per informazioni sulla manifestazione, è possibile visitare la pagina Facebook. Le realtà che vogliono aderire possono inviare una mail a: 21ottobrecontroilrazzismo@gmail.com FONTE: IL MANIFESTO

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Angela Davis è vegana, e fa il collegamento tra liberazione umana e animale https://www.micciacorta.it/2016/03/angela-davis-vegana-collegamento-liberazione-umana-animale/ https://www.micciacorta.it/2016/03/angela-davis-vegana-collegamento-liberazione-umana-animale/#respond Fri, 18 Mar 2016 11:59:28 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21527 Angela Davis è molto nota per la sua prospettiva progressista su razza, genere e classe, ma è meno nota la sua posizione sull’oppressione di specie, che si rivela decisamente radicale

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black panters

Angela Davis è molto nota per la sua prospettiva progressista su razza, genere e classe, ma è meno nota la sua posizione sull’oppressione di specie, che si rivela decisamente radicale. La nota studiosa socialista, e questo potrebbe sorprendere alcun*, non consuma prodotti di origine animale. “Di solito non menziono il fatto di essere vegana, ma da questo punto di vista sono cambiata,” Davis ha affermato in occasione della ventisettesima edizione dellaEmpowering Women of Color Conference, secondo la trascrizione disponibile suRadioProject.org. “Penso sia il momento giusto per parlarne, perché fa parte di una prospettiva rivoluzionaria – ci permette di sperimentare non soltanto relazioni più compassionevoli con gli esseri umani, ma anche di capire come possiamo sviluppare relazioni compassionevoli con le altre creature con cui condividiamo questo pianeta, e questo significherebbe sfidare l’intero complesso industriale capitalistico della produzione alimentare”. Mettere in discussione questa modalità di produzione alimentare, ha detto Davis, comporterebbe farsi testimoni dello sfruttamento animale in prima persona. “Vorrebbe dire essere consapevoli – guidando sulle interstatali o lungo l’autostrada 5 verso Los Angeles – vedere realmente tutte le mucche negli allevamenti,” ha dichiarato. “La maggior parte delle persone non pensa al fatto che sta mangiando animali. Quando mangiano una bistecca o del pollo, nessun* pensa alla sofferenza tremenda vissuta da quegli animali al solo scopo di diventare prodotti alimentari consumati dagli esseri umani.” Per Davis, questa cecità è collegata al fenomeno della commodificazione: “Ritengo che la mancanza di atteggiamento critico nei confronti del cibo che mangiamo mostri chiaramente la misura in cui la riduzione a merce è diventata la modalità principale attraverso la quale percepiamo il mondo,”, ha affermato. “Non andiamo oltre quello che Marx chiama il valore di scambio della merce – non pensiamo alle relazioni che quell’oggetto racchiude in sé, e sono state importanti per la produzione di quell’oggetto, che si tratti del nostro cibo o dei vestiti o degli iPad, o tutti gli oggetti che utilizziamo per formarci presso un’istituzione come questa. Sviluppare l’abitudine di immaginare le relazioni umane e non umane nascoste dietro tutti gli oggetti che costituiscono il nostro ambiente sarebbe davvero rivoluzionario.” Davis si è espressa allo stesso modo in una registrazione video caricata sul blog Vegans of Color. “Non ne parlo spesso, ma oggi ho intenzione di farlo perché credo si tratti di qualcosa di assai importante,” ha detto. “Il cibo che mangiamo nasconde tanta crudeltà. Il fatto che siamo in grado di sederci e mangiare un pezzo di pollo senza pensare alle condizioni orrende in cui i polli sono allevati industrialmente in questo paese è un indicatore dei pericoli del capitalismo, di come il capitalismo ha colonizzato le nostre menti. Il fatto che non guardiamo oltre il prodotto in sé, che rifiutiamo di comprendere le relazioni che sottostanno alle merci che usiamo quotidianamente. E così anche per il cibo.” Davis ha suggerito al pubblico di guardare il film ‘Food, Inc.’ “E poi chiedetevi, che cosa si prova a sedersi e mangiare quel cibo generato solo a fini di profitto e che crea tanta sofferenza?” Davis ha concluso il suo intervento facendo un collegamento esplicito tra il trattamento degli esseri umani e degli animali. “Penso che esista una connessione, sulla quale ora non mi dilungherò, tra il modo in cui trattiamo gli animali e il modo in cui trattiamo le persone che sono più in basso nella scala sociale”, ha detto. “Così come le persone che commettono violenza su altri esseri umani hanno spesso imparato a goderne partendo dalla violenza sugli animali. E’ evidente che ci sono molti modi in cui possiamo affrontare la questione”. Articolo originale qui, traduzione di feminoska, revisione di michela.

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