Aquarius – Micciacorta https://www.micciacorta.it Sito dedicato a chi aveva vent'anni nel '77. E che ora ne ha diciotto Sat, 06 Oct 2018 08:13:56 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 I fascisti di Génération identitaire assaltano la sede di Sos Méditerranée a Marsiglia https://www.micciacorta.it/2018/10/i-fascisti-di-generation-identitaire-assaltano-la-sede-di-sos-mediterranee-a-marsiglia/ https://www.micciacorta.it/2018/10/i-fascisti-di-generation-identitaire-assaltano-la-sede-di-sos-mediterranee-a-marsiglia/#respond Sat, 06 Oct 2018 08:13:56 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=24865 Francia. 22 fermi. L'estrema destra contro la ong che con Médecins sans frontières gestisce l'Aquarius

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Oggi manifestazioni in Francia e in Europa a sostegno della nave umanitaria che è rimasta senza bandiera su pressione italiana Manifestazioni di sostegno, oggi, in una trentina di città francesi (e anche in Europa) per Sos Méditerranée, l’ong che assieme a Médecins sans frontières, gestisce la nave Aquarius. Le manifestazioni erano già previste, in seguito alla perdita della “bandiera” che permette di navigare, ritirata dal Panama sotto pressione italiana. Ma ora c’è una ragione in più: ieri, verso le ore 14, un commando di una ventina di militanti di Génération identitaire, un gruppo di estrema destra, ha preso d’assalto a Marsiglia la sede dell’organizzazione umanitaria. Le persone che erano presenti sono state spinte fuori dall’edificio. Ventidue violenti sono stati fermati. “Il personale è sano e salvo – ha precisato Sos Méditerranée – ma sotto choc”. Génération identitaire, che già si è manifestata violentemente contro i migranti a varie occasioni, anche in val Roya (al confine con l’Italia), ha dispiegato uno striscione: “la nostra azione vuole denunciare la complicità di questa ong che, sotto copertura <umanitaria>, collabora con i passeurs di clandestini”.  Gli estremisti di destra chiedono il “sequestro” dell’Aquarius. Destra e estrema destra appoggiano il commando di Génération indentitaire. Per il Rassemblement national (ex Fn), “è finita l’ora dell’impunità. Bravi!”. Il Ps ha denunciato l’azione: “vergogna”. Dopo il salvataggio degli ultimi 58 profughi (30mila salvati negli anni di attività) poi sbarcati al largo della Valletta, l’Aquarius è ora a Marsiglia, il suo porto di base, in attesa di una chiarificazione sulla sua situazione legale. Sos Méditerranée ha chiesto all’Europa e alla Francia di intervenire e di sostituirsi al Panama per poter continuare l’opera di salvataggio dei naufraghi nel Mediterraneo. Il presidente di Sos Méditerranée, l’armatore Francis Vallat, ha denunciato l’attacco alla ong, iniziato con Salvini: “una vergogna, un attacco fondamentale dl nostro diritto del mare,  è cosi’ che si criminalizzano le ong”. Per Vallat “ogni migrante che annega trascina un po’ dei nostri valori e della nostra anima in fondo al Mediterraneo”. * Fonte: Anna Maria Merlo, IL MANIFESTO

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La guerra che si prepara e la sinistra smarrita https://www.micciacorta.it/2018/06/la-guerra-che-si-prepara-e-la-sinistra-smarrita/ https://www.micciacorta.it/2018/06/la-guerra-che-si-prepara-e-la-sinistra-smarrita/#respond Sun, 17 Jun 2018 07:24:53 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=24605 Migranti/Sinistra. Rischiamo di avere oggi «socialisti senza umanità» (quelli che squassano la sinistra in Europa, fin dal cuore della Linke tedesca) e «umanitari senza socialità» (senza solidarietà sociale)

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«Con gli occhi per terra la gente prepara la guerra». Mi è tornata in mente, quella strofa lontana, in questi giorni feroci dell’odissea dell’Aquarius, da ieri elevata ufficialmente a sistema – con Salvini che reitera la chiusura dei porti alle ultime navi di profughi in arrivo – in cui tutto, ma davvero tutto, sembra perduto: la politica, l’umanità, l’elementare senso di solidarietà, noi stessi, il nostro rispetto di noi e degli altri cancellato da un ministro di polizia che fa della pratica disumana della chiusura dei porti un metodo di governo… Mi è tornata in mente perché è quello che sento nell’aria, che leggo nelle facce, negli sguardi, nei cattivi pensieri di (quasi) tutti. Odore di guerra, e occhi a terra (lo sguardo del rancore che promette sventura). Alla velocità della luce, in poche mosse da parte di giocatori cinici e spregiudicati, questione migratoria e logica bellica, politica dei flussi e politica delle armi si sono saldate intorno alla coppia nefasta «amico-nemico». E il confronto impari, spaventosamente asimmetrico, tra l’Italia e quel microscopico frammento di nuda vita in balia delle onde nel Canale di Sicilia si è saldato, come le due facce del medesimo foglio, col confronto muscolare, «di potenza» e «tra potenze». Con la resa dei conti tra il Governo italiano e gli altri Stati coinvolti, Malta, Francia, paesi «alleati» e paesi «ostili». Mentre si parla sempre più spesso, e con sempre meno pudore, di azioni militari per il controllo diretto delle coste libiche come «soluzione finale» al problema dei profughi. È BASTATO che un rozzo capopopolo rionale o regionale come Matteo Salvini irrompesse come un bufalo nella cabina di regia governativa di un Paese non di secondo piano in Europa, perché questa saldatura tra demografia e geopolitica (tra «movimenti di popolazione» e «conflitti inter-statali») si coagulasse istantaneamente. Perché il disagio sociale virasse in nazionalismo… E nel contempo perché si rivelasse in tutta la sua estensione e profondità lo «sfondamento antropologico», chiamiamolo così, o «etico-politico» consistente nella diffusa incapacità di riconoscimento «dell’uomo per l’uomo». Nell’evaporazione di ogni pietas, com-patimento, identificazione nel dolore altrui: le basi della socievolezza che ha permesso la sopravvivenza della specie umana sostituita ora da un mortifero atteggiamento di rifiuto, diffidenza, indifferenza ostile. I cattivi sentimenti, appunto, che da sempre preparano la guerra perché dicono che la guerra è già dentro le persone, e le ha fatte proprie. CERTO COLPISCE, nella via crucis dell’Aquarius – in questo spettacolo crudele messo in piedi per ostentare, sul palcoscenico grande come il mare, la caduta catastrofica dell’umano nel segno della «politica nuova» – la figura dell’attore protagonista: l’uomo che dopo aver assorbito in sé tutti i ruoli di governo (le gouvernement c’est moi) si permette di prendere in ostaggio centinaia di bambini, donne, uomini per giocarseli sulla scacchiera politica (come strumento di negoziazione all’esterno e di consenso all’interno) indifferente alle loro sofferenze, lasciandoli in balia del mare, come fossero cose e non persone («tortura» è stata definita). Ma colpisce ancor di più – se possibile – questo pubblico che balza in piedi ad applaudire a ogni battuta truce, a ogni dichiarazione di disprezzo, che si emoziona per le vessazioni, l’irrisione dei valori di solidarietà e condivisione, addirittura la messa in stato d’accusa della solidarietà, come colpa o reato. E se si guarda quella platea dal di fuori, non potrà sfuggire che solo in pochi, sparsi qua e là, se ne stanno a braccia conserte, senza unirsi all’orgia. E quasi nessuno si alza per fischiare. PRENDIAMONE ATTO. Un argine si è rotto, persino tra noi, di quella comunità non grande che si è definita “sinistra”. Siamo diventati irriconoscibili a noi stessi. O meglio: tra noi stessi. Sempre più spesso, se s’incontra un compagno con cui si è condiviso (quasi) tutto e il discorso cade sui migranti e sul caso dell’Aquarius, non scatta immediata, istintiva l’indignazione, ma s’incrocia uno sguardo vacuo. Un cambiar discorso. O addirittura un moto di condivisione della politica dei respingimenti. Una voglia di limiti. Di barriere (perché «così non si può andare avanti»). O perché convertiti a un qualche «neo-sovranismo», nell’illusione falsa che ripristinando i confini possa ritornare il welfare di un tempo, le garanzie, i diritti sociali sottratti anche da parte e per colpa di chi oggi, per lavarsi la coscienza, difende a parole l’«apertura». O perché affascinati da quella vera e propria «troiata» (mi si permetta il temine caro a Cesare Pavese) che è la categoria dell’«esercito di riserva»: l’idea che i migranti siano lo strumento occulto di un qualche piano del capitale per sfondare il potere d’acquisto e la forza negoziale dei lavoratori nostrani, ignorando che quello si chiamava, non per nulla «esercito industriale», appartenente cioè a un’altra era geologica, prima che si affermasse il finanz-capitalismo, che lavora e comanda appunto non con i corpi ma col denaro. E che quella «narrativa» serve solo a giustificare la vessazione dei più poveri tra i poveri, non certo a contrastare i più ricchi tra i ricchi. BASTA D’ALTRA parte uno sguardo alla cronologia per vedere che il vero «sfondamento» della forza del lavoro è avvenuto fin dal passaggio agli anni ’80, ben prima che iniziassero i flussi di popolazione, e ha usato come ariete non i corpi dei poveri ma la tecnologia dei ricchi, elettronica, informatica, smaterializzazione del lavoro, frammentazione della componente «manuale» che sopravviveva. Fu allora che si consumò la «sconfitta storica» del lavoro in Occidente. E il conseguente «disallineamento» tra diritti sociali e diritti umani, che invece il movimento operaio novecentesco, almeno da noi, aveva saputo tenere «in asse». Da allora quelle due famiglie di diritti – questione sociale e questione morale (o «umana») – sono andate divaricandosi sempre più, fino a oggi, quando finiscono per contrapporsi, quasi che per stare vicino ai nostri «proletari» occorresse respingere gli altri riconfigurati per l’occasione come «non-proletari». Col risultato che rischiamo di avere oggi «socialisti senza umanità» (sono quelli che stanno squassando la sinistra in Europa, fin dal cuore della Linke tedesca) e «umanitari senza socialità» (senza solidarietà sociale). UNA SCISSIONE cui si può rimediare solo con un colpo d’ala. Con la consapevolezza, da una parte, che si possono difendere efficacemente le ragioni universali dell’umanità solo se si dimostra di voler difendere con le unghie e con i denti la ragioni sociali locali di chi, nel proprio territorio, è deprivato di reddito e diritti (se si disinnesca la trappola mortale del «perché a loro sì e a me no»). E dall’altra riuscendo a capire che mai come oggi la difesa dei migranti si salda alla difesa della pace, perché la guerra a loro finirà per trasformarsi in guerra tra noi. FONTE: Marco Revelli, IL MANIFESTO

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