Califfato – Micciacorta https://www.micciacorta.it Sito dedicato a chi aveva vent'anni nel '77. E che ora ne ha diciotto Wed, 18 Nov 2015 11:57:56 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 Soffiano venti di guerra, nasce il cantiere di pace https://www.micciacorta.it/2015/11/soffiano-venti-di-guerra-nasce-il-cantiere-di-pace/ https://www.micciacorta.it/2015/11/soffiano-venti-di-guerra-nasce-il-cantiere-di-pace/#respond Wed, 18 Nov 2015 11:57:56 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=20872 Anche l’Ucoii parteciperà al consorzio di ong. Prima assemblea a Roma per studiare la risposta delle associazioni alla nuova realtà del terrorismo in Europa, delle frontiere chiuse e degli stati d’eccezione

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Il «cantiere per la pace » che è nato in una saletta affollatissima e piena di giovani del centro congressi di via Frentani a Roma coinvolgerà in ogni sua iniziativa locale o nazionale anche rappresentanti delle comunità musulmane in Italia, i cosiddetti musulmani moderati, ovvero un milione e mezzo di persone che vivono e lavorano nel Belpaese. Per vincere oltre i guerrafondai e le politiche securitarie contro i migranti, l’islamofobia e en passant le sirene dei media che tornano ad evocare lo scontro di civiltà. «Questo terrorismo sta colpendo soprattutto noi musulmani, anche a Parigi 30 dei 129 morti lo erano. Siamo in prima linea», ricorda, raccogliendo l’invito dell’assemblea, Izzedin Elzir, palestinese nato a Hebron ora imam di Firenze e presidente dell’Ucoii, l’Unione comunità islamiche d’Italia. «Colpire noi vale di più che colpire un miscredente– continua a spiegare — in quanto considerati traditori perché abbiamo il vostro stesso sistema di vita e condividiamo gli stessi valori, quelli democratici della bellissima Costituzione della Repubblica, laica e rispettosa delle diversità». Ora che il terrorismo jihadista è qui, dietro casa, anche le comunità islamiche hanno scoperto una paura più diretta, tangibile. Questa paura è una novità rispetto alle altre crisi, sottolinea Luciana Castellina nel suo intervento. È con questa paura che ora il mondo del pacifismo e dell’antirazzismo è chiamato a misurarsi, oltre che con un possibile restringimento dell’agibilità democratica, dato da un diffondersi di stati d’eccezione e censure. Castellina propone al cantiere delle associazioni, Ucoii compresa, presidi mobili ovunque — «si possono chiamare gazebo, visto che la parola è di moda» — per avvicinare le persone, informare e proporre soluzioni diverse dalla guerra. Anche Nicola Fratoianni, coordinatore nazionale di Sel, e deputato di Sinistra italiana, arrivato in una pausa del dibattito parlamentare sul rifinanziamento delle missioni all’estero, invita a considerare la variabile dell’empatia nell’approccio da usare. «Non si può perdere il contatto con il sentire comune e serve un approfondimento culturale anche tra di noi — avverte — perché il reclutamento dei terroristi non può più essere spiegato solo con il disagio delle periferie, c’è anche, nella fascinazione per Daesh, l’idea di uno stato-guida da contrapporre alla secolarizzazione monetaria delle nostre società senza un livello di trascendenza laico che serva da antidoto». Il dibattito nell’assemblea romana tocca temi complessi, dalla analisi del colonialismo con la creazione di stati con il compasso sulla linea immaginata da François Picot e Mark Sykes ai tempi della prima guerra mondiale — «è quella che stiamo ancora vivendo e non la terza come dicono», sostiene Castellina — alla critica del modello di sviluppo. Tutte le associazioni e le ong mettono a disposizione le loro elaborazioni: i papers di Archivio Disarmo sull’export italiano di armi, il rapporto sui Diritti globali messo in rete da Legambiente, le elaborazioni di Sbilanciamoci e Lunaria. Obiettivo: organizzare a tamburo battente momenti di confronto sui temi delle migrazioni, delle guerre e dei disastri ambientali, nelle città e soprattutto nelle scuole e nelle università. «Bisogna costruire anticorpi, monitorare gli stati di eccezione e le violazioni dei diritti civili, disvelare le verità nascoste», dice Francesco Martone di Un Ponte Per. Nel frattempo il cantiere per la pace — nato ieri su impulso dell’Arci con l’adesione di un lungo cartello di sigle, tra cui anche Libera, Uds e Rete G2 — chiede che le manifestazioni già in programma ospitino uno spazio di rilievo per le tematiche pacifiste e antirazziste. Gli organizzatori della marcia italiana per il summit mondiale sul clima, il Cop21 di Parigi, in programma sabato 29 novembre a Roma, hanno già accettato. «Un ambientalismo che non tenga conto delle questioni sociali, incluso quella dei migranti economici, non avrebbe senso», sintetizza Maurizio Gubbiotti di Legambiente. Francesca Redavid della Fiom romana si farà portavoce verso la Fiom nazionale per una decisione analoga relativa alla marcia Unions di sabato prossimo a Roma. Se la Coalizione sociale di Landini deve battere un colpo, è il momento per farlo.

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Rossanda: temo un cortocircuito tra fondamentalismo, razzismo e disagio sociale https://www.micciacorta.it/2015/11/rossanda-temo-un-cortocircuito-tra-fondamentalismo-razzismo-e-disagio-sociale/ https://www.micciacorta.it/2015/11/rossanda-temo-un-cortocircuito-tra-fondamentalismo-razzismo-e-disagio-sociale/#comments Sun, 15 Nov 2015 17:35:57 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=20862 L’intervista a Rossana Rossanda: «A uccidere non sono i dannati della terra» La linea che non c’è «Non ho una linea. Di certo l’Occidente non ha fatto altro che alimentare furore »

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«Una linea non ce l’ho», ammette Rossana Rossanda quando, dopo aver risposto con numerose domande alle domande dell’intervista, le si chiede se questa volta dalla sua analisi delle circostanze non deriva un’indicazione, una proposta di strada da seguire. Dalla Parigi nella quale abita da tempo, parla avendo alle spalle una notte trascorsa fino alle due del mattino ad ascoltare notizie sugli assalti di venerdì. A 91 anni, la comunista eretica alla quale i capelli bianchi vennero a 32 nei giorni dell’invasione sovietica di Budapest, anche se la radiazione dal Pci con il gruppo del Manifesto risale a più tardi, resta critica verso i governi occidentali eppure non offre proposte di strategie. «Capisco che non è semplice per la polizia prevenire o bloccare offensive così», riconosce. E teme che, nel complesso, possa andare peggio di adesso. Stava dicendo che vede un rischio di cortocircuito tra integralismo islamico e razzismo? Di fronte a questa domanda nel corso della conversazione, Rossana Rossanda osserva: «Sì, di un cortocircuito tra fondamentalismo, razzismo e disagio sociale. Non abbiamo ancora capito bene e del tutto da dove vengano quelli che hanno sparato. Esiste comunque a Parigi e altrove un disagio sociale forte. E per ragazzi scombussolati, avviliti, forse è più facile sentire le predicazioni di un imam, elementari, ma chiare, piuttosto che quelle della destra atea». Lei ha vissuto passaggi anche brutali della storia. Da «ragazza del secolo scorso», per usare la definizione data di sé nella sua autobiografia, quali le evocano le stragi di venerdì? «Non i tedeschi o la guerra. Con lo Stato Islamico siamo davanti a un fenomeno del tutto nuovo. Non era il modo di operare dei tedeschi in guerra. Qui c’è un gruppo, non si sa quanto consistente, di persone decise a morire. Non le spaventi. Hanno messo la morte nel conto. Quelli che fanno esplodere le cinture sono tagliati in due». Uno dei suoi articoli più celebri per il Manifesto fu un commento nel quale, pur condannandoli, definì i terroristi rossi degli anni 70 parti dell’«album di famiglia» del comunismo italiano. I terroristi che hanno agito a Parigi non appartengono ad alcuna famiglia culturale europea: come influisce sui modi di contrastarli? «È una domanda. Vorrei capire: chi sono? Vengono dalla Siria o sono francesi?». Se si capirà che venivano principalmente dalla Siria sarebbe stata un’operazione più marcatamente militare? «Sì. Una risposta ai bombardamenti voluti da François Hollande in Siria». Se i terroristi erano in prevalenza francesi? «Problema ancora più grosso: allora venivano dalle periferie, si confondono con il disagio sociale». Neppure per lei sarà però una disperazione assecondabile: le sembrano «i dannati della terra», oppressi in cerca di giusto riscatto? «No, non sono i dannati della terra. A giudicare dai casi passati non sono neppure i più poveri. Ci sono tracce di disperazione vendicativa: perché un ragazzo si faccia ammazzare serve una decisione. Non posso pensare che siano tutti musulmani integralisti che si fanno uccidere perché sarebbero accolti da bellissime vergini. È un fenomeno che nel ‘900 non c’era, e c’è la necessità di capire come e perché avviene». Rossanda, dunque non ha una linea? Al di là della condanna, naturalmente. «Una linea non ce l’ho. Se non osservare che l’Occidente finora non ha fatto altro che alimentare questo furore, questa disperazione. La Libia oggi è incontrollabile e per una scelta di Nicolas Sarkozy. Abitanti di alcuni Paesi sono stati profondamente offesi, non si poteva fare operazione più cretina di quella fatta da Bush in Iraq» . Lo pensa da anni. Ma adesso? «Come Etienne Balibar (filosofo francese, ndr ) credo che quanti varcano le frontiere non sono decapitatori, li si appoggi per dare una scossa a un’Europa basata sull’austerità».

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