Camilo Torres – Micciacorta https://www.micciacorta.it Sito dedicato a chi aveva vent'anni nel '77. E che ora ne ha diciotto Wed, 07 Dec 2016 08:25:29 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 Bibbie, fucili e chitarre. Il sogno rivoluzionario latinoamericano https://www.micciacorta.it/2016/12/22757/ https://www.micciacorta.it/2016/12/22757/#comments Wed, 07 Dec 2016 08:25:29 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=22757 L'epopea della Teologia della liberazione attraverso le opere che hanno costituito la colonna sonora - meno canto gregoriano e più tradizioni popolari - della rivolta degli oppressi in America Latina

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Era il 1964 quando sulle montagne della Colombia alcune centinaia di contadini decisero di passare alla clandestinità, imbracciare i fucili e dichiarare guerra allo Stato in nome del marxismo-leninismo. L’America Latina si convertiva così in originale fucina di movimenti rivoluzionari intenti a proclamare ciascuno la propria via all’autodeterminazione del pueblo. A partire da allora sarà sempre più difficile enumerarne le infinite declinazioni. Forze armate rivoluzionarie, Fronte ed Esercito (entrambi autonominati «di liberazione nazionale»), Esercito «popolare» di liberazione in Colombia, peronisti cattolici (montoneros) e marxisti dell’Esercito rivoluzionario del popolo argentini, sandinisti nicaraguensi, tupamaros uruguaiani, Fmln salvadoregni, movimento di Sinistra rivoluzionaria cilena fino ai sendero luminoso peruviani, per citare solo i più famosi. UN SOGNO RIVOLUZIONARIO d’altri tempi in cui particolare scalpore suscitò la presenza di una nutrita schiera di esponenti del clero. Preti, frati e monache che, abbandonati gli abiti talari per l’uniforme mimetica, con la bibbia in una mano e il fucile nell’altra, iniziarono a combattere per una salvezza del corpo come premessa per quella dell’anima. Il paradiso in terra, contro i soprusi del «padrone», in nome di una classe subalterna che, per la prima volta, si riconosceva finalmente protagonista della Storia. Un sogno di liberazione in nome di un socialismo cristiano in cui Dio andava a braccetto con Marx, il Capitale con la Bibbia, l’acquasantiera con la mitragliatrice. L’ultima grande utopia del XX secolo. Una rivoluzione proibita… La Santa Rivoluzione. Questo esercito della salvezza composto dagli oppressi di tutto il mondo uniti, animati in molti casi da rampolli di buona famiglia educati nei migliori collegi e università cattoliche, nelle comunità ecclesiastiche di base brasiliane, si preparava a imbracciare il fucile per una lotta armata cristiana e socialista. Giovani universitari mossi da buone intenzioni e da una certa dose di retorica sulla «bella morte», sul culto dell’eroe, sul «vivere come santi» in trincee equiparate alle catacombe dei primi cristiani in clandestinità vivevano il sacrificio del saper «convivere con la morte» fino al martirio, nutriti di un romanticismo rivoluzionario che vedeva nella solidarietà di classe, da preferire a qualsiasi autocompiaciuta etica di beneficenza di Stato, l’unica via possibile per la redenzione in terra. GRAZIE ALLE APERTURE dogmatiche proclamate dal Concilio Vaticano II del 1965 e dalla successiva Conferenza dell’Episcopato Latinoamericano di Medellín del 1968, le comunità ecclesiastiche di base e il movimento dei sacerdoti per il Terzo Mondo diedero vita al più straordinario processo di rinnovamento interno alla Chiesa degli ultimi cinque secoli. Nasceva così la Teologia della Liberazione, una corrente del cattolicesimo militante in aperta opposizione alle gerarchie ecclesiastiche. Principale oggetto della discordia fu l’inedita critica al monopolio dell’uso legale della violenza in nome del: «Riprendete da Cesare quel che è vostro e date a Dio quello che è di Dio». A parte la buona fede di molti, il limite di questo movimento fu forse il suo apparato ideologico dogmatico, poco propenso al dubbio e ad una onesta critica radicale dell’esistente. Oltre alla responsabilità non dei «fini» ma delle «modalità» delle proprie azioni, con le immancabili detenzioni e fucilazioni esemplari di traditori, disertori e «controrivoluzionari», tanto per gradire. TRA I PIÙ CONVINTI SOSTENITORI della lotta armata ricordiamo padre Camilo Torres, morto nel 1964 durante il suo primo combattimento nelle file dell’Esercito di liberazione nazionale sulle montagne della Colombia e immediatamente convertito in martire, come una sorta di Che Guevara cristiano ante litteram. Fu quindi la volta di Antonio Llidó, un prete spagnolo che, arrivato in Cile nel 1969, si convertì presto in dirigente del Mir, il movimento della Sinistra Rivoluzionaria, per passare alla clandestinità e cadere sotto i colpi della dittatura di Pinochet. Dal 1974 è desaparecido. Quattro mesi prima della sparizione di Llidó, in Argentina, veniva assassinato padre Carlos Mujica, un sacerdote le cui teorie sull’uso della mitragliatrice contro l’ingiustizia educarono centinaia di ragazzi a una ricerca «attiva» del proprio diritto all’esistenza. I suoi continui richiami alla giustizia sociale, sotto l’egida di un peronismo cattolico che difese fino all’ultimo dei suoi giorni, gli regalarono una popolarità mediatica che dura tutt’oggi. Quattro mesi dopo il suo assassinio, la Rca pubblicava la sua Misa para el Tercer Mundo, una messa cantata il cui testo Mujica aveva appena terminato di scrivere con la collaborazione del Grupo Vocal Argentino che la musicò con ritmi indigeni latinoamericani, africani ed asiatici. Le 50 mila copie del disco, dedicato al movimento dei Sacerdoti per il Terzo Mondo, furono immediatamente ritirate dal commercio e distrutte, insieme alle matrici, dagli emissari del governo di Isabelita Perón. Ad ogni modo, nonostante gli evidenti sforzi del censore di sequestrare ed estirpare dal vocabolario parole come «lotta», «ingiustizia» e «sfruttamento», cui Mujica faceva esplicito riferimento, giungendo a paragonare Gesù a Che Guevara, attraverso l’utilizzo del termine «uomo nuovo» (estrapolato dalla mistica guevariana di quegli anni), l’opera si salvò per puro caso grazie a una copia sfuggita all’epurazione. Fu così che dopo più di trent’anni, nel 2007, fu nuovamente pubblicata dalla Sony a parziale regolamento di conti con la Storia. MAI PRIMA DI ALLORA in America Latina cristianesimo e rivoluzione si erano incontrati in forma così esplicita in un prodotto discografico firmato, caso ancora più eclatante, da un membro del clero. Una novità assoluta per l’epoca resa possibile dalle risoluzioni del Concilio vaticano II del 1965. Se da un lato la liturgia tradizionale abbandonava il latino per divenire più universale, dall’altro la gerarchia ecclesiastica accettava per la prima volta la musica popolare come strumento di evangelizzazione. Fu così che al fianco del tradizionale organo, cominciarono a comparire i primi strumenti acustici, elettrici, elettronici e del folclore. Abbandonati il canto gregoriano e la polifonia, la Chiesa si metteva in gioco scoprendo che il mercato e la società dei consumi non erano necessariamente figli del diavolo ma, se ben utilizzati, potevano convertirsi in valido strumento di evangelizzazione.
Los Fronterizos Los Fronterizos
                        PRIMO TIMIDO ESEMPIO di questo rinnovamento era stata la Misa criolla, un’opera composta dal pianista argentino Ariel Ramírez su testi liturgici ufficiali. Registrata nel 1964 fu portata al successo dal gruppo folcloristico Los Fronterizos. Una messa secolare a tempo di carnavalito, estilo, chacarera, vidala e baguala e ritmi andini in cui per la prima volta il folclore si sostituiva alla tradizionale polifonia liturgica cristiana per favorire un messaggio universale. Per assistere a un rinnovamento effettivo dei testi, e la comparsa dei primi cenni espliciti alla «rivoluzione», bisognerà attendere il lavoro di Mujica e, soprattutto, la celebre Misa Campesina Nicaraguense. Spiritualità latinoamericana a ritmo di mazurca, son, miskitu sulle note composte nel 1975 da Carlos Mejía Godoy e Pablo Martínez Téllez per il Taller de Sonido Popular. Una messa che raccontava la storia di un dio contadino e operaio, vittima dell’ingiustizia di una società malata. Quanto basta per convertirsi in poco tempo nella colonna sonora della rivoluzione sandinista in Nicaragua e più in generale di tutti i popoli in guerra per la propria autodeterminazione. LA SECONDA PRESENTAZIONE, programmata nella piazza principale dell’attuale Ciudad Sandino, fu interrotta dalle forze dell’ordine e i fedeli dispersi dai lacrimogeni della polizia del dittatore Somoza. Dal 1976 il suo uso liturgico continua a essere proibito dalle gerarchie della Chiesa del Nicaragua, perché considerata eretica e blasfema. Non è difficile immaginare infatti lo scandalo che provocarono con versi come: «Tu sei il Dio dei poveri, il Dio umano e semplice, il Dio che suda per la strada… perché sei il Dio operaio, il Dio dei poveri, il Cristo lavoratore». La prima registrazione dell’opera si realizzò in una Madrid appena uscita da quarant’anni di dittatura, in versione pop, con l’Orchestra Sinfonica di Londra e solisti come Miguel Bosé e Ana Belén. Il disco, prodotto dalla Cbs, vendette 50 mila copie in due mesi e regalò una certa fama ad artisti simbolo della Rivoluzione come i fratelli Carlos e Luis Enrique Mejía Godoy e il complesso Los de Palacagüina.
Integrantes de grupo de musica popular Yolocamba Ita Franklin Quezada, Paulino Espinoza e Roberto Quezada, fondatori del gruppo Yolocamba ItaYolocamba-Itá. In questo 2016 si sono aggiudicati il Premio Nacional de la Cultura in Salvador
  Un anno dopo la vittoria del fronte sandinista in Nicaragua del 1979, a pochi chilometri di distanza, si pubblicava Misa Popular Salvadoreña, composta in un paese in preda a una violenta guerra civile dal gruppo musicale Yolocamba-Itá. Un insieme di musicisti mosso dal desiderio di recuperare le tradizioni della propria terra, per unirle alle istanze rivendicative di un popolo impegnato a fianco del Fmln a lottare per la sua libertà. L’opera, pubblicata per la prima volta in Messico durante l’esilio della band nell’agosto del 1980, ispirata alle prediche di monsignor Romero, il vescovo di San Salvador assassinato dalla Guardia Nazionale mentre celebrava la messa nel marzo del 1980, fece rapidamente il giro del mondo e fu pubblicata in Canada, Colombia, Finlandia, Nicaragua, Stati Uniti, Svezia e Olanda. COME SCRIVE SERGIO RAMÍREZ, ex membro del governo sandinista e oggi tra le voci più critiche della deriva messianica e populista intrapresa dal presidente Ortega, «la nostra rivoluzione non portò la giustizia sperata per gli oppressi, né ricchezza e sviluppo, però lasciò come suo frutto migliore la democrazia». E, citando Dickens, prosegue: «Io sono stato lì e continuo a credere che fu il migliore dei tempi, che fu il peggiore dei tempi: fu tempo di saggezza e follia; fu un’epoca di fede, incredulità; fu una stagione di fulgore, di tenebre; fu la primavera della speranza, fu l’inverno della disperazione». Molti di quei leader carismatici furono così trasformati negli anni a venire in superstars di una società dei consumi che finì per fagocitarli, neutralizzandone molte delle buone intenzioni, in una miscela di lotta di classe e cultura pop. SEGUI SUL MANIFESTO

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Il Vangelo secondo Camilo https://www.micciacorta.it/2016/02/21363/ https://www.micciacorta.it/2016/02/21363/#comments Wed, 17 Feb 2016 12:48:22 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21363 Colombia. Il 15 febbraio del 1996 l'uccisione del prete guerrigliero

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Camilo Torres

Un brivido di incredulità misto a tristezza attraversò la schiena e le menti dei colombiani intenti a seguire i radiogiornali che annunciavano la morte di Padre Camilo Torres avvenuta il 16 Febbraio 1966 in un conflitto a fuoco nei pressi di Patiocemento nella regione colombiana di Santander. Con Padre Camilo Torres moriva anche la speranza di un cambio, di una vera trasformazione dell’ingiusta e violenta società colombiana. Camilo era l’immagine più pura e rispettata della tormentata società colombiana di quei tempi. La realtà colombiana aveva già in precedenza acuito tutte le sue ingiustizie, diseguaglianze, sofferenze con l’assassinio del leader del partido liberal Jorge Eliacer Caetan avvenuta qualche lustro prima nel 1948; quell’assassinio aveva scatenato numerose proteste rivolte e rappresaglie sfociate nel periodo chiamato violencia. La violencia generò terrore, morte, centinaia di migliaia di sfollati, contadini inermi cacciati dai loro piccoli appezzamenti da bande di paramilitari al soldo dell’oligarchia latifondista, ma anche la nascita di solide guerriglie antagoniste e la nascita di territori autogestiti dagli stessi contadini.

E proprio in quel clima Padre Camilo Torres aveva mosso i suoi primi passi politici, religiosi e sociali, proprio in quella Colombia il giovane Camilo aveva toccato con mano le realtà più difficili ed ingiuste di un paese in perenne stato d’assedio, quasi una guerra civile non dichiarata e mai conclusa che vedeva addirittura all’inizio degli anni ’60 la formazione di ben tre gruppi guerriglieri tutti dichiaratamente marxisti: Farc (Fuerzas armadas revolucionarias colombianas) filosovietico, Epl (Ejercito popular de liberaciòn) maoista, Eln (Ejercito de liberaciòn nacional) guevarista e teoliberatorio. Proprio in quest’ultimo confluirà il popolarissimo e praticamente già spretato a forza Camilo Torres.

Entrambi i genitori del sacerdote provenivano da famiglie della piccola borghesia illuminata di Bogotà, di forte tradizione laica ed anticlericale. Padre Torres nacque nel 1929 e dopo aver trascorso i primi anni della sua vita in Europa ritorna in Colombia con la madre ed il fratello maggiore Fernando Torres Restrepo (1924–2007), che diverrà in seguito un riconosciuto professore e ricercatore di neurofisiologia in un’università statunitense. Suscitò un certo stupore e disapprovazione la sua vocazione ed ingresso al seminario di Bogotà, soprattutto per un rampollo di estrazione laica e per giunta figlio di genitori divorziati; sia in ambito familiare ed amicale che negli ambienti della Bogotà-bene del tempo. Venne ordinato sacerdote nel 1954, ma i veri interessi del giovane prete rimanevano sempre la sociologia e la politica. Fu inviato quindi all’Università di Lovanio in Belgio dove si laureò in sociologia nel 1958. Proprio a Lovanio Camilo intesse relazioni personali e culturali con i preti-operai belgi e francesi oltre che con sacerdoti e laici.E proprio in quell’ateneo si formano i futuri teologi sociologi della liberazione. Padre Camilo è tra i primi sacerdoti cattolici a tentare di coniugare il vangelo con la sua applicazione nel sociale e nel politico; esattamente contro i dettami della chiesa cattolica romana del tempo. Ritorna in Colombia nel 1959 dov’è destinato a divenire cappellano universitario nella sua Bogotà; fonda la facoltà di studi sociologici all’interno dell’università e diviene anche titolare di cattedra. Fonda in quel periodo universitario un movimento studentesco di promozione comune ed inizia a collaborare con l’Istituto colombiano per la riforma agraria. L’iperattività socio-politica del giovane sacerdote inizia a dare fastidio alle alte sfere ecclesiastiche tanto da essere trasferito nella popolare parrocchia di Veracruz. Particolarmente ostico al suo pensiero è il cardinale primate di Colombia Luis Concha Còrdoba che lo costringe di lì a poco ad autosospendersi come sacerdote. Ma ormai Camilo è divenuto popolarissimo tra gli studenti, tra i giovani, tra i contadini, tra gli operai ed anche tra i delusi della classe media colombiana. Organizza una marcia di protesta sino al cimitero per uno studente assassinato che coinvolge decine di migliaia di persone. La sua ascesa politica è vertiginosa quanto il suo carisma umano e politico, fonda un movimento politico ed un giornale dal titolo Frente Unido,riesce a raccogliere attorno a se operai, contadini, studenti, disoccupati, sindacalisti, socialisti, comunisti, liberali eterodossi e cattolici del dissenso. In questo giornale settimanale il sacerdote bogotano scrive un messaggio in ogni numero ed ogni messaggio è destinato ad una categoria politica differente di quel momento storico (ai cristiani , ai comunisti, alle donne, agli operai, ai contadini, ai disoccupati ed addirittura all’oligarchia). Denuncia a viva voce l’intervento sottaciuto delle forze armate colombiane al fianco di quelle statunitensi in Corea come nella sporca invasione di Santo Domingo del 1965. Camilo viene invitato ed osannato anche a Caracas in Venezuela ed a Lima in Perù. Commovente l’affetto che gli viene riservato dalle masse studentesche a Caracas. Riesce in un impresa titanica quella di raccogliere circa 300.000 persone in piazza a Bogotà in un comizio per il boicottaggio delle elezioni. Forse il record mondiale di partecipanti ad un comizio elettorale per giunta non organizzato da un partito politico e paradossalmente filo astensionista. A fine 1965 un determinatissimo Camilo Torres abbandona la scena politica ufficiale con un messaggio all’oligarchia apparso sulle pagine del suo giornale. Un po’ per decisione un po’ per le minacce dei servizi segreti colombiani Camilo sparisce di scena e si unisce alla lotta armata dell’Eln comandata all’epoca da Fabio Vazquez, con il quale aveva già avuto dei contatti clandestini in precedenza. Camilo è quasi costretto a scegliere tra i tre movimenti guerriglieri quello dell’Eln poiché era l’unico aperto all’epoca ad un dialogo con i cattolici del dissenso ed i futuri teologi della liberazione, mentre le Farc erano dichiaratamente atee e non interessate a nessun tipo di contatto con i movimenti cattolici e clericali. Camilo si dedica ai comunicati stampa ed all’ideologia del movimento guerrigliero, ma il suo pallino fisso era quello di imbracciare le armi per gli ideali che tanto aveva a cuore ed a tale scopo attua una severa preparazione ed un intenso addestramento nella selva colombiana condotto dai quadri guerriglieri dell’Eln. L’ormai ex sacerdote si sente pronto per il vero fronte guerrigliero; purtroppo però non sa che ad attenderlo vi è un destino beffardo. Tra l’altro in maniera quasi profetica il suo amico e collega Padre Gutierrez glielo aveva predetto. Infatti in un’imboscata tesa all’esercito regolare dai guerriglieri nell’intento di recuperare le armi ai soldati dell’esercito regolare caduti al suolo, un militare fintosi morto lo uccide con un tiro di pistola. I guerriglieri sopravvissuti sono costretti alla fuga e quindi il cadavere di Camilo rimane inerte al suolo e da quel momento non se ne conoscerà più il destino. In gioventù Camilo ed il fratello avevano stretto una fraterna amicizia con Alvaro Valencia Tovar, che in seguito effettuerà una rapida carriera militare nell’esercito colombiano. Sarà proprio il Generale Valencia Tovar a trovarsi, ironia della sorte, al comando delle operazioni antiguerriglia (Tovar aveva il grado di maggiore durante quelle operazioni) al momento dell’uccisione di padre Torres. Toccherà a Valencia Tovar riconoscere via radio il cadavere di Camilo e ne è sicuro per la pipa con l’incastro a cerchietto argenteo che era contenuto nello zainetto del sacerdote-guerrigliero. Il cadavere di Camilo avrà delle incredibili similarità con quello di Ernesto Che Guevara barbaramente ucciso un anno e mezzo più tardi. Entrambi i cadaveri ricordano l’iconografia del cadavere del Cristo. Camilo diviene paradossalmente il Cristo dei poveri e mette più paura da morto che da vivo. La sua coerenza e trasparenza divennero un esempio ed una virtù per tutti i colombiani oppressi. Il cadavere di Camilo divenne un gran peso e per tanti lustri non se ne è saputo più nulla. Solo qualche anno fa poco prima di morire il Generale Valencia Tovar rivelò a mezza bocca una mezza verità. Sembrerebbe che i resti del prete-guerrigliero furono sepolti per lungo tempo in un sacrario militare dell’esercito colombiano, ovvero confuso tra i suoi nemici; quindi, a detta del Generale, i resti furono segretamente consegnati al fratello del sacerdote: Fernando, affermato professore universitario già da decenni residente negli Stati unit. Sarebbe dunque Fernando Torres il custode di questi resti mortali del fratello. Ma il racconto del Generale Valencia Tovar non convince appieno poiché avvenne solo qualche mese dopo la morte di Fernando Torres. Le autorità colombiane hanno fortemente voluto mantenere nascosto il luogo della sepoltura del grande Camilo. Padre Torres mette paura ancora oggi a 50 anni dalla sua morte; la sua tomba diverrebbe sicuramente il santuario dei derelitti, degli esclusi, dei più umili della Colombia e dell’intera America latina. Camilo fu ed è esempio per tutti i cristiani latino-americani. Le sue gesta hanno ispirato tantissimi altri sacerdoti che si sono battuti armi in pugno contro le dittature latinoamericane; basti pensare a Ernesto Cardenal in Nicaragua, al cura Perez e a Domingo Lain in Colombia. Ernesto Che Guevara non amava per nulla il clero e la chiesa cattolica, ma le uniche parole a favore di un sacerdote le espresse su “La tricontinental” (con uno pseudonimo poiché segretamente impegnato a preparare a Cuba la guerriglia in Bolivia) citando ad esempio il sacrificio di Padre Camilo Torres nella martoriata repubblica-sorella di Colombia. Ancora oggi il fantasma di Camilo si aggira nei palazzi del potere in Colombia e tutti magistralmente fingono di non sapere dove riposino i suoi resti. Mette proprio paura ai cattivi questo fantasma buono.

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Riesumati i resti del sacerdote Camilo Torres https://www.micciacorta.it/2016/01/riesumati-i-resti-del-sacerdote-camilo-torres/ https://www.micciacorta.it/2016/01/riesumati-i-resti-del-sacerdote-camilo-torres/#respond Tue, 26 Jan 2016 09:37:37 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21224 Colombia. All'Avana, governo e guerriglia discutono di paramilitarismo

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Colombia

In Colombia, un gruppo di esperti ha riesumato da un ossario alcuni resti, presumibilmente appartenenti al sacerdote Camilo Torres, fondatore e simbolo del gruppo guerrigliero Esercito di Liberacion Nacional (Eln). Torres è stato ucciso dalle forze governative il 15 febbraio del 1966, dopo essersi unito al gruppo di contadini in armi che hanno dato origine all’Eln, una delle due principali guerriglie colombiane. Un gruppo ispirato dalla Teologia della liberazione e dalla rivoluzione cubana e che ha avuto fra i suoi massimi dirigenti anche un altro sacerdote, lo spagnolo Manuel Pérez, morto di epatite a febbraio del 1998. Un gesto di buona volontà da parte del presidente Manuel Santos, che intende realizzare un accordo di pace entro il 23 marzo e per questo ha intavolato trattative anche con l’Eln dal 2014. Intanto, proseguono all’Avana i tavoli di pace, per portare a soluzione il conflitto armato che dura da oltre cinquant’anni. In questione, il ruolo del paramilitarismo, foraggiato dall’ex presidente Alvaro Uribe.

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