Emmanuel Macron – Micciacorta https://www.micciacorta.it Sito dedicato a chi aveva vent'anni nel '77. E che ora ne ha diciotto Wed, 25 Jul 2018 09:25:47 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 L’affaire Benalla e i suoi effetti sul presidente e il neoliberismo https://www.micciacorta.it/2018/07/laffaire-benalla-e-i-suoi-effetti-sul-presidente-e-il-neoliberismo/ https://www.micciacorta.it/2018/07/laffaire-benalla-e-i-suoi-effetti-sul-presidente-e-il-neoliberismo/#respond Wed, 25 Jul 2018 09:25:47 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=24696 Macronia, terra di Francia: dal mito della “Start up nation” alle violenze contro i manifestanti. Il caso di Alexandre Benalla

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Macronia, terra di Francia: dal mito della “Start up nation” alle violenze contro i manifestanti. Il caso di Alexandre Benalla, vigilante privato e mazziere cooptato nel primo cerchio del presidente della Repubblica francese Macron,  mostra il lato oscuro della rivoluzione digitale. Macron, che si pregia di avere studiato con Paul Ricoeur, filosofo dell’interpretazione, della mimesi e della narrazione, non l’aveva previsto, l’ha prima coperto, ora dice: “E’ tutta mia la responsabilità”. Il racconto di un affare di stato che parla di molte cose, anche del progetto di trasformare la Francia in un distretto della Silicon Valley. L’affaire Alexandre Benalla, vigilante privato di 26 anni portato da Macron all’Eliseo e messo a capo della sua sicurezza personale, non è molto conosciuto in Italia. Ci sono tagli piccoli di giornali, articoli paludati e distratti, ma potrebbe essere la storia dell’estate. Non si vuole sgualcire troppo il mito del Macron “alternativa ai populisti”, santino della “start up” nation, campione di quel paradiso degli eccelsi che è l’Ena, la scuola che sforna un centinaio di tecnocrati all’anno, e di cui Macron è la concrezione miracolosa nel passaggio dal pubblico al privato. E viceversa.
La storia del mazziere Benalla, a capo della sicurezza personale del presidente francese, non è solo une histoire de flic, e nemmeno di un “complotto”. E’ un affare di stato in quella che il giovane presidente ha definito “la repubblica inalterabile”. Lo ha detto ai giornalisti mentre discuteva con la direttrice di una rivista di filatelia. Un affare di stato sollevato dal principale giornale del “centro-sinistra” in Francia: Le Monde, il 17 luglio scorso, ha rivelato l’identità di Benalla. Ora la “repubblica” non sembra più “inalternabile”. Lo ridiventerà. Il primo maggio 2018 è stato un giorno di manifestazioni e scontri a Parigi. Negli ultimi tre anni in Francia esiste una costante mobilitazione contro le leggi di riforma del mercato del lavoro, le violenze e le morti causate dalla polizia. Ecco il primo maggio è stato un altro giorno, molto duro. Dalle ricostruzioni Benalla prende un “permesso” e da “osservatore” ha ricevuto un casco usato dalla Bac (agenti in borghese), una radio della polizia, è stato ripreso da molti video in cui picchiava un manifestante e malmenava una ragazza. A due mesi di distanza, qualcuno ha detto a Le Monde, che si trattava proprio di Benalla (sarebbe interessante capire chi e perché) che ha accompagnato Macron in campagna elettorale e ora è all’Eliseo. L’Eliseo era a conoscenza di tutto, ha comminato solo 15 giorni di sospensione. Benalla ha continuato a farsi vedere nelle riunioni con il prefetto di Parigi. Ha accompagnato Macron mentre festeggiava la nazionale francese vincitrice del campionato del mondo di calcio. Non uno qualsiasi, Benalla, vigilante privato di 26 anni, ora licenziato, in stato di fermo, e sotto processo. Ora il ministro dell’Interno Collomb è in scacco, agenti e responsabili si contraddicono nelle audizioni parlamentari (in Francia sono immediate), il parlamento è fermo, la riforma costituzionale rinviata. Dopo giorni di silenzio, Macron ha detto: “L’unico responsabile sono io”. Nel frattempo sta emergendo una realtà parallela: Benalla non è un caso isolato, è conosciuto dalla prefettura, partecipa alle riunioni al massimo livello, insieme ad altri soggetti della sicurezza del partito di Macron arresta persone, dopo averle picchiate in piazza. Sui giornali emergono allusioni alla formazione di una “milizia parallela” di base all’Eliseo. I testimoni dei fatti di place de la Contrescarpe del primo maggio hanno ricostruito gli avvenimenti. Era stato convocato un “aperitivo militante” dopo la manifestazione, a cui hanno partecipato poche decine di persone. Sono arrivati i molossi in antisommossa, c’era Benalla. Sono arrivati gli arresti, probabilmente una rappresaglia dopo che nel pomeriggio erano state diffuse le immagini di un principio di incendio di “un ristorante di cibo spazzatura”. L’anomalia Benalla sta nel fatto che il più vicino al presidente della repubblica non è un agente di polizia o dei servizi segreti, ma un uomo di fiducia i cui rapporti con il presidente sono personali. Per capire la situazione, e lo scandalo che sta producendo, è necessario riferirsi alla filosofia della “start up” e della “disruption” evocata da Macron – due concetti della rivoluzione digitale e della Silicon Valley. Il capo dello stato si considera un manager, a capo di un’azienda. In Italia è una costante dal 1994 quando Berlusconi arrivò in politica. L’affaire Benalla rivela un’articolazione dell’ideologia manageriale. Il “capo” nomina personalmente una persona, al di là delle gerarchie esistenti, obbligandole ad adattarsi alla sua presenza. A sua volta Benalla è il manager della legge e dell’ordine che sente di agire in nome del “Capo”. Non si sa se si è autocandidato, o svolge una funzione esplicita e programmata. Oppure entrambe. Ciò che conta è l’’informalità, all’interno e oltre le gerarchie che conoscevano il personaggio che ha svolto un ruolo ricorrente. La sua posizione all’interno e all’esterno delle gerarchie di polizia indica la funzione della “disruption” adattata non al mercato dei servizi, alla concorrenza, ma alla gestione di un evento di piazza come di altri piani sociali. Il metodo è il pragmatismo, la brutalità e l’efficienza. L’ “innovazione” non può aspettare, né essere spiegata. Deve agire. E’ un cortocircuito rispetto alla narrativa consensuale, centrista, suadente e moderata, a suo modo “esemplare” usata per convincere, e mostrare la strada ai perplessi o agli irretiti. La violenza, riprodotta milioni di volte su Youtube, e oggi su tutti i media, rimanda al retroterra di questa postura. Ciò che profondamente inquieta Macronia, terra di Francia, è che esista un legame diretto – di cui lo stesso presidente ora si dice “responsabile” – tra chi pensa le “riforme” e chi provvede a contrastare fisicamente il dissenso. E’ l’esplicitazione, imprevedibile, di un non detto, molto spesso oggetto di denunce, ma diluito nei meccanismi impersonali delle gerarchie, nascosto dalle procedure anonime della burocrazia.  Benalla non è un eccesso ma la logica stessa della “start up nation” dispiegata per strada, contro i suoi contestatori. Macron non l’aveva calcolato, lui che sembra avere studiato da presidente sin da quando correggeva le bozze dei libri del filosofo Paul Ricoeur, famoso per una teoria dell’interpretazione, della mimesi e del racconto. * Fonte: il manifesto, blog di Roberto Ciccarelli

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Affaire Benalla, Macron traballa https://www.micciacorta.it/2018/07/affaire-benalla-macron-traballa/ https://www.micciacorta.it/2018/07/affaire-benalla-macron-traballa/#respond Tue, 24 Jul 2018 07:21:41 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=24692 Francia. La tempesta non si placa sul caso del guardaspalle di Macron che ha aggredito due manifestanti il 1° maggio

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La commissione d'inchiesta dell'Assemblea ha interrogato il ministro degli Interni Collomb e il Prefetto di polizia Delpuech: entrambi scaricano la patata bollente sull'organizzazione dell'Eliseo. France Insoumise e Hamon chiedono l'audizione del presidente PARIGI. Sarà l’Eliseo a dover chiarire in prima persona e tentare di spegnere l’incendio che divampa da mercoledì scorso sul caso di Alexandre Benalla, il guardiaspalle di Emanuelle Macron filmato mentre picchiava due manifestanti in place de la Contrescarpe verso le ore 20 del 1° maggio scorso. Ormai, ci sono tre inchieste in corso: giudiziaria (4 incriminati), di polizia e parlamentare. Le due vittime di Benalla si sono costituite parte civile. Ieri mattina, la commissione parlamentare dell’Assemblée nationale ha interrogato il ministro degli Interni, Gérard Collomb, e poi nel primo pomeriggio il prefetto di polizia, Michel Delpuech. In serata era atteso l’interrogatorio del direttore dell’ordine pubblico della Prefettura, Alain Gibelin. Ma dopo le dichiarazioni della giornata, si dovrà aspettare l’interrogatorio – di fronte alla commissione d’inchiesta del Senato, parallela a quella dell’Assemblée – del segretario generale dell’Eliseo, Alexis Kohler, giovedì. Dovrà anche essere sentito il capogabinetto, Patrick Stzoda, già interrogato dalla polizia come “testimone”. Collomb e Delpuech hanno scaricato la patata bollente sulla struttura organizzativa dell’Eliseo: entrambi si sono giustificati, affermando che, benché informati dei fatti (e del video) già il 2 maggio, non hanno ritenuto opportuno andare più a fondo, perché Benalla non era alle loro dirette dipendenze. L’Eliseo, del resto, era stato informato. Macron, all’inizio di maggio, era in Australia, in viaggio ufficiale. La France Insoumise e Benoît Hamon (ex candidato Ps alla presidenza) chiedono un’audizione di Macron: «Nulla impedisce di farlo nella nostra Costituzione» (alcuni costituzionalisti sono d’accordo), «ne va della salute della nostra democrazia». Macron, messo alle corde, ha annullato la presenza al Tour de France, prevista questo mercoledì. Ieri, gli avvocati di Benalla, che è stato incriminato per violenze e usurpazione di funzione dopo essere stato licenziato, hanno diffuso un comunicato dove dichiarano che il loro cliente è “stupefatto” per le ricadute della vicenda che cerca di «nuocere al presidente della Repubblica». La République en Marche accusa l’opposizione si essere saltata sul caso con l’intenzione di fare ostruzione e bloccare la discussione in parlamento della riforma costituzionale (che prevede una riduzione del numero dei deputati, una limitazione del numero dei mandati, una dose di proporzionale alle legislative ecc.), a cui si oppongono. L’esame della riforma costituzionale è stato rimandato a settembre. L’unica cosa certa è che c’è stato un “disfunzionamento”. Lo ha ammesso anche Macron, in una prima reazione alla riunione che si è tenuta domenica sera all’Eliseo, con la partecipazione di Gérard Collomb, del primo ministro Edouard Philippe, del portavoce Benjamin Grivaux e del ministro delle relazioni con il Parlamento, Castaner. Macron ha condannato un «comportamento scioccante» e promesso che «non ci sarà impunità per nessuno». Intanto, questa vicenda ha già mostrato alcune cose. C’è stato un deplorevole fatto di cronaca, la violenza contro i manifestanti, che è gonfiato fino a diventare un caso politico che l’opposizione chiama «affare di stato», perché il potere ha creduto di poterlo nascondere. Ci sono state protezioni non chiarite. Ma chi è risultato senza protezione è proprio Macron: il presidente appare solo, circondato da un circolo ristretto che ha dato segni di impreparazione. Benalla era onnipresente, anche in luoghi dove non avrebbe dovuto esserci. Ma ministri e prefetti sembrano averlo sopportato solo perché era “vicino” a Macron. Per il momento, non c’è nessuna prova che esista una “polizia parallela”, come ce ne sono state ai tempi di De Gaulle con il Sac – Servizio di azione civica – e di Mitterrand, con la cellula antiterrorista: in entrambi i casi l’esperimento era finito molto male (implicazione di uomini del Sac nel sequestro e scomparsa dell’oppositore marocchino Ben Barka, nell’82 ci sono i presunti terroristi irlandesi di Vincennes e le intercettazioni telefoniche illegali per nascondere l’esistenza della figlia segreta del presidente, Mazarine). * Fonte: Anna Maria Merlo, IL MANIFESTO

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Francia, scandalo di Stato. Violenze non solo di polizia contro i manifestanti https://www.micciacorta.it/2018/07/francia-scandalo-di-stato-violenze-non-solo-di-polizia-contro-i-manifestanti/ https://www.micciacorta.it/2018/07/francia-scandalo-di-stato-violenze-non-solo-di-polizia-contro-i-manifestanti/#respond Sat, 21 Jul 2018 08:47:54 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=24687 Tempesta su Macron: il guardaspalle, Alexandre Benalla, in stato di fermo con il suo ex superiore (e tre poliziotti, che lo hanno informato sull'inchiesta). Tre inchiesta aperte, giudiziaria, di polizia e parlamentare

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Francia . All'inizio della settimana, interrogato in parlamento il ministro degli Interni, Gérard Collomb, accusato di aver "mentito" PARIGI. Un affare di stato o una serie di tragici errori di valutazione all’Eliseo? Macron è preso nella tempesta del “Benallagate”. Ieri, Alexandre Benalla, guardia del corpo di Macron, è stato posto in stato di fermo, assieme a quello che fino a due mesi fa era il suo superiore, il gendarme riservista Vincent Crase. Fermati anche tre poliziotti, che appena lo scandalo è esploso, questo mercoledi’, hanno fatto pervenire a Benalla il video che lo incrimina: la guardia del corpo, con un casco della polizia, aggredisce violentemente un manifestante in place de la Contrescarpe la sera del 1° maggio. Dopo tre giorni di polemiche, l’Eliseo ha deciso di aprire una “procedura di licenziamento” contro Benalla, che da poche settimane era anche alloggiato in un immobile di proprietà dell’Eliseo. Il direttore di gabinetto dell’Eliseo, Patrick Strzoda, è stato interrogato ieri come “testimone”. Sul caso sono state aperte tre inchieste: giudiziaria, interna alla polizia e parlamentare. L’opposizione denuncia lo scandalo, che contraddice in flagrante la promessa di Macron di uno stato “senza macchia”. La France Insoumise parla di “affare di stato”. Il Ps e l’ex candidato Benoît Hamon chiedono le dimissioni del ministro degli Interni, Gérard Collomb, che dovrà rendere conto del caso di fronte all’Assemblée all’inizio della prossima settimana, accusato di aver “mentito”. Il Benallagate è iniziato il 1° maggio. Alexandre Benalla, 26 anni, fa chiedere dall’Eliseo alla polizia di poter partecipare alle operazioni di mantenimento dell’ordine come “osservatore”. E’ una pratica che esiste, riservata a giornalisti o specialisti (più strano per qualcuno che fa la guardia del corpo). Il guardiaspalle, il cui nome non compare nell’organico ufficiale dell’Eliseo, è filmato mentre picchia un manifestante (comportamento evidentemente proibito a un “osservatore” e anche alla polizia): c’è qui una chiara usurpazione di funzione, di cui Benalla è chiamato a rispondere alla giustizia. Bentalla è uno stretto collaboratore di Macron, che ha “protetto” durante la campagna elettorale e poi all’Eliseo (prima aveva svolto questa funzione anche con  i socialisti Martine Aubry e Arnaud Montebourg). Infine, c’è il tentativo – smascherato – di soffocare lo scandalo. E’ coinvolto l’Eliseo, fino al gabinetto del presidente, ma anche il ministro Collomb, che era stato informato dei fatti della Contrescarpe già il 2 maggio e non aveva denunciato Bentalla, come dovuto secondo l’articolo 40. Il governo e l’Eliseo hanno solo pensato che i fatti potevano passare sotto silenzio? Oppure c’è dell’altro? Benalla è un’intoccabile? E’ questo sospetto che ha sollevato la menzogna iniziale. Il portavoce di Macron ha spiegato giovedi’ che Benalla era stato punito, con una sospensione di 15 giorni senza stipendio, “una sanzione mai vista prima”, ma cosi’ blanda che la guardia del corpo era di nuovo all’opera persino per la protezione dei Bleus sui Champs-Elysées. L’inchiesta parlamentare e quella giudiziaria dovranno chiarire la situazione (quella interna alla polizia, le complicità di cui ha goduto il guardiaspalle). * Fonte: Anna Maria Merlo, IL MANIFESTO

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Nuova prova di convergenza delle lotte in Francia https://www.micciacorta.it/2018/05/nuova-prova-di-convergenza-delle-lotte-in-francia/ https://www.micciacorta.it/2018/05/nuova-prova-di-convergenza-delle-lotte-in-francia/#respond Sun, 27 May 2018 06:49:34 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=24555 Giornata di mobilitazione. Manifestazioni in tutto il Paese. Rivendicazioni ad ampio spettro, contro Macron e la sua politica. La Cgt in piazza con la France Insoumise

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PARIGI. Una domanda ha attraversato ieri tutti i numerosi cortei che si sono svolti nelle principali città francesi, organizzati da una sessantina di organizzazioni politiche e sindacali: quando Macron si deciderà ad ascoltare lo scontento che cresce in tutto il paese, invece di privilegiare sempre e soltanto i vincenti? Il presidente aveva già dato una risposta preventiva: «Ascolto in permanenza la gente, ma ascoltare la gente non vuol dire essere la banderuola dell’opinione pubblica». E HA MESSO IN GUARDIA: «Chi manifesta per bloccare il paese non lo bloccherà». Questa incomunicabilità sta favorendo l’interpretazione più radicale della lotta. Per il momento, chi vuole andare allo scontro diretto non ha preso il sopravvento, le cifre della partecipazione non battono dei record (a Parigi, 32mila persone secondo il calcolo di un pool di media, 80mila per la Cgt, 21mila per la Prefettura, 250mila in tutta la Francia secondo il sindacato). Il corteo parigino è stato festivo, senza violenza, anche se la polizia è intervenuta brevemente alla fine con qualche lacrimogeno e ci sono state alcune decine di fermi. Ma qualcosa sta cambiando, dopo gli episodi del 1° e del 22 maggio, dove nei cortei ci sono stati momenti di tensione. LA «TESTA» della manifestazione era un concentrato di tutte le lotte: c’era il comitato Adama venuto dalla banlieue (prende il nome di un ragazzo morto in un commissariato nel 2016, vittima delle violenze degli agenti), c’erano rivendicazioni di ogni tipo in ordine sparso, per Gaza, per la difesa dei servizi pubblici «svenduti» da Macron, per i ferrovieri che continuano lo sciopero, contro il nuovo sistema di accesso all’università (considerato selettivo), per gli esiliati, contro l’aumento delle tassa per i pensionati, per le Zad, («zone da difendere»), contro il liberismo, lotte che dovrebbero convergere per far crescere la «marea popolare» scesa di nuovo in piazza. La testa del corteo è anche il luogo del cosiddetto black bloc; uno striscione ha riassunto ieri il nuovo spirito di lotta: «spacchiamo i McDonald’s, non gli ospedali» (in riferimento alla distruzione del welfare da parte di Macron). La novità è stata anche nell’organizzazione della giornata di mobilitazione. L’idea è stata di Attac e della Fondazione Copernic, ma hanno aderito tutti i partiti della sinistra (non il Ps), con France Insoumise, la Cgt, Solidaires e la Fsu (ma non la Cfdt e Force ouvrière). LA CGT, che ultimamente è scesa molte volte in piazza, ha seguito l’iniziativa guidata dalla France Insoumise: è la prima volta dagli anni ’90, cioè dalla separazione del sindacato dal Pcf, che una colorazione chiaramente politica prende il sopravvento sulla lotta sindacale classica. Il segretario Cgt, Philippe Martinez, e Jean-Luc Mélenchon coltivano una rivalità: il primo era ieri al corteo di Parigi, il secondo a Marsiglia (4.200 persone per la polizia, 65mila per la Cgt), dove ha invitato a «formare un Fronte popolare». Per Mélenchon, che si pone come il principale oppositore a Macron, ieri è «iniziato un nuovo ciclo». La Cgt aveva negoziato alcuni punti: non una manifestazione nazionale a Parigi, ma tanti cortei nelle varie città, organizzazioni politiche e sindacali ben indentificate nel corteo, «ognuno al suo posto», perché per il sindacato l’obiettivo non è chiedere la testa di Macron, ma «un cambiamento di politica». GLI ORGANIZZATORI della giornata di ieri si ritrovano all’inizio della prossima settimana, per discutere del seguito da dare alle proteste. Intanto, la riforma della Sncf arriva a un momento chiave, dopo una ventina di giorni di sciopero a singhiozzo: il Senato deve votare la legge, il governo si è impegnato a ripagare 35 miliardi di debito delle ferrovie (su 50), uno sforzo senza precedenti (pari all’1,6% della ricchezza nazionale) e a investire 3,6 miliardi l’anno nel rinnovamento della rete. In cambio, chiede la fine programmata dello statuto dei ferrovieri, apertura alla concorrenza, trasformazione della Sncf in società anonima. I sindacati riformisti potrebbero uscire dalla protesta. FONTE: Anna Maria Merlo, IL MANIFESTO

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Violento sgombero della polizia francese all’università di Tolbiac https://www.micciacorta.it/2018/04/violento-sgombero-della-polizia-francese-alluniversita-tolbiac/ https://www.micciacorta.it/2018/04/violento-sgombero-della-polizia-francese-alluniversita-tolbiac/#respond Sat, 21 Apr 2018 07:07:42 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=24397 Francia. Irruzione della polizia ieri mattina alle 5. Per il presidente di Paris I, «centinaia di migliaia di euro» di distruzioni all'interno della torre. Macron: «Adesso la sfida è che gli esami si svolgano in buone condizioni»

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Ieri mattina all’alba l’università di Tolbiac è stata sgomberata. L’operazione della polizia è iniziata alle 5 del mattino, il centinaio di persone che stava dormendo nel grande anfiteatro N della «torre» di Tolbiac è stato fatto uscire, con un’azione muscolosa. Gli studenti hanno denunciato metodi sbrigativi e un uso eccessivo dei manganelli. Una persona è stata denunciata per oltraggio a pubblico ufficiale. Sbloccate anche le entrate di Sciences Po, a Parigi e a Lille, che erano state chiuse dagli studenti. Nel tardo pomeriggio, una manifestazione ha avuto luogo di fronte a Tolbiac, per protestare contro l’espulsione e promettere che le occupazioni continueranno, come è successo a Nanterre (che era stata sgombrata e poi rioccupata). Il presidente di Paris-I, di cui fa parte Tolbiac, Georges Haddad, che aveva chiesto l’intervento della polizia (unico modo legale per far entrare le forze dell’ordine nelle università), si è detto «sollevato» e ha denunciato «gli ingenti danni» causati dall’occupazione, di «qualche centinaia di migliaia di euro», ha detto. Tolbiac, comunque, non riaprirà, perché devono essere realizzate delle riparazioni. Il sito potrebbe rimanere chiuso fino all’inizio del prossimo anno accademico, a settembre. Gli studenti che protestano, che non rappresentano la maggioranza degli iscritti, restano molto determinati. Ma anche il governo lo è. Ieri, in consiglio dei ministri, Emmanuel Macron, ha insistito: «La sfida dei prossimi giorni è permettere lo svolgimento degli esami in buone condizioni». Il momento cruciale sarà la settimana dopo il 1° maggio. Nelle università in agitazione, gli esami potrebbero avere luogo in locali esterni, scelti dalle presidenze all’ultimo momento (per evitare altre occupazioni). Nelle università dove i presidenti hanno organizzato dei voti elettronici tra gli iscritti, la maggioranza si è schierata contro i blocchi. In nessuna facoltà è stata accettata la richiesta del voto politico, sufficienza e anche di più per tutti. Dei docenti hanno utilizzato la mobilitazione degli studenti, per rimettere sul tavolo la questione del finanziamento agli atenei: in alcune facoltà verranno iscritti tutti coloro che lo richiedono, mentre ci sarà l’esame delle domande in quelle dove c’è sproporzione tra richieste e posti. Il governo ha aumentato il numero dei posti perché arriva all’università l’anno dei nati nel boom del 2000 e la nuova legge Ore prevede dei corsi di recupero per chi non ha i prerequisiti richiesti. FONTE: Anna Maria Merlo, IL MANIFESTO

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In Francia 133 manif, prova di «convergenza delle lotte» https://www.micciacorta.it/2018/04/francia-133-manif-prova-convergenza-delle-lotte/ https://www.micciacorta.it/2018/04/francia-133-manif-prova-convergenza-delle-lotte/#respond Fri, 20 Apr 2018 14:53:23 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=24391 Francia . Manifestazioni organizzate dalla Cgt e Solidaires, di ferrovieri e funzione pubblica. Hanno partecipato anche gli studenti, contro la "regressione sociale" e per la difesa dei servizi pubblici

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PARIGI. Dialogo tra sordi, ieri in Francia. La Cgt, assieme a Solidaires, ha organizzato in tutto il paese 133 manifestazioni, in una giornata di mobilitazione sindacale, con l’obiettivo della «convergenza delle lotte», tra i ferrovieri (ieri in sciopero), Edf (azioni di tagli mirati alla corrente), funzione pubblica di tutte le categorie. Con gli studenti venuti a dare man forte. Dall’altro lato, il governo non guarda in faccia nessuno. La ministra dei trasporti, Elisabeth Borne, ieri ha ripetuto che «la riforma della Sncf (la ferrovia nazionale) andrà fino in fondo». La partecipazione alle manifestazioni non è stata eccezionale: 5.700 a Marsiglia, dove al corteo ha partecipato anche il leader della France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, 15.300 a Parigi, qualche migliaio in molte città minori. In piazza solo Cgt e Solidaires, mentre le altre sigle sindacali, soprattutto le più moderate (Unsa, Cfdt) non concordano sulla svolta politico-ideologica presa dalla protesta. Anche il 1° maggio i cortei sindacali saranno in ordine sparso. Il 5 maggio sarà un’altra giornata di manifestazioni a Parigi, per «fare la festa a Macron», secondo la proposta di François Rufin della France Insoumise. Il governo tira dritto, va avanti come un carro armato. «O la va o la spacca», è la strategia adottata da entrambe le parti. Il governo ha in programma di dividere il fronte sindacale. Un gruppo di intellettuali, da Etienne Balibar a Didier Daenninckx e Jacques Tardi, hanno firmato un appello «La lotta dei ferrovieri è anche la nostra lotta», per sostenere la battaglia di fondo a favore dei servizi pubblici, dopo aver lanciato nei giorni scorsi un crowdfunding a favore dei ferrovieri in sciopero, che ha ormai superato gli 800mila euro. È in corso un ridimensionamento dei corpi intermediari, Macron ha fretta di «riformare» e non vuole perdere tempo a discutere con i diretti interessati. Se si votasse adesso, però, sarebbe rieletto con una percentuale maggiore, dice un ultimo sondaggio. L’opinione pubblica è un fattore non trascurabile in questo scontro. Nelle università continua il movimento contro il nuovo sistema di entrata nelle facoltà, Parcoursup, e contro la nuova legge Ore (orientamento e riuscita). Nanterre resta bloccata, Tolbiac occupata. Dei docenti hanno firmato una petizione che appoggia gli studenti, altri hanno risposto chiedendo lo svolgimento regolare degli esami. Gli studenti accusano il Parcoursup di creare un meccanismo di «selezione», perché per iscriversi all’università dovranno rispettare delle «attese» di conoscenza, con il rischio di accentuare le differenze tra università e tagliare fuori gli studenti che provengono da licei meno qualificati. A Strasburgo, in un voto in linea degli iscritti al 70% hanno votato contro il blocco. Una forma di selezione esiste da tempo, il 65% degli iscritti al primo anno di licenza non arriva alla fine dei 3 anni nei tempi dovuti.Gli studenti hanno partecipato ai cortei. Al mattino, le manifestazioni si sono svolte nella calma. Ma nel pomeriggio, ci sono stati alcuni incidenti, a Rennes, Lille e, soprattutto, a Parigi. Solite vetrine spaccate, di banche, assicurazioni, hotel, da un gruppo di un centinaio di casseurs con il volto coperto. Lacrimogeni delle polizia in risposta, tra Montparnasse e place d’Italie. Alla Sncf, i sindacati – tutti – ieri hanno sbattuto la porta e rifiutano ormai di partecipare agli incontri con la ministra Elisabeth Borne. Chiedono di essere ricevuti dal primo ministro, Edouard Philippe a Matignon. I sindacati contestano lo stile del governo, che non ascolta le proposte dei ferrovieri e ogni giorno aggiunge un pezzo di riforma in più: la Sncf diventerà società anonima (ma a capitale pubblico al 100%), il mercato ferroviario sarà progressivamente aperto alla concorrenza, ma ormai si sa che le assunzioni con lo «statuto» finiranno il 31 dicembre 1919 e il trasporto merci sarà «filializzato». I sindacati dovrebbero discutere il contratto nazionale, invece di aggrapparsi allo «statuto», dice il governo. «Difesa del servizio pubblico», è l’unica risposta. Altre proteste si aggregano, come Edf e soprattutto varie categorie della funzione pubblica, dove ci sarà un taglio di 120mila posti in 5 anni. FONTE: Anna Maria Merlo,  IL MANIFESTO

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Il voto della piazza: “Macron dimissioni! Un giorno è sufficiente” https://www.micciacorta.it/2017/05/23284/ https://www.micciacorta.it/2017/05/23284/#respond Tue, 09 May 2017 08:03:15 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=23284 La prima manifestazione del quinquennato di Macron con settemila persone arrivate a Parigi per contestare l'annuncio del neo-presidente francese sulla nuova riforma del mercato del lavoro

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Dopo la "Loi Travail" sindacati e movimenti temono una nuova offensiva. Il racconto di una mobilitazione continua sin dai primi minuti dall'elezione all'Eliseo dell'ex ministro dell'economia socialista nel quartiere di Ménilmontant PARIGI. “Macron dimissioni! Un giorno è sufficiente”. Lo slogan è rimbalzato da twitter al corteo convocato dal collettivo “Fronte sociale” che ha sfilato a Parigi all’indomani dell’elezione a presidente di Emmanuel Macron. Da 7 a 10 mila (1.600 per la polizia) hanno risposto all’appello di alcune federazioni della Cgt, di Sud, dell’Unef e dei movimenti che si sono battuti contro la “Loi Travail”, la riforma del mercato del lavoro già sostenuta dal neo-presidente della repubblica francese quando era membro del governo socialista. Al primo punto del suo programma Macron ha inserito una nuova riforma del codice del lavoro definita “semplificazione”. Inoltre ha promesso un nuovo attacco alla contrattazione nazionale a favore di quella aziendale. Infine ha assicurato maggiore libertà ai datori di lavoro nel definire “la durata effettiva del lavoro”, il numero di ore lavorate dai dipendenti. Vecchio pallino delle confindustrie di tutta Europa, e del Medef francese, la Loi Travail in versione El Khomri non è stata abbastanza. Dopo le legislative di giugno la lotta per la destrutturazione delle norme del diritto del lavoro e della precarizzazione ricomincerà. Preoccupa anche lo strumento legislativo che Macron intende adottare: la decretazione per “ordinanze”. Una scelta in continuità con il governo socialista di Manuel Valls che sospese la discussione parlamentare applicando il famigerato articolo 49.3 della costituzione gollista. Lo stato di emergenza dichiarato nel paese in funzione anti-terrorista è stato applicato per approvare la riforma più contestata della storia della quinta Repubblica. Sembrano le premesse per un ritorno dell’opposizione sociale a un’idea liberista del mercato del lavoro che ha già spianato i socialisti. Il “Fronte sociale” aveva già manifestato a Parigi il 22 aprile scorso con numeri inferiori. Tra il primo e il secondo turno delle presidenziali il suo appello ha dato una forma politica allo slogan scritto ai piedi della Marianna in place de la République, nella serata del primo turno: “Ni patrie, ni patron, Ni Le Pen, ni Macron”. Indipendentemente dalla “peste o dal colera che arriverà al potere”, il corteo di ieri è stato la “prima mobilitazione sociale” in un paese che vuole rompere con la dialettica artificiale nella quale si è cercato di rinchiudere la politica transalpina: tra il fascio-populismo del Front National e il liberismo compassionevole di Macron. L’opposizione intende ripartire dalla questione sociale che, insieme a quella della violenta discriminazione delle popolazioni immigrate e dei francesi di nuova generazione, è la radice di una frattura di classe multipla che porta con sé i germi di una radicalità ancora più dirompente. “Quello che ci aspetta è molto grave – ha detto Romain Altmann (Info-Com Cgt) – una Loi Travail 2”. “Chiunque sia al potere, donna o uomo, mai come oggi da 40 anni abbiamo subito tante regressioni sociali”. Le inquietudini diffuse tra i militanti non hanno spinto ancora le grandi centrali a prendere posizione. L’annuncio di Macron ha prodotto sconcerto anche tra i vertici sindacali. Il primo maggio, Jean-Luc Melenchon ha chiesto di non toccare di nuovo il codice del lavoro, correggendo l’impressione diffusa che Macron voglia rilanciare una “guerra sociale” nel paese. Da Macron nessuna risposta. Durante l’estate la nuova legge potrebbe prendere forma. Anche la gestione della piazza ieri si è rivelata in continuità con quella precedente dei socialisti. Prima di arrivare a Bastille, un plotone di Crs – vestiti da robocop e armati con fucili a pompa che sparano flashball e proiettili di gomma Lbd 40 millimetri – hanno fatto irruzione nel corpo del corteo. Una “nasse” (gabbia) è stata costruita, il corteo diviso. Colpi di Lbd sono stati esplosi, sono stati denunciati tre feriti in una manifestazione pacifica. L’obiettivo di queste azioni è spezzare il corteo e disperderlo, stavolta senza successo. Già domenica, a pochi minuti dopo la notizia dell’elezione di Macron, la durezza poliziesca ha avuto modo di manifestarsi contro i cortei “selvaggi” e pacifici nel quartiere di Ménilmontant, nell’Est parigino non ancora del tutto bianco e franco-francese. A piccoli sciami, i gruppi si sono iniziati a muovere in gruppi da dieci a cinquanta, camminando veloci in uno dei quartieri meno imperiali e turistici di Parigi. Appuntamenti volanti alle fermate del metrò Couronnes, Belleville e Jourdain. Evitare le grandi piazze, silegge sui social. Ma la polizia risponde e organizza posti di blocco mobili. Il primo è già fulmineo. In rue Sorbier, davanti a Lieu-dit, uno dei bar più popolari della zona che aggregano le sinistre radicali nella Capitale. Una volante svolta all’incrocio e quasi investe un ragazzo. Alcuni giovani la fermano e sbattono i pugni sui finestrini: “Cassez-vous!” urlano. “Andate via!”. Camionette bianche sgommano all’incrocio con rue de Ménilmontant. Come da un altro pianeta sbarcano gli agenti Crs e puntano fucili a pompa. Tra loro c’è anche una donna. Un agente si rivolge a un ragazzo con il “Tu” e non il “Voi”. Lui si infuria: “Lei non si deve permettere!”. In Francia il “vous” resta ancora una formalità importante. “Tout le monde déteste la police”: lo slogan delle grandi manifestazioni contro la riforma del mercato del lavoro “Loi Travail” rieccheggia in stradine familiari sotto un gigantesco murales che ricorda la danza di Matisse: “Nous les gars d’Ménilmontant”. Come atto di sfida il plotone con i caschi e gli scudi fende la piccola folla che si è radunata in strada. A cinquecento metri più in giù, dove mezz’ora prima si celebrava un ”piccolo ballo selvaggio” con una banda e centinaia di giovani, la prima “nasse” della serata è pronta. Camionette e plotoni hanno accerchiato e disperso la folla danzante. “Si può passare, ma non risalire” dice un agente gigante con un passamontagna sotto il casco. Micro-cortei di giovani e giovanissimi, studenti e precari di diverse nazionalità, si susseguono per ore, mentre gli agenti con le armature li inseguono a fatica. Si riparte per Couronnes. I poliziotti caricano il corteo davanti con bombe stordenti e lacrimogeni, mentre con i manifestanti che li seguono dietro usano gas urticanti per allontanarli. A Rue des Panoyaux si è formata un’altra “nasse” che ha isolato 130 manifestanti pacifici. Nove sono stati fermati dalla Bac, le “brigate anti-criminali”, agenti in borghese vestiti come i manifestanti, mentre una persona avrebbe ricevuto il foglio di via dal quartiere. Gli arrestati sono caricati su un pulmann. I manifestanti hanno cercato di fermarlo, ma sono stati allontanati a furia di spray, mentre una squadra di Crs ha schierato gli scudi. Di nuovo a rue Sorbier, all’incrocio con rue Ménilmontant, sono state lanciate un paio di bottiglie vuote. In risposta sono stati esplosi lacrimogeni. Il fumo ha invaso i bar. Dopo avere rotto l’accerchiamento il bus è ripartito. Gli sciami dei manifestanti hanno girato il quartiere per radunare le persone. La caccia del gatto al topo è continuata fino a oltre le due di notte. È un primo segnale per chi ieri si è risvegliato a Macronia, un paese che è una pentola a pressione. SEGUI SUL MANIFESTO

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