Francesco Munzi – Micciacorta https://www.micciacorta.it Sito dedicato a chi aveva vent'anni nel '77. E che ora ne ha diciotto Fri, 09 Sep 2016 07:20:34 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 Due cose buone, ma qualche perplessità https://www.micciacorta.it/2016/09/22458/ https://www.micciacorta.it/2016/09/22458/#comments Fri, 09 Sep 2016 07:20:34 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=22458 La sola ribellione non servì nel ’68 figuriamoci adesso. Reinventare «i disubbidienti» non è sufficiente, né qui e tanto meno in Europa. A Varoufakis dico: per restituire sovranità al popolo europeo servono invenzione, progetto, organizzazione, egemonia, le «casematte»

L'articolo Due cose buone, ma qualche perplessità sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>

Ho visto e letto negli ultimi giorni due cose che mi hanno reso contenta, e tuttavia mi hanno anche indotto a riflessioni polemiche. Mi confesso in pubblico (quello dei lettori del  manifesto, si intende, in grado, forse, di condividere le mie soddisfazioni e pure i miei mugugni). Comincio dal «visto»: Assalto al cielo, il film sul ’68 di Francesco Munzi, presentato fuori concorso al festival di Venezia e su cui ha scritto Silvana Silvestri. Sono andata a vederlo perché Munzi è un bravissimo regista, ha fatto bei film, specie l’ultimo, Anime nere. Insomma: una garanzia preziosa visto che la materia è stata fino ad oggi quanto mai maltrattata. Penso all’orrenda celebrazione ufficiale del quarantesimo, otto anni fa, quando il movimento che pur con tutti i suoi errori e difetti ha segnato un cambiamento d’epoca è stato generalmente ridotto a «sesso droga e rock and roll». Non mi sono sbagliata: il film è rispettoso della serietà dell’impegno e della passione politica che hanno animato una consistente parte della generazione arrivata alla maturità quasi mezzo secolo fa e le immagini – moltissime custodite dall’Archivio del movimento operaio e democratico, ma quasi mai arrivate ad un pubblico largo – sono bellissime. Inedita e straziante l’intervista ai genitori del brigatista Walter Alasia. E però. Munzi dice a Montini su Repubblica: «Non volevo che quel movimento restasse ostaggio della memoria di quelli che l’hanno vissuto», che fossero loro gli «unici titolati a parlarne». «Ho esposto i fatti – continua – perché i giovani sappiano dove stava andando l’Italia». Il film glielo ha davvero fatto capire? Munzi stesso, che nel ’68 non era neppure nato, si è fatto un’idea di cosa è stato? Su questo ho molti dubbi e anche qualche preoccupazione. È vero che ognuno di noi – come giustamente scrive Silvana – avrà una diversa lettura del film a seconda della propria personale esperienza di quegli anni. Il ’68 – che in realtà in Italia durò dieci anni – ha del resto avuto molte anime ed è difficile ridurlo ad una unica espressione. Ma io credo che un dialogo con chi invece all’epoca era già nato non sarebbe operazione oziosa, perché dai frammenti di assemblee infuocate e di manifestazioni violente – che certo ci sono state – non si ricava il senso più profondo, e in questo senso comune, di quella sollevazione generazionale. Che non fu una reazione disperata e puramente utopica, ma la presa di coscienza – maturata dopo il ricco decennio dello sviluppo neocapitalista – dei limiti di un modello di modernizzazione che, se chiuso entro l’orizzonte capitalista, si sarebbe rovesciato in barbarie. Fu, insomma, una precoce critica della modernizzazione in un’epoca in cui buona parte della sinistra tradizionale partecipava al balletto Excelsior. Fu, certo, anche un movimento antiautoritario, ma la sua specifica caratteristica, fu di aver capito che la libertà non è individuale ma fonda le sue vere radici nei rapporti sociali di produzione (fu questa la frase più popolare di Marcuse ).Di qui la ricerca di un rapporto con la classe operaia, che, è vero, produsse anche scontri e incomprensioni, ma fu vitale per determinare un mutamento della lotta nella fabbrica, inizialmente indotto da minoranze, poi contagioso e infatti alla fine veicolato dallo stesso sindacato, che ne garantì l’estensione. Fu merito della Cgil e della Fim-Cisl aprirsi al movimento, sia pure non senza scontri durissimi, cosa che non avvenne che in Italia. Gli anni ’70 furono infatti ricchi di conquiste e non solo di disastri. Poi abbiamo perso. Non solo per i nostri errori, ma anche per quelli di una sinistra tradizionale che stentò a capire. E iniziò una tragica involuzione. Il sistema operò, come così spesso nella storia, una rivoluzione passiva: assunse le istanze libertarie individuali che non mettevano in discussione il potere, e espulse quanto invece dava fastidio. Se insisto a difendere il nucleo comune e vero della memoria sessantottina non è per autodifesa, ma proprio per stabilire un dialogo critico (e autocritico) con quelli nati nei ’90. Per quanto ho letto invece, mi riferisco all’articolo di Yanis Varoufakis sul manifesto di martedì 6. Sono contenta, perché chiarisce nuovamente e con più chiarezza di quanto aveva fatto in una assemblea a Roma qualche mese fa di essere contrario ad abbandonare il campo di battaglia europeo e a ripiegare su impossibili soluzioni nazionali. Così come auspica il gruppo che fa capo a Lexit, la sinistra pronta ad abbandonare l’Unione europea. I miei dubbi nascono dalla strategia proposta: se vogliamo restituire sovranità al popolo europeo e togliere il diritto di deliberare ai poteri extrapolitici, estranei al sistema democratico, cui il liberismo l’ha affidato, basta la ribellione? Ribellarsi è giusto e utile, ma non mi pare che reinventare «i disubbidienti» sia sufficiente, né qui e tanto meno in Europa. Proprio perché il demos europeo va costruito, decisivo è costruire quegli organismi intermedi che collegano i cittadini con le istituzioni e che possono incidere sulle decisioni riappropriandosi del diritto a deliberare che gli è stato espropriato. Voglio dire costruire un vero sindacato europeo dotato dei diritti di cui è dotato a livello nazionale; reti fra le città per progetti comuni che ripensino il modo di vivere (quanta ispirazione dalla bellissima Biennale di architettura di quest’anno, intitolata significativamente «Siamo al fronte»); rete di organismi consolidati che comincino a gestire direttamente pezzi della società; media comuni sì da evitare la frammentazione dell’opinione pubblica europea su cui gioca il potere. Anche partiti europei veri. Ma allora non basta disubbidire, occorre invenzione, progetto, organizzazione, egemonia. Senza casematte, ci diceva Gramsci, il campo di battaglia è pericoloso. SEGUI SUL MANIFESTO

L'articolo Due cose buone, ma qualche perplessità sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2016/09/22458/feed/ 1
Lo spirito di un’utopia https://www.micciacorta.it/2016/09/lo-spirito-unutopia/ https://www.micciacorta.it/2016/09/lo-spirito-unutopia/#respond Wed, 07 Sep 2016 19:08:47 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=22451 VENEZIA  Ogni lettore del manifesto che è uno dei pochi luoghi di resistenza ancora presenti nella nostra società, avrà una diversa lettura del film Assalto al cielo di Francesco Munzi (fuori concorso) a seconda della sua personale esperienza di quegli anni, e così sarà per tutti gli altri compagni che hanno fatto politica dal ’68 […]

L'articolo Lo spirito di un’utopia sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>

VENEZIA  Ogni lettore del manifesto che è uno dei pochi luoghi di resistenza ancora presenti nella nostra società, avrà una diversa lettura del film Assalto al cielo di Francesco Munzi (fuori concorso) a seconda della sua personale esperienza di quegli anni, e così sarà per tutti gli altri compagni che hanno fatto politica dal ’68 al ’77, dalle manifestazioni per il Vietnam a Parco Lambro Questo è il periodo scelto dal regista di Saimir e Anime nere (nato nel ’69, da bambini dice, giocavamo a poliziotti e brigatisti) «non volevo cadere nel film storico, è un periodo pieno di contraddizioni, ci dice, dove è impossibile toccare tutti gli argomenti. Volevo raccontare il sentimento di quegli anni». Non ci sarà mai un film che possa veramente raccontare lo spirito di quegli anni che non sia il cinema underground: il racconto televisivo, la narrazione con personaggi e intrecci appartengono a un’altra epoca, quella precedente o quella molto successiva che ha cercato di catturarne qualche elemento. Una società come questa dalle immagini tanto frammentate ci sembra in sintonia il film di Munzi che è andato alla ricerca dei materiali meno manipolati dai commenti, il più possibile girati dagli stessi cineasti (pochi e ben conosciuti) che partecipavano al movimento. Utilizza senza voce fuori campo, materiali spesso inediti del Movimento operaio e democratico, Luce, Cineteca di Bologna o della Fondazione Alberto Grifi per il Parco Lambro (girati in videotape mentre i tre rulli in pellicola dovrebbero essere presto restaurati) e delle teche Rai che lì aveva i suoi operatori. Potrebbe sembrare impossibile raccontare dieci anni di movimento in un’ora di montaggio, ma i diversi spettatori ne faranno un uso differente, dal ricordare i volti conosciuti o quelli scomparsi, a collegare le scene mancanti a stupirsi di fronte a tanto fervore oggi che domina il disgusto per la politica. Erano anni più di parole che azioni, oltre al fatto che nell’ottica di un operatore il lancio di una pietra vale più di un discorso (e dove saranno finiti quei fiumi di parole?). Il regista ci dice: «Ho voluto seguire il tema dell’utopia dell’assalto al cielo, lo slancio vitale che in seguito si frantumerà in mille rivoli e poi arriva al ’77, quelli della lotta armata. Non volevo che questo tema prendesse il sopravvento. Il film segue la cronologia, si permette di lasciare buchi, prova a guardare con il ritmo di quel tempo. Manca la voce narrante, l’abbiamo trovata nel ritmo del montaggio». Gli chiediamo se crede che possa arrivare agli spettatori più giovani: «Ho voluto mettere un ponte con l’oggi, nel senso che vorrei fosse trasmessa quell’utopia oggi che la politica significa corruzione. C’è attenzione da parte dei giovani che lo hanno visto, è come se avessero visto per la prima volta piazza Fontana o Brescia. Questo significa che siamo a corto di memoria. Ho avuto bisogno di tornare alla fonte, di tornare ai documenti». Pensiamo alla maniera con cui all’epoca vedevamo passare in televisione spezzoni di riprese, in cui i fatti venivano stravolti, ridotti in seguito a frammenti inutili (ed è il motivo per cui Grifi aveva sempre avuto il controllo totale del suo materiale). In questo caso Munzi dà un’impronta autoriale che individua momenti chiave, discorsi non interrotti: «Mi sembra uno strumento che serve a riportare all’attenzione questa materia, ho avuto bisogno di tornare alla fonte, tornare ai documenti. Ho scelto il materiale più forte cercando di farlo respirare». Nel corso del film, diviso idealmente in tre parti, ci sono cartelli che suggeriscono di fermare la proiezione e aprire il dibattito: «Li abbiamo trovati nei filmati e sono stati montati lì non a caso: uno è stato posizionato dopo Piazza Fontana, l’altro dopo il forte intervento dei genitori di Walter Alasia». SEGUI SUL MANIFESTO

L'articolo Lo spirito di un’utopia sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2016/09/lo-spirito-unutopia/feed/ 0
«Vogliamo tutto e subito» https://www.micciacorta.it/2016/09/vogliamo-tutto-e-subito/ https://www.micciacorta.it/2016/09/vogliamo-tutto-e-subito/#respond Sat, 03 Sep 2016 07:22:25 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=22441 Venezia 73. «Assalto al cielo» è il titolo del documentario di Francesco Munzi che viene presentato il 6 settembre alla Mostra di Venezia, dieci anni di movimento politico in Italia

L'articolo «Vogliamo tutto e subito» sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>

Assalto al cielo si intitola il documentario di Francesco Munzi (l’autore di «Anime nere») in programma il 6 settembre alla Mostra di Venezia, dieci anni di movimento politico in Italia in 72 minuti, visione veloce in sintonia con i tempi contemporanei, da Potere studentesco a Parco Lambro. Sarà interessante vedere i materiali scelti da Munzi, nato nel 1969, cosa avrà suscitato il suo interesse, di quali archivi si sarà servito, cosa resta di valido per le nuove generazioni. Insomma prima di parlare del film approntiamo un manuale di istruzioni per l’uso di quelle immagini. «Vogliamo tutto e subito» era uno slogan e un po’ lo abbiamo ottenuto. Innanzi tutto sarà bene ricordare a chi è troppo giovane per aver vissuto il 68, che la connessione tra i componenti del movimento era solo verbale, in quegli anni i ragazzi non vedevano la televisione a parte brevi aperture di telegiornali che lasciavano esterrefatti per la differenza tra eventi vissuti e fatti riportati, la prima prova evidente di manipolazioni delle immagini del potere politico che si aggiungeva alle prime pagine dei giornali con i loro titoli catastrofici (per lo più nelle case degli studenti della scuola di classe entrava solo stampa conservatrice e «il manifesto» esisteva ancora solo come rivista). L’effetto sembrava essere di criminalizzazione degli studenti che invece avevano la sensazione di cambiare il mondo, dalle lotte contro l’autoritarismo fino alle grandi strategie internazionali. Un secondo elemento da tenere presente (questo succedeva alla Sapienza di Roma) era che il servizio d’ordine e l’assemblea all’unisono mandavano via le troupe televisive, solo i cinegiornali militanti avevano accesso, peraltro non c’era neanche il tempo di rivedersi né se ne sentiva il bisogno: gli stessi studenti erano protagonisti. Tra una assemblea e l’altra curiosamente le assemblee si ricostituivano in parte al Filmstudio per vedere underground o nelle sale specializzate nei classici o del nuovo cinema o in quelle dei western all’italiana o nei piani sequenza di Jancso o nei personaggi di Les enfants du Paradis. Queste erano le prime immagini del ’68, poi l’organizzazione diventò più capillare, i nastri di Grifi, il primo a usare il videotape, furono mostrati oltre che agli studenti nelle università anche ai sottoproletari delle case occupate: «Avevamo bisogno, diceva Grifi (di cui pubblichiamo un suo scritto su Parco Lambro), di un cinema che rimettesse in funzione i nuovi bisogni, il fiorire di slanci, l’intelligenza e la creatività nate durante le insurrezioni metropolitane dei giovani». Solo ci chiediamo che fine avranno fatto, in termini di immagini, i fiumi di parole che sono ininterrottamente sgorgate per mesi e mesi. SEGUI SUL MANIFESTO

L'articolo «Vogliamo tutto e subito» sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2016/09/vogliamo-tutto-e-subito/feed/ 0