Gad Lerner – Micciacorta https://www.micciacorta.it Sito dedicato a chi aveva vent'anni nel '77. E che ora ne ha diciotto Sat, 16 Sep 2017 06:48:05 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 Manconi e il PD, il «centrosinistra» e un ostacolo insormontabile https://www.micciacorta.it/2017/09/23745/ https://www.micciacorta.it/2017/09/23745/#respond Sat, 16 Sep 2017 06:48:05 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=23745 Alleanze. L’Italia così com’è oggi è in larga parte opera del Pd. Oggi il Pd fa politiche di destra: sui migranti, i poveri, i marginali. Come ha detto Lerner, ora è questione di diritti umani

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Ho una profonda stima per la persona e il lavoro di Luigi Manconi. Nel suo bellissimo Corpo e anima. Se vi viene voglia di fare politica egli scrive: «Tra le molte contraddizioni della mia azione politica, una appare forse come più stridente. Ovvero che faccio quello che faccio e penso quello che penso, pur rimanendo nel Pd … Per ora penso che vi sia ancora spazio per condurre conflitti interni e per utilizzare proficuamente la forza, le risorse e la platea di un “partito largo”». «Per ora», scriveva Manconi in un libro uscito nel marzo 2016. Un anno e mezzo dopo, dopo la repressione securitaria attuata da Marco Minniti, perfino Gad Lerner, per Manconi una sorta di «fratello minore» ha infine restituito la tessera del Pd, scrivendo che «l’involuzione della politica del Pd sui diritti umani e di cittadinanza costituisce per me un ostacolo non più sormontabile». Una decisione soffertissima, a giudicare dal fatto che solo poche settimane prima lo stesso Lerner aveva proposto ad Andrea Orlando un doppio tesseramento Pd-Campo Progressista. Per Manconi questo ostacolo è, evidentemente, ancora sormontabile. Non gli sono certo meno grato per le sue solitarie, cruciali battaglie, ma non riesco a capire come una scelta personalissima, provvisoria e sofferta come questa (una scelta che divide anche chi ha percorso insieme una vita intera) possa trasformarsi in un programma politico su cui chiedere il consenso di milioni di cittadini. Già, perché Campo Progressista è nato proprio con questo fine: andare al governo con il Pd, nella speranza di condizionarlo un po’. È questo l’unico significato possibile della formula taumaturgica del «centrosinistra»: perché senza Pd non esiste centro cui connettersi. E, d’altra parte, Giuliano Pisapia continua onestamente a dirlo, nonostante le aspirazioni e le dichiarazioni contrarie dei suoi compagni di viaggio. Ebbene: come molti altri, credo che questo progetto appartenga al passato. Non dico che non mi impegnerei per qualcosa del genere: ma nemmeno lo voterei. Perché il Pd ha avuto un ruolo decisivo nella costruzione dello stato delle cose: l’Italia così com’è è in larga parte opera sua. Oggi il Pd fa, platealmente, politiche di destra: sui migranti, i poveri, i marginali fa perfino politiche di destra non democratica. Come ha detto Lerner, ora è questione di diritti umani. Il Pd ha rieletto Renzi trionfalmente, e l’opposizione interna è politicamente irrilevante. I flussi elettorali del 4 dicembre scorso dimostrano che l’85 % di chi vota Pd ha scelto il Sì. Non una colpa, ovviamente, ma il segno chiarissimo di una mutazione politica e culturale: la resa allo stato delle cose. L’abbandono dell’idea stessa di conflitto sociale. Ora, è possibile che se continuerà a votare solo il 50% degli italiani – o se, come tutto lascia intendere, l’affluenza diminuirà ancora – una sinistra radicale alternativa al Pd (prima, durante e dopo il voto) abbia poco spazio. Ma se questa sinistra fosse capace di essere unita, e soprattutto si impegnasse a costruire un progetto credibile di Paese giusto, inclusivo ed eguale: allora un’altra parte degli italiani tornerebbe a votare e a votarla, riaprendo un conflitto, e dunque spalancando un finestra sul futuro. E il cinico tavolo dei commentatori salterebbe in un minuto. Non è un’utopia: è successo il 4 dicembre. Il percorso partito dal Brancaccio si sta snodando per le cento città di Italia, e presto potrà proporre un progetto di Paese: per capire cosa intendiamo dire quando diciamo «invertire la rotta». Alle assemblee partecipano compagni di SI, Possibile, Rifondazione ma anche di Mdp, oltre a quelli che si erano impegnati in molti dei progetti falliti e a tanti cittadini politicamente apolidi (tra cui cattolici che pensano che il Vangelo indichi una strada radicale e non «centrista» nel senso di «moderata»). Ciò che accomuna tutte le persone che partecipano a questo percorso è la volontà di costruire tutti insieme una lista unica, attraverso un vero processo di partecipazione popolare: senza primogeniture; senza leader designati in anticipo; con il chiaro impegno di essere alternativi al Pd prima, durante e dopo il voto. Non è un obiettivo impossibile, ma ogni giorno consumato in incomprensibili riunioni politiciste è un giorno sottratto alla costruzione di una sinistra di popolo capace di parlare all’altra metà degli italiani. Una sinistra che (come in altri paesi d’Europa) può diventare capace di vincere: se vincere significa saper cambiare la realtà, e non farsene cambiare. * presidente di Libertà e Giustizia FONTE: Tomaso Montanari, IL MANIFESTO

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Milano, astensionismo e barbarie https://www.micciacorta.it/2016/06/22012/ https://www.micciacorta.it/2016/06/22012/#respond Thu, 09 Jun 2016 14:06:04 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=22012 Sala vs Parisi. Per la coalizione che sostiene Mister Expo si annuncia molto più complicata del previsto la caccia agli astenuti (122.991 voti in meno rispetto al 2011) e agli "arrabbiati" con la coda tra le gambe della sinistra sinistra (17.635 voti)

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Nel frattempo comincia a palesarsi una tendenza tra alcuni elettori del Movimento Cinque Stelle disposti a votare centrodestra pur di danneggiare il Pd di Matteo Renzi MILANO I meno astiosi scuotono la testa, “convincerli sembra impossibile”. Forse sarebbe meglio stare zitti, ammette chi ha cominciato un lento percorso di autocritica. Tanto ognuno decide di testa sua, dice chi ha capito che nessuna forza politica oggi può dare indicazioni di voto senza risultare insultante. Basta livore contro gli astensionisti, predicano i più saggi, ma bisognerebbe scollegarsi dai social. Lì, a sinistra, ci si scanna. Incredibile è la spocchia dei militanti “arancioni” che dopo aver condotto una campagna elettorale disastrosa puntano il dito contro chi non ha votato per loro. L’atteggiamento rischia di provocare un disastro, “cari supporter di Sala andate avanti così e convincerete tutti a non votare” dice Luciano Muhlbauer (il più votato della lista Milano in Comune, che non se la sente di dare indicazioni di voto).
Si sarebbero rimessi “pancia a terra” ma non è vero. Sono in crisi i militanti costretti a sbattersi ancora per Mister Expo. Specialmente gli arancioni di SinistraXMilano, spazzati via dal voto (3,83% con l’appoggio di Pisapia). Dieci giorni sembrano un’eternità. Idee forti non ce ne sono. Volantini al mercato? Uff… C’è il confronto in tv con Stefano Parisi (“ma appena Beppe Sala apre bocca…). Forse girano dei video con alcuni personaggi imploranti. Vip, mmh… e le periferie? Per i sostenitori di Sala si annuncia più complicata del previsto la caccia agli astenuti (122.991 voti in meno rispetto al 2011) e agli “arrabbiati” con la coda tra le gambe della sinistra sinistra (17.635 voti). Stefano Parisi, invece, ha già messo a punto la strategia. Dopo il faccia a faccia di ieri sera con Beppe Sala su SkyTg 24, l’uomo più in forma del centrodestra italiano ha deciso di restare in tv per sempre, saltando da un canale all’altro. Nel tempo libero, mercati. Luogo dove sembra fuori posto, eppure è proprio lì, in periferia, che il centrosinistra ha accusato il colpo più duro. Anche Sala ha deciso di restare in giro il più possibile, e questa è l’indicazione anche per i suoi assessori dell’ex giunta arancione. Del resto meglio che stia lontano dalla tv, ammette qualcuno sgranando gli occhi davanti al post di Mister Expo che alla domanda di Paolo Mieli “lei cosa farebbe al ballottaggio di Napoli” risponde “voterei scheda bianca” (seguono insulti). Curioso modo per convincere gli elettori di sinistra che bisogna votare lui per sconfiggere la destra: anche De Magistris ha contro la destra, allora come la mettiamo? Tocca smarcarsi dal Pd, lo sanno tutti. Sala no Soprattutto da Matteo Renzi e dal cosiddetto partito della nazione. “Milano non c’entra con Verdini, dobbiamo essere più efficaci a spiegare che questo timore è infondato”, spiega con delicatezza Pierfrancesco Majorino (Pd), più di 7.500 preferenze e non renziano. Ma al Pd milanese per far tornare il sereno basta vincere anche per una manciata di voti. Di ben altra natura invece sono i tormenti della sinistra dopo l’ennesimo fallimento. Continuano a riunirsi ma visti i dati c’è poco altro da aggiungere. Il cerchio non proprio magico di SinistraXMilano ieri ha deciso di rivedersi venerdì per organizzare l’ultima fase di campagna, è previsto l’intervento di Gad Lerner (mugugni in sala), l’artefice insieme a Giuliano Pisapia della marcia non proprio trionfale del “popolo arancione”. Tra pochi giorni sarà tutto finito, e per molti che ci hanno creduto sarà un sollievo. L’umore sarà pessimo anche alla riunione di Milano in Comune (Basilio Rizzo) che si tiene stasera. Attivisti e candidati sanno che in caso di sconfitta di Sala a sinistra scoppierà la guerra civile, ma la lista non può fare altro che non dare indicazioni di voto. Gli elettori sono divisi. Sarà Rizzo, tra una settimana, a dire “lui” cosa farà. Voterà Sala. Beppe Sala a parte, è evidente che per molti elettori tormentati il rospo più grosso da ingoiare è il Pd di Matteo Renzi. Anche chi impallidisce all’idea di rivedere La Russa e De Corato a Palazzo Marino in cuor suo sa che a questo punto (della storia) l’argomento è piuttosto popolare. Poi c’è sempre l’incognita a 5 Stelle (52.376 voti), con una parte di elettorato che potrebbe anche decidere di farsi del male per fare del male. “E’ chiaro che molti di quelli che tifano per noi stanno maturando la convinzione che la cosa più importante è danneggiare Renzi”, ammette l’ex candidato sindaco Gianluca Corrado. Deve averlo subodorato anche Renzi. Se perde (anche) Milano non si dimetterà. Sembra un presentimento, molto poco “pancia a terra”.

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Milano, le sinistre alla ricerca del candidato perduto https://www.micciacorta.it/2016/03/milano-le-sinistre-alla-ricerca-del-candidato-perduto/ https://www.micciacorta.it/2016/03/milano-le-sinistre-alla-ricerca-del-candidato-perduto/#respond Thu, 17 Mar 2016 07:54:34 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21507 Palazzo Marino. Non c'è la corsa a candidarsi a sinistra nella città orfana di Giuliano Pisapia. Prc, Possibile e Lista Tsipras stanno ancora aspettando la candidatura di Curzio Maltese che sta facendo di tutto per smarcarsi dagli stessi partiti che lo sostengono

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lista arancione

MILANO Sulla sinistra milanese è calato uno strano silenzio, ci si riunisce sottovoce a passi felpati e la temperatura si è fatta freddina anche sui social, al massimo c’è chi parla a nuora perché suocera intenda. Solo qualche isolato ottimista di professione suona la carica ma le congetture che filtrano dalla penombra delle segrete stanze non scaldano i cuori. Rumore di cocci di sottofondo. Nascondersi, più che la logica conseguenza di un disastro annunciato negli anni, sembra essere diventato tatticamente indispensabile per ripresentarsi sulla scena con un profilo non troppo di sinistra per farsi votare da un elettorato che si presume essere di sinistra. Basso profilo, compagni. Sono paradossi che angosciano gli addetti ai lavori. Candidare chi? Questo il problema, che assilla anche i pentastellati orfani di Patrizia Bedori – se può consolare. Il tentativo di sintesi chiamato “Milano in Comune” (Prc, Possibile, Altra Europa per Tsipras) sta ancora aspettando il tentennante Curzio Maltese. Lo implorano da settimane ma lui è ancora pieno di dubbi. Li ha espressi poco simpaticamente l’altro giorno sul Corriere della Sera, un pezzo che deve aver gelato i suoi sponsor politici. Anche l’europarlamentare e giornalista – come esplicitato altrettanto poco carinamente da Gherardo Colombo – ha espresso l’intenzione di candidarsi ma solo con una lista dal profilo civico distante dai partiti di sinistra (gli stessi che lo cercano): “Nemmeno io voglio fare il candidato della sinistra radicale, ostaggio di mille veti”. Pare che in questi giorni Maltese – non molto gradito a una parte dei civatiani (e vabbè) – si sia consultato con alcuni esponenti dell’autoproclamata società civile che chissà perché dovrebbe rappresentare il sentire comune della città. Sta cercando spalle più o meno autorevoli per smarcarsi dal ruolo di candidato dei partiti di sinistra ridotti ai minimi termini, atteggiamento comprensibile ma non gentile nei confronti di quegli elettori che sono rimasti alla larga dalla sceneggiata delle primarie per non essere costretti a digerire l’ex manager di Expo come candidato sindaco. L’annuncio sofferto potrebbe arrivare oggi, oppure all’assemblea dell’Altra Europa per Tsipras che si terrà sabato. Altrimenti, fuori dal perimetro del centrosinistra scolorito che sostiene Sala, si consumerebbe l’ennesimo disastro. Anche i cugini di Sel hanno vissuto momenti migliori, ma almeno domani sera si riuniranno per comunicare al mondo una decisione finalmente presa. Lo si capisce dal titolo dell’assemblea convocata alla prestigiosa Sala Alessi di Palazzo Marino: “Milano, andiamo avanti”. Insomma, non proprio un colpo di scena. Dopo la rinuncia di Francesca Balzani a vestire panni non suoi (troppo arancioni e poco adatti per un ruolo da prima donna), Sel ha deciso di sostenere Sala fino alla fine distinguendosi con una lista di sinistra – non troppo però. In questo caso il problema non è il candidato sindaco ma il capolista, anche perché i nomi di peso latitano o hanno già declinato l’invito. Si dice Paolo Limonta, infaticabile dispensatore di speranze e già braccio sinistro di Giuliano Pisapia, ma per alcuni sarebbe un’opzione troppo connotata (stessa sindrome Colombo-Maltese). Se questo è il ragionamento, se per essere competitivi a sinistra bisogna giocare a nascondino, allora per lo stesso motivo potrebbero non funzionare anche gli attuali consiglieri comunali del partito. Quindi servirebbe un bel personaggio dal profilo civico che almeno ci metta la faccia, è questa ricerca affannosa che negli ultimi giorni ha tenuto i milanesi di Sel con il fiato sospeso. Quanto il nome sarà gradito, gli elettori lo faranno sapere il prossimo giugno. Essendo molto improbabile l’ipotesi del personaggio di grido – tipo Gad Lerner, regista di molte operazioni non andate a buon fine – qualcuno azzarda il nome della giornalista e scrittrice Benedetta Tobagi. Nel frattempo, anche i cinque stelle sono disperatamente alla ricerca di un nuovo candidato per Palazzo Marino. E di un metodo per sceglierlo senza combinare altri pasticci. Gianroberto Casaleggio, con fare piuttosto seccato, ha detto che una decisione verrà presa nei prossimi giorni. Probabilmente, ancora una volta, si affiderà alle magnifiche sorti e progressive della Rete.

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PRIMA LINEA, A MILANO SI PRESENTA BIOGRAFIA DI SEGIO https://www.micciacorta.it/2015/09/prima-linea-a-milano-si-presenta-biografia-di-segio/ https://www.micciacorta.it/2015/09/prima-linea-a-milano-si-presenta-biografia-di-segio/#respond Mon, 28 Sep 2015 11:29:44 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=20461 Gad Lerner, Aldo Bonomi e Franco Corleone presentano oggi, alle 18, alla Triennale di Milano, il libro "'Una vita in prima linea" di Sergio Segio

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(9Colonne) – Milano, 11 dic – Gad Lerner, Aldo Bonomi e Franco Corleone presentano oggi, alle 18, alla Triennale di Milano, il libro “‘Una vita in prima linea” di Sergio Segio, milanese di origine istriana, nel 1974 tra i fondatori del percorso che, due anni dopo, assumerà la sigla di Prima Linea, destinata a diventare una delle principali organizzazioni terroristiche italiane, a cui aderirà anche Marco Donat Cattin. Segio – alias Comandante Sirio -, dopo aver iniziato la sua militanza politica in Lotta Continua nei primi anni Settanta, fuori dalle fabbriche di Sesto S. Giovanni, la “Stalingrado d’Italia” – sostiene l’ultimo esame di filosofia alla Statale mentre è già ricercato. Non abbandona le armi nemmeno quando il gruppo si scioglie, ma si vota alla “liberazione di compagni e compagne” detenuti. Viene arrestato a Milano, il 15 gennaio 1983: stava preparando un assalto al carcere speciale di Fossombrone. Sarà l’ultimo militante di Prima Linea a uscire dopo aver espiato 22 anni di pena. Accanto alla sua vicenda personale nel libro, edito da Rizzoli, compaiono eventi come l’omicidio Calabresi, il sequestro Moro e la strage di Piazza Fontana. Una testimonianza che rivive la stagione del terrorismo dal banco degli imputati, riconoscendo errori e responsabilità, senza ipocrisie né giustificazioni. A questo si aggiunge una ricca appendice di dati e bibliografia riguardanti l’intera vicenda della lotta armata in Italia.

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SEGIO, NO A ERGASTOLO BIANCO PER EX LOTTA ARMATA https://www.micciacorta.it/2015/09/segio-no-a-ergastolo-bianco-per-ex-lotta-armata/ https://www.micciacorta.it/2015/09/segio-no-a-ergastolo-bianco-per-ex-lotta-armata/#respond Mon, 28 Sep 2015 11:25:38 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=20459 Dibattendo con Gad Lerner, Segio ha osservato che 'alla fine noi siamo consegnati al senso comune come il male per eccellenza di questo paese'

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Milano, 11 dic. (Adnkronos) – Per gli ex terroristi rossi ‘si vorrebbe la pena del taglione, ma non si ha il coraggio di chiederla apertamente e allora si ricorre all’ergastolo bianco’. Cosi’ l’ex militante di Prima Linea Sergio Segio, presentando questa sera a Milano il suo libro ‘Una vita in Prima linea’, ha rigettato gli inviti al silenzio, che, ha asserito, vengono spesso formulati nei confronti degli ‘ex militanti della Lotta Armata, preferibilmente dissociati e preferibilmente di sinistra. Anche se prendiamo la parola per dire ‘mai piu’ con il fucile’ veniamo invitati a stare zitti’.

Molti ex terroristi rossi, ha proseguito Segio, ‘sono costretti a nascondersi per non perdere il lavoro’, sottoposti, ha sostenuto, ‘ad un linciaggio mediatico estremamente violento’. Secondo Segio, invitando continuamente al silenzio gli ex terroristi rossi, si sarebbero ‘smarrite le proporzioni e il senso della storia. Certo che, dette da me, queste cose possono urtare e lo capisco’.

Dibattendo con Gad Lerner, che rimase in Lotta Continua senza seguire la deriva armata di alcuni ex compagni, Segio ha osservato che ‘alla fine noi siamo consegnati al senso comune come il male per eccellenza di questo paese, come se a un certo punto migliaia di persone assetate di sangue abbiano iniziato a sparare’.

Segio ha spiegato di aver scritto il libro, ‘senza alcuna ansia giustificazionista, per raccontare come e’ iniziata la storia delle armi’. Secondo l’ex di Prima Linea e’ una ‘interpretazione volgare’ spiegare il fenomeno del terrorismo in chiave psicopatologica come hanno fatto alcuni commentatori. ‘Sono stato impietoso con me stesso nel riconoscere i nostri errori -ha concluso- ma se non si fanno i conti con quella cultura non si esce dal Novecento’.

(Tog/Gs/Adnkronos) 11-DIC-06 20:51

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SERGIO SEGIO, CONTESTUALIZZARE LOTTA ARMATA https://www.micciacorta.it/2015/09/sergio-segio-contestualizzare-lotta-armata/ https://www.micciacorta.it/2015/09/sergio-segio-contestualizzare-lotta-armata/#respond Mon, 28 Sep 2015 11:21:55 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=20457 Del libro di Sergio Segio, edito dalla Rizzoli, si e' parlato in un incontro alla Triennale al quale hanno preso parte il giornalista Gad Lerner, il sociologo Aldo Bonomi e l'ex sottosegretario alla Giustizia, Franco Corleone

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(ANSA) – MILANO, 11 DIC – Non cerca giustificazioni o auto-assoluzioni, capisce che la sua posizione ‘puo’ sembrare molto urtante a tanti’, non nega le proprie responsabilita’, ma osserva che, quando si parla di terrorismo, ‘e’ necessario contestualizzare i fatti e usare molto equilibrio’. Lo ha detto, a Milano, l’ex terrorista, Sergio Segio, presentando il suo ultimo libro, ‘Una vita in Prima Linea’.

Del volume, edito dalla Rizzoli, si e’ parlato in un incontro alla Triennale al quale hanno preso parte il giornalista Gad Lerner, il sociologo Aldo Bonomi e l’ex sottosegretario alla Giustizia, Franco Corleone.

Segio, uno dei fondatori dell’organizzazione terroristica ‘Prima Linea’ a cui arrivo’ passando per Lotta Continua, in un lungo percorso che comprende anche 22 anni di carcere e’ giunto all’approdo della non-violenza ed e’ impegnato nel volontariato.

‘Ho scritto questo libro – ha detto – per una volonta’ di testimonianza anche rispetto al fatto che si parla troppo spesso solo delle Brigate Rosse. Ho ricevuto critiche da destra e da sinistra, ma soprattutto ho rilevato una volonta’ di ridurre al silenzio, in modo anche ‘violento’, chiunque abbia preso parte attiva al periodo della lotta armata’. ‘Comprendo perfettamente – ha aggiunto – che se lo dico io, posso urtare, ma credo sia importante osservare che la logica delle armi nacque in un contesto fra piazza Fontana e il golpe di Pinochet e non si puo’ ridurlo a un fenomeno psicopatologico’. (ANSA).

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Milano. Grandi movimenti vs grandi opere https://www.micciacorta.it/2015/05/lantidoto-alla-violenza-sono-parole-di-verita-e-politiche-conseguenti/ https://www.micciacorta.it/2015/05/lantidoto-alla-violenza-sono-parole-di-verita-e-politiche-conseguenti/#respond Sat, 02 May 2015 08:20:47 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=19524 Un popolo variopinto non si è lasciato spaventare o mettere nell’angolo dai prevaricatori e dal fantasma della polizia scatenata come nel G8

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I commenti del giorno dopo erano del tutto prevedibili: le ragioni della critica all'Expo sono state spazzate via dal tavolo, soffocate dal coro unanime delle condanne delle violenze. Un coro a cui sembra sfuggire il senso delle proporzioni, laddove sceglie di titolo di “ Milano messa a ferro e fuoco”. Diversamente, devastazioni e incidenti hanno riguardato, per fortuna, solo poche vie, comportando qualche vetrina rotta e qualche macchina distrutta. Fatto comunque sicuramente grave, specie per un movimento che critica la logica delle Grandi opere anche in nome della bellezza e della difesa dalla deturpazione del territorio e delle città che affarismo, cementificazione e mafie perseguono con grande cinismo e, ahimè, grande efficacia. Il dato positivamente anomalo degli scontri di Milano è, però, quello che nessuno si è fatto male; i danni, infatti, sono stati solo alle cose. Il che dimostra due cose: 1) che polizia, guardia di finanza e carabinieri, presenti in forze, avevano ricevuto istruzioni di limitare i danni e di evitare la degenerazione dell’intero corteo; 2) che è sempre la politica, e a seguire i vertici delle polizie, a decidere caratteristiche e limiti dell’ordine pubblico. Il massacro indiscriminato e le torture di Genova 2001, insomma, furono una indicazione venuta dal governo dell’epoca: con ministri in visita a Bolzaneto mentre erano in corso le torture sugli arrestati e vicepresidenti del Consiglio presenti nella sala operativa della questura, mentre la situazione degenerava a causa della (in)gestione della piazza da parte delle “forze dell’ordine” e dei violenti attacchi a freddo contro i manifestanti pacifici, vale a dire la gran parte del corteo genovese. Del resto, in seguito un altro ministro, poi inciampato in un appartamento al Colosseo, ammise che in quell’occasione diede alla polizia licenza di sparare. Per una – non frequente – volta, dunque, la polizia ha agito in piazza senza pericolosi eccessi di reazione. Qualcuno provi a spiegarlo al segretario della Lega che anche in quest’occasione, invece, cerca di buttare benzina sul fuoco, con una logica simmetrica a quella degli incappucciati promotori delle violenze. Violenze altrettanto prevedibili e previste: tanto tuonò che piovve. Eppure un dato straordinario del Mayday di Milano risulta totalmente assente nella riflessione e nelle cronache: nonostante gli allarmismi e l’effettivo rischio, almeno ventimila persone sono scese per strada a manifestare. Un popolo variopinto che non si è lasciato spaventare o mettere nell’angolo dai prevaricatori e dal fantasma della polizia scatenata come nel G8. Decine di migliaia di persone che, da anni, si oppongono con determinazione al “sistema” Incalza e ai tanti suoi derivati e predecessori, all’immane esproprio di risorse pubbliche e alla devastazione (questa sì enorme e irrimediabile) di interi territori a beneficio di corrotti, corruttori, mafie e multinazionali, ovvero di quanti perseguono la logica del massimo, e personale, profitto, a tutto discapito dell’interesse e bene pubblico nonché dei diritti delle future generazioni. Il dato politico è, dovrebbe, essere quello degli i ventimila che non si sono fatti zittire o costringere a stare a casa. E perciò si capiscono bene l’enfasi e l’obiettiva esagerazione dei commenti del giorno dopo. Al di là della buonafede di qualcuno, si tratta di una cortina fumogena utile a continuare a fare affari o comunque a non mettere in discussione l’attuale modello di sviluppo, fallimentare e distruttivo: quello della crescita infinita, della cementificazione selvaggia, della finanziarizzazione dell’economia, della civiltà dello spreco che convive con la penuria alimentare grazie al trionfo delle diseguaglianze, a livello globale così come locale. Non è allora un caso se la politica è complice o incapace di capire o, peggio, indifferente e se le parole meno grigie sono arrivate da papa Francesco. Se alle nuove generazioni, così come ai milioni di famiglie ferite dalla crisi, si sa offrire solo precariato, o, peggio, lavoro gratuito, conditi con la retorica e le sfilate dei vip festanti non ci si dovrebbe stupire che crescano rabbia e violenza. Diseguaglianze, retorica e menzogne possono produrre mostri. L’antidoto non sono le frasi vuote e scontate di condanna, sono le parole di verità. A cui necessariamente far seguire politiche di giustizia. Parole che in questi giorni si sono udite poco, e mai dai palchi, semmai dalle strade. Sono venute non dalla voce roboante e onnipresente della politica e dei commentatori mainstream ma dalla cultura, la cui voce è sempre più flebile e isolata e però sempre più preziosa. Parole come quelle di Ermanno Olmi, a proposito di Expo e del suo tema: «Coloro che fanno del cibo solo uno strumento di guadagno, vanno indicati come responsabili di una piaga che va oltre l’ingiustizia sociale. Quali che siano le loro intenzioni, l’iniqua distribuzione delle risorse contribuisce a fare della nostra epoca il tempo dell’odio e dell’indifferenza». E ancora: «Per dare un’anima all’Expo di Milano, oggi, all’inaugurazione ufficiale, bisognerebbe far sedere in prima fila i profughi dalla Siria e dall’Eritrea. Basterebbe andare a recuperarli nell’atrio della Stazione Centrale, dove si sdraiano esausti dopo essere sfuggiti alla morte nel Mediterraneo». In prima fila, invece, abbiamo visto rappresentanti di caste e di società per azioni ripetere parole stanche e prevedibili, proprio come le violenze accadute. A nessuno di loro è venuto in mente di far propria la semplice e simbolica proposta di Gad Lerner: «Dedichiamo il Primo maggio 2015 a Klodian Elezi, 21 anni, nato in Albania, morto cadendo da un ponteggio mentre lavorava a un'opera per Expo». Klodian Elezi . Un nome, invece, mai nominato. Avrebbe potuto guastare la festa, assai più delle auto bruciate.

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