giuristi democratici – Micciacorta https://www.micciacorta.it Sito dedicato a chi aveva vent'anni nel '77. E che ora ne ha diciotto Sat, 28 Apr 2018 07:34:38 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 La Cassazione smentisce il teorema torinese sui NoTav https://www.micciacorta.it/2018/04/la-cassazione-smentisce-teorema-torinese-sui-notav/ https://www.micciacorta.it/2018/04/la-cassazione-smentisce-teorema-torinese-sui-notav/#respond Sat, 28 Apr 2018 07:34:38 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=24430 In aule presidiate da forze di polizia come se fossero campi di battaglia, i dibattimenti di primo e di secondo grado si erano conclusi con pesanti condanne di gran parte degli imputati. Ora la Cassazione le sconfessa

L'articolo La Cassazione smentisce il teorema torinese sui NoTav sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>

La sentenza della Cassazione che ha annullato pressoché in toto le pesanti condanne inflitte dalla Corte di appello di Torino nel maxiprocesso per gli scontri in Valsusa nel 2011, è una smentita senza precedenti dei teoremi di Procura e giudici torinesi nei confronti dei No Tav. Non è certo la prima. Basta ricordare, per limitarsi ai casi più noti, la caduta rovinosa dell’imputazione di terrorismo nel processo per il danneggiamento di un compressore e l’annullamento di numerose misure cautelari. Ma questa volta la smentita è, se possibile, ancora più significativa. Per coglierne il senso conviene ripercorrere la vicenda. I fatti risalgono all’estate del 2011 e si verificano alla Maddalena di Chiomonte dove, all’esito di numerosi ripensamenti, si è deciso di cominciare lo scavo del tunnel geognostico propedeutico alla costruzione della linea ferroviaria Torino-Lione. Lì si organizza l’opposizione della Valle con un presidio di migliaia di persone che, il 27 giugno, vengono sgomberate, con inaudita violenza e con un uso massiccio di lacrimogeni, da reparti di varie polizie in assetto di guerra. Allo sgombero fa seguito, il 3 luglio, un imponente corteo di protesta all’esito del quale si verificano pesanti scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. Sei mesi dopo il gip di Torino emette 41 misure cautelari nei confronti di attivisti No Tav imputati di violenza pluriaggravata a pubblico ufficiale e di lesioni. La lettura del provvedimento dimostra un inedito salto di qualità dell’intervento giudiziario che, da mezzo di accertamento e di perseguimento di responsabilità individuali, si trasforma sempre più in strumento di tutela dell’ordine pubblico. Le misure cautelari, pur facoltative, vengono emesse per reati che consentono, con il bilanciamento di aggravanti e attenuanti, la sospensione condizionale della pena e vengono giustificate tra l’altro, con la singolare considerazione che «i lavori per la costruzione della linea ferroviaria Torino-Lione proseguiranno almeno altri due anni; pertanto, non avrà fine, a breve termine, il contesto in cui gli episodi violenti sono maturati». La motivazione si concentra, più che sulle condotte individuali, su una ritenuta responsabilità collettiva sino all’affermazione che «è superflua l’individuazione dell’oggetto specifico che ha raggiunto ogni singolo appartenente alle forze dell’ordine rimasto ferito, come lo è l’individuazione del manifestante che l’ha lanciato, atteso che tutti i partecipanti agli scontri devono rispondere di tutti i reati (preventivati o anche solo prevedibili) commessi in quel frangente, nel luogo dove si trovavano». La pericolosità degli imputati viene desunta essenzialmente da rapporti di polizia e, per uno di essi, addirittura dal fatto che «nel 1970 è contiguo ai movimenti della sinistra extraparlamentare «Lotta Continua» e «Potere operaio» e partecipa a una manifestazione non preavvisata» (sic!). Il seguito è coerente, all’insegna di quello che è stato definito il «diritto penale del nemico». Il procuratore della Repubblica interviene di continuo sulla stampa affermando in modo tranchant che «a operare sono squadre organizzate secondo schemi paramilitari affluite nella Valle da varie città italiane ed europee per sperimentare metodi di lotta incompatibili con il sistema democratico». I vertici degli uffici giudiziari torinesi non consentono lo svolgimento a palazzo di giustizia di un convegno sul tema organizzato dai Giuristi democratici. Il processo è sostenuto in modo acritico da un’alleanza di ferro tra fautori dell’opera, Partito democratico e media locali e nazionali. Interviene persino il presidente della Repubblica che «rinnova l’apprezzamento per come magistratura e forze dell’ordine stanno operando in quella tormentata area della Valsusa»). In questo clima, e in aule presidiate da forze di polizia come se fossero campi di battaglia, si svolgono i dibattimenti di primo e di secondo grado che si concludono con pesanti condanne di gran parte degli imputati. Ebbene, oggi, sei anni dopo l’inizio del processo, la Cassazione riconosce l’inconsistenza e la forzatura di questa operazione. Certo, occorre aspettare le motivazioni. Ma, intanto, alcune cose sono chiare già dal dispositivo: che le motivazioni delle condanne non sono congrue (tanto da imporre un nuovo processo per quasi tutte le posizioni), che alcuni dei reati contestati semplicemente non esistono (tanto da determinare l’annullamento della sentenza sul punto), che la sostituzione della responsabilità individuale con una inedita responsabilità collettiva a titolo di concorso non può avere cittadinanza nel nostro sistema, che alcune delle pene inflitte sono eccessive. È quanto basta per dire che è necessaria una completa rilettura della vicenda. FONTE: Livio Pepino, IL MANIFESTO

L'articolo La Cassazione smentisce il teorema torinese sui NoTav sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2018/04/la-cassazione-smentisce-teorema-torinese-sui-notav/feed/ 0
Un appello di giuristi democratici per Di Vetta e Fagiano sorvegliati speciali https://www.micciacorta.it/2017/02/22936/ https://www.micciacorta.it/2017/02/22936/#respond Wed, 01 Feb 2017 08:46:52 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=22936 Appello. Giuristi democratici contro le misure di prevenzione e controllo in corso di decisione da parte del Tribunale di Roma

L'articolo Un appello di giuristi democratici per Di Vetta e Fagiano sorvegliati speciali sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>

Presto la Corte d’appello di Roma, sezione applicazione misure di prevenzione per la sicurezza e la pubblica moralità, sarà chiamata a decidere sui ricorsi presentati da due esponenti dei movimenti di lotta per il diritto all’abitare, Paolo Di Vetta e Luca Fagiano, colpiti da decreti che dispongono nei loro confronti la misura della sorveglianza speciale: provvedimenti fortemente limitativi della libertà personale (con sacrificio dei diritti di riunione ed espressione e manifestazione del pensiero) e di movimento (con la sospensione della patente di guida). L’utilizzo di questo tipo di armamentario, costruito fondamentalmente per il contrasto e la repressione del fenomeno mafioso e utilizzato invece per comprimere e di fatto negare diritti fondamentali del vivere civile e sociale, è senza dubbio alcuno preoccupante. Al di là dei rischi di incostituzionalità dell’intero sistema delle misure di prevenzione per contrasto con i principi della riserva di legge, della tassatività, della non colpevolezza e dell’eguaglianza, pare di cogliere una concezione del diritto della prevenzione come diritto punitivo del sospetto, con l’elusione delle garanzie sostanziali e processuali. Quando al centro della valutazione giudiziaria si fa rientrare la presunta personalità «antagonista» dei proposti e dalla loro militanza politica si fanno discendere i comportamenti di rilevanza penale, la valutazione di stampo preventivo assume particolare delicatezza: in discussione rientrano allora non solo la presunta capacità di mettere a repentaglio la sicurezza pubblica ma, soprattutto, i principi costituzionalmente tutelati della libertà di esprimere le proprie opinioni e di associarsi insieme ad altri per sostenerle. Il rischio di una torsione delle misure preventive e di un loro —improprio— utilizzo quali strumenti di controllo del dissenso e del conflitto sociale diviene così sempre più concreto. E laddove le misure preventive assumano un’indebita funzione surrogatoria della sanzione penale, divenendo la «stampella» di questa, ad essere messo in discussione è il rispetto del principio di legalità, ossia l’accertamento delle specifiche situazioni di pericolosità attraverso un rigoroso rispetto degli indici tassativamente previsti dal legislatore. Così facendo, si realizza esattamente una torsione delle misure preventive ed un loro utilizzo quale strumento di controllo del dissenso e del conflitto sociale. Ciò che, dal punto di vista amministrativo, potrebbe essere definito come un eccesso, ovvero uno sviamento di potere. Attribuire perciò la qualifica di soggetti socialmente pericolosi a due lavoratori impegnati nel volontariato sociale in aiuto di persone svantaggiate, attivisti dei movimenti sociali e costanti interlocutori delle autorità politiche ed amministrative locali a ogni livello, protagonisti del percorso istituzionale di approvazione della recente delibera della Giunta della Regione Lazio che riconosce il diritto a coloro che abitano «immobili pubblici o privati impropriamente adibiti ad abitazione» (così le delibera 110/2016 Giunta Regione Lazio e 50/2016 del Commissario comunale Tronca) all’assegnazione di una quota di alloggi di edilizia popolare, risulta un’evidente forzatura. Non riteniamo che si possa chiedere ai Tribunali di giudicare una dinamica sociale. Tanto più quando le denunce giungano in ragione del fatto di essere persone note e riconoscibili, per aver sempre agito una politica pubblica, per essere stati i referenti nei rapporti con le istituzioni. Ritenere oggi pericolosi socialmente Di Vetta e Fagiano perché, come espresso nelle richieste, hanno partecipato a manifestazioni anche sfociate in disordini non è accettabile. A meno che non si intenda far rispondere personalmente gli stessi di ogni comportamento di ogni singolo manifestante, o peggio, ricondurre a loro di tutte le dinamiche che si determinano in momenti di piazza.

Primi/e firmatari/e

Luigi Ferrajoli, Livio Pepino, Cesare Antetomaso, Giuseppe Mosconi,Franco Russo, Irene Di Noto, Luigi Manconi, Giorgio Cremaschi, Roberto Lamacchia, Emiddia Papi, Giovanni Russo Spena, Tina Stumpo, Carlo Guglielmi, Paola Palmieri, Pietro Adami, Daniele Nalbone, Antonello Ciervo, Italo Di Sabato, Margherita D’Andrea, Giovanni Michelon, Leonardo Arnau.

Per adesioni:

giur.dem.roma@gmail.com SEGUI SUL MANIFESTO

L'articolo Un appello di giuristi democratici per Di Vetta e Fagiano sorvegliati speciali sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2017/02/22936/feed/ 0
Contro le misure di prevenzione come strumenti di controllo del dissenso https://www.micciacorta.it/2017/01/le-misure-prevenzione-strumenti-controllo-del-dissenso/ https://www.micciacorta.it/2017/01/le-misure-prevenzione-strumenti-controllo-del-dissenso/#respond Wed, 18 Jan 2017 08:36:09 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=22882 A febbraio la Corte d'appello di Roma sarà chiamata a decidere sui ricorsi presentati da due esponenti dei movimenti di lotta per il diritto all'abitare, Paolo Di Vetta e Luca Fagiano

L'articolo Contro le misure di prevenzione come strumenti di controllo del dissenso sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>

Movimenti. L'appello dei giuristi democratici. A febbraio la Corte d'appello di Roma sarà chiamata a decidere sui ricorsi presentati da due esponenti dei movimenti di lotta per il diritto all'abitare, Paolo Di Vetta e Luca Fagiano, colpiti da decreti che dispongono nei loro confronti la misura della sorveglianza speciale: provvedimenti fortemente limitativi della libertà personale con sacrificio dei diritti di riunione ed espressione e manifestazione del pensiero e di movimento Nel prossimo mese di febbraio la Corte d’appello di Roma, sezione applicazione misure di prevenzione per la sicurezza e la pubblica moralità, sarà chiamata a decidere sui ricorsi presentati da due esponenti dei movimenti di lotta per il diritto all’abitare, Paolo Di Vetta e Luca Fagiano, colpiti da decreti che dispongono nei loro confronti la misura della sorveglianza speciale: provvedimenti fortemente limitativi della libertà personale (con sacrificio dei diritti di riunione ed espressione e manifestazione del pensiero) e di movimento (con la sospensione della patente di guida). Nel recente passato, amministratori pubblici locali così come politici nazionali, proprio a seguito di incontri con tali attivisti hanno più volte espressamente dichiarato che il grave problema dell’emergenza abitativa non può essere ridotto a una questione di ordine pubblico. Ciononostante, nel corso dell’ultimo anno si è registrato, da parte della Questura di Roma, un inusitato e reiterato ricorso alle misure di prevenzione nei confronti di attivisti delle realtà associative per il diritto alla casa, dall’avviso orale fino alla proposizione, in ben sette casi, della sorveglianza speciale. L’utilizzo di questo tipo di armamentario, costruito fondamentalmente per il contrasto e la repressione del fenomeno mafioso e utilizzato invece nella specie al fine di comprimere e di fatto negare diritti fondamentali del vivere civile e sociale, è senza dubbio alcuno preoccupante. Al di là dei rischi immanenti di incostituzionalità – da tempo denunciati dalla gran parte della dottrina – dell’intero sistema delle misure di prevenzione per contrasto con i principi della riserva di legge, della tassatività, della non colpevolezza e dell’eguaglianza, pare di cogliere una concezione del diritto della prevenzione come diritto punitivo del sospetto, con l’elusione delle garanzie sostanziali e processuali. Quando al centro della valutazione giudiziaria si fa rientrare la presunta personalità “antagonista” dei proposti e dalla loro militanza politica si farebbero discendere i comportamenti di rilevanza penale, la valutazione di stampo preventivo assume particolare delicatezza: in discussione rientrano allora non solo la presunta capacità di mettere a repentaglio la sicurezza pubblica ma, soprattutto, i principi costituzionalmente tutelati della libertà di esprimere le proprie opinioni e di associarsi insieme ad altri per sostenerle. Il rischio di una torsione delle misure preventive e di un loro – improprio – utilizzo quali strumenti di controllo del dissenso e del conflitto sociale si fa così sempre più concreto. E laddove le misure preventive assumano una indebita funzione surrogatoria della sanzione penale, divenendo la “stampella” di questa, ad essere messo in discussione è il rispetto del principio di legalità, ossia l’accertamento delle specifiche situazioni di pericolosità attraverso un rigoroso rispetto degli indici tassativamente previsti dal legislatore. In mancanza di accertamento giudiziale delle condotte lamentate, in buona sostanza, si finisce per ricorrere alle misure di prevenzione proprio per aggirare le garanzie sostanziali e processuali, connesse all’accertamento dei reati, in tutti i casi nei quali, in mancanza del raggiungimento della prova certa della colpevolezza, ci si deve accontentare di sanzionare (meno gravemente) il dubbio. Così facendo, si realizza esattamente una torsione delle misure preventive ed un loro utilizzo quale strumento di controllo del dissenso e del conflitto sociale. Ciò che, dal punto di vista amministrativo, potrebbe essere definito come un eccesso, ovvero uno sviamento di potere. Torsione evidente ed allarmante quando, come nel caso di specie, certamente provata risulta la presenza dei due attivisti a tavoli ufficiali di dialogo con partiti politici nazionali, istituzioni politiche comunali, provinciali, regionali, nonché con i vari Prefetti di Roma che si sono avvicendati nel tempo, mentre oggettivamente inconsistente la presenza degli stessi in mobilitazioni a cui sono seguiti disordini (come ad esempio la manifestazione “No Expo”) tenutesi lontano da Roma. Attribuire perciò la qualifica di soggetti socialmente pericolosi a due lavoratori impegnati nel volontariato sociale in aiuto di persone svantaggiate, attivisti dei movimenti sociali e costanti interlocutori politici delle autorità politiche ed amministrative locali ad ogni livello, protagonisti del percorso istituzionale di approvazione della recente delibera della Giunta della Regione Lazio che riconosce il diritto a coloro che abitano “immobili pubblici o privati impropriamente adibiti ad abitazione” (così le delibera 110/2016 Giunta Regione Lazio —approvata all’unanimità— e 50/2016 del Commissario comunale Tronca) all’assegnazione di una quota di alloggi di edilizia popolare, risulta un’evidente forzatura. Non riteniamo che si possa chiedere ai Tribunali di giudicare una dinamica sociale. Tanto più quando le denunce giungano in ragione del fatto di essere persone note e riconoscibili, per aver sempre agito una politica pubblica, per essere stati i referenti nei rapporti con le istituzioni. Ritenere oggi pericolose socialmente due persone perché, come espresso nelle richieste, hanno partecipato a manifestazioni anche sfociate in disordini non è accettabile. A meno che non si intenda far rispondere personalmente gli stessi di ogni comportamento di ogni singolo manifestante, o peggio, ricondurre a loro di tutte le dinamiche che si determinano in momenti di piazza. Laddove i “precedenti di polizia” addotti a sostegno delle misure richieste, pur quantitativamente non scarsi, siano qualitativamente inconsistenti (o addirittura riguardino persona incensurata) e difettino del necessario requisito dell’attualità, deve valere l’importante principio del nostro stato di diritto chiaramente espresso nella sentenza n. 177/80 della Corte costituzionale: “Il materiale probatorio ritenuto inidoneo o insufficiente per affermare la responsabilità penale in ordine a talune fattispecie di reato non può essere diversamente valutato quando si tratti di accertare, per l’applicazione di misure di prevenzione, la sussistenza del medesimo atto di preparazione”. *** Hanno aderito allo stato attuale: Luigi Ferrajoli, Professore emerito di Filosofia del diritto; Livio Pepino, già Sostituto Procuratore presso la Corte di Cassazione; Antonello Ciervo, Avvocato, Ricercatore di Diritto Pubblico Università di Perugia; Daniele Nalbone, giornalista; Franco Russo, Associazione Forum Diritti/Lavoro. SEGUI SUL MANIFESTO

L'articolo Contro le misure di prevenzione come strumenti di controllo del dissenso sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2017/01/le-misure-prevenzione-strumenti-controllo-del-dissenso/feed/ 0