Linke – Micciacorta https://www.micciacorta.it Sito dedicato a chi aveva vent'anni nel '77. E che ora ne ha diciotto Tue, 15 Aug 2017 06:47:02 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 G20 di Amburgo, ancora in cella i 5 italiani fermati. Polizia smentita dalla stampa https://www.micciacorta.it/2017/08/23635/ https://www.micciacorta.it/2017/08/23635/#respond Tue, 15 Aug 2017 06:47:02 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=23635 Amburgo. Nessun «attacco massiccio con bottiglie» come affermato dal vice capo della polizia

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Quattro in cella nel Justizvollzugsanstalt Billwerder di Amburgo, mentre il neo-maggiorenne è detenuto a Jork nella Bassa Sassonia. Sono i giovani italiani arrestati il 7 luglio durante le manifestazioni contro il G-20: Alessandro Rapisarda e Orazio Sciuto, 25 e 32 anni, del centro sociale Liotru di Catania, i siciliani Riccardo Lupano e Emiliano Puleo, il giovanissimo bellunese Fabio Vettorel. Per la 23enne Maria Rocco di Cesiomaggiore (Belluno) le porte del carcere di Amburgo si sono riaperte l’11 agosto. I cronisti del magazine tv Panorama e della Sueddeutsche Zeitung hanno verificato il video della polizia che contrasta con i verbali ufficiali a disposizione della magistratura. «Due bengala lanciati verso la piazza e uno sulla strada troppo lontano dagli agenti per configurasi come tentativo di assalto». E ancora: «Quello che non si vede è un singolo lancio di pietre o una sola bottiglia». Nel report del vice capo della polizia federale, invece, si legge di un «attacco massiccio e mirato con bottiglie, petardi e bengala». Così Martin Dolzer, portavoce del Dipartimento Giustizia della Linke di Amburgo, continua ad insistere per la liberazione dei cinque italiani, gli unici ancora detenuti fra i 59 indagati per violazione dell’ordine pubblico: «L’impressione è che la magistratura soddisfi le esigenze del ministro dell’interno De Maiziere (Cdu) e del sindaco di Amburgo Scholz (Spd) a dure condanne, senza la presunzione di innocenza». La senatrice Laura Puppato (Pd) ha invece sollecitato il governo Gentiloni ad agire in modo ufficiale nei confronti delle autorità tedesche: «I due ragazzi bellunesi erano a volto scoperto in un corteo autorizzato. L’arresto è scattato mentre proteggevano un’altra ragazza feritasi durante una carica di polizia. Nel caso di Vettorel dopo settimane di carcere preventivo non è stata formalizzata un’accusa». Racconta Jamila Baroni, madre di Fabio che si è trasferita ad Amburgo in modo da poter seguire da vicino la vicenda giudiziaria: «Ha potuto effettuare una telefonata solo dopo 35 giorni di carcere. Gli è vietato scrivere o ricevere lettere. Sono riuscita a vederlo mercoledì scorso: sta bene fisicamente, tuttavia è nervoso e molto provato nel morale perché non si spiega il motivo della sua detenzione». Nella casa di reclusione, Fabio ha scontato un regime davvero speciale: «Tutte le visite autorizzate dal tribunale, ma in presenza della polizia con un interprete. Tutta la posta in uscita e in entrata acquisita dalla procura, tradotta e controllata. Tutti i pacchi sottoposti agli stessi controlli». E paradossalmente, nonostante qualsiasi modulo sia solo in tedesco e gli agenti penitenziari non comunichino in inglese, Jamila Baroni ha «scoperto» solo il 5 agosto l’impiegata responsabile dei detenuti stranieri che parla italiano. E dal fascicolo della magistratura tedesca affiorano «suggestioni» tutt’altro che in sintonia con la procedura penale. Si parla di «aiuto psicologico» ai comportamenti violenti e il giudice capo della prima sezione penale, Marc Tully, descrive Fabio Vettorel come ispirato da «violenza profonda», con «tendenze criminali» frutto di «carenze educative». Di ben altro tenore, la presa di posizione di Christiane Schneider, vice-presidente del Parlamento di Amburgo: «Se la rappresentazione di Panorama e Sueddeutsche Zeitung è corretta, allora abbiamo a che fare non solo con una presunta azione di polizia sproporzionata, ma anche con una falsa dichiarazione davanti alla commissione interna. Allora è tanto più forte la richiesta di una commissione parlamentare d’inchiesta». FONTE: Sebastiano Canetta, Ernesto Milanesi, IL MANIFESTO

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Effetto Corbyn, Sanders e Sánchez: le due sinistre in competizione https://www.micciacorta.it/2017/06/effetto-corbyn-le-due-sinistre-competizione/ https://www.micciacorta.it/2017/06/effetto-corbyn-le-due-sinistre-competizione/#respond Fri, 30 Jun 2017 07:12:40 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=23471 L’indubbio stato comatoso del socialismo europeo merita attenzione, non fosse altro perché fa problema per tutte le componenti della sinistra

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Vanno di moda i riferimenti entusiastici a Jeremy Corbyn, Bernie Sanders e Pedro Sánchez. Del primo si apprezzano il risultato elettorale e le correzioni sostanziose al blairismo del Labour Party. Il secondo avrebbe potuto fermare Donald Trump grazie al voto dei giovani e all’estraneità alle potenti lobbies che erano l’ombra di Hillary Clinton. Il terzo ha resuscitato socialisti spagnoli, vincendo il congresso del Psoe dopo il drammatico voto in Parlamento che aveva dato via libera al governo di destra di Mariano Rajoy. Sono tre casi esemplari di tre leader che hanno riaperto una dialettica a sinistra. Ma non bisogna fermarsi alla superficie. Quali sono i rapporti possibili tra le nuove sinistre europee – Podemos, Linke, Tsipras, ecc. – e le sinistre dei partiti storici? L’indubbio stato comatoso del socialismo europeo merita attenzione, non fosse altro perché fa problema per tutte le componenti della sinistra. Sarebbe però un errore puntare solo sulle virtù delle nuove sinistre dando per spacciate e inutilizzabili le vecchie. Nel Labour, ad esempio, c’è sempre stata la sinistra di Tony Benn che oggi è quella di Corbyn. Negli altri partiti il confronto è aperto, con spostamenti a sinistra. Il socialismo europeo inoltre resiste al governo a Stoccolma e Lisbona, è in ripresa a Londra, è sotto la tenda a ossigeno in Germania ingabbiato nel governo di unità nazionale che si può riprodurre anche dopo le elezioni di novembre, si è dissolto in Francia con l’avvento del ciclone Macron, in Spagna si dibatte tra le convulsioni del Psoe. Se non si vuole rispolverare la teoria del «socialfascismo» di staliniana memoria, occorre indagare sulle ragioni di queste difficoltà. La prolungata crisi economica ha reso impotenti le tradizionali bandiere socialdemocratiche di piena occupazione e redistribuzione dei redditi. Il crollo del «socialismo reale» non è valso come antidoto, i riferimenti ai lavoratori salariati sono andati in frantumi lasciando posto a precarietà e mutabilità della condizione di lavoro, si è paralizzato il progetto di unità europea. Non c’è stato infine un ripensamento sulle identità e i valori possibili di un moderno socialismo nell’era del digitale. Il blairismo neoliberista come risposta si è rivelato un bluff. Il liberismo dominante dagli anni Ottanta (Reagan, Thatcher) ha piegato il proprio antagonista, facendogli introiettare molte delle sue ragioni (Blair, Schroeder). In Italia ad aggravare il quadro ci pensa poi l’anomalo Pd a gestione di Matteo Renzi. Mancano leader della statura di Willy Brandt, Olof Palme, Bruno Kreisky, François Mitterrand. Eppure – come per i casi di Corbyn, Sanders, Sánchez e potremmo aggiungere Martin Schulz – non ci sono solo macerie (ed è forse un errore semplificatorio perfino pensare, come ha fatto Tomaso Montanari introducendo l’assemblea del Brancaccio, che tutto «il Pd è ormai un pezzo di destra, una destra non sempre moderata»). Resta inoltre convincente la distinzione della tradizione socialdemocratica tra mercato e capitalismo: il primo esiste da tempo immemore, il secondo ha assunto forme specifiche – modi di produzione e distribuzione – nel corso di vari periodi storici. Dalle esperienze più avanzate della socialdemocrazia (Svezia, Danimarca, Germania) ci viene consegnato il tema della mediazione tra Stato e mercato, oltre quello – sempre da aggiornare – di come si possano perseguire politiche keynesiane di ridistribuzione del reddito e di tendenziale nuova occupazione. Il welfare è dunque la conquista sociale più avanzata del secolo scorso, mentre del «socialismo reale» sono rimaste ceneri. Fa discutere ancora l’ammonimento di Olof Palme in polemica con Mosca: «La pecora del capitalismo va continuamente tosata. Bisogna fare però attenzione a non ammazzarla». Nuove e vecchie sinistre sono destinate a gareggiare e a convivere in un rapporto di distinzione organizzativa e di competizione politica. Senza le une e senza le altre (o peggio, con le une contro le altre) il tema del «governo» resterà una chimera. In Germania – Spd, Linke, Verdi – e in Spagna – Podemos, Psoe – ci sono già maggioranze potenziali. Non nell’immediato, ma le uniche di sinistra di un domani possibile. FONTE: Aldo Garzia, IL MANIFESTO

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«Le lotte fanno l’Europa», due giorni dei movimenti a Bologna https://www.micciacorta.it/2017/02/23026/ https://www.micciacorta.it/2017/02/23026/#respond Fri, 24 Feb 2017 08:02:29 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=23026 Movimenti. Meeting transnazionale verso il G20 di Amburgo

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Dalla «crisi esistenziale» europea al nuovo «disordine mondiale»: è tra queste due polarità che oscillerà la discussione del Meeting transnazionale, che si svolgerà a Bologna da stasera a tutto sabato. L’iniziativa è di Leila network, la rete che connette centri sociali ed esperienze autorganizzate e associative dell’Emilia-Romagna: Tpo e Labás di Bologna, Casa Madiba di Rimini e LabAq16 e Casa Bettola di Reggio. Il titolo è accattivante: Struggles Make Europe – «le lotte fanno l’Europa» – a ricordare con ironia per i più anziani la sigla del padre dell’Euro, quel Sistema Monetario Europeo che costituì una tappa fondante il processo d’integrazione «dall’alto» del continente. La sfida è alta: provare a reintrodurre in un contesto italiano che, come altrove, ha visto nell’ultimo anno un effetto di «ri-nazionalizzazione» dei discorsi e delle pratiche politiche, quella necessaria discussione capace di volgere lo sguardo a che cosa accade al di là (e a cavallo) dei confini. Imminenti appuntamenti internazionali, del resto, la sollecitano: il prossimo 25 marzo il summit del Consiglio europeo, che a Roma celebrerà i 60 anni dei Trattati istitutivi la Comunità (allora) del Carbone e dell’Acciaio, ma discuterà anche e soprattutto di gestione del regime di controllo delle frontiere; tra la primavera e l’estate, gli incontri tematici e generali dei cosiddetti Sette Grandi, ospitati dall’Italia quale presidente di turno; e soprattutto il 6 e 7 luglio ad Amburgo il vertice del G20. Lo stato presente delle cose, continentale e planetario, farà sì che, dal punto di vista di chi guida i governi dei Paesi membri, questi summit rappresentino, ben al di là dell’autocelebrazione rituale del potere politico, altrettanti momenti per ridefinire e assestare nuovi equilibri globali, dopo l’irruzione sulla scena di Trump (per la prima volta sul suolo europeo) e alla luce delle trasformazioni, economiche e sociali, prima ancora che geopolitiche, che sono intervenute negli anni della «grande crisi». Allo stesso tempo – affermano i promotori – la situazione impone una ripresa della capacità di mobilitarsi su scala transnazionale: le lotte contro l’austerity (oggi divenuta «norma») e contro la precarizzazione del lavoro (estensione e radicalità del movimento francese contro la Loi Travail insegnano), quelle ambientali contro i cambiamenti climatici, quelle di migranti e solidali per il superamento delle frontiere e una degna accoglienza, quelle delle donne che si preparano allo «sciopero globale» dell’8 marzo, segnalano tutte le potenzialità di una spinta «dal basso» capace di contrastare sia il business as usual delle élite neoliberali, sia le orride pulsioni neo-sovraniste di ogni colore. Anche perché il risultato è altrimenti lo stesso: «potere e ricchezza per pochissimi, miseria, oppressione, guerra per i molti». Il ricco programma del meeting (si inizia stasera alle 17 negli spazi universitari di via Zamboni, 38 e si prosegue domani al Tpo di via Casarini, 17/4 – programma completo su www.leila.network – cui parteciperanno, tra gli altri, Loukia Kotronaki del «City Plaza» di Atene, Katerina Anastasiou di Transform!, Sandro Mezzadra, Lorenzo Marsili di DiEM25, Linke, Ums Ganze, Allt åt Alla, ambientalisti di Ende Gelände, No Borders dai Balcani, offrirà un primo momento per come rilanciare un’ambizione costituente al rovesciamento delle tendenze in atto. SEGUI SUL MANIFESTO

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Sinistre europee. Il fronte anti-austerità si incontra a Berlino https://www.micciacorta.it/2016/12/fronte-anti-austerita-si-incontra-berlino/ https://www.micciacorta.it/2016/12/fronte-anti-austerita-si-incontra-berlino/#respond Sun, 18 Dec 2016 09:23:42 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=22809 Sinistra europea a congresso. Gregor Gysi eletto nuovo leader, europeista convinto e figura di peso della Linke

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Mettere radicalmente in discussione i trattati, e rifondare il progetto di integrazione europea oggi in crisi. È questo l’obbiettivo fondamentale che si propone il partito della Sinistra europea (Se), che oggi conclude il suo quinto congresso a Berlino, vera capitale politica dell’Unione europea (Ue). Le assise si svolgono nel pieno di un nuovo braccio di ferro che oppone il governo greco alle istituzioni comunitarie, obbedienti come sempre al volere del ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble: oggetto del contendere, l’aumento delle pensioni deciso da Atene. Una scelta che Alexis Tsipras – che per la Se fu candidato a presidente della Commissione Ue – ha orgogliosamente rivendicato dalla tribuna del congresso berlinese: «Siamo determinati a difendere i diritti del popolo greco, in particolare dei poveri, di chi percepisce salari bassi e dei disoccupati». La situazione, tuttavia, non è facile. I rapporti di forza continuano a essere sfavorevoli alle forze anti-austerità. E questo è il punto-chiave che torna in quasi tutti gli interventi degli esponenti dei 25 partiti nazionali che compongono la Se: come riuscire a contrastare sia l’egemonia delle forze neoliberali al governo quasi ovunque, sia i movimenti di estrema destra, da Alternative für Deutschland ad Alba Dorata. Esaurito il ciclo di ascesa delle sinistre nei Paesi periferici – Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda – il centro della scena è ora tutto per lo Stato-guida di questa Ue: la Germania. Il 2017 sarà l’anno delle elezioni politiche nella Repubblica federale, e per la prima volta dalla riunificazione l’opzione di una svolta progressista è in campo: Angela Merkel non è più invincibile, e i socialdemocratici prendono finalmente in considerazione l’alleanza con la Linke (e i Verdi). La fine del dominio di Merkel e Schäuble è la condizione – necessaria ma non certo sufficiente – dell’inversione di rotta. Non è un caso, quindi, che il congresso berlinese ieri abbia eletto nuovo leader Gregor Gysi, che proprio della tedesca Linke è la figura di maggior peso. Subentra al francese Pierre Laurent, segrerario generale del Pcf, per 6 anni alla guida della Se. Il carismatico Gysi è fra i più europeisti dei dirigenti della sinistra tedesca: sono note le differenze con l’altra figura-chiave del suo partito, Sahra Wagenknecht, decisamente più scettica verso la possibilità di mantenere in vita l’euro e le attuali istituzioni politiche dell’Ue. E molto meno incline di Gysi ad alleanze con i socialdemocratici. Divergenze che si ritrovano, in realtà, fra tutte le organizzazioni raccolte sotto l’ombrello della Se, e che il nuovo numero uno avrà il non facile compito di far convivere. L’esperienza e la capacità per farlo di certo non gli mancano. Per l’Italia ha preso parte al congresso Rifondazione comunista, che, insieme a L’altra Europa con Tsipras, è l’unica forza politica italiana membro a tutti gli effetti del partito della Sinistra europea. E proprio un’esponente del Prc, Eleonora Forenza, è la deputata che il gruppo della Sinistra ha candidato alla presidenza del parlamento europeo. Per sostituire il dimissionario Martin Schulz (che passa alla politica nazionale) il prossimo 17 gennaio ci sarà una competizione tutta italiana: gli unici con chance di essere eletti sono il berlusconiano Antonio Tajani per i conservatori del Ppe e il democratico Gianni Pittella per i socialisti europei (Pse). Vincerà chi saprà aggiudicarsi i voti degli altri gruppi: ago della bilancia potrebbero risultare i liberali di Guy Verhofstadt, ma anche le forze di destra come lo Ukip di Nigel Farage e il Front National di Marine Le Pen. Ma c’è un’altra possibilità: un accordo stile «grande coalizione» che veda il Ppe aggiudicarsi la presidenza dell’Europarlamento «cedendo» al Pse quella del Consiglio europeo (il vertice dei capi di governo), carica attualmente ricoperta dal polacco Donald Tusk. SEGUI SUL MANIFESTO

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A Madrid sinistre e movimenti europei per il Piano B contro la «debitocrazia» https://www.micciacorta.it/2016/02/a-madrid-sinistre-e-movimenti-europei-per-il-piano-b-contro-la-debitocrazia/ https://www.micciacorta.it/2016/02/a-madrid-sinistre-e-movimenti-europei-per-il-piano-b-contro-la-debitocrazia/#comments Thu, 25 Feb 2016 08:28:59 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21403 Tre giorni di assemblea. A tutto campo in Europa contro l'austerità. Il giorno di mobilitazione comune sarà il 28 maggio, data simbolica della Comune di Parigi

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sinistra

La riapertura di una dimensione europea dei conflitti e dei movimenti: questo l’obiettivo della tre giorni di assemblea a Madrid (19–21 febbraio), Plan B, contro l’austerità per una Europa democratica. Rimettere in movimento la sinistra europea, partendo da una agenda condivisa di mobilitazione, con un esplicito richiamo all’esperienza dei Forum sociali europei che iniziò a Firenze nel 2002. Il documento conclusivo “chiama” anche una data di mobilitazione europea, il 28 maggio, data simbolica della Comune di Parigi. La tre giorni ha nominato le proprie «genealogie» e insieme condiviso un posizionamento radicato nel tempo presente, nel pieno di questa crisi-ristrutturazione capitalistica: la scelta dello spazio europeo come terreno del conflitto. L’idea di Europa, dunque, come oggetto di una lotta per l’egemonia: tra il neoliberismo che ha distrutto la vecchia Europa del welfare e la democrazia reale, il nuovo che può nascere dalla riapertura di un processo di politicizzazione di massa. Non si può parlare di una democratizzazione dell’Europa senza la costituzione di un demos in una lotta di liberazione dall’austerità e dalla governance dell’Ue neoliberista e dei suoi dispositivi. Né si può sovrapporre il nodo del potere e dei poteri – di cui i popoli europei sono progressivamente espropriati – con quello del governo, a maggior ragione nell’epoca della fine del compromesso tra capitalismo e democrazia determinata dal neoliberismo, carta costituzionale di questa Ue e dei suoi piloti automatici.Se l’Europa è oggi lo spazio in cui tradurre nel presente la «rivoluzione in Occidente», il nodo della costituzione di una forza politica europea che modifichi gli attuali rapporti di forza è ineludibile. Nodo spinoso per la sinistra europea, a partire dalla Grecia e dalla Spagna, e per la sinistra italiana, che ha già ampiamente sperimentato le conseguenze dell’essere sinistra di governo senza «il potere di cambiare». La proposta politica di Madrid mette al centro la lotta alla austerità e alla «debitocrazia» (Eric Toussant e Zoe Kostantopoulou tra gli interventi): l’audit sul debito sperimentato in Grecia dalla commissione parlamentare non solo non va interrotto ma va esteso almeno ai paesi del Sud.
In sintesi, il documento conclusivo ribadisce l’illegittimità del debito e la necessità della sua ristrutturazione; propone la disobbedienza ai trattati e il rifiuto di altri «sacrifici per l’euro».
Centrali la connessione con la mobilitazione contro i trattati di commercio (Ttip, Tisa, Ceta), come hanno ribadito John Hillary e Susan George, e la necessità della lotta alla xenofobia istituzionale della fortezza Europa. Finalmente in un incontro della sinistra europea la prospettiva femminista è stata fondativa (e non solo uno specifico), con una propria agenda e trasversale a tutti gli assi di lavoro: autodeterminazione e autogoverno, partire dai corpi e dalle città resilienti (presenti le esperienze di Barcellona in comune e Valencia) per disegnare un’altra Europa. A Madrid c’erano esponenti del Gue e della Sinistra Europea, (tra gli altr@, di Izquierda Unida, Podemos, Linke, l’Altra Europa), di realtà di movimento (da Blockupy ad Attac), rappresentanti di municipalità, ricercator@, attivist@. Tra i principali protagonisti anche Yanis Varoufakis, col suo progetto DiEm, lanciato a Berlino lo scorso 9 febbraio. Non c’era invece Melenchon anche se non sono mancati contributi alla discussione a partire dal manifesto parigino. A Madrid, dunque, si è aperto un percorso unitario dal basso, di convergenza e connessione di diversi percorsi attivi sullo scenario europeo, che intende territorializzarsi. Credo sia fondamentale costruire un percorso di continuità anche in Italia. Se la sinistra italiana non vuole rinchiudersi in un partito centrato sullo spazio nazionale e senza una prospettiva chiara sull’Europa, raccogliere la sfida aperta a Madrid è di fondamentale importanza. La costruzione di una soggettività dell’alternativa in Italia non può non assumere la prospettiva europea come fondativa e quindi l’alterità, la rottura con le forze che sostengono l’UE neoliberista, comprese il Pse e il Pd: una sfida questa alla base dell’esperienza dell’Altra Europa. Una sinistra politica e sociale che si ponga realmente il problema del cambiamento non può relegare il nodo della efficacia nel mantra della sinistra di governo, ma deve riattivare quel processo di politicizzazione di massa di cui lo spazio europeo – e in particolar modo quello italiano – ha un disperato bisogno. Unire e connettere le diverse forme del fare politica e del fare società oggi è una sfida che non ammette scorciatoie politiciste o fintamente innovative; ma il lavoro difficile di unire ciò che il neoliberismo ha diviso è l’unica alternativa all’Europa della barbarie neoliberista. Madrid chiama Roma, stay tuned. * Eleonora Forenza è parlamentare europea del gruppo GUE/NGL

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Referendum e comuni le occasioni dell’unità https://www.micciacorta.it/2016/01/referendum-e-comuni-le-occasioni-dellunita/ https://www.micciacorta.it/2016/01/referendum-e-comuni-le-occasioni-dellunita/#respond Sat, 16 Jan 2016 15:24:40 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21157 Il nuovo soggetto politico ha bisogno di un profilo politico e programmatico riconoscibile. Senza mettere l’ostacolo delle pregiudiziali

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Haring

Sinistra. È l’occasione per legare temi sociali e istituzionali, decisiva la raccolta di firme contro l’Italicum, il lavoro, la scuola e l’ambiente. La rottura intervenuta all’ormai famoso tavolo promosso da L’Altra Europa con Tsipras per un processo costituente di un soggetto politico della sinistra – avvenuta per ben distribuite e differenziate responsabilità – non può e non deve significare l’abbandono di quel progetto. Diversi sono gli appelli unitari che vengono dai territori in questi giorni che ne reclamano giustamente il perseguimento. Certamente quel tavolo non può essere rimesso in piedi così come era. Probabilmente la sua stessa ristretta composizione non ha aiutato. Logiche identitarie e conservative hanno prevalso. Né si può accettare il paradosso che l’allargamento della sua composizione a chi nel frattempo ha abbandonato il Pd sia stato di per sé fattore di crisi anziché di arricchimento. Il percorso si fa quindi più articolato, complesso e forse più lungo. Ma non va abbandonato. Tanto più che l’anno che comincia ci offre una occasione difficilmente ripetibile di fare rivivere alla politica una dimensione di massa. Mi riferisco in primo luogo alla stagione referendaria che sta per aprirsi, senza trascurare le elezioni amministrative in importanti città. Renzi scommette tutto sul referendum costituzionale. Ha posto una sorta di fiducia sul suo esito. Vuole ingaggiare il guru della campagna per l’elezione di Obama, per una campagna martellante e non solo televisiva. Battaglia soda, avrebbe detto il Machiavelli. Da un lato dimostra tutta la pochezza di questa classe dirigente. Mai i costituenti di un tempo avrebbero pensato di schiacciare sulla contingenza politica il tema della Costituzione che dovrebbe avere ben altro respiro. Dall’altro lato è vero che se dovesse perdere, neppure l’Italicum starebbe in piedi e crollerebbe l’intero impianto neoautoritario su cui Renzi fonda il suo governo e il suo potere. E questo Pd senza il governo non è nulla. Anche perché nella sua foga di distruggere i corpi intermedi della società, tra cui i sindacati e i partiti, Renzi ha in primo luogo macinato il proprio. Il referendum costituzionale è senza quorum, uno scontro diretto fra il No e il Sì senza l’ausilio dell’astensione.. Se lo si vuole vincere – e non è impossibile –bisogna mettere in campo tutta la passione, l’intelligenza e le forze di cui disponiamo e che dobbiamo accrescere e affinare nella campagna stessa. Non solo, ma è fondamentale legare i temi sociali con quelli istituzionali. Per questo sarà decisiva la raccolta delle firme nella primavera per l’abolizione dell’Italicum, delle cattive leggi sul lavoro, la scuola e l’ambiente che hanno caratterizzato il neoliberismo renziano. Non c’è nulla di automatico in questo, anzi ci vorrà molto pensiero e buona comunicazione: ma l’occasione per legare assieme battaglia politica e sociale, per fornire nuova linfa alla coalizione sociale e ad un necessario nuovo soggetto politico della sinistra è troppo ghiotta. L’idea che si possa fare a meno di una rappresentanza politica della sinistra bastando in sua vece l’autorappresentazione sociale è smentita dalla storia e anche dai recenti successi di una rinata sinistra in più punti d’Europa. Un contributo alle prove di una sinistra autonoma dal Pd e da un centrosinistra –morto nell’anima e di cui si vorrebbero fare sopravvivere solo le vuote spoglie – potrà venire anche dalle prossime elezioni amministrative. A condizione che si separi concettualmente prima ancora che fattualmente, la politica delle alleanze dalla logica del vincolo coalizionale. La prima è un classico sempre rideclinabile della politica del movimento operaio, a livello politico e sociale. Ma parte dalla condizione imprescindibile dell’autonomia politica e organizzativa del soggetto di sinistra. La seconda costituisce una prigione che condanna forze minori a essere satelliti attorno al pianeta Pd. E’ curioso che di fronte a una legge elettorale che conferisce il premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione, ci sia ancora chi indulge al tema delle primarie e della coalizione preventiva con il Pd. Tema che solleverei anche all’attenzione di Aldo Bonomi, pur nel rispetto delle specificità sociali e culturali del quadro milanese, che non mi sono ignote. In alcune città, ricordo per difetto Torino, Bologna, Roma, si stanno costruendo percorsi che dimostrano non solo la necessità, ma la possibilità di liste unitarie di sinistra alternative al Pd capaci di affrontare nella sua complessità la problematica del vivere urbano. Nel frattempo non vanno perdute occasioni di incontro unitario. Non è l’inizio del processo immaginato dal tavolo, ma l’appuntamento previsto per febbraio da Act può diventarne una tappa se si apre alla codecisione di temi, modalità e finalità. Se così non avverrà, sarà una sconfitta per tutti. Ma che caratteristiche deve avere questo nuovo soggetto politico della sinistra? In molti giustamente se lo domandano e tutti invocano innovazione. Più facile dire cosa non deve essere – viste le esperienze fallimentari in questo campo – cioè non un semplice soggetto elettorale, non una federazione di sigle, certamente non un partito “monolitico”. Alcuni si ispirano ai modelli esistenti — da Syriza a Podemos passando per la Linke, spingendosi fino alle formazioni latinoamericane — che però sono uno diverso dall’altro e ogni processo se è reale deve anche essere originale. Se pensiamo che si tratti di organizzare politicamente una parte della società, ora depredata delle sue rappresentanze e delle sue “casematte”, la parola partito non dovrebbe costituire uno scandalo per alcuno, pur non esaurendo l’opera di ricostruzione dei corpi intermedi, cioè delle vene della democrazia. Ma non nasce come Minerva dalla testa di Giove. Deve essere frutto di un processo costituente, immerso nel dibattito culturale e teorico – senza la costruzione di un profilo politico e programmatico riconoscibile non si va da nessuna parte — quanto nella più concreta lotta sociale e politica. Ma questo comporta che non si pongano pregiudiziali tanto all’inizio del processo – come lo scioglimento immediato delle forze esistenti, perdendosi così nel bicchiere d’acqua dei veti e delle pretese – quanto e soprattutto al suo esito che, per avere successo, dovrà andare ben oltre il quadro peraltro assai gracile e incerto che oggi ci offre la sinistra.

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Freital, Sassonia, esplode l’auto del capogruppo Linke https://www.micciacorta.it/2015/07/freital-sassonia-esplode-lauto-del-capogruppo-linke/ https://www.micciacorta.it/2015/07/freital-sassonia-esplode-lauto-del-capogruppo-linke/#respond Tue, 28 Jul 2015 08:21:39 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=20084 Germania. Nell’ex Ddr dove prosperano i neo nazisti contro i profughi

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Anche in Ger­ma­nia c’è una «emer­genza» col­le­gata all’arrivo di migranti. È quella del mol­ti­pli­carsi di feno­meni di intol­le­ranza e vio­lenza raz­zi­sta. Nel mirino rifu­giati e richie­denti asilo, ma anche gli atti­vi­sti che si mobi­li­tano in loro aiuto: come Michael Rich­ter, capo­gruppo della Linke nel con­si­glio comu­nale di Frei­tal, cit­ta­dina della Sas­so­nia, non lon­tano dal con­fine con la Repub­blica ceca. Un lembo di quella pro­vin­cia pro­fonda della ex Ddr dove i neo­na­zi­sti – varia­mente orga­niz­zati – si fanno sentire. E anche se le inda­gini di poli­zia non hanno dato ancora nes­sun responso uffi­ciale, in pochi dubi­tano che siano pro­prio mili­tanti di estrema destra i respon­sa­bili della grave inti­mi­da­zione subita da Rich­ter: nella notte fra dome­nica e lunedì la sua auto è stata fatta esplo­dere. Nes­sun danno a per­sone, per fortuna. Il signi­fi­cato dell’inquietante gesto è chia­ris­simo: l’esponente della Linke è da sem­pre impe­gnato nella locale sezione della ong Pro Asyl, che si batte per i diritti dei richie­denti asilo, e a Frei­tal è in corso un aspro scon­tro poli­tico attorno all’accoglienza di migranti. Pro­prio in quella cit­ta­dina sas­sone di 40 mila abi­tanti viva il fon­da­tore di Pegida, i «patrioti con­tro l’islamizzazione» scesi in piazza in migliaia nei mesi scorsi a Dresda. Nulla di nuovo, dun­que, ma ciò che pre­oc­cupa è l’escalation: il co-segretario della Linke Bernd Rie­xin­ger ha denun­ciato «una nuova ondata di ter­ro­ri­smo fasci­sta e di raz­zi­smo». A sini­stra si fa il para­gone con le vio­lenze dei primi anni Novanta, il cui apice fu l’assalto al cen­tro di acco­glienza di Rostock nell’agosto del ’92. Ora come allora, i neo­na­zi­sti sca­te­nati nelle strade della Ger­ma­nia orien­tale (nel fine set­ti­mana si sono regi­strati attac­chi in Bran­de­burgo, Turin­gia e Sas­so­nia, bilan­cio di 4 siriani feriti) e il mondo poli­tico intento a discu­tere di regole più restrit­tive in tema di asilo e immi­gra­zione. Il gover­na­tore dell’Assia Vol­ker Bouf­fier, espo­nente dell’ala dura della Cdu della can­cel­liera Angela Mer­kel, ha pro­po­sto di limi­tare le poche forme di ele­men­tari sus­sidi ai pro­fu­ghi per «ridurre l’effetto-chiamata» verso la Ger­ma­nia. Meno bru­tale, ma con la stessa fina­lità, è la pro­po­sta uffi­ciale dei demo­cri­stiani (com­presa la Csu bava­rese): rico­no­scere uffi­cial­mente una serie di stati dei Bal­cani come «Paesi sicuri». Quale sarebbe l’effetto di tale dichia­ra­zione? Pre­sto detto: i richie­denti asilo pro­ve­nienti da Ser­bia, Mace­do­nia, Alba­nia e Kosovo non avreb­bero più chance di vedersi rico­no­sciuto il diritto a restare sul suolo tede­sco. E per­ché pro­prio di que­gli stati si parla? Per­ché è da lì che negli ultimi mesi sta giun­gendo quasi la metà di migranti che man­dano in tilt una Ger­ma­nia inca­pace di acco­glierli. Secondo i dati dell’Ufficio fede­rale per le migra­zioni, da gen­naio a giu­gno si con­tano circa 21mila alba­nesi (in mag­gio­ranza rom), e da Ser­bia e Mace­do­nia sono il 60% in più rispetto al 2014 (e di nuovo, in mag­gio­ranza sono rom). In totale, dall’inizio dell’anno i richie­denti asilo sono 180mila, e si cal­cola che il loro numero nei pros­simo sei mesi superi i 400mila. La legge tede­sca pre­vede che pos­sano fer­marsi nella Repub­blica fede­rale solo le per­sone che fug­gono da Paesi con­si­de­rati «peri­co­losi» (come la Siria): altri­menti, c’è il rimpatrio. Per for­tuna, ci sono anche par­titi e isti­tu­zioni che si pre­oc­cu­pano di miglio­rare l’accoglienza dei migranti, da qua­lun­que parte pro­ven­gano. È il caso di due ese­cu­tivi regio­nali in par­ti­co­lare: quello del Baden-Württemberg, dove l’amministrazione è gui­data dal verde Win­fried Kre­tsch­mann, e la Turin­gia del gover­na­tore della Linke Bodo Rame­low. Sono i Län­der più attivi nell’organizzare solu­zioni con­crete, ma anche nel chie­dere al governo fede­rale mag­giori risorse da poter desti­nare ai comuni per fare fronte ai costi cre­scenti. E si fanno sen­tire anche le orga­niz­za­zioni anti­raz­zi­ste, che denun­ciano le norme Ue (il «Rego­la­mento di Dublino») che impe­di­scono ai richie­denti asilo di poter cer­care lavoro e costruirsi una vita più dignitosa.

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Oggi il G7, mai così tanti contro il vertice e il Ttip https://www.micciacorta.it/2015/06/oggi-il-g7-mai-cosi-tanti-contro-il-vertice-e-il-ttip/ https://www.micciacorta.it/2015/06/oggi-il-g7-mai-cosi-tanti-contro-il-vertice-e-il-ttip/#respond Sun, 07 Jun 2015 07:57:37 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=19766 Germania. Attac, Verdi, Linke e giovani Spd

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Di norma, la ricca e pla­cida Baviera non è tea­tro abi­tuale di pro­te­ste e impo­nenti mani­fe­sta­zioni. Salvo ecce­zioni: come quelle, molto posi­tive, di que­sti giorni. Il motivo? Il ver­tice del G7 che comin­cia oggi allo Schloss Elmau, lus­suoso hotel nei pressi della loca­lità scii­stica di Gar­mi­sch, al con­fine con l’Austria: una loca­tion esclu­siva nella quale la pre­si­dente di turno Angela Mer­kel e i suoi ospiti discu­te­ranno fino a domani dei temi caldi della poli­tica inter­na­zio­nale. In agenda: il Ttip (trat­tato di «libero scam­bio» Usa-Ue), il cam­bia­mento cli­ma­tico (in vista della con­fe­renza di Parigi a fine anno) e le crisi politico-economiche in giro per il pia­neta, dall’Ucraina al Medio oriente. Il con­vi­tato di pie­tra è il pre­si­dente russo Vla­di­mir Putin, cac­ciato dall’esclusivo club in seguito all’annessione della Crimea. L’arrivo in Ger­ma­nia dei «grandi della terra» è stato pre­pa­rato da un’efficace cam­pa­gna di mobi­li­ta­zione che ha visto impe­gnate molte orga­niz­za­zioni che si bat­tono «per un altro mondo pos­si­bile»: asso­cia­zioni ambien­ta­li­ste, Attac, ong come Oxfam, i par­titi di oppo­si­zione Verdi e Linke, ma anche i gio­vani della Spd, in con­tra­sto con la linea del lea­der del par­tito, il vice­can­cel­liere Sig­mar Gabriel. Una rete plu­rale che ha tro­vato l’unità d’azione attorno a tre punti-chiave: «fer­mare il Ttip, sal­vare il clima, com­bat­tere la povertà». Oltre ogni aspet­ta­tiva l’esito del cor­teo sfi­lato per le vie di Monaco gio­vedì scorso: 40 mila per­sone di fronte alle quali la can­cel­liera Mer­kel si è sen­tita in dovere di dire che le mani­fe­sta­zioni sono «un segno di vita­lità della demo­cra­zia». Chissà se la lea­der demo­cri­stiana e il suo vice social­de­mo­cra­tico avranno riflet­tuto anche sulla «vita­lità» dell’opposizione al Ttip pro­prio nel loro Paese. La pro­te­sta anti-G7 è pro­se­guita ieri, sdop­pian­dosi. Un appun­ta­mento era diret­ta­mente nei pressi del ver­tice con un’iniziativa sul modello bloc­kupy (l’assedio alla sede Bce a Fran­co­forte), soste­nuta da un arco di forze ancora più ampio di quello di gio­vedì, com­pren­dente anche gli Auto­no­men dei cen­tri sociali occu­pati: a sfi­lare per le strade di Gar­mi­sch si sono ritro­vati in quasi 10mila (3500 per le forze dell’ordine). Qual­che momento di ten­sione con la poli­zia, mas­sic­cia­mente pre­sente, che ha attac­cato il cor­teo con lo spray urti­cante: per gli orga­niz­za­tori si è trat­tato di «un’aggressione senza giu­sti­fi­ca­zioni». L’altro mee­ting di nuovo a Monaco, nella König­splatz, per un con­certo orga­niz­zato da Save the Chil­dren e altre orga­niz­za­zioni non governative.

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