Monica Picca – Micciacorta https://www.micciacorta.it Sito dedicato a chi aveva vent'anni nel '77. E che ora ne ha diciotto Fri, 10 Nov 2017 14:27:46 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 La destra estrema cresciuta all’ombra del «berlusconismo» https://www.micciacorta.it/2017/11/23870/ https://www.micciacorta.it/2017/11/23870/#respond Fri, 10 Nov 2017 14:22:53 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=23870 L’alleanza tra Casa Pound e Salvini e la rottura. Ma «prima gli italiani» resta uno stendardo comune

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Relazioni pericolose. All’indomani del voto «Il Tempo» ha aperto con un titolo che proclamava «la marcia su Ostia» Il «caso Ostia» non rappresenta solo l’inquietante prospettiva che in un territorio segnato dall’abbandono da parte della politica, e dalla contemporanea presenza di una sorta di welfare malavitoso, l’estrema destra possa fare significativamente breccia. C’è un altro indizio importante che è arrivato dal voto del litorale romano e che non riguarda tanto la condizione di marginalità sociale che si vive nelle periferie e le conseguenze che tutto ciò può avere in termini di rappresentanza locale, quanto piuttosto l’esito politico più generale che può produrre. I POCO MENO DI 6000 VOTI che Casa Pound ha raccolto domenica scorsa, molti dei quali arrivati dalle case popolari di Nuova Ostia e di Acilia, potrebbero infatti risultare decisivi nel ballottaggio che il 19 novembre vedrà contrapposte la candidata del M5S Giuliana Di Pillo e quella del centrodestra, in quota Fratelli d’Italia, Monica Picca, distanziate al primo turno di soli 2309 consensi. Del resto, al di là delle schermaglie che hanno accompagnato la vigilia delle elezioni nel X municipio della capitale, con i «fascisti del terzo millennio» impegnati a sfidare in particolare la lista che si rifà a Giorgia Meloni, proprio per una rischiosa, in termini di consensi, contiguità ideologica, su temi quali immigrazione, rom e «preferenza nazionale», «destra» e «estrema destra» hanno agitato slogan e argomenti del tutto sovrapponibili. COSÌ NON STUPISCE che all’indomani dell’esito del voto, il quotidiano di destra della capitale, Il Tempo, abbia aperto con un titolo che riproducendo la grafica dei manifesti dei neofascisti, proclamava «la marcia su Ostia». E con una lunga lettera del leader di Cpi sul litorale, Luca Marsella – che ricordava anche le precedenti affermazioni elettorali degli estremisti, da Bolzano a Lucca passando per Todi – in provincia di Brescia, a Trenzano il sindaco 39enne Andrea Bianchi, eletto nel 2013 con il centrodestra ha appena aderito a Casa Pound. Uno sviluppo che può essere considerato come un elemento preoccupante a se stante o come parte di una ulteriore deriva più complessiva in atto nel paese. Di cui l’estrema destra rischia di essere solo la componente più visibile. Ma potenzialmente decisiva. CRESCIUTA NEGLI ANNI dell’egemonia culturale e politica del «centro-destra» guidato da Silvio Berlusconi, della cui prolungata affermazione si è giovata sia sul piano dei ripetuti tentativi di legittimazione storica che nello «sdoganamento» di un armamentario propagandistico aggressivo – dal revisionismo pop sul Ventennio mussoliniano fino all’imprenditorialità politica della xenofobia e del risentimento -, l’ultima stagione dell’estrema destra italiana si è in gran parte sviluppata all’ombra del «berlusconismo». Di cui ha finito per costituire, nella prospettiva di una «destra plurale» che è riuscita a trasformare le proprie apparenti contraddizioni nelle diverse facce di una medesima proposta di società, una sorta di avanguardia giovanile e sociale. Uno scenario già emerso nel recente passato, ma cui la crisi economica da un lato e la ritrovata unità della destra politica dall’altro, offrono una rinnovata attualità. Nel caso specifico di Casa Pound, si è perso il conto della partecipazione di esponenti governativi della coalizione berlusconiana – seguiti a dire il vero fino ad oggi anche da diversi nomi della sinistra e del giornalismo indipendente – che hanno varcato il portone del palazzo di via Napoleone III, occupato dal 2003, per partecipare alle iniziative dei «fascisti del terzo millennio». SUL PIANO PIÙ SQUISITAMENTE politico, nel 2005 gli ideatori dello «squadrismo mediatico» sostennero, al pari di tutto il centrodestra, la Lista Storace alle regionali del Lazio e in seguito entrarono a far parte del Movimento Sociale Fiamma Tricolore che nel 2006 appoggiava Berlusconi. Con il passare del tempo è però con la Lega, dopo la virata sovranista e filo Le Pen di Matteo Salvini, che Casa Pound stringerà una salda per quanto effimera alleanza. Nel 2014 i neofascisti sostengono la campagna elettorale europea, risultata vincente, del leghista Mario Borghezio. L’anno successivo, il numero 2 di Cpi, Simone Di Stefano, è sul palco di piazza del Popolo a Roma insieme a Salvini e Meloni al termine della manifestazione dei sovranisti contro Renzi e parla della nascita «di un nuovo fronte politico». «Condividiamo ogni singola parola del progetto di Salvini – presentato come l’unico vero leader della destra – e in particolare i tre capisaldi: no euro; stop immigrazione; prima gli italiani», dichiara Di Stefano. OGGI, DOPO LO STRAPPO intervenuto in seguito con la Lega, lo stesso esponente di Cpi, in occasione della chiusura della campagna elettorale ad Acilia, ha attaccato Salvini chiedendosi «gli avete visto mai un tricolore in mano? No, perché la Lega è rimasta quella di un tempo…». Questo, malgrado i leghisti si siano in realtà spinti sempre più in là in direzione dell’estrema destra – tra l’altro eleggendo nel Municipio 8 di Milano Stefano Pavesi, del gruppo di Lealtà e Azione, nato come emanazione dei neonazisti Hammerskin. Perciò, al di là delle querelle sulle bandiere, anche se non è ancora e forse non sarà mai la base per una coalizione elettorale, perlomeno in modo esplicito, è possibile che quel «prima gli italiani» sia già uno stendardo sufficientemente solido, e comune, per far confluire dalla stessa parte consensi raccolti in modo diverso. A cominciare da Ostia. FONTE: Guido Caldiron, IL MANIFESTO

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Destre estreme a Ostia, dove Casa Pound sogna l’Alba Dorata https://www.micciacorta.it/2017/11/23865/ https://www.micciacorta.it/2017/11/23865/#respond Tue, 07 Nov 2017 08:18:28 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=23865 Ostia. Se il confine tra politica e malaffare è spesso molto sottile, qui a volte è scomparso del tutto, con il municipio sciolto per mafia

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Estrema destra. Si è insediata pian piano da queste parti, dando corpo a quell’idea di «sindacato del popolo» che prende forma nella distribuzione di generi alimentari alle famiglie italiane ma anche nella continua denuncia delle malefatte di immigrati e rom Chissà cosa avrebbe detto Pasolini. Lui che nel 1962, per rispondere a due lettori di Vie Nuove preoccupati della diffusione dell’estrema destra, scriveva «non occorre essere forti per affrontare il fascismo nelle sue forme pazzesche e ridicole: occorre essere fortissimi per affrontare il fascismo come normalità, come codificazione, direi allegra, mondana, socialmente eletta, del fondo brutalmente egoista di una società». Chissà cosa avrebbe detto camminando oggi per le strade di Ostia, emblema non tanto dell’affermazione elettorale di Casa Pound – a vincere davvero nel municipio del litorale romano è stata l’astensione – quanto piuttosto della sua piena «normalizzazione». Per una sorta di tragica ironia, proprio la strada da cui i fascisti del terzo millennio hanno dato l’assalto alla città-quartiere, via Pucci Boncampi, dove hanno aperto prima un pub e quindi una sede, si trasforma dopo qualche isolato in via dell’Idroscalo. E dai locali in cui si elogia «il buono del fascismo» conduce al monumento che ricorda l’assassinio del poeta, il 2 novembre del 1975, che lo scorso anno fu danneggiato da un’azione rivendicata da altri fascisti, quelli di Militia. L’Idroscalo è un punto di arrivo, all’estremità nord di un lungomare che da allora si è riempito di stabilimenti, ristoranti, locali. Neanche il porto turistico c’era ancora, a quell’epoca. Yacht e scafi da crociera ancorati e poche centinaia di metri dalla striscia rossiccia e ininterrotta delle case popolari dell’Ater costruite in mezzo alla campagna e dai palazzi di Nuova Ostia, quelli stretti intorno a piazza Gasparri, vuota, si direbbe quasi abbandonata, con i giardinetti malconci che montano la guardia al degrado. Lungo l’arco di un paio di chilometri qui Ostia si è rifatta il trucco e la movida un tempo vincolata alla riviera sud di quello che nel 1940 fu inaugurato come Pontile del Littorio, si è spalmata a pochi passi dalla battigia. All’interno però, poco o nulla è cambiato. Decine di migliaia di persone strette in un quadrilatero d’asfalto che corre parallelo al mare, quasi una città nella città, il cuore popolare del Lido. «Noi, periferia di nessuno», ha scritto sui suoi depliant un candidato indipendente. E in effetti più che le periferie urbane della Tuscolana o della Casilina, questa parte di Ostia potrebbe far pensare a certi quartieri di Bari o di Pescara, forse di Napoli. Il «mare d’inverno» della canzone, quello dove «non viene mai nessuno a trascinarmi via». Se il confine tra politica e malaffare è spesso molto sottile, qui a volte è scomparso del tutto, con il municipio sciolto per mafia, l’ex presidente Pd condannato in primo grado, e due clan, i Fasciani e gli Spada che stando alle cronache giudiziarie, hanno cercato di spartirsi i soldi facili arrivati con la gentrificazione. E proprio un membro della famiglia Spada alla vigilia del voto ha postato su facebook quello che aveva tutta l’aria di essere un messaggio di sostegno a Casa Pound. Tra abbandono e crisi dei partiti tradizionali, qualcosa è però cambiato anche da queste parti. Lo si capisce subito percorrendo a ritroso le vie del quartiere dal centro verso l’Idroscalo. I «faccioni» di Luca Marsella, il candidato di Casa Pound a presidente del municipio, e di Carlotta Chiaraluce, capolista di Cpi, incartano letteralmente i muri del mercato popolare di via Orazio dello Sbirro. Lungo le strade del quartiere ci sono solo loro e lo sguardo di Pietro Malara, «nelle forze dell’ordine da oltre 20 anni» e candidato di Fratelli d’Italia che occhieggia con i suoi flyer da quasi tutte le cassette della posta. Il comitato elettorale di Monica Picca, insegnante di Fiumicino e candidata-presidente per il partito di Giorgia Meloni, è lì a due passi, non lontano da un altro mercato dove gli ambulanti bengalesi vendono i cd dei neomelodici napoletani che spopolano anche qui. Picca andrà al ballottaggio con la candidata del M5S, ed è probabile che allora i voti raccolti da Marsella peseranno ancora di più. Del resto i punti di contatto tra «il centro-destra» e «l’estrema destra» non mancano. «Senza mafia, nomadi, immigrazione selvaggia e degrado», annuncia il programma di Picca, che promette di «fare altrove i centri d’accoglienza». «Penseremo prima agli italiani», «impediremo i mercatini rom abusivi e rimuoveremo ogni insediamento di stranieri», replica quello di Marsella. Pressoché nel vuoto, Casa Pound si è insediata pian piano da queste parti, dando corpo a quell’idea di «sindacato del popolo» che prende forma nella distribuzione di generi alimentari alle famiglie italiane ma anche nella continua denuncia delle malefatte di immigrati e rom. Di questo modello, che si ispira esplicitamente ai greci di Alba Dorata, la chiusura della campagna elettorale ha però mostrato anche l’altro volto, quello che accompagna il «sociale». In una piazza del Villaggio San Giorgio di Acilia, un agglomerato di case popolari sorto nel 1948 per accogliere gli esuli giuliano-dalmati e che nel frattempo è stato riacciuffato dalla città con una serie di casette a schiera costruite tutto intorno, dove al tramonto piccoli cani abbaiano nervosi dietro grandi cancelli, accanto ai candidati del X municipio c’era anche il «vicepresidente nazionale di Casa Pound» Simone Di Stefano. Dopo aver ammonito quelli che dipingono gli appartenenti al movimento come dei «mostri», Di Stefano ha lamentato la presunta disinformazione operata dalla stampa spiegando come «oggi sul Fatto c’è uno che racconta che quelli di Casa Pound gli menano ogni giorno… eppure è ancora vivo». Il tutto prima di annunciare come dopo Ostia Cpi guardi al parlamento. Per fare cosa? Più o meno questo: «Avere 10/15 eletti pronti a prendere per la cravatta i traditori della patria e cacciarli via a pedate». Quando nel 2012 i deputati di Alba Dorata entrarono per la prima volta nel parlamento di Atene lo fecero marciando in formazione militare e ammonendo i presenti: «State attenti, stiamo arrivando. I traditori della patria devono cominciare ad aver paura». A Ostia, come in tanti altri territori della crisi, il vecchio fascismo si veste del «prima gli italiani» per tentare di trasformarsi in senso comune. Forse Pasolini ci aveva visto giusto. FONTE: Guido Caldiron, IL MANIFESTO

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