movimenti per la casa – Micciacorta https://www.micciacorta.it Sito dedicato a chi aveva vent'anni nel '77. E che ora ne ha diciotto Fri, 17 May 2019 07:28:10 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 Roma. Torre Maura e Casal Bruciato: 65 indagati, 24 di Casa Pound per razzismo https://www.micciacorta.it/2019/05/roma-torre-maura-e-casal-bruciato-65-indagati-24-di-casa-pound-per-razzismo/ https://www.micciacorta.it/2019/05/roma-torre-maura-e-casal-bruciato-65-indagati-24-di-casa-pound-per-razzismo/#respond Fri, 17 May 2019 07:26:33 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=25423 Con un singolare parallelismo giudiziario che farà discutere, risultano iscritti sul registro degli indagati anche sedici tra antifascisti e appartenenti ai movimenti per la casa ROMA. Se ne parlava da giorni, ed ecco che arrivano i primi provvedimenti per le proteste contro la famiglia Omerovic, colpevole agli occhi di alcuni militanti neofascisti aver ottenuto una […]

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Con un singolare parallelismo giudiziario che farà discutere, risultano iscritti sul registro degli indagati anche sedici tra antifascisti e appartenenti ai movimenti per la casa
ROMA. Se ne parlava da giorni, ed ecco che arrivano i primi provvedimenti per le proteste contro la famiglia Omerovic, colpevole agli occhi di alcuni militanti neofascisti aver ottenuto una casa popolare nel quartiere romano di Casal Bruciato. La procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati 24 persone che si apprende essere appartenenti ai movimenti di estrema destra CasaPound, la sigla dei sedicenti «fascisti del terzo millennio» che aveva pubblicamente rivendicato la sua protesta, e Forza Nuova. Il procuratore aggiunto Francesco Caporale e il sostituto procuratore Eugenio Albamonte hanno aperto un fascicolo alla luce di una informativa Digos: contestano ai neofascisti, a vario titolo, i reati di istigazione all’odio razziale, violenza privata, minacce, adunata sediziosa, apologia di fascismo. Sarebbe indagato anche l’uomo che aveva minacciato di violenza sessuale Sedana, la donna assegnataria dell’alloggio e che i dirigenti di CasaPound avevano rocambolescamente provato a descrivere come un «cittadino esasperato» invece che come un militante neofascista. Ci sarebbero invece altre 41 persone sottoposte ad indagine per reati analoghi le proteste che scoppiarono il mese scorso in un’altra zona della periferia romana, Torre Maura: in quel caso contestarono il trasferimento di alcuni rom in una struttura d’accoglienza, ottenendone la chiusura da parte dell’amministrazione comunale. Contestualmente si apprende che, con un singolare parallelismo giudiziario che farà discutere, risultano iscritti sul registro degli indagati anche sedici tra antifascisti e appartenenti ai movimenti per la casa. Nel loro caso si procederebbe per il reato di corteo non autorizzato: l’accusa è legata manifestazione che l’8 maggio scorso portò centinaia di persone ad intervenire contro il presidio xenofobo nel condominio di Casal Bruciato, rompendo l’assedio cui erano sottoposti da giorni i rom dentro la casa che gli uffici del dipartimento abitativo del comune di Roma aveva loro regolarmente assegnato. Proprio ieri, peraltro, a pochi metri dal condominio di via Satta in cui si svolsero i fatti, un presidio solidale organizzato da Asia Usb cui hanno partecipato decine di cittadini ha impedito lo sfratto di un’anziana signora dalla sua casa popolare. Inutile dire che in questo caso, quando c’era da difendere un diritto e non da sottrarlo a qualcuno, i neofascisti non si sono presentati. * Fonte: Giuliano Santoro, IL MANIFESTO
 

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Occupazioni, R/home tour, la lotta per la casa rigenera la città https://www.micciacorta.it/2018/07/occupazioni-r-home-tour-la-lotta-per-la-casa-rigenera-la-citta/ https://www.micciacorta.it/2018/07/occupazioni-r-home-tour-la-lotta-per-la-casa-rigenera-la-citta/#respond Wed, 11 Jul 2018 08:15:27 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=24656 Diritto alla città. R/home tour. Due bus alla scoperta delle occupazioni abitative, e di altrettante raccontate, con il vicesindaco della capitale Luca Bergamo

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Organizzato dai movimenti per il diritto all'abitare e dal direttore del Maam e del Macro Giorgio De Finis, Un convegno nomade, un'esplorazione urbana, il racconto dei mondi che sono arrivati nella capitale, il modo in cui resistono alla povertà, alla malattia, alla persecuzione e alla marginalizzazione. Come nascono comunità meticce e multinazionali nel centro e nella periferia di una città dove l'emergenza abitativa è strutturale. Tra conflitti e accordi, trasformano la città con l'auto recupero e la richiesta di reinventare le politiche pubbliche, l'urbanistica e il diritto alla città. Oltre il potere palazzinaro, c'è questa vita ROMA. Un tour nelle occupazioni romane dovrebbe diventare un’appuntamento fisso. Una giornata di educazione civica, un momento per stringere alleanze e essere solidali, un modo per combattere i pregiudizi razzisti o sostituire l’alternanza scuola-lavoro per gli studenti delle superiori. Domenica 8 luglio i movimenti per il diritto all’abitare di Roma, insieme a Giorgio De Finis – il vulcanico neo-direttore del Macro, ideatore del museo dell’altro e dell’altrove (Maam) nell’occupazione Metropoliz, hanno organizzato R/Home tour, un tour delle occupazioni abitative con ospite il vicesindaco e assessore alla cultura della Capitale Luca Bergamo. Due autobus sono partiti dal Campidoglio, a bordo docenti di urbanistica e dottorande di ricerca, artisti e urbanisti, alcuni esponenti dei movimenti della casa, Paolo Di Vetta, Irene di Noto, Luca Fagiano, Cristiano Armati; il segretario dell’Unione Inquilini Massimo Pasquini; Tano D’Amico, presenza delicata e saggia, fotografo e testimone anche delle lotte per la casa a Roma nell’ultimo mezzo secolo: Lorenzo Romito degli Stalker, architetti e artisti dello storico gruppo di esploratori urbani. Doveva partecipare anche l’assessore all’urbanistica Luca Montuori, ma per un impegno familiare è arrivato alla fine. Bergamo ha seguito il percorso del tour, ha ascoltato, ha detto che per lui è stato un’occasione per conoscere la realtà.
Il vicesindaco e assessore alla cultura di Roma Luca Bergamo a Metropoliz
Non era scontato. E’ la prima volta che accade, a mia conoscenza, che un politico condivida un autobus con i movimenti della casa. Di solito, sulla casa e gli spazi sociali, il conflitto è duro con il Campidoglio. E non era nemmeno facile: la giunta Raggi non si è particolarmente distinta nelle politiche abitative, uno dei nodi strutturali della città. Ha condiviso il codice di condotta di Minniti per gli sgomberi dopo quello drammatico di piazza Indipendenza nell’agosto 2017; non applica il piano di emergenza varato dalla Regione Lazio su spinta dei movimenti, né investe 200 milioni dei fondi ex-Gescal; tiene in vita la delibera 50 dell’ex commissario Tronca sugli sgomberi. Il nodo con la giunta è l’assegnazione di case popolari a famiglie “extra graduatoria”: i movimenti sostengono che la maggior parte degli occupanti è in graduatoria, per il Campidoglio non è così. Tensione produce il criterio centrato sulle “fragilità” scelto dall’assessora Laura Baldassarre:alle case dovrebbero accedere una quota di disabili, anziani, e mamme con minori, distinti dai padri e dagli altri membri della famiglia. Gli occupanti non intendono dividere le famiglie e si oppongono.

Il blitz

Una sola volta il vicesindaco si è irrigidito. Poco prima di arrivare a Rebibbia, sulla Tiburtina il pullmann ha accostato. Dal lato della strada è sopraggiunto un corteo dei rifugiati sudanesi sgomberati in via Scorticabove. Sventolavano bandiere italiane, mostravano uno striscione: “Dov’è la nostra protezione internazionale?”. “Questo non era previsto – ha detto a Paolo Di Vetta dei Blocchi Precari Metropolitani (Bpm). “No, siamo la stessa cosa” qualcuno gli ha risposto. A bordo è salito Adam, sudanese. E ha raccontato la storia dell’ultimo sgombero a Roma: “Dal 2005 c’era una cooperativa che gestiva il centro. Se ne sono andati senza dire niente. Da allora ci siamo autogestiti. Nessuno ci ha mai detto nulla. Nel 2016 abbiamo chiesto un incontro anche allora nessuna risposta. Ora siamo in strada. Noi non vogliamo cooperative. Sappiamo gestirci da soli”. Una posizione rilevante nella città di mafia capitale: i rifugiati sono sottomessi alla cooperazione, trattati come merci di scambio. In questo caso rivendicano l’autonomia in una vicenda dove il Campidoglio ha tenuto un profilo basso, offrendo assistenza nei centri accoglienza extra Sprar. Giovedì dovrebbe esserci un incontro con l’assessora Laura Baldassarre. Per il momento 120 persone restano sotto il sole in via Scorticabove. Per parlare con il Campidoglio i rifugiati hanno intercettato un autobus in una terra di nessuno.
I rifugiati sgomberati da via Scorticabove, corteo sulla Tiburtina

Un flash

Teatro di Marcello, ore nove. Quattrocento metri più giù, dove via del teatro di Marcello si appiana e diventa via Petroselli, un ricordo di quattro anni fa. Centinaia di manifestanti assediavano il palazzo dell’anagrafe. Era il tempo della legge Renzi-Lupi: la guerra contro le occupazioni abitative passava dalla negazione della residenza, l’impedimento di andare a scuola per i bambini, il taglio delle utenze alle occupazioni. Una guerra agli umani. In una città dove l’emergenza è acutissima i municipi hanno però trovano una soluzione solidale: la “residenza fittizia”. Visto che non è possibile risiedere in un luogo occupato, lo ha stabilito l’articolo 5 della legge Lupi, è il municipio a farsi garante di queste persone. Accade soprattutto nel secondo, quello che amministra la Tiburtina Valley dove si addensano il 60% delle occupazioni della capitale. Ci sono file d’attesa che durano anche tre mesi. Il “contratto” del nuovo governo promette di tornare a fare la guerra, con strumenti ancora più violenti. L’emergenza è strutturale. Roma moderna è nata in uno stato di emergenza urbanistico. Quella contemporanea replica una geografia del postfordismo: deindustrializzazione e turistizzazione, quartieri fantasma oltre il raccordo anulare e dentro la città storica; proletarizzazione delle classi medie e immiserimenti dei poveri urbani; speculazioni immobiliari a suon di compensazioni e isteria sul decoro e “cleaning” etnico (la parola “cleaning”, “pulizia”, fu adottata dalle istituzioni per giustificare lo sgombero di piazza indipendenza nell’agosto 2017). In questa cornice, questi i dati dell’emergenza conclamata forniti da Massimo Pasquini (Unione Inquilini).: 7 mila sentenze di sfratto all’anno, 3500 famiglie (15 al giorno) sfrattate; 12.500 nelle graduatorie, 1,5 case popolari affittate al giorno. Di questo passo ci vorrà un secolo per dare un tetto a tutti. Tremila persone vivono nei residence, 250 famiglie hanno il “buono-casa”. Ci sono 85 mila studenti fuorisede, solo 2 mila i posti letto con contributo regionale. Al resto pensa il mercato nero degli affitti. E poi 10 mila persone – è una stima – che vivono nelle occupazioni formali e informali. Almeno cento quelle censite. Nelle società fondate sull’apartheid finanziaria, questo non interessa, o viene criminalizzato. I poveri, gli esclusi, i rifugiati, i migranti vanno tenuti lontani, e sono utili solo quando servono.
Il respiro delle lotte, cartellone, Casal Boccone occupato

“Vogliamo case pubbliche”

Arriviamo al Porto Fluviale, un ex magazzino militare occupato da 15 anni. Un capolavoro ci accoglie sui muri esterni: è il murales di Blu, lo street artistinvisibile e onnipresente nelle occupazioni italiane. I tour operator dell’Ostiense, nuovo avamposto della gentrificazione in una zona universitaria, organizzano itinerari che comprendono anche il murale. All’interno è un’altra storia. Immaginiamo Porto Fluviale come un nastro di Moebius: il lato esterno si intreccia con quello interno. Entrambi sono avvolti da un movimento unico nel quale l’enorme struttura si apre e rivela una comunità di quasi 300 famiglie. Insieme hanno fatto un miracolo di auto-costruzione. Questo solido quadrato, incastrato tra i binari e il ponte di ferro che porta a Garbatella, all’origine era un rudere. Ora è un prototipo sociale. “Abbiamo trasformato i magazzini in case- racconta Danilo – il cortile in spazio pubblico aperto al quartiere. Vogliamo smettere di essere occupanti, vogliamo case pubbliche non di nostra proprietà dove paghiamo l’affitto sociale”. Danilo racconta al vicesindaco Bergamo la storia di un’architettura ripensata da una nuova moltitudine multinazionale che ha imparato a conoscersi operando insieme per risolvere problemi vitali. Ad esempio la separazione delle acque nere dalle acque chiare. Oppure il problema dell’elettricità e quello della prevenzione degli incendi. Le stanze ricavate da un’attenta pianificazione degli spazi, modificabile in base alla composizione dei nuclei familiari, sono il prodotto di un pensiero collettivo. A cominciare dalla scelta dei materiali, dallo studio della statica dell’edificio.
Porto fluviale occupato

La profezia sul Welfare (che non c’è)

Destinata alla vendita nel circuito della finanza immobiliare, l’Ex palazzina Inpdap in viale delle province 196 è stata occupata dai Blocchi Precari Metropolitani (Bpm) nel 2012 al tempo del primo “Tsunami tour”, un’ambiziosa risposta alla scandalosa emergenza abitativa. In pochi mesi hanno trovato un tetto migliaia di persone: italiane, africane, latinoamericane. A un paio di chilometri da qui c’è Spin Time, in via di Santa Croce in Gerusalemme, come questo un palazzone con un auditorium occupato da Action. Anche qui sono centinaia i nuclei famigliari sottratti alla strada. Siamo seduti su una bomba sociale, quella previdenziale, e non ci diamo peso. I movimenti della casa in questo sono profetici. Stanno reinventando la funzione sociale della proprietà in mano agli istituti previdenziali al tempo della sua finanziarizzazione. Una riappropriazione sociale del Welfare che milioni di persone, italiane e straniere residenti, non avranno mai. Lavorano precariamente, non hanno una casa. Non avranno una pensione. Nell’attesa, chissà quanto ancora tragicamente lunga, questi movimenti hanno improvvisato una soluzione. Dovrebbero essere premiati. E invece sono perseguitati. Uno dei quotidiani palazzinari della Capitale ha raccontato che viale delle province ècome “un fortino” dove “lo stato non entra”. E’ entrato il vicesindaco di Roma, ed è stato accolto in maniera amichevole. Queste comunità cercano un confronto, vogliono risolvere il loro problema, sono organizzazioni sociali intelligenti che rispondono ai problemi di reddito, agli sfratti, alle malattie sulle persone che non hanno reti di salvataggio. Sulle scale arcuate, pensate da un architetto in vena di virtuosismi, mi avvicina un marocchino di una sessantina d’anni, baffi spessi, viso scavato. Mi ha scambiato per un poliziotto, un agente in borghese, un funzionario dei servizi sociali. Prova a parlarmi, non lo capisco. Mi porge un faldone di documenti. Leggo la sua storia: ha un linfoma di Hodgkin, è stato sottoposto a sei cicli di chemioterapia. Nessuno dei suoi sei fratelli in Marocco è disposto a donargli il midollo. La Asl lo ha dichiarato inabile al lavoro, mi mostra il permesso di soggiorno. Mi chiede di considerare la sua situazione. Cerco di fargli capire che non sono la persona che crede io sia. Lui mi sorride: “Grazie”. Nella hall incontro un uomo alto più di un metro e ottanta. Ha ottantadue anni, lavorava alla Sapienza, facoltà di biologia. E’ cieco, a causa di un intervento alle cataratte non riuscito. Si appoggia sulle spalle di una piccola donna eritrea. Lei è forte, piena di energia, ha i capelli crespi, lunghi, tendenti al rosso. Lo cura con ironia, lo tiene per mano, lo guida. Ha una presa energica, conta i passi incerti dell’uomo. Guardo le sue scarpe, ha piedi enormi. Si parlano amorevolmente, anche lei vive qui, con la sua famiglia. Lo assiste, piano piano arriviamo in un micro-appartamento, ben ordinato, le imposte semichiuse in una domenica di luglio. Tutto è calmo: le tende mosse da un alito di vento, una poltrona, un piccolo bagno. Una tranquilla popolosa solitudine. Entro con il vicesindaco Bergamo nel saloncino dove una donna emigrata dal Perù ha trasportato i resti della casa che lasciò quando il suo salario non è bastato a pagare un canone da 800 euro al mese. Non attese lo sfratto. Lasciò al padrone di casa tre mesi di caparra e, poi, uscì. Da sola. “Litigavo ogni giorno con mio marito – racconta – I soldi non bastavano mai. Io ero disperata, l’ho lasciato, volevo tornare a casa, ma qui ho la mia vita, i miei figli sono nati in Italia, sono italiani”. La scelta di occupare ha salvato la vita di questa famiglia venuta da un altro mondo. Ora la coppia si è riunita, vivono nella comunità. La figlia maggiore va all’università, a due passi da qui. Il figlio più piccolo può giocare a calcio. “Perché anche questo è un costo”. L’occupazione è una riappropriazione di reddito per questa lavoratrice: versa i contributi, lavora a servizio presso le famiglie romane. E ora ha un tetto. Rafael è un rifugiato politico venezuelano. E’ uno degli spiriti attivi dell’occupazione di viale delle province. Sta organizzando una biblioteca popolare che vuole aprire al quartiere. Parla con entusiasmo della scuola che organizza per i bambini dell’occupazione che sciamano accanto ai noi visitatori alieni. Parla del metodo di Paolo Freire, icona dell’educazione popolare anti-gerarchica: “Da noi – racconta Rafael – non c’è insegnamento verticale, ma orizzontale. Una volta che il bambino e l’adulto hanno imparato una nozione la insegnano agli altri”. Scrive saggi di filosofia e anche storie per bambini in spagnolo, in Venezuela insegnava storia dell’arte, con noi parla di teologia della liberazione. Mi chiede: “Ma tu sei un giornalista? Sai che io leggevo l’Unità? E ho letto i Quaderni di Gramsci. Ho studiato quello che scrive sulla scuola, la sua idea di educazione popolare. Qui da voi Gramsci è letto poco. Negli ultimi 50 anni in tutta l’America Latina noi l’abbiamo studiato”.
Viale delle province occupato

“Roma si barrica!”

Siamo in viaggio verso l’occupazione di Casal Boccone, un’ex palazzina Inpdap occupata dopo la dismissione di un centro assistenza per malati di alzheimer nel 2013. Siamo a pochi passi dal raccordo anulare, davanti a noi si perde a vista d’occhio il parco della Marcigliana. Dietro c’è il parco Talenti arso dal sole di luglio. Accanto c’è l’ex stabilimento Almaviva da cui sono stati licenziate 1666 persone. Quando accadde, gli occupanti insieme agli abitanti del quartiere, hanno manifestato con i lavoratori.Le periferie non sono terre di nessuno a Roma. Nascono forme di solidarietà inaspettate. Nell’anfiteatro incontro Mady, una ragazza rom, una delle portavoce dell’occupazione. Ha i capelli biondo tinti, sprizza energia da tutti i pori, mentre parla con il vicesindaco Bergamo insieme a Mercedes, una donna argentina, lo guarda negli occhi, non li abbassa mai. Qui è una festa: le donne eritree e somale preparano il caffé secondo l’usanza del loro paese. I bambini si inseguono, giovani uomini indossano cappellini e canotte e si fanno vedere accanto alle loro donne incinte. Qualcuno prepara i caffè con le cialde: “Farò il cialdarrostaio” dice un ragazzo di origini libiche vestito come un rapper, cappellino a rovescio, occhiali da sole tondi e una grossa catena al collo. La comunità si presenta al vicesindaco: c’è l’occupazione di colle salario da vent’anni: “Attorno a noi ci sono i fascisti, ma noi siamo rispettati, gli abitanti si fidano, ci mandano i bambini per il doposcuola, tutto è gratis. Con l'”Altro colle” abbiamo un progetto di laboratori sociali”. Anche qui ci viene offerto un banchetto. E a Bergamo viene fatto un regalo. Una grappa barricata. Accompagnata da uno dei cori del movimento della casa nella Capitale: “Roma si barrica!”. Il vicesindaco sorride imbarazzato. Irene mi racconta una storia di resistenza. Eravamo nel 2013, i movimenti erano impegnati in una manifestazione in centro. Ci furono cariche ed arresti. Alla fine della manifestazione andarono in presidio al commissariato Trevi. Giunse la notizia che la questura aveva ordinato lo sgombero di Casal Boccone, si precipitarono. Nel frattempo erano entrati. Furono le donne a opporsi, piano per piano, fino a rifugiarsi sui tetti con i bambini. C’è una foto con un elicottero sospeso, mentre un occupante ha in mano un estintore. Ultimo segno di resistenza. Dalle quattro del pomeriggio alle 22 scenari di guerra. Le truppe alla fine si ritirarono dalla ritorsione. Quando si entra nel cortile di Casal Boccone si vede un murales colorato con lo slogan: Casal Boccone resiste! E poi anche un altro: “Welcome Trouble”, benvenuti guai. Ogni battaglia ha la sua memoria. E la tramanda con un hashtag.
Casal Boccone Occupato

Un vascello nella tempesta: Metropoliz

Diventato il luogo simbolo delle occupazioni per necessità della Capitale, oggi Metropoliz ospita il Maam ed è un vascello di nuovo nella tempesta. Il ministero dell’interno dovrà risarcire i proprietari dell’ex salumificio sulla Prenestina, occupato dal 2009 per quasi 30 milioni di euro all’impresa Salini, specializzata anche in costruzione di grandi opere in tutto il mondo. Il ministro dell’Interno sarebbe responsabile della «carente attività di prevenzione» e della «altrettanto carente attività di repressione delle occupazioni abusive». Su questo terreno doveva sorgere un condominio da 50 mila metri cubi di appartamenti con cessione di parte degli alloggi al Campidoglio. Ma prima della variante necessaria per la costruzione, arrivata dopo dieci anni di trattative nel 2013, questo rudere è stato occupato da una comunità di peruviani, marocchini, tunisini, ucraini, polacchi, rom ed eritrei. Così è stato a poche centinaia di metri da qui, con il cosiddetto “5 Stelle”: occupato da 5 anni da 100 famiglie. Un risarcimento esemplare, come per Metropoliz, è stato al ministero dell’Interno anche per l’occupazione di via del Caravaggio da parte del coordinamento per la lotta per la casa. E’ un ex sede dell’assessorato della casa della Regione Lazio, ora di proprietà della famiglia Armellini. La cifra richiesta al ministero dell’Interno è di 162 mila euro per ogni mese di occupazione. E’ stata occupata dal 2013 da circa 200 famiglie, 350 persone, un centinaio di minori, un microcosmo composto da senegalesi, marocchini, etiopi, italiani, una popolazione meticcia che lavora come ambulante nei mercati, negli alberghi oggi vive con l’incubo di uno sgombero. Senza alternative. La discussa creazione del Museo dell’Altro e dell’Altrove (Maam) è stata un’intuizione dei Bpm e da De Finis, scelto da Bergamo come curatore del Macro a partire da ottobre per il prossimo anno e mezzo. Hanno convinto gli artisti a interpretare criticamente il loro ruolo e a usare la loro arte come una “barricata” a difesa di un’occupazione. E’ un’altra piega della storia intellettuale degli urbanisti e degli architetti: l’arte, e la professione, usate a sostegno dei movimenti.
La festa a Metropoliz
La barricata d’arte potrebbe non bastare. L’invito è allo sgombero, al di là dei costi sociali che potrebbe provocare. «L’esecuzione degli sgomberi forzati – si legge nella sentenza -può certamente determinare immediati, ma evidenti e limitati, turbamenti dell’ordine pubblico. Ma la tolleranza delle occupazioni abusive, al contrario, può determinare situazioni di pericolo meno evidenti ma decisamente più gravi nel medio e nel lungo periodo». La stilettata è rivolta anche alla giunta Raggi. “Le occupazioni abusive di interi stabili nella sola città di Roma assommano almeno a un centinaio e tale situazione è da sola sufficiente a dimostrare l’inadeguatezza della complessiva azione preventiva e repressiva delle autorità preposte”. Il conflitto in corso è stato così descritto dal presidente dell’Associazione nazionale magistrati Albamonte pochi giorno dopo il drammatico sgombero di piazza Indipendenza: «Il diritto alla casa non è rivendicabile davanti a un giudice, a differenza del diritto di proprietà, e noi da questo non possiamo prescindere” ha detto. Secondo l’avvocato Francesco Romeo “Il diritto alla casa non è considerato un diritto fondamentale della persona – commenta, prima di scendere dall’autobus – Se così fosse non dovrebbe essere sottoposto al diritto di proprietà”. Uno stato a difesa del diritto di proprietà. Oggi inteso in modo assoluto, oltre la moderazione sociale impressa a questo “terribile diritto” (così lo chiama Stefano Rodotà in un celebre libro) dalla Costituzione.
A Metropoliz

Nuove alleanze

I poveri devono sparire. Dove? Ovunque. E in nessun luogo. Mentre le città sono piene di appartamenti vuoti, nei centri e nelle periferie si moltiplicano ruderi urbani disabitati, si mantiene una decorosa desolazione. Sempre più persone, incapaci di mantenersi economicamente, saranno costrette a vivere in formicai spettrali. Saranno cacciate, e disperse. Mentre sotto gli occhi della cittadinanza “decorosa” si apriranno ettari di terre perdute, palazzi abbandonati. E fantasmi umani popoleranno ruderi abbandonati. Questa distopia esiste e si trova sulla via Tiburtina, a pochi passi dal carcere Rebibbia. A pochi metri dalla strada sorge un palazzo scheletrico, abbandonato da anni. E’ l’ex fabbrica della pennicilina che un tempo occupava 1700 operai. Oggi, dentro questo edificio sventrato, abitano 600 persone in condizioni disumane. Un luogo inabitabile si è riempito di baracche costruite anche con l’amianto. E’ un ghetto alimentato dagli sgomberi di via Vannina avvenuti nel 2017. Lungo una strada dove sono nati come funghi Casinò, compro-oro, autosaloni e prostituzione è difficile anche che arrivino i movimenti che costituiscono un argine alla ghettizzazione. “Dal lago della Snia Viscosa a Metropoliz – racconta Carlo Cellamare, docente di urbanistica a Ingegneria Sapienza – il ruolo dell’autorganizzazione è storico e importantissimo. E’ un patrimonio prodotto dalle lotte che producono più politica pubblica delle amministrazioni. Bisogna allearsi con queste forze sociali per ripensare la città. Non sono un pericolo pubblico da sgomberare per difendere il diritto di proprietà, ma un alleato per creare un nuovo diritto”.
Mappa delle occupazioni a Roma, Murales (Porto Fluviale occupato, Roma)
E’ una teoria della coalizione sociale: Di questa alleanza fanno parte anche gli intellettuali. A Roma si tramanda una tradizione progressista e radicale, oggi presente nelle università di Tor Vergata, Roma Tre e Sapienza, che li vede impegnati nella progettazione, nell’immaginazione e nella pratica costruzione di una città diversa. Scrivono libri, creano mappe, intrecciano i loro lavori con quello degli artisti. È uno dei dati più interessanti emersi dal “convegno nomade” sui bus. Ne è stato un esempio Antonello Sotgia che mi ha raccontato la storia dei “rossi e degli esperti”. Espressione ricorrente nel Pci, ma presente in tutti gli ambiti di movimento, e non solo nella lotta per la casa. Antonello non si è prestato a quella deriva che ha trasformato gli intellettuali in tecnici della speculazione, consiglieri del principe. È sempre partito dagli oppressi. Il suo obiettivo è stato quello di elaborare strumenti per farli impadronire del loro destino. È una tensione presente nella storia sociale dell’urbanistica, sin da Roma Moderna di Italo Insolera (Einaudi). E la si ritrova nel più recente Roma alla Conquista del West (DeriveApprodi), scritto con Rossella Marchini. Un metodo etnografico e partecipativo, la capacità concreta di progettare, l’organizzazione di alleanze: questo è il modello che emerge dalle lotte per la casa. “Per me è un’esperienza commovente – racconta Rossella Marchini, architetta e urbanista – In molte occupazioni sono stata il primo giorno, ora vedo come sono state trasformate. Vivere in occupazione è un’esperienza dura e faticosa. Sei costretto a creare comunità con estranei, ad affrontare mille conflitti. Oggi si pensa che la povertà sia una vergogna da nascondere, qui invece si dimostra che ci si può riscattare, è possibile emanciparsi e condurre una vita degna”. La storia di questi intellettuali è parte di una storia politica. L’ha raccontata Cristiano Armati, autore di La Scintilla: dalla Valle alla metropoli, una storia antagonista della lotta per la casa (Fandango). La resistenza che a Roma ha assunto caratteri di massa ed è intrecciata con la storia dell’urbanistica. Le masse espulse per lasciare spazio ai progetti urbanistici del fascismo che hanno sventrato la città storica erano il bacino della resistenza. Dopo la guerra i comitati di liberazione nazionale furono convertiti in comitati di quartiere che iniziarono la lotta per la casa”. Inizialmente i risultati furono notevoli. Finché le politiche pubbliche per la casa sono durate. E’ stato un periodo in fondo breve. Con la fine del Welfare, e la trasformazione della politica, la precarietà abitativa è cambiata. La data simbolo è il 1989, lo sgombero della Pantanella. Qui è nata la nuova generazione dei movimenti entrati in contatto con i migranti, fatta da loro stessi. Questa idea di alleanza tra gli intellettuali, gli artisti, gli attivisti e i movimenti per la casa è di straordinaria importanza in un tempo in cui i poveri sono compatiti, e nascosti, mentre gli intellettuali si odiano, oppure prendono posizioni eburnee da social network. Gramsci sosteneva che l'”intellettuale nuovo” deve “mescolarsi attivamente alla vita pratica” e che tutti gli uomini, e le donne, indipendentemente dal loro ruolo sociale, esplicano “una qualche attività intellettuale”, perché non vi è attività umana – neppure la più pratica – “da cui si possa escludere ogni intervento intellettuale”. Questo vale per l’urbanista, l’architetto, o l’artista, e non solo. E vale per i loro alleati, gli occupanti, di qualsiasi provenienza, dentro questi processi.  Impadronirsi degli strumenti e dei concetti, condividerli, è una prospettiva di emancipazione, la costruzione di una forza. Dalla lotta per una casa dignitosa nasce una vita nuova.

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Sabato 16 il corteo degli «invisibili» a Roma: diritti senza confini, casa e reddito per tutti https://www.micciacorta.it/2017/12/roma-sabato-16-corteo-degli-invisibili-diritti-senza-confini-casa-reddito-tutti/ https://www.micciacorta.it/2017/12/roma-sabato-16-corteo-degli-invisibili-diritti-senza-confini-casa-reddito-tutti/#respond Wed, 13 Dec 2017 09:06:02 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=23945 Contro frontiere e sfruttamento. Il corteo è promosso da un centinaio di associazioni antirazziste, sindacati di base e movimenti per la casa

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Insieme ai rifugiati e ai lavoratori migranti, i movimenti per il diritto all'abitare e gli spazi sociali Arriveranno sabato 16 dicembre a Roma con centinaia di pullman, le prime stime parlano di 15 mila persone, ma probabilmente saranno di più, per la manifestazione «diritti senza confini». Partirà da piazza della Repubblica alle 14 ed è promossa da un centinaio di associazioni, sindacati e movimenti: da Usb Si Cobas e Adl Cobas alla Rete dei numeri Pari, dal centro sociale «Je so’ pazzo» ai movimenti per il diritto all’abitare, dal mondo anti-razzista (dal Baobab a Casa Madiba) agli studenti (Rete della Conoscenza). «È il corteo degli invisibili resi tali dalla legge Bossi-Fini, dalla Legge Lupi che stacca le utenze alle occupazioni abitative, dal regolamento di Dublino e dal decreto Minniti Orlando – ha detto il portavoce della manifestazione Aboubakar Soumahoro – Siamo gli esclusi che lavorano nelle campagne, nella logistica, nel lavoro domestico». Inizialmente prevista a piazza Indipendenza – ad agosto sede di uno dei più violenti e simbolici sgomberi degli ultimi anni a Roma ai danni dei rifugiati del Corno d’Africa (da allora non è stata trovata alcuna soluzione, se non le baracche Ikea) – la conferenza stampa è stata trasferita nella sede della federazione nazionale della Stampa (Fnsi) a seguito di un divieto. Le rivendicazioni sono: il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari ai profughi a cui non è stata riconosciuta la protezione internazionale; la regolarizzazione di chi è senza permesso di soggiorno; la cancellazione dell’articolo 5 del piano Lupi sulla casa; l’abolizione della Bossi-Fini, della Minniti-Orlando, del trattato Dublino III e della legge sulla sicurezza urbana che ha trasformato il «decoro urbano» in uno strumento di repressione e di esclusione dei poveri. Infine c’è la proposta di un «reddito minimo» universale e quella sulle spese sociali «fuori dal patto di stabilità». Contro il corteo è già partito il dispositivo securitario fondato delle fake news su presunti «violenti» infiltrati nel corteo, sorveglianza e controllo preventivo, già rodato in una manifestazione del 25 marzo scorso nella Capitale in occasione del sessantennale dal trattato di Roma. In quella occasione fu sperimentato il sistema del «Daspo urbano» contro manifestanti pacifici, oltre a un sistema di filtraggio che ha impedito a più di un centinaio di persone di partecipare al corteo. Tre pullman furono dirottati al centro di identificazione di Tor Cervara. Per tredici persone scattò il foglio di via. «Sarà una manifestazione popolare – sostengono gli organizzatori – Non presteremo il fianco a nessun tipo di strumentalizzazione». Con la questura, sostengono, è stato stabilito che i bus entreranno nel centro della città. Un gruppo di avvocati seguirà i mezzi, e poi saranno presenti nel corteo. Nelle stesse ore, a Mentone sul lato del confine francese, è stato annunciato un corteo di solidarietà la manifestazione romana. Tra gli obiettivi c’è anche quello di denunciare la militarizzazione dei confini: a Ventimiglia e a Lampedusa. «La manifestazione -aggiungono i promotori – pone anche il problema della libertà di movimento, la libertà di opinione e di dissenso. Senza questa libertà non è possibile rivendicare i diritti sociali». Il corteo restituirà una mappa di ciò che si muove in Italia sui diritti dei migranti e sulla casa. Ci saranno coloro che hanno animato la «marcia della dignità» contro il mega ghetto di Conetta, i migranti che lavorano nella filiera dell’agroindustria da Rosarno a Foggia, fino a Latina. E poi gli occupanti del porticato di piazza SS. Apostoli a Roma, sgomberati da Via Quintavalle a Roma il 10 agosto scorso e costretti a vivere in condizioni drammatiche nel centro della Capitale. La storia degli sgomberati di piazza SS. Apostoli “Non si nasce poveri, lo si diventa” ha raccontato Claudio, in una drammatica testimonianza durante la conferenza stampa. Da quattro mesi vive nel porticato di piazza SS. Apostoli, è uno degli sgomberati di via Quintavalle. Tutto è iniziato quando la proprietaria dell’immobile, una controllata del Monte dei Paschi di Siena, ha deciso di farla finita con l’occupazione. Prima è stata staccata la luce, una decisione che ha prodotto un’emergenza umanitaria. Nel mese successivo gli occupanti hanno respinto un tentativo di staccare l’acqua. Entrambe le decisioni rispondono ai criteri stabiliti dall’articolo 5 del piano Lupi sulla casa che, inoltre, nega l’iscrizione all’anagrafe. Infine è arrivato lo sgombero. Era il 10 agosto. Dopo una lunga resistenza sul tetto, la fine. Undici occupanti sono stati arrestati, molti altri denunciati. Per i primi ci sono stati tre giorni di fermo. E poi l’esodo. Verso il centro città. E piazza SS Apostoli, per chi conosce Roma, è una piazza a dir poco centrale. Gli sgomberati sono stati, da allora, ospitati nel portico. “Speravamo di avere più visibilità – racconta Claudio – ma siamo rimasti invisibili. Tutti quelli che non accettano gli sgomberi, perché non hanno una casa, lo diventano: invisibili”. Da oltre quattro mesi si è formata attorno al portico una catena di solidarietà. Le altre occupazioni, le associazioni “ci hanno aiutato con le coperte, il cibo. Il parroco è stato ospitale ci ha dato una mano” continua Claudio. Ma la situazione sta peggiorando. Nel frattempo è arrivato l’inverno. E manca tutto. A partire dai bagni. “Non abbiamo servizi igienici – sostiene Claudio – Andiamo nei bar vicini. Tranne uno, gli altri non ci fanno usare i bagni. Durante la notte diventa molto difficile questa situazione. Tutto è chiuso nel centro. E poi il gelo. Se durante il giorno ti muovo, porti i figli a scuola, vai al lavoro se ne hai uno, allora te la cavi. Ma per chi non ha tutto questo, e resta fermo, è difficile che riesca ad addormentarsi. In tenda è difficile farsi passare il gelo”. In questo dramma, la giunta Cinque Stelle continua a esitare. La risposta sembra essere sempre la stessa: dividere i nuclei (circa 45) distinguendo le “fragilità”, con il rischio di separarli. Tra l’altro per chi non risulta “fragile” (portatore di handicap, donna in cinta, o i bambini) il destino sembra essere proprio quello di restarci, in strada. “Abbiamo rifiutato tutte queste opzioni – sostiene Claudio – Quando si parla di “fragilità” bisogna intendersi: qui ci sono molte persone che sono costrette a occupare perché non hanno un lavoro e, se ce l’hanno, non riescono nemmeno a pagarsi un affitto”. Questa storia, raccontata nel corso della conferenza stampa, è a suo modo un caso di “integrazione”. Tra i nuclei del portico di sono famiglie di diverse nazionalità che convivono da anni insieme. Nella parte più invisibile della città, in quella zona esposta agli occhi che non vogliono vedere, si è formata una “resistenza meticcia”, così l’ha definita Claudio. Un sistema di relazioni presente in tutte le occupazioni nella Capitale, e non solo. Quelle della casa sono anche lotte anti-razziste. FONTE: Roberto Ciccarelli, IL MANIFESTO

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Roma: ancora sgomberi, denunce e multe contro i movimenti https://www.micciacorta.it/2017/09/roma-ancora-sgomberi-denunce-multe-movimenti/ https://www.micciacorta.it/2017/09/roma-ancora-sgomberi-denunce-multe-movimenti/#respond Fri, 08 Sep 2017 07:51:14 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=23720 Diritto all'abitare. Presidio in via Ripetta dei movimenti per segnalare un palazzo vuoto sequestrato alla mafia e abbandonato da anni

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E' stato sgomberato, con denunce e multe da 2500 euro. Per la Questura gli attivisti volevano occuparlo. "Non è vero - rispondono - Volevamo segnalarlo. E' in atto una repressione vergognosa. L’urgenza di usare gli stabili vuoti per l'emergenza abitativa non può essere rinviata" ROMA. In via Ripetta c’è uno dei palazzi sequestrati alla mafia e abbandonato da anni che il ministro dell’Interni Minniti sostiene in teoria di volere usare per affrontare l’emergenza abitativa. In passato ha ospitato l’ospedale San Giacomo. Proprio qui, nel cuore di Roma, a pochi passi dall’accademia di Belle Arti, ieri pomeriggio i movimenti per il diritto all’abitare hanno convocato un’assemblea pubblica. Il loro presidio, composto da un centinaio di persone, è stato sgomberato con la forza e le persone convenute sono state respinte verso piazza del Popolo. E poi sono state disperse. Dopo il violento sgombero dei rifugiati eritrei da piazza Indipendenza, e del presidio a piazza Venezia, nella Capitale vige la solita legge: non deve rimanere traccia visibile, nelle strade e nelle piazze, di quelle presenze umane, storie dolenti, soggettività non riconciliate. Nei fatti, questa politica dello struzzo, lascia intatte le premesse del caos prodotto nelle ultime settimane: il Comune a Cinque Stelle non vede, il prefetto non sente, il Viminale disegna scenari futuribili, la gente resta per strada nella città senza case e delle case senza gente. L’impasse politica è totale. E tragica. Secondo la Questura di Roma l’intento dei manifestanti era quello di occupare la gigantesca struttura fatiscente. In realtà, come hanno spiegato i movimenti per la casa, l’intento era di denuncia contro “la scarsa disponibilità dell’amministrazione comunale ad affrontare con la dovuta serietà le nostre richieste. Indicare a parole, come si fa da tempo, caserme, stabili sottratti alla criminalità e alloggi sfitti, senza mettere in campo un percorso serio non dettato dall’emergenza e sostenuto dalle risorse stanziate dalla Regione Lazio, sta diventando inquietante e privo di una reale volontà verso soluzioni definitive”. La risposta è stata la solita: i partecipanti al sit-in sono stati identificati e denunciati per manifestazione non autorizzata. In più riceveranno una multa da 2.500 euro per blocco stradale. A chi tra loro chiedeva di raggiungere in corteo piazza Venezia è stato opposto un divieto. A quel punto si sono seduti per terra, ma sono stati sgomberati a forza. Oggi, a mezzogiorno, in piazza SS. Apostoli dove prosegue la permanenza degli sgomberati da via Quintavalle a Cinecittà ci sarà una conferenza stampa dove i movimenti intendono denunciare le falsità contenute nella ricostruzione della Questura: “Vogliamo le bugie su quanto accaduto oggi a via Ripetta. Non è vero – sostengono – che volevamo occupare l’edificio vuoto, ma solo segnalarlo. La questura lo sapeva, avevamo fatto un comunicato. È una repressione vergognosa”. La persecuzione nei confronti dei nuclei sgomberati dallo stabile di via Curtatone e l’assenza di soluzioni definitive anche per le famiglie di Cinecittà continua a produrre tensioni e gravi incertezze in una città dove si moltiplicano gli accampati. “Sul piatto alla fine rimane solo la linea della fermezza e lo scudo rappresentato da coloro che in graduatoria aspettano un alloggio popolare, come se non fossero le stesse persone che occupano per necessità stanche di un attesa decennale”, sostengono i movimenti. È un passaggio importante perché rovescia la fake news razzista: quella per cui gli occupanti abbiano trovato un modo per superare le graduatorie. Quando, invece, sono le graduatorie a non scorrere. Un motivo che spinge le famiglie più in difficoltà, anche quelle italiane, a scegliere l’opzione dell’occupazione. FONTE: Roberto Ciccarelli, IL MANIFESTO

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Contro le misure di prevenzione come strumenti di controllo del dissenso https://www.micciacorta.it/2017/01/le-misure-prevenzione-strumenti-controllo-del-dissenso/ https://www.micciacorta.it/2017/01/le-misure-prevenzione-strumenti-controllo-del-dissenso/#respond Wed, 18 Jan 2017 08:36:09 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=22882 A febbraio la Corte d'appello di Roma sarà chiamata a decidere sui ricorsi presentati da due esponenti dei movimenti di lotta per il diritto all'abitare, Paolo Di Vetta e Luca Fagiano

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Movimenti. L'appello dei giuristi democratici. A febbraio la Corte d'appello di Roma sarà chiamata a decidere sui ricorsi presentati da due esponenti dei movimenti di lotta per il diritto all'abitare, Paolo Di Vetta e Luca Fagiano, colpiti da decreti che dispongono nei loro confronti la misura della sorveglianza speciale: provvedimenti fortemente limitativi della libertà personale con sacrificio dei diritti di riunione ed espressione e manifestazione del pensiero e di movimento Nel prossimo mese di febbraio la Corte d’appello di Roma, sezione applicazione misure di prevenzione per la sicurezza e la pubblica moralità, sarà chiamata a decidere sui ricorsi presentati da due esponenti dei movimenti di lotta per il diritto all’abitare, Paolo Di Vetta e Luca Fagiano, colpiti da decreti che dispongono nei loro confronti la misura della sorveglianza speciale: provvedimenti fortemente limitativi della libertà personale (con sacrificio dei diritti di riunione ed espressione e manifestazione del pensiero) e di movimento (con la sospensione della patente di guida). Nel recente passato, amministratori pubblici locali così come politici nazionali, proprio a seguito di incontri con tali attivisti hanno più volte espressamente dichiarato che il grave problema dell’emergenza abitativa non può essere ridotto a una questione di ordine pubblico. Ciononostante, nel corso dell’ultimo anno si è registrato, da parte della Questura di Roma, un inusitato e reiterato ricorso alle misure di prevenzione nei confronti di attivisti delle realtà associative per il diritto alla casa, dall’avviso orale fino alla proposizione, in ben sette casi, della sorveglianza speciale. L’utilizzo di questo tipo di armamentario, costruito fondamentalmente per il contrasto e la repressione del fenomeno mafioso e utilizzato invece nella specie al fine di comprimere e di fatto negare diritti fondamentali del vivere civile e sociale, è senza dubbio alcuno preoccupante. Al di là dei rischi immanenti di incostituzionalità – da tempo denunciati dalla gran parte della dottrina – dell’intero sistema delle misure di prevenzione per contrasto con i principi della riserva di legge, della tassatività, della non colpevolezza e dell’eguaglianza, pare di cogliere una concezione del diritto della prevenzione come diritto punitivo del sospetto, con l’elusione delle garanzie sostanziali e processuali. Quando al centro della valutazione giudiziaria si fa rientrare la presunta personalità “antagonista” dei proposti e dalla loro militanza politica si farebbero discendere i comportamenti di rilevanza penale, la valutazione di stampo preventivo assume particolare delicatezza: in discussione rientrano allora non solo la presunta capacità di mettere a repentaglio la sicurezza pubblica ma, soprattutto, i principi costituzionalmente tutelati della libertà di esprimere le proprie opinioni e di associarsi insieme ad altri per sostenerle. Il rischio di una torsione delle misure preventive e di un loro – improprio – utilizzo quali strumenti di controllo del dissenso e del conflitto sociale si fa così sempre più concreto. E laddove le misure preventive assumano una indebita funzione surrogatoria della sanzione penale, divenendo la “stampella” di questa, ad essere messo in discussione è il rispetto del principio di legalità, ossia l’accertamento delle specifiche situazioni di pericolosità attraverso un rigoroso rispetto degli indici tassativamente previsti dal legislatore. In mancanza di accertamento giudiziale delle condotte lamentate, in buona sostanza, si finisce per ricorrere alle misure di prevenzione proprio per aggirare le garanzie sostanziali e processuali, connesse all’accertamento dei reati, in tutti i casi nei quali, in mancanza del raggiungimento della prova certa della colpevolezza, ci si deve accontentare di sanzionare (meno gravemente) il dubbio. Così facendo, si realizza esattamente una torsione delle misure preventive ed un loro utilizzo quale strumento di controllo del dissenso e del conflitto sociale. Ciò che, dal punto di vista amministrativo, potrebbe essere definito come un eccesso, ovvero uno sviamento di potere. Torsione evidente ed allarmante quando, come nel caso di specie, certamente provata risulta la presenza dei due attivisti a tavoli ufficiali di dialogo con partiti politici nazionali, istituzioni politiche comunali, provinciali, regionali, nonché con i vari Prefetti di Roma che si sono avvicendati nel tempo, mentre oggettivamente inconsistente la presenza degli stessi in mobilitazioni a cui sono seguiti disordini (come ad esempio la manifestazione “No Expo”) tenutesi lontano da Roma. Attribuire perciò la qualifica di soggetti socialmente pericolosi a due lavoratori impegnati nel volontariato sociale in aiuto di persone svantaggiate, attivisti dei movimenti sociali e costanti interlocutori politici delle autorità politiche ed amministrative locali ad ogni livello, protagonisti del percorso istituzionale di approvazione della recente delibera della Giunta della Regione Lazio che riconosce il diritto a coloro che abitano “immobili pubblici o privati impropriamente adibiti ad abitazione” (così le delibera 110/2016 Giunta Regione Lazio —approvata all’unanimità— e 50/2016 del Commissario comunale Tronca) all’assegnazione di una quota di alloggi di edilizia popolare, risulta un’evidente forzatura. Non riteniamo che si possa chiedere ai Tribunali di giudicare una dinamica sociale. Tanto più quando le denunce giungano in ragione del fatto di essere persone note e riconoscibili, per aver sempre agito una politica pubblica, per essere stati i referenti nei rapporti con le istituzioni. Ritenere oggi pericolose socialmente due persone perché, come espresso nelle richieste, hanno partecipato a manifestazioni anche sfociate in disordini non è accettabile. A meno che non si intenda far rispondere personalmente gli stessi di ogni comportamento di ogni singolo manifestante, o peggio, ricondurre a loro di tutte le dinamiche che si determinano in momenti di piazza. Laddove i “precedenti di polizia” addotti a sostegno delle misure richieste, pur quantitativamente non scarsi, siano qualitativamente inconsistenti (o addirittura riguardino persona incensurata) e difettino del necessario requisito dell’attualità, deve valere l’importante principio del nostro stato di diritto chiaramente espresso nella sentenza n. 177/80 della Corte costituzionale: “Il materiale probatorio ritenuto inidoneo o insufficiente per affermare la responsabilità penale in ordine a talune fattispecie di reato non può essere diversamente valutato quando si tratti di accertare, per l’applicazione di misure di prevenzione, la sussistenza del medesimo atto di preparazione”. *** Hanno aderito allo stato attuale: Luigi Ferrajoli, Professore emerito di Filosofia del diritto; Livio Pepino, già Sostituto Procuratore presso la Corte di Cassazione; Antonello Ciervo, Avvocato, Ricercatore di Diritto Pubblico Università di Perugia; Daniele Nalbone, giornalista; Franco Russo, Associazione Forum Diritti/Lavoro. 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Diritto all’abitare a Roma, Di Vetta e Fagiano «sorvegliati speciali» https://www.micciacorta.it/2016/10/22610/ https://www.micciacorta.it/2016/10/22610/#respond Fri, 28 Oct 2016 08:22:58 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=22610 Movimenti. Il Tribunale di Roma ha deciso di applicare la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza ai due attivisti per il diritto alla casa a Roma

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Il Tribunale di Roma ha deciso di applicare la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza nei confronti di Luca Fagiano, attivista del movimento per il diritto all’abitare «Coordinamento cittadino di lotta per la casa». Per Paolo Di Vetta, attivista dei «Blocchi precari metropolitani», oltre alla sorveglianza speciale gli è stato imposto l’obbligo di non allontanarsi dalla Capitale, in pratica l’obbligo di dimora. Contro gli esponenti romani dei movimenti per la casa sono state disposte misure che in passato hanno riguardato la criminalità organizzata e sono state introdotte dal fascismo per gli oppositori politici. Solo all’inizio della storia repubblicana si provò a usarle contro partiti o movimenti. Fagiano e Di Vetta, protagonisti da anni delle lotte contro gli sfratti e delle occupazioni abitative a Roma, non possono uscire di casa prima di una certa ora e devono rincasare entro una certa ora. Si tratta di misure molto invasive: ogni violazione di questo regime comporta un reato. Se si viene denunciati, la pena aumenta. In questa situazione rischiano di trovarsi anche altri esponenti del movimento romano per i quali è stato attivato il primo scalino che porta alla pericolosità sociale, cioè l’avviso orale. «In Val di Susa, come a Roma, Pisa, Torino, Bologna e in tante città abbiamo assistito a un utilizzo tutto politico degli istituti di prevenzione, dentro uno sviluppo del diritto penale – un diritto «del nemico» per combattere la guerra contro i poveri in corso – denuncia in una nota il movimento – Si vogliono punire le soggettività, invece che i reati specifici. Cercando in questo modo anche di scoraggiare il conflitto e svuotare le piazze. Il tentativo di togliere la voce ai nostri compagni impedendogli di andare in piazza rafforza la nostra determinazione di lottare per i nostri diritti». SEGUI SUL MANIFESTO

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Il Campidoglio alla guerra contro poveri e senza casa https://www.micciacorta.it/2016/05/campidoglio-alla-guerra-poveri-senza-casa/ https://www.micciacorta.it/2016/05/campidoglio-alla-guerra-poveri-senza-casa/#respond Fri, 13 May 2016 07:44:40 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21822 Diritto all'abitare. Cariche e idranti contro i movimenti della casa nell'agorà della Capitale

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La protesta contro la delibera del commissario Tronca che stravolge un provvedimento regionale sull'emergenza abitativa. "È una chiusura totale di un potere chiuso e poliziesco che usa la forza contro chi non arriva alla fine del mese, di chi non ha casa”. "La regione Lazio deve esprimersi altrimenti gli sforzi per elaborare la delibera saranno vanificati" ROMA Alla fine lo hanno usato il camion-idrante in piazza Giulio Cesare al Campidoglio contro i movimenti per la casa. Quello che non è accaduto il 15 aprile scorso, in un’analoga manifestazione in cui i movimenti hanno incontrato i commissari romani, è accaduto ieri nell’apparente normalità di uno stato di emergenza che ha inglobato la democrazia.
Gli attivisti si erano dati appuntamento sotto la statua del Marco Aurelio, in quella che dovrebbe essere considerata l’agorà della Capitale, il luogo dove i cittadini si riuniscono e chiedono di incontrare e negoziare con chi guida la città. Sotto il colonnato erano stati appesi striscioni che recitavano: “Prima i poveri: casa, reddito, dignità”; “sTRONChiamo gli sgomberi, no all’articolo 5”, il provvedimento del “piano casa Lupi” che taglia le utenze e nega la residenza agli occupanti e ai loro bambini. I manifestanti hanno costruito una barricata di cartone per dividere il loro raduno dalla polizia in tenuta antisommossa. La situazione è degenerata rapidamente. Per la prima volta un camion idrante è intervenuto nella prestigiosa piazza per disperdere la folla con potenti getti d’acqua. È partita una carica che ha causato diversi feriti. Colpi hanno raggiunto anche i fotografi che seguono per lavoro queste manifestazioni. Si sono formati capannelli attorno a donne ferite, si visto il sangue sulle levigate pietre della piazza al tramonto. L’azione è stata giustificata per una presunta “aggressione” da parte dei manifestanti ai danni degli agenti in tenuta antisommossa. Tale “aggressione” sarebbe stata condotta con “un gommone e lancio di oggetti”. L’idrante è stato – ha spiegato la questura – “per evitare contatti pericolosi per l’incolumità delle persone”. La violenza della scena racconta, nella più stanca e deprimente campagna elettorale che si ricordi, la situazione romana: il Campidoglio, svuotato da rappresentanze democratiche, è diventato il teatro dove si esibisce la forza militare, non dove si manifestano legittime istanze democratiche. Scesi i gradoni di palazzo Senatorio, il corteo composto da un migliaio di persone è ripartito in direzione dell’anagrafe. In un ombroso pomeriggio, la Capitale è stata bloccata da un corteo selvaggio. “È una chiusura totale di un potere chiuso e poliziesco che usa la forza contro chi non arriva alla fine del mese, di chi non ha casa” è stato detto al megafono nel corso di un comizio volante. I movimenti per la casa protestano dal 15 aprile scorso contro la delibera 50 firmata dal Commissario Tronca che continuerà a sostituire per altre poche settimane il defenestrato ex sindaco Ignazio Marino. Il provvedimento attua una delibera regionale sull’emergenza abitativa: 200 milioni per 1200 alloggi che dovrebbero iniziare ad alleviare un’emergenza che a Roma è drammatica. Per i movimenti la delibera regionale è una conquista. Tronca ha deciso invece di modificarla in maniera sostanziale. In origine i soldi avrebbero dovuto essere destinati alle famiglie nelle graduatorie per una casa popolare tra il 2000 e i 2012, agli aventi diritto all’assistenza alloggiativa nei residence, a cui da anni si ricorre per dare un tetto alle famiglie, e coloro che vivono in occupazione. Per quest’ultima categoria i criteri sono stati cambiati dal commissario della Capitale. Il numero complessivo degli alloggi da destinare all’attuazione del piano sarà calcolato tenendo conto della percentuale del 15%. Contestato anche il criterio della residenza che limita al 31 dicembre 2013 la possibilità di fare domanda per una casa. Con un’ordinanza, Tronca ha compilato una lista di 74 stabili da sgomberare, tra cui alcune occupazioni abitative. Sedici sarebbero quelle imminenti. Contro questa decisione, da tre giorni 20 attivisti di Action, una delle sigle dei movimenti romani per la casa, stanno facendo uno sciopero della fame. Dopo la manifestazione del 15 aprile i movimenti – tra cui ci sono i Blocchi precari metropolitani e il coordinamento di lotta per la casa – avevano inviato al capogabinetto di Tronca alcune osservazioni. Due giorni fa sono state respinte con una lettera protocollata. “Vogliono sabotare la delibera regionale sull’emergenza abitativa con ogni mezzo a disposizione – sostengono i movimenti – La Regione Lazio deve esprimersi, altrimenti gli sforzi per eleborarla saranno completamente vanificati”. ***

Campidoglio, in migliaia contro gli sgomberi trovano un camion-idrante (15 aprile 2016)

Roma, i movimenti per la casa occupano dieci municipi in un giorno (6 maggio 2016)

In Italia c’è la guerra contro il diritto alla casa: sgomberi a Modena, sciopero della fame a Roma (12 maggio 2016)

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Roma, i movimenti per la casa occupano dieci municipi in un giorno https://www.micciacorta.it/2016/05/21789/ https://www.micciacorta.it/2016/05/21789/#respond Fri, 06 May 2016 08:53:56 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21789 I movimenti per il diritto all'abitare irrompono in una campagna elettorale mediocre dove i candidati sindaci hanno il sogno inquietante di una "Roma che torna Roma" e vogliono "essere liberi di sgomberare i campi rom". Per un giorno si torna a parlare di diritti sociali, lotta alla povertà e stop sfratti e sgomberi

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sgomberi

ROMA A Roma la campagna elettorale la fanno i movimenti. Non hanno candidati, ma contenuti, questioni, campagne. E producono blitz, a getto continuo. È riaccaduto ieri quando, dalle 11 in poi, il movimento per il diritto all’abitare ha occupato contemporaneamente i dieci municipi della capitale. «Cambiano le poltrone ma non cambia la politica» un cartello davanti all’ingresso del primo Municipio in via Petroselli che amministra una città nella città da oltre 200 mila abitanti sparsi tra il Colosseo fino alle mura del Vaticano. «Comune e Regione…sotto il ponte dell’amministrazione»; si è letto a piazza di Cinecittà, dove ha sede il Municipio VII, il più grande della Capitale: 300 mila persone disseminate tra piazza San Giovanni e le grandi autostrade urbane dell’Appia e della Tuscolana. Fitte e intrecciate sono le ragioni che hanno spinto a un’azione spettacolare nei giorni della campagna elettorale più sonnolenta che la città più commissariata d’Europa ricordi.
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Roma, occupazione di municipio contro la delibera Tronca che «stravolge quella regionale sull’emergenza casa»
C’è la contestazione delle lettere di sfratto recapitate a centinaia di associazioni e centri sociali, già oggetto della campagna «Roma non si vende”; il cosiddetto “piano casa» dell’ex ministro delle infrastrutture Lupi: quest’ultimo si è dimesso ma ha lasciato in eredità l’articolo 5 di un provvedimento del tutto insufficiente che nega il diritto di residenza agli occupanti per necessità e prevede il taglio delle utenze dei numerosi immobili occupati nella Capitale. Poi c’è la vertenza più stringente: le occupazioni-lampo hanno contestato la delibera 50 firmata dal commissario Francesco Tronca che, secondo i movimenti, ha cambiato la delibera regionale sull’emergenza abitativa finalmente approvata dalla giunta Zingaretti. Questo testo ha catalizzato buona parte degli sforzi dei movimenti per la casa romani negli ultimi tre anni, il primo provvedimento che cerca di affrontare concretamente l’emergenza abitativa. La delibera di Tronca riserva una quota del 15% degli alloggi Epr agli occupanti in emergenza abitativa. Nella delibera regionale tale quota non è prevista. Contestato anche il criterio della residenza che limita al 31 dicembre 2013 la possibilità di fare domanda per una casa. I movimenti hanno chiesto il congelamento della delibera del commissario. Con un’ordinanza, quest’ultimo ha compilato una lista di 74 stabili da sgomberare, tra cui alcune occupazioni abitative. Sedici sarebbero quelle imminenti. Una nuova manifestazione della «rabbia popolare» è prevista giovedì 12 maggio in Campidoglio. «Questa volta il Commissario Tronca non potrà evitare l’incontro” sostengono i movimenti sui social.
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Roma, occupazione di municipio contro la delibera Tronca che «stravolge quella regionale sull’emergenza casa»
In alcuni municipi i minisindaci hanno ricevuto alcune delegazioni. È accaduto nel IV, tra via Tiburtina e via Nomentana, quello che contiene anche la «Tiburtina Valley», l’ormai ex polo manifatturiero romano ad alto tasso di aziende tecnologiche. Un vecchio sogno degli anni Settanta ioggi ridotto a una distesa di scheletri di vecchie fabbriche, residence spettrali alcuni dei quali occupati, centri commerciali e casinò aperti 24 ore su 24. Emiliano Sciascia, presidente del IV Municipio e Carla Corciulo, vicepresidente, hanno fatto notare un particolare non del tutto secondario nella caotica gestione commissariale: «Siamo venuti a conoscenza, solo questa mattina, dell’esistenza della delibera commissariale 50 e questo denuncia ulteriormente lo scollamento tra l’amministrazione dei prefetti e quella dei municipi» denunciano. I politici si dicono «allarmati» dalle conseguenze che potrebbero scaturire «dallo sgombero forzato di realtà associative e culturali dalle sedi comunali» e auspicano una sanatoria della situazione. Alcuni dati vanno ricordati per dare il giusto peso all’emergenza abitati a Roma: 8 mila famiglie in lista per una casa popolare, 5 mila quelle ospitate nei residence, 6 mila occupano gli immobili della grande proprietà immobiliare. Sono trentamila i provvedimenti di sfratto in corso e migliaia le case pignorate dalle banche. Secondo i dati del ministero dell’Interno a Roma nel 2014 ci sono stati 13 sfratti eseguiti con la forza pubblica in ogni giorno lavorativo, 47 accessi di Ufficiali Giudiziari, 38 nuove sentenze di sfratto. La morosità è passata dall’86% del totale delle sentenze emesse nel 2013 al 90% nel 2014. Per Nomisma sono quasi 1,8 milioni le famiglie in difficoltà con l’affitto che rischiano di diventare morose in Italia. Il canone incide per oltre un terzo sui redditi. In questa condizione non ci sono solo gli stranieri: quasi 7 affittuari con problemi su dieci, il 65% sono italiani.

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*** L’inchiesta: L’altra faccia di Mafia Capitale***

A Roma decide la città: la campagna sui beni comuni contro Tronca sfratta-tutti. Anche il Pd (10.04.2016)

Roma, i movimenti per la casa occupano dieci municipi in un giorno(05.05.2016)

Prenestina 1391: l’altro Giubileo a Roma è quello dei senza tetto (9.12.2015)

*** Tagli, ribassi e iperlegalitarismo: la vita a Roma***

L’altra faccia di Mafia Capitale: il lavoro gratis nei canili privatizzati(27.4.2016)

A Roma l’accoglienza può trasformarsi in una bomba sociale (24.3.2016)

Gli operatori sociali senza stipendio (2 luglio 2015) Il lato oscuro dell’accoglienza (25 settembre 2015) La chiusura dei centri interculturali per i minori (6 ottobre 2015) Tagli, ribassi, iperlegalitarismo: così Roma distrugge il sociale (30 ottobre 2015)

Operatori sociali a Roma: «Noi non lavoriamo gratis» (5 novembre 2015)

L’altra faccia di Mafia Capitale manifesta a Roma (4 dicembre 2015)

***Moratoria giubilare***

Moratoria giubilare di sfratti e sgomberi a Roma (16.02.2016)

Moratoria giubilare per gli spazi sociali a Roma (27.1.2016)

La risposta dell’ex vice-sindaco di Roma Luigi Nieri: Quegli sgomberi a Roma L’intervento della Rete del diritto alla città: Nieri per caso

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Moratoria giubilare di sfratti e sgomberi a Roma https://www.micciacorta.it/2016/02/moratoria-giubilare-di-sfratti-e-sgomberi-a-roma/ https://www.micciacorta.it/2016/02/moratoria-giubilare-di-sfratti-e-sgomberi-a-roma/#respond Tue, 16 Feb 2016 09:12:33 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21350 Movimenti. La rete per il diritto alla città occupa il dipartimento al patrimonio. Incontro con il subcommissario Spadoni. I movimenti per il diritto all'abitare manifestano alla Regione Lazio

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moratoria

ROMA La campagna sulla moratoria giubilare degli sfratti e degli sgomberi a Roma ieri ha portato la rete del diritto alla città ad occupare per una mattinata il Dipartimento del Patrimonio. Nel primo pomeriggio i movimenti per il diritto all’abitare hanno organizzato un sit-in alla regione Lazio in via Cristoforo Colombo per chiedere alla giunta Zingaretti di sbloccare la delibera sull’emergenza abitativa per la quale sono a disposizione 200 milioni di euro. Anche loro hanno chiesto un’analoga «moratoria». L’assessore alle politiche abitative Fabio Refrigeri ha dichiarato l’impegno della giunta ad approvarla entro il mese di febbraio. Nel frattempo a Piazza Giovanni da Verrazzano, sede dell’assessorato al patrimonio, andava in scena un’assemblea singolare alla quale ha partecipato il sub-commissario al Patrimonio Bruno Spadoni per due ore. Gli attivisti dei centri sociali autogestiti, a partire da quelli che hanno ricevuto le lettere di sgombero dal commissario Tronca, hanno ribadito la richiesta di affrontare il problema della gestione del patrimonio pubblico con istituzioni regolarmente elette «e non con un governo commissariale privo di qualunque legittimazione democratica». Il Corto Circuito, Auro E Marco, La Torre, Esc e le altre associazioni hanno chiesto di fermare la macchina amministrativa che dovrebbe rimettere a bando 800 spazi – compresa la storica sede del Pd in via dei Giubbonari – come previsto dalla delibera 140 approvata dall’ex giunta di centro-sinistra Marino. Gli spazi sociali chiedono di ridiscutere le norme che rischiano di portare alla «privatizzazione» del patrimonio pubblico come determinato dal documento unico di programmazione (Dup) 2016–2018: realizzare un incasso da 15 milioni di euro all’anno per i prossimi tre anni da queste operazioni. Spadoni ha confermato l’intenzione dell’amministrazione di proseguire il percorso intrapreso dalla gestione commissariale presentando due motivazioni: l’indagine della magistratura romana sul patrimonio – di cui «Affittopoli» è solo un segmento, già iniziato sotto la giunta Marino – e un’istruttoria della Corte dei Conti. Si è comunque detto disponibile ad aprire un tavolo entro 15 giorni per discutere dei criteri di gestione nella transizione che porterà la Capitale al voto, forse, a giugno. La situazione è difficile, commentano gli attivisti che confermano la loro determinazione a resistere contro eventuali sgomberi. La campagna sulla moratoria proseguirà negli incontri territoriali del 20 febbraio quando inizierà la scrittura collettiva di una «carta di Roma» sull’esempio del regolamento sugli usi civici approvato dalla giunta De Magistris per l’Asilo Filangieri a Napoli. Il 19 marzo è previsto un corteo cittadino al quale, per la prima volta da tempo, parteciperanno tutte le realtà dei movimenti della Capitale.

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I movimenti della casa a Gabrielli: la verità sul diritto all’abitare a Roma https://www.micciacorta.it/2016/02/i-movimenti-della-casa-a-gabrielli-la-verita-sul-diritto-allabitare-a-roma/ https://www.micciacorta.it/2016/02/i-movimenti-della-casa-a-gabrielli-la-verita-sul-diritto-allabitare-a-roma/#respond Sun, 07 Feb 2016 08:20:00 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21290 Moratoria giubilare. I movimenti rispondono al prefetto della Capitale Franco Gabrielli

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sfratti

Assistiamo da diversi giorni ad un aumentato interesse mediatico sulla questione casa. Dentro questa continua produzione di articoli e inchieste si è inserito anche il prefetto Gabrielli, interloquendo sia con i movimenti che con Paolo Berdini che ha usato le pagine anche de Il Manifesto per fare alcune considerazioni. Si va dalla cosiddetta affittopoli romana alla dimensione del fenomeno delle occupazioni, senza tralasciare la vicenda residence sollevata ancora una volta in forma minacciosa verso coloro che risiedono in queste strutture, dal commissario Tronca. Il prefetto soprattutto invita tutti quelli che prendono parola ad essere informati sui fatti prima di parlare. E noi riteniamo di esserlo, per questo proviamo a ristabilire quantomeno un ordine cronologico a ciò che sta avvenendo o che è avvenuto, ben prima che arrivassero i due, per loro stessa affermazione, aspiranti al posto di capo della polizia italiana. Tralasciando la storia di quasi mezzo secolo della lotta per la casa nella capitale, di cui comunque va tenuto conto, vorremmo iniziare dall’approvazione della delibera regionale n.18 del gennaio 2014 da parte della giunta Zingaretti e sostenuta dall’assessore Refrigeri. Questo importante strumento di legge è anche il risultato delle lotte e delle decine di occupazioni che hanno interessato Roma dalla fine del 2012 a tutto il 2013, compresa l’enorme manifestazione del 19 ottobre che ha assediato il ministero delle infrastrutture e che ha costretto il ministro Lupi ad un confronto con i movimenti. Nello stesso anno lo stesso governatore Zingaretti entrava nell’occupazione di viale delle province 198 per un’assemblea in piena campagna elettorale che lo ha visto poi vincitore. La delibera perciò è stato il naturale punto di arrivo di un percorso che mirava ad affrontare l’emergenza abitativa con risorse e alloggi popolari, utilizzando patrimonio pubblico e privato esistente, respingendo la logica dei residence e dell’emergenza permanente, terreno fertile per “mafia capitale”. Dopo l’approvazione della delibera si sono susseguiti interminabili tavoli che avevano il solo obiettivo di procrastinare all’infinito la scrittura della fase attuativa per continuare a garantire i profitti generati dalla gestione quotidiana dei Caat e dei centri di accoglienza. Nello stesso periodo sono aumentati sfratti e sgomberi con l’uso della forza pubblica, si è approvato l’articolo 5 del piano casa Renzi- Lupi del maggio 2014, si è ritornati all’uso del bonus per l’affitto che tanta morosità ha prodotto spacciandolo come strumento rivoluzionario. Con l’arrivo del prefetto Gabrielli, che abbiamo incontrato due volte, abbiamo osservato in un primo momento una discontinuità interessante. Sue le parole “non sono venuto a Roma con il manganello in mano”, e “voglio definire un percorso dialogante dettato dall’urgenza”. Le mosse seguenti non sono state però lineari. Le occupazioni sotto sorveglianza speciale, o pericolanti come le ha definite il prefetto stesso, sono ancora in attesa di una soluzione e alcune delle realtà prese in considerazione dalla delibera regionale sono state sgomberate. Sono state fatte delle identificazioni di massa in alcune strutture occupate ma queste non valgono come riconoscimento di una residenza. Ora ci si è gettati sul filone affittopoli con un grande polverone dove Tronca diventa il protagonista di una svolta epocale nella gestione del patrimonio comunale e si vuole raccontare la storia di Roma ognuno a modo suo e soprattuto senza interpellare i principali protagonisti di questa storia, i movimenti per il diritto all’abitare. Anzi spesso vengono criminalizzati e aggrediti con misure giudiziarie e pecuniarie. Nelle sue dichiarazioni Gabrielli parla della delibera regionale come se senza il suo intervento fosse morta e sepolta e accusa la politica di essere inadempiente. Se le sue parole corrispondono al vero, perché stupirsi delle iniziative di lotta e dei tentativi di nuove occupazioni abitative? Perchè accusare con parole sferzanti di voler giocare o di fare i Soloni? Qui nessuno ha mai giocato e meno che mai intendiamo farlo sulla pelle di migliaia di persone e di tanti bambini. Per amore di verità andrebbe riconosciuto il valore del percorso sociale delle tante esperienze che costruiscono comunità dove non c’è intolleranza e non c’è fine speculativo. Così come fa la delibera regionale di cui tanto si parla ma che tanti spaventa. Per cambiare davvero, come recitava uno slogan abusato, la delibera del 2014 è una cosa seria e tutti gli attori in campo dovrebbero operare per renderla attuativa e per definire un precedente significativo di un indirizzo politico basato sulla programmazione e che non nasconde la povertà e le sue conseguenze. Altrimenti si finisce di usare il linguaggio del subcommissario all’emergenza abitativa Vaccaro, che ha definito il provvedimento regionale una delibera antiabusivi. #moratoriagiubilare #stopsfrattiesgomberi

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