Nilo Durbiano – Micciacorta https://www.micciacorta.it Sito dedicato a chi aveva vent'anni nel '77. E che ora ne ha diciotto Sun, 28 Jul 2019 07:38:52 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 Movimento NoTav, una marcia orgogliosa senza più sponde politiche https://www.micciacorta.it/2019/07/movimento-notav-una-marcia-orgogliosa-senza-piu-sponde-politiche/ https://www.micciacorta.it/2019/07/movimento-notav-una-marcia-orgogliosa-senza-piu-sponde-politiche/#respond Sun, 28 Jul 2019 07:38:52 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=25580 Il corteo dal «Festival dell’alta felicità» di Venaus al cantiere contestato di Chiomonte. I grillini sono i grandi assenti. Rispetto al passato, quando in Val Susa arrivavano da tutta Italia, ieri non c’era nessun parlamentare

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Una nube di gas lacrimogeno ha posto fine alla manifestazione Notav nei boschi della val Clarea. Finale ampiamente previsto, che soddisfa i manifestanti, che volevano raggiungere il cantiere diventato nel corso degli anni sempre più grande e invasivo. DOPO UN’ORA DI ASSEDIO alla prima delle recinzioni esterne del cantiere di Chiomonte i gas invadono il fitto bosco perché sparati in ogni direzione al fine di disperdere la folla che si era avvicinata alle recinzioni: chi è sprovvisto di maschere anti gas, quasi tutti, subisce gli effetti dei fumi e indietreggia velocemente. Circa cinquemila manifestanti avevano in precedenza sfondato una barriera d’acciaio piantata in mezzo ad un sentiero largo un metro e mezzo, nel nulla: dopo un primo lancio di lacrimogeni i poliziotti posti a difesa della surreale cancellata nei boschi – distante un chilometro dal cantiere – abbandonano il terreno di scontro, lasciando campo libero ai carpentieri Notav, che a colpi di flessibile aprono un varco attraverso il quale passano i manifestanti. LA CANCELLATA VIENE successivamente smontata e privata del filo spinato. Giunti alla fortezza entro la quale è stato scavato il tunnel geognostico, i manifestanti si dividono in due parti e tentano un doppio assalto: vengono gettati sassi e tre petardi che provocano violenti boati che rimbombano nei boschi. Alle otto di sera il movimento Notav ripiega e torna verso Giaglione, e poi ancora a Venaus dove si sta svolgendo il Festival dell’Alta Felicità. Visibilmente soddisfatto per il livello di conflittualità espresso, che metteva d’accordo i duri dei centri sociali giunti in gran numero e la componente popolare che non avrebbe accettato una degenerazione. Termina all’imbrunire una giornata di lotta molto diversa da quelle campali del 2011 – anno della massima conflittualità – quando venne sgomberata la cosiddetta «repubblica della Maddalena»: ieri meno partecipanti, ma molto più giovani. IL CORTEO, QUINDICIMILA persone all’inizio della marcia, muove i primi passi verso le due del pomeriggio e dopo circa due ore di cammino nella morsa dell’afa, prima lungo la statale e poi nei sentieri che attraversano una valle coperta di castagni secolari, raggiungeva il suo obiettivo. Lunghe file di automobili creano, ferme in attesa del passaggio del corteo: una accanito servizio di «propaganda» parla a tutti coloro che subiscono l’attesa, spiegando i motivi della manifestazione. GIUNTI A GIAGLIONE la quasi totalità dei partecipanti che prendono le vie sterrate nel bosco sono giovani e giovanissimi, giunti in valle per partecipare al festival. Pochi minuti prima della partenza un nubifragio si scatena in val Susa, abbattendosi anche sul campeggio adiacente alla grande arena del Festival e per alcuni minuti si teme che il corteo non riuscirà a partire, data la violenza della tempesta d’acqua: ma dopo alcuni minuti di furore meteorologico il cielo si rasserena e il corteo parte ordinato. IL MONDO NOTAV cammina così per l’ennesima volta lungo percorsi disseminati di vigne che odorano di verde rame, con i versanti ancora coperti di antichi terrazzamenti abbandonati che raccontano un lontano passato contadino. Nel 2007 si decise, dopo i violentissimi scontri di Venaus del 2005, di posizionare il cantiere della galleria gegnostica in una valle laterale della val Susa, giudicata imprendibile a causa della dura opposizione popolare. LA «ZONA ROSSA» che circonda il cantiere negli anni si è espansa ed è stata punteggiata da cancelli e sbarramenti, uno dei quali ieri è stato abbattuto e poi superato dai manifestanti. In mattinata i capi del movimento Notav avevano invitato a non lanciare sassi o altro contro le forze dell’ordine: richiesta che da alcuni viene disattesa, come era del resto prevedibile. Il lungo serpentone voleva raggiungere il cantiere e qui inscenare quella che viene chiamata «battitura», ovvero colpire ripetutamente e per minuti i cancelli con dei sassi. Rituale che veniva attuato negli anni passati e che viene ripetuto con successo. IL GRANDE ENIGMA sulla presenza di rappresentanti del mondo cinque stelle non riscuote particolare successo tra i manifestanti, disinteressati alle capriole del partito di Beppe Grillo. Parlamentari grillini non vengono avvistati, mentre si presenta una solitaria consigliera comunale di Torino, Viviana Ferrero. La quale non si avventura verso i boschi della val Clarea e il cantiere, rimane presso l’arena del Festival. Negli anni passati la presenza del M5s fu massiccia, con deputati a profusione in arrivo da tutta Italia. LA DECISIONE DEL GOVERNO gialloverde, e in particolare della sua componente cinque stelle, ha quindi portato energia a un movimento che non esprime una forza così da lungo tempo, diviso proprio dalle sensibilità politiche. Nilo Durbiano, ex sindaco di Venaus, commenta: «Il movimento Notav aveva promesso che avrebbe raggiunto il cantiere e lo ha fatto: ma il punto non è questo. Il punto è che siamo di fronte a un mondo a cui è stato detto, numeri alla mano, che ha ragione ma deve subire un’ingiustizia. Nel governo si sono piegati a delle logiche di potere, e questo genera situazioni come quella di oggi». È ORMAI SERA. I manifestanti, terminata la lunga marcia, tornano al campeggio dove assistono ad un concerto e alla festa finale del «Festival dell’Alta Felicità». * Fonte: Marco Boccitto, IL MANIFESTO   Foto: notav.info

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No Tav, dieci anni di resistenza https://www.micciacorta.it/2015/12/no-tav-dieci-anni-di-resistenza/ https://www.micciacorta.it/2015/12/no-tav-dieci-anni-di-resistenza/#comments Wed, 09 Dec 2015 09:52:13 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=20960 Venaus. Splende il sole sul corteo di ventimila persone che ricorda l'inizio della protesta della valle. Una scuola di politica che promette di durare un minuto di più della grande opera

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Gli stessi passi, la stessa lotta, solo con qualche ruga in più. Dieci anni dopo, il movimento No Tav torna a Venaus dove, l’8 dicembre del 2005, liberò il presidio da cui era stato cacciato a manganellate. Fu il giorno in cui una comunità prese consapevolezza della propria forza e della propria storia. Una comunità che diceva no a un’opera inutile e dannosa e rivendicava il diritto a contestarla e anche a fermarla. E che dimostrava tutta la sua natura popolare. Testimoniata ancora dallo striscione in piemontese «Dai nonu ai cît» (dai nonni ai bambini), che ha aperto uno degli spezzoni della marcia.
Ieri, in ventimila hanno percorso la strada da Susa a Venaus: un corteo coloratissimo fino a quel prato che doveva essere il cantiere dell’alta-velocità e grazie al movimento non lo è diventato. «Abbiamo resistito dieci anni e giuriamo di poter resistere altri dieci anni», ha detto Lele Rizzo, uno dei leader della protesta. «Ma soprattutto possiamo giurare — ha aggiunto — che lotteremo e resisteremo per tutto il tempo necessario per cacciarli via uno per uno, portandosi dietro tutte le viti, le reti e il filo spinato che ci sono dentro quel cantiere, con le ingiustizie che quotidianamente vengono commesse per realizzare un’opera che ancora oggi sfidiamo chiunque a ritenere utile».

La nebbia è rimasta in pianura, a Venaus splendeva il sole; e sono rimasti a bocca asciutta anche gli uccelli del malaugurio che fotografavano un movimento stanco ed egemonizzato da presunti estremisti. Non è così, e non lo diciamo per una strenua difesa, bastava percorrere i prati di Venaus per farsene un’idea tra teste bianche e ciocche colorate che ieri hanno composto un mosaico di storie di resistenza nell’estremo Nord d’Italia, a due passi dalla Francia.

Le ragioni della protesta restano immutate. «Continueremo a far girare le scatole», ha ribadito Alberto Perino. In marcia anche numerosi amministratori locali capitanati da Sandro Plano, sindaco di Susa, presente anche il primo cittadino di Rivalta e quelli di Alpignano e Venaria Reale, comuni che da poco hanno deciso di lasciare l’Osservatorio Tav, nato nel 2006 come tavolo di confronto istituzionale, ma che presto perse la sua ragion d’essere e la sua autonomia. «Sono cambiate tantissime cose, ma il sistema politico-istituzionale non è riuscito a smontare le ragioni della nostra opposizione alla Torino-Lione», ha spiegato il sindaco di Venaus Nilo Durbiano. «Non dico che si possa ancora pensare alla cosiddetta “opzione zero”, ma si deve puntare, e resta tempo per farlo, sul potenziamento massiccio della linea storica esistente, evitando di realizzare la stazione internazionale a Susa, un vero schiaffo in tempi di crisi». Presente al corteo anche il deputato M5s Alessandro Di Battista.
Dieci anni per un movimento possono essere un’eternità, i No Tav smentiscono l’assioma: sono stati e rimangono la più grande realtà di opposizione popolare in Italia, sono stati una scuola di politica, quando la militanza e l’attivismo diventavano tabù, e calamita per molte altre esperienze: ieri sono arrivati in Val di Susa da Alessandria e Genova (i No Terzo Valico) e i comitati contro l’alta velocità Brescia-Verona. Nei prossimi giorni la protesta si sposterà in tribunale, dove venerdì riprenderà il processo d’appello a quattro attivisti, Chiara, Claudio, Mattia e Nicolò, condannati in primo grado a tre anni e mezzo per il «sabotaggio» al cantiere di Chiomonte nel maggio 2013. Il procuratore generale Marcello Maddalena ha ripresentato l’accusa di terrorismo da cui erano stati assolti. Dovrà tenere conto della sentenza della Cassazione che ha recentemente rigettato il ricorso avanzato dalla procura nei confronti di altri militanti coinvolti in quell’assalto. Per la Suprema Corte l’azione non fu terrorismo.

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