Nuit Debout – Micciacorta https://www.micciacorta.it Sito dedicato a chi aveva vent'anni nel '77. E che ora ne ha diciotto Tue, 18 Oct 2016 07:50:00 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 Meeting a Parigi per un programma antiliberista https://www.micciacorta.it/2016/10/22566/ https://www.micciacorta.it/2016/10/22566/#comments Tue, 18 Oct 2016 07:50:00 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=22566 Precarie, migranti e operai, collettivi e sindacati da molti paesi d’Europa parteciperanno dal 21 al 23 ottobre al meeting organizzato dalla Transnational Social Strike Platform a Parigi

L'articolo Meeting a Parigi per un programma antiliberista sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>

Precarie, migranti e operai, collettivi e sindacati da molti paesi d’Europa parteciperanno dal 21 al 23 ottobre al meeting organizzato dalla Transnational Social Strike Platform a Parigi. Saranno presenti molti dei protagonisti dello sciopero sociale contro la loi travail e il suo «mondo» che ha investito la Francia nei mesi scorsi: da Sud Solidaire alle commissioni di Nuit Debout al coordinamento degli intermittenti e precari dello spettacolo. Una composizione variegata è attesa anche dal resto d’Europa: dalla Polonia al Portogallo, dalla Gran Bretagna alla Slovenia, dalla Svezia alla Bulgaria. Continua la sfida lanciata a Poznan lo scorso anno al primo Tss meeting: fare dell’Europa il terreno dell’iniziativa politica a partire dal riconoscimento che la realtà in cui viviamo è segnata da dinamiche europee, lasciando da parte l’esercizio di dichiararsi pro o contro l’Europa. E farlo assumendo l’Est europeo come parte integrante e centrale dell’iniziativa politica. La serata di apertura del venerdì sarà dedicata alla cornice generale del meeting: come andare «dalla Francia all’Europa» per costruire lo sciopero sociale transnazionale. L’approvazione della loi travail, la crescente tensione sociale e politica che attraversa la Francia e l’Europa, il carattere europeo delle riforme neoliberali ci pongono ora il problema di come trasformare il movimento francese in una possibilità transnazionale. Un incontro tra lavoratori di Amazon da Germania, Francia e Polonia si terrà a ridosso del meeting e porterà i suoi risultati nel workshop sulla logistica che avrà luogo il sabato mattina, insieme quelli sui nodi che la piattaforma riconosce come centrali: il lavoro migrante e di cura, le strategie europee di precarizzazione e lo sciopero sociale come pratica unitaria per i movimenti. L’assemblea generale del pomeriggio sarà poi dedicata ad affinare i punti comuni di programma. SEGUI SUL MANIFESTO

L'articolo Meeting a Parigi per un programma antiliberista sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2016/10/22566/feed/ 1
Non sembra, ma in Francia è lotta di classe https://www.micciacorta.it/2016/06/non-sembra-francia-lotta-classe/ https://www.micciacorta.it/2016/06/non-sembra-francia-lotta-classe/#comments Sun, 19 Jun 2016 15:47:56 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=22053 Da come si concluderà questa lotta in Francia dipenderà il futuro dei lavoratori nei paesi “ricchi”. In Italia lo sanno?

L'articolo Non sembra, ma in Francia è lotta di classe sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
loi travail

E' l’intera nazione francese che è in agitazione, con i lavoratori che continuano a scendere in piazza per protestare contro le riforme proposte dal governo sulle leggi sul lavoro, un controverso job act fortemente voluto dal premier Manuel Valls e sostenuto a oltranza dal presidente François Hollande.
Il confronto è pesante. Un teppista incappucciato è stato colto dalle telecamere lanciare sbarre di ferro sulle vetrine dei negozi nel corso di una recente manifestazione contro i tagli alle pensioni. Quando uno dei manifestanti ha tentato di fermarlo, è stato affiancato da un giovane che con un tipico calcio da arti marziali ha atterrato l'incappucciato, con la polizia che è rimasta a guardare. E' poi è emerso che i due teppisti erano agenti provocatori della polizia, almeno secondo il responsabile della coalizione Front de Gauche Jean-Luc Mélanchon, che ha denunciato il fatto alla televisione. E ha spiegato che l'uso di agenti provocatori è voluto “fortemente” dal Ministero degli Interni guidato da Bernard Cazaneuve, per giustificare la “pesante repressione in atto contro i lavoratori”.

Centinaia di persone si scontrano con la polizia nelle manifestazioni organizzate in Francia contro la riforma del lavoro

Infatti, gli scontri tra la polizia e i dimostranti continuano ad intensificarsi a un livello che la Francia non vedeva dal 1968, quando gli studenti e i lavoratori organizzarono uno sciopero generale così vasto, che il presidente Charles de Gaulle se ne scappò per breve tempo dal Paese. Naturalmente, i lavoratori francesi riempirono le strade con scioperi e proteste di massa anche nel 1995 (quando fermarono un piano del governo per tagliare le pensioni pubbliche), nel 2006 (quando ribaltarono una legge che avrebbe reso più facile licenziare i lavoratori più giovani), e nel 2010 (quando lottarono invano per impedire all’allora presidente Nicolas Sarkozy di alzare l’età pensionabile). Ma le manifestazioni di questi giorni - si è detto - vanno ben oltre. Accade in Francia con la quale dividiamo i confini, tuttavia i significati di questi fatti sono pressoché ignorati dai mainstream italiani, sebbene le ragioni per le quali i lavoratori francesi lottano non sono di molto dissimili da quelle dei lavoratori italiani. Infatti, le riforme proposte dal presidente François Hollande aumenterebbero il numero di ore di lavoro, ridurrebbero progressivamente i salari, faciliterebbero il licenziamento, e annullerebbero alcuni diritti fondamentali, dei quali i lavoratori sia del settore pubblico che di quello privato godono. Sono quelli che il Segretario Nazionale di Solidiares, Stéphane Enjalkran, chiama “minimi sociali”, come il permesso di maternità che con la nuova legge di Holland verrebbe abolito.

Questi fatti sono pressoché ignorati dai mainstream italiani, sebbene le ragioni per le quali i lavoratori francesi lottano non sono di molto dissimili da quelle dei lavoratori italiani

Riassumendo, il nuovo disegno di legge sostiene che per quanto riguarda la durata del lavoro (che comprende orario, straordinari, ferie, congedi ecc) il primato va al contratto aziendale. In altre parole, dal punto di vista del dipendente, il contratto aziendale può essere “meno conveniente” dell’accordo collettivo fatto dai sindacati per quello specifico settore, di fatto annullandolo. Come ha spiegato Manuel Begot, membro di Rail Sud, un sindacato all’interno diSolidaires, “ Di fronte a tanta intransigenza da parte del governo, non abbiamo alcuna soluzione se non scioperare”. Infatti, nuove manifestazioni sono previste tra il 23 e il 28 giugno, prima che la legge venga discussa all’Assemblea nazionale in seconda lettura. Da come si concluderà questa lotta dipenderà il futuro dei lavoratori nei paesi “ricchi”. In Italia lo sanno?

L'articolo Non sembra, ma in Francia è lotta di classe sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2016/06/non-sembra-francia-lotta-classe/feed/ 1
Una protesta che interroga l’Italia https://www.micciacorta.it/2016/06/protesta-interroga-litalia/ https://www.micciacorta.it/2016/06/protesta-interroga-litalia/#respond Thu, 02 Jun 2016 07:20:47 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21958 La rinuncia ad estendere il terreno del conflitto rischia di ledere ulteriormente la credibilità del sindacato, cedendo ad una mediazione al ribasso con il governo

L'articolo Una protesta che interroga l’Italia sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
loi travail

Si rimane ad osservare la Francia in questi mesi di mobilitazione contro la Loi Travail – il Jobs Act à la francese. Ci si interroga su cosa stia accadendo e quali saranno gli sbocchi delle proteste che attraversano le piazze della Nuit Debout e degli otto scioperi generali, apparsi in appena due mesi. Conflitti che interrogano da vicino il sindacato italiano, la sua strategia politica, il suo farsi soggetto pubblico, la sua capacità di unire il paese dentro una idea di società. L’attualità italiana ci consegna un quadro segnato da scioperi di categoria, come nel caso del pubblico impiego. Mobilitazioni che rivendicano lo sblocco dei contratti, chiedendo al governo l’adeguamento dei salari dopo anni di blocco delle retribuzioni. Si assiste ad una mobilitazione corporativa, che individua il terreno di scontro negli interstizi del contratto di categoria, senza mai porre in discussione l’organizzazione dello Stato, la direzione degli investimenti e la definizione delle funzioni. Una strategia destinata a scontrarsi con misure di riassorbimento della spesa pubblica e di recupero degli aumenti contrattuali nei processi di privatizzazione o esternalizzazione dei servizi. Sul piano programmatico, appare insufficiente una rivendicazione che punti agli aumenti contrattuali e solo in separata sede si interessa allo sblocco del turnover, all’espansione dei servizi dell’infanzia, alla tutela dei lavoratori costretti a lavorare per pochi euro l’ora come soci (fittizi) di cooperative, a quell’ area di lavoro intermittente privo di diritti e tutele, vittima di un ventennale processo di razionalizzazione degli organi e delle funzioni dello Stato. La rinuncia ad estendere il terreno del conflitto rischia di ledere ulteriormente la credibilità del sindacato, cedendo ad una mediazione al ribasso con il governo, sempre pronto a sfruttare a proprio vantaggio le condizioni economiche dei propri cittadini. Come nel caso delle pensioni dove, ad accompagnare l’annuncio di possibili 80 euro per le pensioni più basse, si decide di riaprire la concertazione a venti giorni dalle tornata elettorale. Bisognerebbe rifiutare la strategia del governo nel merito, e rilanciare il dibattito attorno alle pensioni nella sua complessità. La questione previdenziale non può scindere le pensioni dal lavoro e dalla sempre minore capacità contributiva dei lavoratori, sempre più precari, sempre più poveri, sempre più intermittenti. I rinnovi dei contratti di categoria come l’aumento delle pensioni minime sono condizioni necessarie ma non sufficienti per garantire al sindacato uno spazio di agibilità che consenta di muoversi in un terreno più solido di difesa del mondo del lavoro, in un contesto di attacco trasversale che dai luoghi di lavoro si estende agli spazi della cittadinanza democratica. Un quadro che richiede un cambio di passo, prendendo parte lì dove il conflitto emerge e prova a recuperare una sponda più ampia. Come nel caso delle città che si affacciano alle amministrative e in cui, non senza difficoltà, esistono tentativi di creare un’alternativa politica di governo. Tentativi che dovrebbero raccogliere il pieno consenso delle organizzazioni sindacali che invece nel concreto dell’arena politica preferiscono prestare il fianco allo status quo. Fondamentale è poi la sfida democratica che investe il Referendum Costituzionale. La decisione con cui Confindustria dichiara il proprio sostegno alla riforma Costituzionale del governo è un segnale evidente di come lo scontro non stia oggi sul terreno rivendicativo, ma investa nel complesso la questione sociale, dentro un processo di ristrutturazione dell’ordinamento democratico, funzionale al rafforzamento degli organi esecutivi a discapito della dialettica democratica e della centralità del Parlamento. Non cogliere la portata di questo processo, per l’esistenza di un soggetto che difende la parte debole della società, significa accettare una lenta e inesorabile sconfitta. Mai come in questa fase il nesso tra democrazia e lavoro raccoglie la sfida che un grande sindacato deve rimettere al centro della sua strategia politica.

L'articolo Una protesta che interroga l’Italia sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2016/06/protesta-interroga-litalia/feed/ 0
Nuit Debout, l’interesse generale del movimento https://www.micciacorta.it/2016/05/nuit-debout-linteresse-generale-del-movimento/ https://www.micciacorta.it/2016/05/nuit-debout-linteresse-generale-del-movimento/#respond Sat, 28 May 2016 06:53:37 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21923 Parigi. Il governo francese ha ancora una possibilità: rinunci a imporre questa riforma

L'articolo Nuit Debout, l’interesse generale del movimento sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>

Tra le fila dei manifestanti della Cgt a Parigi, Repubblica Tv, raccoglie la seguente parola d’ordine: «Che ci detestino pure, purché ci temano!» A prima vista può apparire come una contrapposizione piuttosto ruvida tra la forza e il consenso ( secondo la versione di Hollande che strepita contro «una minoranza» che blocca il paese e danneggia l’interesse nazionale), ma in realtà coglie un punto molto importante. Nessuna lotta è in grado, non dico di vincere, ma nemmeno di scompaginare o incrinare i giochi dell’avversario se non è nelle condizioni di incutere timore, di dimostrare concretamente che c’è un prezzo da pagare ed è piuttosto salato. E l’avversario, naturalmente, non è l’eterna menzogna della Nazione, ma un padronato e una élite politica che vogliono guadagnare competitività insieme a una crescita sostanziosa dei profitti. Il famoso articolo 2 della loi travail, quello che privilegia la contrattazione aziendale su quella collettiva, ha come posta in gioco sostanziale l’orario di lavoro, e cioè la tenuta di quelle sacrosante 35 ore settimanali conquistate con decenni di conflitti. È quasi superfluo ricordare che la lotta per la riduzione dell’orario è stata la costante più pura, meno ideologica e più aperta all’idea di libertà nell’intera storia del movimento operaio. Il suo valore simbolico è grandissimo, tanto più nel momento in cui disoccupazione, sottoccupazione e precarietà fanno da beffardo contrappunto all’estensione del tempo di lavoro e all’ordinarietà crescente degli straordinari. Smentendo ripetutamente i benefici effetti sulla ripresa dell’occupazione attribuiti alle cosiddette «riforme». Le 35 ore, poi, contrariamente al nostro articolo 18, non riguardano uno strumento di difesa che si attiva in determinate (e rare) circostanze, ma la condizione permanente di vita quotidiana dei salariati. Nonostante l’automazione e la massiccia contrazione del lavoro salariato esistono ancora settori di classe operaia (trasporti, logistica, energia) in grado di rallentare, se non di arrestare, la macchina produttiva di qualunque «sistema paese». Ronald Reagan lo sapeva benissimo quando diede il via alla riscossa del neoliberismo piegando con la forza lo sciopero dei controllori di volo. In questi casi il gioco del potere consiste nell’isolare questi lavoratori in lotta, accusandoli di presidiare gli snodi decisivi nei quali operano in difesa di un privilegio corporativo contrapposto all’«interesse generale». Ma, in questo caso il gioco ha il fiato particolarmente corto. La riforma del lavoro non riguarda infatti questa o quella categoria produttiva, ma il rapporto tra capitale e lavoroen general. Si può sensatamente obiettare che una fetta crescente del lavoro è completamente escluso dalle tutele, dalle garanzie e dalla residuale forza contrattuale del lavoro subordinato. Tuttavia anche questi soggetti si sono resi conto che la flessibilità imposta ai salariati, lungi dal rappresentare una possibilità di inclusione per loro, non farà che intensificare quel «dumping sociale» di cui già sono vittime. La ricattabilità del lavoro è una evidente reazione a catena. Non si spiegherebbe altrimenti una partecipazione così massiccia di studenti e giovani non certo provenienti dai ranghi del lavoro subordinato, né ad esso destinati, a una mobilitazione così lunga e tenace come quella cui stiamo assistendo in Francia. La questione è ragionevolmente percepita come una questione politica, destinata a determinare il rapporto di forza tra soggetti subalterni e poteri dominanti, se non, addirittura, tra governanti e governati. Temuti, ma detestati? La forza va forse a scapito del consenso? A guardare diversi sondaggi eseguiti nelle ultime settimane tra il 60 e il 70 per cento dei francesi si dichiarerebbe decisamente contrario alla legge così caparbiamente voluta da Valls e Hollande. E, del resto, il modo in cui la legge è stata fatta passare al primo vaglio dell’Assemblea nazionale, ricorrendo a una procedura che elude la discussione parlamentare, non sembra proprio dare un gran valore al consenso. Non vi è dubbio che la rappresentanza sindacale sia indebolita in tutta Europa e la sua presa sulla realtà sociale risulti allentata. Ma cosa dire allora della rappresentanza politica? Il gradimento del governo socialista è ai minimi storici, l’impopolarità del presidente Hollande è alle stelle e una sua rielezione nel ’17 fuori dall’ordine del possibile. L’incapacità di ascoltare la società francese assodata. Eppure l’esecutivo si pretende incarnazione indiscutibile della «volontà generale». Se la destra avanza a grandi passi verso il potere non sarà certo dovuto a qualche disordine di piazza, a qualche vetrina infranta, ma alla politica impopolare e al tempo stesso arrogante condotta da ciò che (disgraziatamente) resta del socialismo francese. Giunti a questo punto forse è fin troppo tardi per arrestare l’ascesa del Front National o di un’altra destra che concorra a sedurne l’elettorato. Ma se una possibilità c’è è quella di rinunciare a imporre questa riforma recuperando un qualche rapporto col mondo del lavoro. Sappiamo che questo non accadrà per intelligenza politica del partito di governo. Potrebbe accadere solo per la sua paura di perdere il controllo della situazione.

L'articolo Nuit Debout, l’interesse generale del movimento sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2016/05/nuit-debout-linteresse-generale-del-movimento/feed/ 0
La trasversalità e più fronti di lotta https://www.micciacorta.it/2016/05/21879/ https://www.micciacorta.it/2016/05/21879/#respond Fri, 20 May 2016 15:44:22 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21879 La lezione francese - Nuit Debout. Precarietà e libertà di licenziare. Come in forme più gravi il Jobs act italiano e le leggi di Cameron

L'articolo La trasversalità e più fronti di lotta sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
polizia francese

Il movimento di massa in atto da quasi due mesi in Francia ha varie cose da dirci. Com’è noto, il motivo iniziale e principale della protesta è una legge che riduce ulteriormente i diritti dei lavoratori e ne aumenta la precarietà. Il punto di maggior contrasto è costituito dalla decisa spinta che la «Loi Travail» vuol dare alla contrattazione aziendale. Non diversamente da quanto è avvenuto in altri paesi europei, in Francia quest’obbiettivo è stato perseguito anche in passato dal padronato, col deciso supporto dei governi di destra. In particolare, la legge Fillon del 2004 stabiliva la possibilità di accordi aziendali stipulati in deroga a quanto previsto da quelli nazionali. Ma, a questo proposito, occorre tener conto di due fattori. Il primo consiste nel fatto che il diritto del lavoro in Francia riconosce il principio per cui un accordo aziendale deve essere più favorevole ai lavoratori di quanto è previsto dal contratto nazionale di settore. E questo, a sua volta, non può essere meno favorevole del codice del lavoro. Sicché il tentativo di dare maggiore potere contrattuale ai datori di lavoro spostando il negoziato a livello aziendale va contro un principio non solo consolidato, ma giuridicamente formalizzato. In secondo luogo, il tasso di sindacalizzazione, che oltralpe è piuttosto basso, trova compensazione nel fatto che circa il 90% dei lavoratori è tutelato dai contratti collettivi. Ed è quindi essenziale resistere su questo punto. A questo va aggiunto un altro motivo di resistenza dovuto a nuove misure che, con il falso obiettivo di favorire l’inserimento nel mercato del lavoro, obbligano di fatto chi è in difficoltà ad accettare occupazioni poco appetibili e mal retribuite. I francesi, che hanno già sperimentato gli effetti della “Grenelle Insertion” voluta da Sarkozy nel 2008, sanno bene che le analoghe misure imposte ora dal governo pseudo-socialista di Valls peggioreranno la competizione al ribasso nel mercato del lavoro. Ancora una volta, il risultato non può che essere l’aumento della precarietà. Come non bastasse, la precarietà e mercificazione del lavoro, che ha già raggiunto punti limite, è addirittura generalizzata dal riconoscimento anche formale della libertà di licenziamento per motivi economici. Il fatto che tutti e tre questi punti si riscontrino in forme anche più gravi nel Jobs Act italiano o negli ulteriori peggioramenti della legislazione sul lavoro varati da Cameron in Gran Bretagna, ma senza aver provocato reazioni massicce e persistenti come quelle cui stiamo assistendo in Francia pone alcuni interrogativi che meritano un’attenta riflessione. Alla reazione contro la Loi Travail si sono aggiunti e intrecciati altri motivi di protesta, a cominciare da quello degli studenti. Anche loro contestano le politiche neoliberiste e i tagli allo Stato sociale che, oltre a sanità e pensioni, tornano a colpire la scuola pubblica. In secondo luogo, pure in Francia si assiste ad un crescente divario tra i livelli di formazione raggiunti e le tipologie occupazionali cui è possibile accedere. Il che si connette con le difficoltà che i giovani incontrano nella ricerca del primo impiego e la prospettiva sempre più incombente di doversi adattare a lavori precari e sottoremunerati. Certo, anche in altri paesi europei non sono mancati cicli di lotte che hanno affiancato lavoratori e studenti. Ma non c’è dubbio che in Francia tale alleanza è stata più persistente e si è riproposta con forza anche in anni recenti. Non si può dimenticare che proprio la spinta radicale di giovani e studenti ha costretto il governo di destra di Jean- Pierre Raffarin a ritirare il suo disegno di legge sul lavoro del 2003. Lo stesso è accaduto nel 2006, quando la protesta congiunta di studenti, lavoratori e sindacati ha obbligato il primo ministro Dominique de Villepin a rinunciare alla proposta di un “contratto di primo impiego”. Quest’alleanza si ripropone oggi in nuove forme nel movimento Nuit Debout e si allarga ulteriormente collegandosi ad altri movimenti ed obiettivi di lotta. Va sottolineato che non si tratta di un mero affiancamento di più soggetti sociali in lotta con obiettivi diversi e che trovano una solidarietà più o meno congiunturale. Il fatto rilevante consiste nell’individuazione di un nemico comune da battere. E non v’è esitazione nel riconoscerlo nei potentati economici, finanziari, tecno-militari e politici che esercitano uno strapotere senza precedenti nella maniera più parziale ed irresponsabile. Si tratta, quindi di una trasversalità che connette più fronti di lotta. V’è la piena consapevolezza che le ragioni di crisi economica, malessere sociale, peggioramento dei sistemi di vita che si percepiscono più da vicino dipendono dagli stessi interessi e scelte dei gruppi dominanti che causano disastri ambientali, provocano guerre unilaterali e avventuriste, chiudono le frontiere a rifugiati e profughi. È questa la trasversalità autentica e più significativa. Né si può dire che la mira è troppo alta. Da un lato, essa è coerente con l’analisi. Dall’altro, l’esperienza storica c’insegna che non ci si può proporre obiettivi di cambiamento effettivo, anche a breve, se non iscrivendoli in una prospettiva di mutamento più ampia e a lungo termine. L’altro punto di forza di Nuit Debout consiste nell’auto-organizzazione. Da essa dipende la capacità di rigenerarsi e di trovare gli elementi di orientamento e di rotta al proprio interno. Non a caso, v’è il dichiarato rifiuto di una guida eteronoma e l’attenta difesa della propria autonomia. Anche questo secondo aspetto contiene una sfida. L’auto-organizzazione, infatti, può mostrarsi efficace se si radica in ragioni profonde e tenaci di resistenza, se si nutre di una consapevolezza e volontà forte di cambiamento. A tali condizioni l’auto-organizzazione di un movimento può trovare anche forme nuove di consolidamento ed espressione politica. Sono proprio questi due caratteri, della trasversalità e dell’auto-organizzazione, che consentono al movimento in atto in Francia di espandersi rapidamente e a macchia d’olio. Ed è su tali dinamiche e sulla loro capacità di dar corpo a nuove modalità di coalizione sociale ed azione politica che è utile riflettere da parte di quanti ritengono possibili risposte alternative alle tendenze di crisi del tardo capitalismo.

L'articolo La trasversalità e più fronti di lotta sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2016/05/21879/feed/ 0
Aguiton: «Nuit Debout» avrà conseguenze politiche. In assenza della sinistra https://www.micciacorta.it/2016/05/aguiton-nuit-debout-avra-conseguenze-politiche-assenza-della-sinistra/ https://www.micciacorta.it/2016/05/aguiton-nuit-debout-avra-conseguenze-politiche-assenza-della-sinistra/#respond Wed, 18 May 2016 08:13:20 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21860 Francia/Intervista. Il sociologo, tra i fondatori di Attac, analizza l'onda lunga di Nuit Debout e della protesta contro la Loi Travail

L'articolo Aguiton: «Nuit Debout» avrà conseguenze politiche. In assenza della sinistra sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
 «Il prezzo da pagare per un governo che non applica una politica di sinistra. La destra non sarebbe mai riuscita a far passare una legge come questa»

PARIGI Le manifestazioni non si fermano in Francia contro la Loi Travail, mentre il governo ha scelto le maniere forti, facendo ricorso all’articolo 49.3, per far passare senza voto in prima lettura il testo di riforma all’Assemblea. Sindacati tradizionali e giovani precari protestano assieme. Contemporaneamente, il movimento Nuit Debout si radica, non solo in place de la République a Parigi.

Malessere diffuso, rabbia contro la delusione di un governo che avrebbe dovuto essere di sinistra? Lo chiediamo al sociologo Christophe Aguiton, tra i fondatori di Attac France, che insegna all’università di Paris Est-Marne-la-Vallée e alla Sorbonne, dove dirige un seminario su “Internet, comunicazione e società”.

AGUITON_Christophe

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Christophe Aguiton

La legge sulla riforma del lavoro ha catalizzato tutti gli scontenti?La Loi Travail non è una cosa di secondaria importanza, perché il governo prevede di rovesciare la gerarchia delle norme, cioè di dare la priorità agli accordi a livello aziendale su quelli di categoria. In Francia sono sempre stati dominanti i contratti nazionali, a differenza di altri paesi, come Gran Bretagna o Usa. Con questa inversione tutto dipenderà dal rapporto di forze a livello locale. Nella piccola e media impresa, i sindacati sono deboli e si teme che firmino accordi sfavorevoli per i lavoratori. Lo vediamo oggi con la presenza dei camionisti nella protesta: combattono la norma della nuova legge che permetterà di abbassare la remunerazione degli straordinari, oggi pagati il 25% in più, aumento che può arrivare fino al 50%, e che con la Loi Travail potrà diminuire fino a solo un 10% in più. Nel trasporto su strada, è molto forte la presenza di piccole e medie imprese e i camionisti calcolano che perderanno 200-300 euro al mese con le nuove norme.

Il movimento va al di là della Loi Travail? La prima scintilla è stata la proposta, poi ritirata, della privazione della nazionalità per i bi-nazionali accusati di terrorismo?

Sì, ci sono altre ragioni. Per il popolo di sinistra c’è stata una serie di lacerazioni negli ultimi mesi. La questione della privazione della nazionalità per i bi-nazionali è stata di enorme importanza. In più, si sono aggiunte anche le dichiarazioni fatte in Germania dal primo ministro, Manuel Valls, quando ha criticato apertamente la politica di accoglienza dei rifugiati di Angela Merkel. La questione dei rifugiati è molto importante per il popolo di sinistra. In più, c’è una terza frattura: quella ambientale. Il governo ha proposto un tentativo di referendum per il contestato aeroporto di Notre-Dame-des-Landes, ma con un diritto a votare limitato, che non riguarda tutte le persone che sono coinvolte. Anche sul nucleare c’è la netta sensazione che il governo stia facendo di tutto per evitare di ridurre l’importanza di questa fonte di energia. Per riassumere, siamo di fronte a una crisi sociale, morale e ambientale: in tre mesi, queste fratture sono state il motore che è alla base del movimento Nuit Debout, che è più globale, e delle manifestazioni in corso contro la loi Travail.

Questi movimenti hanno luogo in un periodo in cui si profila la minaccia dell’estrema destra o almeno di un ritorno della destra al potere tra un anno. La spaccatura della sinistra aggrava il rischio?

Sfortunatamente, c’è questo rischio, anche se non credo che nel 2017  il Fronte nazionale possa vincere le presidenziali. Ma i Républicains sì. Al tempo stesso, bisogna dire che per un governo, che non applica una politica di sinistra, questo è il prezzo da pagare. La destra non sarebbe mai riuscita a far passare una legge di riforma sul lavoro come quella che la maggioranza del Ps sta tentando di fare, anche contro una minoranza interna. In questo momento, destra e sinistra sono nozioni che hanno minore importanza di prima. Gli iscritti sono in calo, le opinioni sono meno dipendenti dalle affiliazioni ai partiti.

È una rivolta generazionale?

Alle manifestazioni la presenza dei giovani è più forte che nei cortei sindacali tradizionali. Una metà sono militanti sindacali tradizionali, ma l’altra metà ha sui vent’anni. I giovani in Francia, come in altri paesi europei, reagiscono al precariato che li minaccia: iniziano a entrare nel mondo del lavoro con uno stage, poi un altro stage, poi si passa ai contratti a termine. Prima era un percorso che portava a contratti stabili, a tempo indeterminato. Oggi viene detto loro: non l’avrete mai. I giovani reagiscono a questa minaccia, ma non solo. Sulla sfondo, ci sono altre lotte, come ho detto prima, quella ambientale e lo strappo della nazionalità.

Vede uno sbocco politico, come è successo in altri paesi con i movimenti degli Indignati o Occupy?

Quello che conta per il momento è il movimento di piazza. In Spagna, Grecia, Gran Bretagna o negli Usa i movimenti, dagli Indignados a Occupy, hanno avuto un impatto politico forte, per esempio Syriza, che era un piccolo partito o Podemos che invece è nuova formazione, in Gran Bretagna hanno permesso l’elezione di Jeremy Corbyn, con la generazione di Occupy che è entrata nel Labour e ha utilizzato a suo vantaggio la riforma fatta a suo tempo da Tony Blair per limitare l’influenza dei sindacati. Negli Usa, i giovani di Occupy sono dietro Bernie Sanders. In Francia le elezioni sono tra poco, tra un anno ci sono le presidenziali e in autunno si entrerà già in piena campagna. Non so se ci sarà tempo per un impatto politico immediato. Ma Nuit Debout avrà conseguenze politiche più a lungo termine.

L'articolo Aguiton: «Nuit Debout» avrà conseguenze politiche. In assenza della sinistra sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2016/05/aguiton-nuit-debout-avra-conseguenze-politiche-assenza-della-sinistra/feed/ 0
Les italiens in piazza a inseguire la rivoluzione “Qui abbiamo scoperto che i giovani contano” https://www.micciacorta.it/2016/05/les-italiens-piazza-inseguire-la-rivoluzione-scoperto-giovani-contano/ https://www.micciacorta.it/2016/05/les-italiens-piazza-inseguire-la-rivoluzione-scoperto-giovani-contano/#comments Wed, 18 May 2016 07:19:49 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21857 Studenti e ricercatori, sono gli stranieri più numerosi “Da noi il sistema ci ha escluso”

L'articolo Les italiens in piazza a inseguire la rivoluzione “Qui abbiamo scoperto che i giovani contano” sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
nuit debout

PARIGI Mattia era venuto per studiare matematica alla Sorbona. Si è ritrovato a sognare la rivoluzione. Il suo cellulare non smette di squillare, nuovi avvisi per cortei, riunioni, azioni lampo. «Ogni tanto devo spegnere per combinare qualcosa anche all’università». Mattia, 27 anni, è uno dei tanti italiani dentro a Nuit Debout, il movimento nato contro la riforma del lavoro ispirata in parte dal Jobs Act di Matteo Renzi, secondo stessa ammissione del premier francese Manuel Valls. La protesta che si è vista poco o niente in Italia durante l’approvazione della legge, va in scena a oltranza in place de la République. «A differenza del nostro paese, i francesi hanno uno Stato sociale solido, che vogliono difendere», osserva Adele, 24 anni, arrivata da Livorno con il programma Erasmus. «I giovani sono i grandi esclusi dal sistema italiano», aggiunge Michele, 26 anni, dottorando in Fisica. La piazza dell’undicesimo arrondissement è una ribalta sempre affollata. «È paradossale trovare in Francia un protagonismo politico che ci è mancato», continua Mattia seduto sulla scalinata con gli altri amici. Da due mesi e mezzo fanno insieme le ore piccole. “Les italiens” sono gli stranieri più numerosi delle notti in piedi, seguiti da spagnoli e tedeschi. Si sente parlare con accento milanese nella mensa, dove i ragazzi cucinano solo vegano. C’è una ragazza di Roma nella commissione logistica che si occupa delle strutture mobili. «Qualcuno scherza sul fatto che abbiamo preso il potere », dice Mattia. Con Adele e Michele gestisce la pagina Facebook in italiano del movimento che ha anche “Radio Debout”, “Tv Debout” e il giornale online “Gazette Debout”. In piazza, verso la rue Turbigo, è stato allestito un grande schermo, CinéLuttes, sul quale vengono proiettati documentari sulle lotte sindacali degli anni Settanta e Ottanta. Inutile cercare un filo conduttore tra lo stand di esperanto, la commissione sulla presenza militare francese in Africa, il dibattito sull’islamofobia o la scrittura di una nuova Carta dei diritti universali. «Anche questa è politica», sostiene Mattia. A parte qualche eccezione, come l’economista Frédéric Lordon e il regista François Ruffin, il movimento continua a essere senza leader e molto variegato nella sua composizione. Un’indagine interna ha decretato alcune caratteristiche: età media 31 anni, un terzo di laureati, un quinto di disoccupati. «È bello non essere omogenei », dice Adele che ha partecipato a varie azioni, come l’occupazione di un liceo per accogliere migranti. «C’è un’oggettiva convergenza delle lotte, in particolare sul tema delle frontiere, significativo anche per noi espatriati », spiega Michele. Non è ancora emerso uno slogan per riassumere Nuit Debout che nel manifesto online parla di un generico «riprendere la parola». Forse ha ragione il mentore Lordon quando dice: «Non rivendichiamo nulla». «Abbiamo individuato problemi comuni a cui vanno date risposte globali», sintetizza Mattia. Tre parole d’ordine: frontiere, precarietà, spazio pubblico. A rallentare l’emergere di proposte concrete, c’è il meccanismo di voto ancora in via di definizione. La commissione Democrazia — incaricata di organizzare le modalità di partecipazione — è suddivisa in quattro gruppi di lavoro, alcuni sottogruppi. I tre italiani ormai partecipano poco alla lunga assemblea generale che si riunisce ogni giorno alle diciotto. «È un po’ dispersiva», dice con eufemismo Mattia che preferisce concentrare le energie alla commissione internazionale da dove è partito l’appello “Global Debout” di domenica scorsa. L’adesione nelle piazze italiane è stata finora sottotono. Verso mezzanotte i poliziotti cominciano a chiedere di andar via. Il rapporto con gli agenti rimane teso. «Questa piazza pacifica è stata più volte sgombrata in modo violento», dice Michele. La presenza di casseurs, gli infiltrati, viene minimizzata. «Non vogliamo dividerci tra buoni e cattivi». A poche centinaia di metri c’è il Bataclan. Secondo Adele la lotta contro il terrorismo è diventata un alibi «per una repressione indiscriminata». Mattia ammette: «L’uso della violenza è un tema molto dibattuto tra noi». Tra qualche settimana la contestata Loi Travail potrebbe essere approvata con un “passaggio in forza” (una fiducia senza voto) del governo sul parlamento diviso. «È una nostra vittoria », dicono gli italiani. Nuit Debout dovrà trovare altri obiettivi. Adele: «Questa piazza non esaurisce il movimento». Michele: «Ci sono persone che sono venute a manifestare per la prima volta, qualcosa è stato seminato ». Vista da place de la République l’Italia sembra davvero lontana.  

L'articolo Les italiens in piazza a inseguire la rivoluzione “Qui abbiamo scoperto che i giovani contano” sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2016/05/les-italiens-piazza-inseguire-la-rivoluzione-scoperto-giovani-contano/feed/ 1
Tutti in piedi nella notte del «Global Debout» https://www.micciacorta.it/2016/05/21835/ https://www.micciacorta.it/2016/05/21835/#respond Sun, 15 May 2016 06:31:23 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21835 Parigi. Oggi è un nuovo #15M, giornata di mobilitazione internazionale per riprendersi le piazze e ripensare la società. Assemblee e dibattiti nelle città di tutto il mondo, tra cui Roma, Napoli e Milano

L'articolo Tutti in piedi nella notte del «Global Debout» sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
nuit debout

PARIGI Il 15 maggio è Global Debout, la prima «notte in piedi» globale. In centinaia di città si scende in piazza per riappropriarsi della parola e dello spazio pubblico rispondendo «alla competizione e all’egoismo con la solidarietà, la riflessione e l’azione collettiva». Nuit Debout lancia una giornata di mobilitazione globale nel quinto anniversario del movimento spagnolo 15-M, invitando a occupare simultaneamente le piazze di paesi, città e metropoli. Londra, Berlino, Vienna, Madrid, Barcellona, Lisbona, Atene e diverse città italiane tra cui Roma, Napoli e Milano hanno aderito all’iniziativa. La manifestazione prevede lo svolgimento di assemblee di cittadini, dirette live tra le diverse località internazionali e alcune azioni comuni, come il lancio di una campagna di boicottaggio. Global Debout, che punta a essere il laboratorio per una nuova Internazionale di movimenti e cittadini contro «la precarietà, i diktat dei mercati finanziari, la distruzione dell’ambiente, le guerre e il degrado delle condizioni di vita», è stato concertato durante i dibattiti del 7 e 8 maggio a place de la République, cui hanno partecipato centinaia di attivisti provenienti da Europa, Turchia e Stati uniti. «Le battaglie ambientali, per il lavoro e la scuola hanno una causa comune: l’oligarchia finanziaria. E fintanto che saremo divisi perderemo». Così scriveva il giornale francese Fakir a febbraio, poco prima che attorno alle proteste contro la Loi Travail e alla convergenza delle lotte si coagulasse il movimento Nuit Debout. Da allora sono passati tre mesi e oggi la piazza parigina guarda oltre i confini nazionali: «La riforma del codice del Lavoro francese fa eco a numerose altre leggi adottate all’estero – scrivono gli organizzatori- che hanno diffuso precarietà e miseria. Al crescere delle disuguaglianze su scala globale, la nostra risposta deve essere globale.» E la risposta è la coesione sociale e la partecipazione alla vita civile. Nelle piazze che hanno risposto all’appello di #globaldebout, come è stato rilanciato sui social media, si svolgeranno assemblee di cittadini con presa di parola libera. Collegamenti telefonici e tramite Periscope, applicazione di Twitter per la trasmissione di riprese in diretta, faciliteranno il dialogo tra le diverse piazze internazionali. Alle 20 (ora locale parigina), un minuto di silenzio, al termine del quale gli attivisti scatteranno in piedi con un urlo di gioia (debout significa «in piedi»). Il 15 maggio è anche un’occasione per lanciare un’azione di protesta comune: una campagna di boicottaggio internazionale. Il primo obiettivo è Coca Cola. Ma l’idea è creare una piattaforma globale su cui i cittadini possano confrontarsi e indicare ogni mese nuove multinazionali da ostacolare. Poche linee guida e tanto spazio alle proposte locali: «L’obiettivo di Global Debout – spiegano i promotori- non è esportare il movimento di place de la République, ma creare mobilitazioni autonome che rilancino la partecipazione politica e il dibattito cittadino su questioni di comune interesse come il lavoro, le frontiere, l’austerità, il libero mercato». Le ambizioni di Global Debout vanno infatti ben oltre l’impatto mediatico ed estemporaneo di un’azione dimostrativa internazionale. L’intento è creare una rete permanente di movimenti che declini nei diversi contesti locali le medesime battaglie globali e proponga un nuovo modello sociale. L’appello lanciato da Nuit Debout ha dunque destato l’interesse di chi da anni si muove negli spazi interstiziali della politica istituzionale, sperimentando nuove forme di democrazia dal basso. Il 7 e 8 maggio duecento attivisti internazionali, tra cui collettivi italiani di Venezia, Padova, Milano, Parma, Bologna, Pisa, Roma, Napoli, si sono ritrovati a place de la République «per condividere le pratiche di resistenza alle politiche neoliberiste, imparare dalle diverse esperienze di attivismo e trovare un terreno di lotta comune». Tra loro, c’è chi si batte per la riappropriazione dello spazio pubblico, chi per i beni comuni. Chi si oppone al precariato e alle frontiere. E chi cerca di concertare le diverse lotte. Come l’atelier Esc di Roma, dove gli sportelli Clap (Camere del lavoro autonomo e precario) assistono i lavoratori tirocinanti, intermittenti e disoccupati, e dove il progetto «Decide Roma» ha portato alla stesura collettiva della Carta dei beni comuni, contro lo smantellamento del patrimonio pubblico: «Come Nuit Debout, cerchiamo di ricostruire uno spazio fisico di partecipazione politica secondo i principi di autonomia, autogestione e autogoverno», spiega Giansandro, arrivato a Parigi per condividere i progetti dello spazio romano. Isabella e Simone di Connessioni Precarie di Bologna raccontano l’esperienza dello sciopero sociale italiano contro il Jobs Act nel novembre 2014, e il tentativo di estenderlo oltre le frontiere nazionali attraverso la piattaforma Transnational Social Strike «per toccare tutte le forme di precariato, anche quelle che colpiscono i lavoratori migranti». I temi della riappropriazione dello spazio pubblico, del rapporto tra precarietà, frontiere e libero mercato rimbalzano da un intervento all’altro. Martin, di Nuit Debout Londra, racconta che il movimento inglese, in mancanza di spazi pubblici, ha stabilito il proprio quartier generale sul marciapiede di Downing Street, di fronte alla residenza di David Cameron. Dietro di lui, lo striscione appeso al monumento alla Repubblica recita: «Lo spazio pubblico non è in vendita». Alcuni francesi intervengono per denunciare «l’ipocrisia istituzionale sul tema dei rifugiati» e condividere le lotte a fianco dei migranti messi sul lastrico dagli sgomberi. Secondo Alex, di Bruxelles, «la convergenza europea deve avvenire sul lavoro e le frontiere, due temi caposaldo della società che, se rimessi in discussione, fanno crollare il modello attuale di Europa». Il dibattito è proseguito all’interno di gruppi di lavoro, in cui si è discusso di progetti a lungo termine, come il rigetto del Ttip, dei modi di produzione e consumo a danno dell’ambiente e delle persone, dell’Europa fortezza; e altri a breve termine, come l’organizzazione di scioperi sociali, occupazioni di siti emblematici, proteste simultanee, cortei silenziosi. «Il 15 maggio sarà un’opportunità per discuterne in tutte le piazze interessate.» Lo slogan è stato adottato per accompagnare Global Debout, a ricordare la contrapposizione tra il 99% e l’1% che detiene il potere. Ma la convergenza è un processo complesso e tra gli attivisti internazionali c’è anche chi si dice scettico riguardo alla presa del movimento al di fuori della Francia: «Il 15 sarà un atto simbolico e importante, ma dubito che in Italia possa trasformarsi in qualcosa di continuativo ed efficace», sostiene un attivista di Pisa. Héctor, del movimento Barcelona en Comù e membro della Commissione Internazionale di Nuit Debout la pensa diversamente: «Far salire chi sta in basso e scendere chi sta in alto è un’utopia. Ma sapete una cosa? I have a dream».

L'articolo Tutti in piedi nella notte del «Global Debout» sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2016/05/21835/feed/ 0
Mezzo milione in piazza contro la «Loi Travail» https://www.micciacorta.it/2016/04/21755/ https://www.micciacorta.it/2016/04/21755/#respond Fri, 29 Apr 2016 06:58:32 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21755 Francia. In tutto il paese quarta giornata di proteste di giovani e sindacati contro il «Jobs act» di Hollande. Tre poliziotti feriti, di cui uno grave. Cortei e scontri anche a Rennes, Tolosa, Marsiglia, Lione, Nantes e Le Havre

L'articolo Mezzo milione in piazza contro la «Loi Travail» sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
nuit debout

PARIGI  loi Travail, mentre il 3 maggio inizia il dibattito all’Assemblea sulla contestata riforma che porta il nome della ministra El Khomri.
A Parigi, la polizia ha cercato di dividere il corteo, anche con l’aiuto di un drone e di un elicottero, isolando i casseurs, circa 300 giovani, che si sono piazzati in testa al corteo, sfidando le forze dell’ordine. All’altezza della Gare d’Austerlitz sono cominciati gli scontri, lacrimogeni in risposta a lanci di oggetti contro gli agenti, poi ancora scene di guerriglia urbana al di là della Senna verso Nation, sono arrivati i pompieri per spegnere gli incendi di pattumiere.

29europa parigi

Il ministro degli Interni, Bernard Cazeneuve, ha affermato che 24 poliziotti sono stati feriti, tre gravemente, uno è in codice rosso, 124 fermi in tutta la Francia. Feriti anche tra i manifestanti. L’Unef, sindacato degli studenti, condanna l’uso «sproporzionato della forza» da parte della polizia. La partecipazione non è stata lontana da quella del 9 aprile (500mila in tutta la Francia per la Cgt, 170mila per la polizia), in calo rispetto al 31 marzo soprattutto nella capitale (a scuola ci sono le vacanze di primavera). Come in precedenza, c’è stata la coesistenza di due cortei a Parigi: in testa, gruppi molto ostili alla polizia, presente in forza, con slogan aggressivi e viso coperto, il grosso sono militanti del Mili (Movimento inter-lotte indipendente, nato nell’autunno del 2013, dopo l’espulsione di Leonarda, una liceale kosovara), seguiti da una marcia sindacale e studentesca tradizionale, con i leader delle sette organizzazioni che hanno invitato alla protesta (Cgt, Fo, Fsu, Solidaires, Unef, Fidl, Unl, non la Cfdt, che ha trattato con il governo per modificare alcuni punti della loi Travail). Nel corteo, forte presenza visibile della Nuit Debout. La manifestazione, da Denfert a Nation, non è passata per place de la République ma in serata l’assemblea Nuit Debout ha invitato dei rappresentanti sindacali. La Prefettura, che temeva tensioni, ha proibito ogni corteo da place de la République dopo le ore 19 e anche la musica è stata vietata. Ci sono stati scontri in varie città, i più gravi a Rennes, Marsiglia, Tolosa, Lione, Nantes e Le Havre. Ci sono stati alcuni scioperi. In testa al corteo, che ha proceduto con molta lentezza, slogan molto ostili alle forze dell’ordine, «tutti detestano la polizia», «abbasso lo stato, i flic (poliziotti,nda) e i padroni». In testa, all’inizio del corteo, anche un «Pink Bloc» di rappresentanti della commissione Lgtb della Nuit Debout. Poi un collettivo di studenti «interfac» con alla guida Paris VIII . Critiche alla Cfdt, che tratta con il governo: «Berger, non siamo delle pecore» (Berger è il cognome del segretario della Cfdt e significa «pastore»). Liceali, disoccupati, lavoratori, dobbiamo lottare tutti assieme, vinceremo tutti assieme», «Notte in piedi, giorno in sciopero», «Stasera restiamo tutta la notte», oltre ad appelli allo sciopero generale e un molto più terra-terra «crescita ritorna!». In serata, prima del divieto della Prefettura, era previsto un appuntamento all’assemblea di place de la République, con i sindacati invitati da Nuit Debout. La relazione non è semplicissima. Quando François Ruffin, l’autore del documentario Merci patron!, tra gli iniziatori di Nuit Debout, ha proposto una manifestazione comune il 1° maggio, l’accoglienza non è stata scontata. La «convergenza delle lotte» ricercata da Nuit Debout si scontra con il pragmatismo dei sindacati. In particolare, Fo, più tradizionale, insiste nel voler limitare la mobilitazione contro la loi Travail, per ottenerne il ritiro. La Cgt è più aperta al dialogo, c’è stato un incontro di Nuit Debout anche con il segretario Philippe Martinez. Solidaires invece fin dall’inizio è presente a Nuit Debout.

29europa parigi 259

Il governo cerca di disinnescare la protesta. Nella notte tra mercoledì e giovedì è stato raggiunto un accordo sugli intermittenti dello spettacolo, che la Cgt giudica «buono»: 507 ore di lavoro in 12 mesi (finora dovevano essere realizzate in 10,5 mesi) per ottenere la disoccupazione, 90 milioni dal governo per un fondo di sostegno che dovrebbe compensare il 50% dei tagli chiesti dal padronato. La ministra della Cultura, Audrey Azoulay, ha chiesto di mettere fine all’occupazione di vari teatri e di «restituirli al pubblico». All’Odéon e alla Comédie française l’occupazione è sospesa ma ieri sera gli spettacoli previsti sono stati comunque annullati (l’Unedic, la struttura che gestisce la disoccupazione, intende respingere l’accordo, giudicandolo troppo favorevole ai lavoratori e rischioso per i conti). In tarda serata l’Odéon è stato comunque sgomberato dalla polizia. Martedì la legge El Khomri arriva all’Assemblée nationale, dove sono già stati presentati più di 3mila emendamenti. Il testo iniziale è stato modificato in alcuni punti, su pressione della Cfdt. Ma il Medef (padronato) minaccia di ritirarsi dalle trattative in corso con i sindacati se alcune promesse del governo – come la tassazione dei contratti a tempo determinato – non saranno annullate. In altri termini, tensione e confusione continuano, dopo i passi indietro del governo, dai tetti agli indennizzi dei tribunali del lavoro in caso di licenziamento abusivo diventati solo più «indicativi» e non obbligatori, all’estensione della «garanzia giovani», al conto personale di attività ecc. Per la destra la legge è ormai «svuotata e denaturata». I giovani, anche se la legge El Khomri non li riguarda esclusivamente, accusano la riforma di istituzionalizzare il precariato, di annacquare le 35 ore, di facilitare i licenziamenti e di lasciare mano libera al padronato nelle imprese, immolando i diritti acquisiti sull’altare della competitività. Ai socialisti al governo ribattono «valiamo più di questo» e li accusano di aver ceduto all’ideologia di destra che considera la protezione del lavoro nemica dell’occupazione. In altri termini, li considerano «traditori». François Hollande, ieri in visita a un sito di Thales, ha ribadito che la legge El Khomri non verrà ritirata: «L’obiettivo della loi Travail è di fare in modo che le assunzioni siano a tempo indeterminato». Il governo potrebbe scegliere la forza, mettendo la fiducia.

L'articolo Mezzo milione in piazza contro la «Loi Travail» sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2016/04/21755/feed/ 0
Francia, il triste declino della socialdemocrazia https://www.micciacorta.it/2016/04/francia-triste-declino-della-socialdemocrazia/ https://www.micciacorta.it/2016/04/francia-triste-declino-della-socialdemocrazia/#respond Fri, 29 Apr 2016 06:42:18 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21749 L’arroganza dei poteri esecutivi, la restrizione continua degli spazi politici democratici non lascia che una alternativa: o la rassegnata accettazione delle «riforme» imposte dalle élites o un moto di rivolta che proviene dal basso

L'articolo Francia, il triste declino della socialdemocrazia sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
nuit debout

Vedremo presto se e quanto gli strumenti emergenziali decretati dopo gli attacchi terroristici a Parigi verranno impiegati nella repressione della protesta sociale. Di certo la risposta di polizia alle mobilitazioni contro la nuova legge sul lavoro voluta dal governo di Parigi non è stata morbida. Quasi inesistenti le concessioni nei confronti di un movimento che chiede il ritiro del provvedimento senza mezzi termini, pesante fino alla brutalità, l’intervento delle forze di polizia contro i manifestanti nelle diverse mobilitazioni di piazza che si sono susseguite da diverse settimane a oggi. Con il risultato di far crescere di giorno in giorno indignazione e rabbia. Quello che a tutti sembra essere ormai chiaro, anche a chi non partecipa direttamente agli scontri (quelli rubricati dalla stucchevole letteratura mediatica come casseurs) è l’assoluta indisponibilità alla mediazione dei governi europei, socialdemocratici e non, in tema di diritti e garanzie. L’arroganza dei poteri esecutivi, la restrizione continua degli spazi politici democratici non lascia che una alternativa: o la rassegnata accettazione delle «riforme» imposte dalle élites o un moto di rivolta che proviene dal basso, abbastanza forte da far temere seriamente per la tenuta della pace sociale. La Francia, schiacciata tra una destra in costante espansione e la peggior presidenza che il socialismo europeo abbia mai prodotto, indica che questa seconda strada può essere intrapresa. E questo è quello che conta, indipendentemente da come si concluderà la partita in corso a Parigi. Ma il problema non è certo solo francese. Il jobs act transalpino si colloca perfettamente in quella scia di riduzione dei diritti del lavoro, di sfruttamento della precarietà e di contrazione del welfare che delinea l’orizzonte politico dominante in tutto il continente. Il cappio torna a stringersi intorno al collo di Tsipras ad Atene incalzato dal Fondo monetario internazionale che reclama ancora austerità, mentre Berlino si accinge a seguire l’esempio britannico nel negare le prestazioni sociali (divenute comunque assai modeste grazie al socialdemocratico Schröder) ai cittadini comunitari che non lavorino in Germania da almeno 5 anni. Neanche a dirlo, la proposta proviene ancora una volta da un ministro socialdemocratico. L’attacco contro i settori più sfavoriti della popolazione europea continua senza tregua, consegnandoli in proporzioni molto rilevanti alla demagogia della destra. Quando non è direttamente la socialdemocrazia a rubarle il mestiere, come nel caso austriaco. Converrà cominciare a rendersi conto di come e quanto la gestione della cosiddetta «crisi dei migranti» venga manovrata proprio contro i diritti e i livelli di vita dei cittadini europei in nome della loro pretesa protezione: dalla chiusura delle frontiere, alle deroghe sul salario minimo e la previdenza. A stupire, dunque, non è l’estensione e l’intensità del movimento francese, ma l’assenza di una reazione altrettanto determinata in altri paesi europei, a cominciare dal nostro. Dove quella «convergenza delle lotte» che in Francia si tenta di sperimentare, resta, nel migliore dei casi, una vaga petizione di principio o uno slogan assembleare.

L'articolo Francia, il triste declino della socialdemocrazia sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2016/04/francia-triste-declino-della-socialdemocrazia/feed/ 0