occupazioni di case – Micciacorta https://www.micciacorta.it Sito dedicato a chi aveva vent'anni nel '77. E che ora ne ha diciotto Thu, 31 Aug 2017 08:22:09 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 Virginia Raggi contro gli occupanti e i movimenti, che protestano https://www.micciacorta.it/2017/08/raggi-niente-casa-agli-abusivi-protestano-gli-occupanti/ https://www.micciacorta.it/2017/08/raggi-niente-casa-agli-abusivi-protestano-gli-occupanti/#respond Thu, 31 Aug 2017 08:22:09 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=23687 Roma. La sindaca, contestata dai movimenti, promette tolleranza zero. Il Comune esclude le «frange estreme»: «Vogliono solo scavalcare chi è in graduatoria»

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Il nuovo fronte sociale della giunta romana è quello della casa. Ieri Virginia Raggi è stata duramente contestata dagli occupanti dei movimenti cittadini che da mesi chiedono che il comune adoperi i fondi per le case stanziati dalla delibera regionale strappata dopo anni di lotte. Raggi, reduce da un vertice in prefettura, ha sostanzialmente ribadito quanto annunciato da un post su Facebook, prontamente rilanciato dal blog di Grillo: spenderanno i primi 30 milioni di euro provenienti dalla Regione, ma non ha intenzione di dare spazio a quelli che lei definisce «abusivi». «Dobbiamo dare priorità alle persone che aspettano la casa e sono in graduatoria da decenni», ribadisce Raggi. Che fine faranno tutti quelli che stanno per strada dopo gli ultimi sgomberi? «Abbiamo offerto aiuto per le fragilità, ma è stato più volte rifiutato», dice Raggi, delegando agli assistenti sociali una vicenda tutta politica. Poi prosegue: «Parallelamente stiamo lavorando sul tema dell’emergenza abitativa, ma sia chiaro che il percorso non può deviare dal solco della legalità. Non possiamo creare guerre tra poveri». LA PARTITA SI GIOCA su due piani, intrecciati dal precipitare degli eventi ma formalmente distinti. Da una parte ci sono le emergenze legate agli sgomberi di quest’estate, ultimo e più clamoroso quello di via Curtatone. Dall’altra c’è una vertenza che va avanti da anni, censimenti e liste di attesa compilate da tempo e frutto delle trattative tra movimenti di lotta per la casa e istituzioni. Sebbene nei dispacci della sindaca si mescolino le ombre di Mafia Capitale con i riferimenti a oscure «frange estreme» di occupanti, bisogna sapere che chi ha contestato ieri Raggi costruisce da anni vere e proprie forme di welfare autogestito, che la giunta grillina rifiuta di riconoscere in quanto «illegali». La delibera al centro del conflitto definisce una cornice di interventi per il diritto alla casa e stabilisce che il 30% delle assegnazioni venga riservato agli occupanti. Si tratta, invece, di persone (almeno 10 mila, stando alle stime più prudenti) che tutto hanno fatto tranne che starsene in panciolle ad aspettare le chiavi di una casa popolare: vengono da anni di durezze e conflitti, lavori di autorecupero di stabili abbandonati e intervento sociale nei quartieri. Per di più pare che Raggi non abbia intenzione di impiegare i fondi regionali per riqualificare pezzi di città e destinarli ad abitazioni: c’è il rischio che si costruiscano nuovi ghetti in periferia o che si acquisisca l’invenduto dei signori del cemento capitolino. Il contrario di quanto aveva proposto Paolo Berdini, l’assessore all’urbanistica che nella scorsa primavera ha abbandonato la giunta in polemica con le scelte della sindaca.Ma per Raggi, questi sarebbero dei semplici abusivi che vogliono scavalcare onesti cittadini. IN SERATA è arrivato un durissimo comunicato della Federazione romana del sindacato di base Usb, che al principio aveva aperto delle linee di credito verso l’amministrazione targata Movimento 5 Stelle. «È sconcertante vedere una giunta che aveva saputo intercettare le aspettative di centinaia di migliaia di romani su un programma che prevedeva la salvaguardia del carattere pubblico delle aziende, il sostegno alle periferie, una forte attenzione al diritto alla casa, una politica di reale inclusione, produrre adesso questo autentico voltafaccia», si legge nel comunicato, che rilancia con maggiore vigore uno sciopero cittadino per il 29 settembre prossimo. Raggi, come se non bastasse, promette tolleranza zero contro le occupazioni. Si temono nuovi sgomberi, questa volta in concordia con il Viminale e le scorciatoie poliziesche delle norme varate da Marco Minniti con la scusa del «decoro». FONTE: Giuliano Santoro, IL MANIFESTO

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Addio Lorenzo Bargellini, militante dell’illegalità necessaria https://www.micciacorta.it/2017/06/addio-lorenzo-bargellini-militante-dellillegalita-necessaria/ https://www.micciacorta.it/2017/06/addio-lorenzo-bargellini-militante-dellillegalita-necessaria/#respond Tue, 06 Jun 2017 08:50:30 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=23361 FIRENZE. La Firenze solidale e antirazzista piange Lorenzo Bargellini, anima del Movimento di lotta per la casa, strappato alla vita a soli 58 anni. A tradirlo è stato il cuore, e sì che «Mao» ce l’aveva enorme, tanto da agire – lui, benestante nipote del sindaco dell’alluvione Piero Bargellini – in una realtà sempre attiva per […]

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FIRENZE. La Firenze solidale e antirazzista piange Lorenzo Bargellini, anima del Movimento di lotta per la casa, strappato alla vita a soli 58 anni. A tradirlo è stato il cuore, e sì che «Mao» ce l’aveva enorme, tanto da agire – lui, benestante nipote del sindaco dell’alluvione Piero Bargellini – in una realtà sempre attiva per dare un tetto sulla testa ai tantissimi che ne avevano bisogno. Anche a costo di interminabili trattative con le autorità, e di decine di denunce per occupazione abusiva. Con i conseguenti processi, e anche con le condanne che lo avevano costretto perfino all’«affidamento in prova». Come fosse un malvivente, invece che un uomo al quale la sua città avrebbe dovuto dare, da tempo, un riconoscimento al valor civile. La tragica notizia si è propagata in un lampo, per un motivo incontrovertibile: «Non è da tutti – annota la Rifondazione fiorentina – avere la forza di dire che è giusto che chi ha di più rinunci ad un pezzetto della sua rendita a favore di chi non ha nulla, e di denunciare l’azione dei grandi gruppi fondiari e bancari che hanno acquistato gli immobili di mezza Firenze, per poi speculare sul prezzo degli affitti». Toccante il ricordo della redazione di Controradio, che veniva avvertita in tempo reale delle occupazioni del Movimento, in modo da far aprire subito una vertenza politica, e mettendo all’angolo l’allarme per il cosiddetto «ordine pubblico», che pure veniva sbandierato dalle destre (e non solo dalle destre) che allignano in città: «Senza di lui saremmo stati tutti più in difficoltà con la nostra coscienza – ha osservato una commossa Chiara Brilli – con le emergenze che per decenni si è accollato, ogni santo giorno, ogni santa estate, ogni santo sabato di picchettaggio, di corteo, di blocco di uno sfratto, di denunce, di presidi, di diritti da fare rispettare. Nessuno avrebbe voluto essere lui, posizione troppo scomoda quella dell’illegalità necessaria, della ‘guerra a bassa intensità’ come la chiamava lui, quella della lotta sulla strada, quella del dare risposte agli ultimi, quella del non nascondere la testa sotto la sabbia, quella del dire le cose come stanno ma sopratutto cercando di cambiarle». L’ultima mancanza di rispetto nei suoi confronti è arrivata proprio da Palazzo Vecchio, che non ha voluto ricordarlo in consiglio comunale. A nulla sono valse le proteste di Firenze a Sinistra (i consiglieri Grassi, Verdi, Trombi), mentre fra i mille messaggi di cordoglio arrivavano quelli di Tommaso Fattori e Paolo Sarti, che con i Medici per i diritti umani lavorava con il Movimento per la casa nell’assistenza ai migranti. «L’insegnamento più importante che ci lascia – scrivono gli attivisti del Movimento – è che contro l’ingiustizia di questo mondo non bastano le belle parole, e lui non si è mai accontentato di ‘chiacchierare’. Fino all’ultimo respiro ha fatto di tutto perché il fuoco delle lotte non si spegnesse. E non si spegnerà». Nel giorno del suo funerale ci sarà un grande corteo in Santa Croce, nel quartiere tanto amato da Lorenzo. SEGUI SUL MANIFESTO

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Occupare spazi, liberare cultura: la polizia sgombera i ragazzi di «Scomodo» https://www.micciacorta.it/2017/04/occupare-spazi-liberare-cultura-la-polizia-sgombera-ragazzi-scomodo/ https://www.micciacorta.it/2017/04/occupare-spazi-liberare-cultura-la-polizia-sgombera-ragazzi-scomodo/#respond Fri, 14 Apr 2017 06:12:15 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=23206 Dopo lo sgombero il corteo di protesta. E la festa è continuata. Interrogazione parlamentare di Sinistra Italiana

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Movimenti. Scomodo, il mensile d'informazione auto-prodotto dai liceali di Roma aveva lanciato l'occupazione simbolica dell'albergo di viale Giustiniano Imperatore, il "Bidet" costruito da Caltagirone e abbandonato da anni. Occupare uno spazio, per liberarlo una notte. Così gli studenti che realizzano e sostengono “Scomodo” – il giornale nato dalle scuole romane e oggi con una tiratura da 7500 copie gratuite – si sono incontrati mercoledì notte in via Giustiniano Imperatore nel quartiere intorno alla Basilica San Paolo a Roma. Volevano denunciare la speculazione e sostenere il riuso del patrimonio abbandonato e hanno scelto quello che nella Capitale è ormai noto come il “Bidet”. Costruito dalla società Acqua Marcia legata a Francesco Caltagirone, l’immensa struttura è abbandonata da una decina d’anni. Uno scheletro bianco da 180 camere senza rifiniture e, ancora, senza nome. Uno dei resti di una lunga, e infausta, stagione urbanistica che ha devastato Roma, dal centro alle periferie. Appuntamento alle 20, pranzo a sacco e notte fino all’alba con la musica. Le feste a sorpresa, e i blitz di denuncia contro le speculazioni urbanistiche e per il riuso del patrimonio abbandonato, sono la cifra politica di questa promettente iniziativa editoriale giunta al terzo numero. E, com’è tradizione nei movimenti giovanili che si aggregano intorno a progetti culturali indipendenti, le feste servono anche per l’autofinanziamento. Scomodo è un giornale “esclusivamente cartaceo” e sostiene un’idea di slow news: le notizie, le inchieste, gli approfondimenti vanno prodotti su carta per creare informazione “critica e indipendente”. In queste serate gli studenti medi e universitari, adolescenti e ragazzi, più di 200 – una redazione di massa e a rete – organizzano anche installazioni artistiche, spettacoli, dj-set. Sono blitz nel deserto di una città tramortita, sola, buia. Verso le undici è arrivata la polizia in tenuta antisommossa. E i ragazzi sono stati sgomberati. La loro unica notte dalle parti di Garbatella è stata evidentemente giudicata troppo “scomoda”. Il “Bidet” intoccabile. Nell’affrontamento con le forze dell’ordine più volte i ragazzi (all’incirca 500) hanno urlato agli agenti: “Chiediamo diritti, cultura, ci danno polizia. Questa è la loro democrazia”. “Ma che fate, avete visto che scempio è questo posto? Noi vogliamo cultura e voi avete caschi e manganelli? Via i caschi, via i caschi!”. E poi, qui e lì, lo slogan che rimbalza dalle lotte francesi contro la riforma del mercato del lavoro “Loi Travail”: “Tout le monde déteste la police”.  “Vergogna!” hanno urlato ancora. Un sentimento diffuso in città che ha trovato, tra gli adolescenti, una voce. Davanti ai cordoni di polizia i ragazzi hanno mostrato il loro giornale, urlando ancora: “Leggi scomodo!”. “Notte scomoda!”. Qualche manganellata è volata. Colpisce che a Roma ci siano ragazzi tra 15 e 19 anni disposti a farsi manganellare per difendere un giornale cartaceo auto-prodotto e le iniziative gemmate dal suo primo nucleo: oltre alle “notti scomode” c’è Orfico, progetto di arte visiva e musica d’avanguardia, e Voci della Metropoli, piattaforma multimediale di racconto della città. La festa si è tenuta lo stesso. La “notte scomoda”, mai espressione è stata più calzante, è continuata nel vicino parco Schuster. I ragazzi lo hanno raggiunto in un corteo improvvisato. Schierati in una carreggiata, compatti e con un buon passo, hanno continuato a sventolare il giornale, simbolo di una comunità culturale appena sgomberata e combattiva. “Leggi Scomodo!”. Non era il libretto rosso, ma un segno di identificazione collettiva attorno alle 60 pagine del giornale distribuito in 120 tra scuole e università che progetta di diventare più grande. Per l’estate è in cantiere un numero di 200 pagine e una tiratura da 10 mila copie. Per realizzarlo, i giovani redattori hanno lanciato un crowdfunding molto articolato. Vogliono raggiungere 25 mila euro per coprire le spese. Un esperimento che potrebbe moltiplicarsi tra gli studenti di altre città. Sinistra Italiana ha presentato un’interrogazione parlamentare sull’accaduto: “presenteremo nei prossimi giorni in Parlamento – sostiene il segretario Nicola Fratoianni – atti ispettivi affinché l’impegno di questi giovani non sia lasciato da solo nell’azione di denuncia del degrado in cui versa parte del patrimonio culturale di questa città». SEGUI SUL MANIFESTO

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Roma: occupato un palazzo Inarcassa abbandonato https://www.micciacorta.it/2017/02/22956/ https://www.micciacorta.it/2017/02/22956/#respond Sun, 05 Feb 2017 08:32:48 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=22956 La battaglia per il diritto all'abitare nella città più precaria d'Europa governata dai Cinque Stelle

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Oltre trecento attivisti e famiglie hanno occupato un gigantesco stabile dell'istituto previdenziale degli architetti e degli ingegneri abbandonato da anni. La mediazione dell'assessore all'urbanistica di Roma Paolo Berdini ROMA. I movimenti per il diritto alla casa hanno occupato un gigantesco palazzo vuoto dell’istituto previdenziale degli ingegneri e degli architetti Inarcassa nel quartiere Ostiense a Roma. Più di 300 attivisti sono saliti sul tetto, mentre le forze dell’ordine in tenuta antisommossa e scortate dalle camionette hanno circondato lo stabile. L’occupazione, dicono i Blocchi precari metropolitani, è «la risposta dei movimenti al piano assistenziale alternativo, a sfratti e sgomberi» in corso anche sotto la giunta Raggi. L’assessore all’Urbanistica e alle Infrastrutture Paolo Berdini ha visitato l’occupazione in via Silvio D’Amico e ha convocato una riunione d’urgenza del tavolo di lavoro con l’assessore regionale, Fabio Refrigeri, per lunedì pomeriggio. L’obiettivo è individuare una soluzione per le persone coinvolte nell’occupazione «e anche la possibilità di accogliere temporaneamente le famiglie sgomberate in immobili pubblici». L’occupazione intende anche denunciare l’uso del patrimonio accumulato nel tempo attraverso i contributi dei liberi professionisti iscritti agli ordini. “Questo ente non solo ha diverse proprietà immobiliari vuote ma ha vessato non poco gli inquilini residenti negli alloggi che gli appartengono sia con affitti lunari che con prezzi di vendita esorbitanti, minacciandoli di sfratto qualora non avessero accettato questi veri e propri ricatti” sostiene il movimento. Il ritorno all’occupazione in una città ridotta a un deserto è stato inteso come una reazione alla decisione del Comune di reiterare il bonus casa per chi ancora vive nei Centri di assistenza alloggiativa temporanea ed è in possesso dei requisiti richiesti, di sgomberare coloro che occupano per necessità un alloggio popolare e di combattere le cosiddette occupazioni abusive.La decisione è in continuità con delibera 50 adottata dal commissario prefettizio Tronca, che ha gestito la Capitale dopo il disastro Marino, che prevede tra l’altro anche una serie di sgomberi. Tutto fermo sul fronte della Regione Lazio che aveva pur sempre adottato una delibera sull’emergenza casa e stanziato 200 milioni di euro già dal 2014. Un primo, ma insufficiente, passo verso una programmazione delle politiche abitative. Nulla si muove anche sulla battaglia, ormai storica, dei movimenti per il diritto all’abitare contro l’articolo 5 del cosiddetto “piano Lupi”, che prevede il taglio delle utenze agli stabili occupati, oltre “Continua così la nostra campagna per il diritto all’abitare e la segnalazione del patrimonio privato e pubblico utilizzabile per far fronte ad un’emergenza dimostrata anche dalla morosità in aumento tra coloro che non ce la fanno più a sostenere un mutuo: almeno 37mila famiglie hanno chiesto la sospensione del pagamento delle rate negli ultimi 6 anni). La questione è seria e va affrontata seriamente. Fino a quando questo non avverrà continueremo con queste iniziative di denuncia e di riappropriazione» si legge in una nota diffusa dal movimento. SEGUI SUL MANIFESTO

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“No allo sgombero di Alexis, l’alternativa alla gentrificazione a Roma” https://www.micciacorta.it/2016/11/22688/ https://www.micciacorta.it/2016/11/22688/#respond Sat, 19 Nov 2016 17:48:26 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=22688 Gli attivisti della casa dei precari, dei giovani e dei disoccupati nel quartiere Ostiense denunciano il rischio di uno sgombero

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Movimenti. In un quartiere universitario meta di pellegrinaggi cinematografici e della gentrificazione, Alexis è un presidio di cittadinanza per attività mutualistiche, cooperative e culturali. Parte la campagna di mobilitazione Quattro anni di occupazione della casa dei precari, studenti e disoccupati Alexis, in via Ostiense a Roma, sono a rischio. Gli occupanti denunciano l’esistenza di un atto giudiziario che preannuncia uno sgombero di uno spazio dove oggi ha aperto una libreria indipendente – Piuma di Mare -; c’è un’aula studio, una trattoria popolare e sportelli di consulenza gratuita. La facciata, a pochi passi dalla meravigliosa Centrale Monte Martini trasformata in un museo, è un’opera d’arte. La casa prende il nome da Alexandros Grigoropoulos, uno studente quindicenne ucciso da un poliziotto greco il 6 dicembre 2008 nel quartiere Exarchia ad Atene, nei giorni delle mobilitazioni contro le politiche di austerità. Il grande artista Blu ha concepito un murale che rappresenta la vita metropolitana, e di strada, con volti, macchine e catene della nostra vita quotidiana. Tutto questo potrebbe andare perduto, insieme al prezioso progetto di recupero dello spazio, abbandonato da anni, che è stato fatto rientrare intelligentemente nella delibera regionale per l’emergenza abitativa approvata sia dalla Regione Lazio che da Roma Capitale. Il progetto prevede la creazione di 10 appartamenti, di uno spazio sociale e di una biblioteca ad uso di un quartiere universitario, e non solo, come l’Ostiense. Meta di pellegrinaggi cinematografici e anche di una crescente “gentrificazione” che rischia di inghiottire tutti gli spazi sociali e di aggregazione, non solo quelli sociali. In rete è stata lanciata una petizione sottoscritta da numerose attività commerciali, da intellettuali e da diverse case editrici romane che hanno trovato un punto di riferimento e di diffusione nelle attività della libreria Piuma di Mare. Alexis, come molti altri spazi nella Capitale, è un fiore nel deserto. Riesce a coniugare la socializzazione tra i flaneur e i refoulé della metropoli con la cultura indipendente, il diritto alla casa con le attività di mutuo aiuto e di economia sociale. L’insieme di queste attività rappresenta, in piccolo, un’idea alternativa di cittadinanza sociale, un consorzio di cittadinanze che andrebbe esteso, non sgomberato. La proposta di recupero del patrimonio dismesso a fini abitativi, un progetto che ha segnato la storia dei movimenti sociali a Roma dal 1998 a oggi, permette il recupero di stabili come quello di Alexis destinato altrimenti ad essere privatizzato. L’idea di aprirlo ai ceti meno abbienti, o poveri, oltre che ai giovani e ai giovanissimi, è un altro fattore positivo. Invisibili nella città, come nel lavoro, trovano in questi presidi l’occasione per riconoscersi e trasformare la propria esistenza in un progetto di mutualismo e cooperazione. Una prospettiva che è stata fatta propria dalla giunta Raggi che esprime oggi nell’assessore all’urbanistica Paolo Berdini una delle punte più avanzate di un dibattito decisivo per il futuro della città. Il Movimento 5 Stelle ha presentato una proposta di legge sull’argomento al Senato. Venerdì 2 dicembre alle 18 si terrà a Alexis un’assemblea cittadina dove gli attivisti presenteranno il progetto di recupero di Alexis e promuoveranno una campagna di mobilitazione.

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Roma, sgombero ad orologeria dello studentato Point Break https://www.micciacorta.it/2016/07/22287/ https://www.micciacorta.it/2016/07/22287/#respond Fri, 22 Jul 2016 08:20:42 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=22287 All’indomani dell’incontro tra la giunta Raggi e i movimenti, il blitz delle forze dell’ordine per chiudere lo studentato occupato da studenti e precari nel Pigneto: una questione sociale affrontata come ordine pubblico

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ROMA Daniela è una studentessa. Ieri mattina si è svegliata per andare al suo lavoro precario e ha trovato sul pianerottolo di casa la polizia. «Mi hanno cacciata dalla casa che avevo occupato per sopravvivere», racconta. Daniela viveva a Point Break, un luogo che prende il nome da una metafora surfistica. Sette anni fa da un gruppo di studenti del movimento dell’Onda prese possesso di un palazzotto al Pigneto, quartiere romano in cui convivono ancora spinte popolari e tendenze modaiole, spontaneismo e speculazione. C’era l’onda di questa occupazione a rendere un po’ meno precarie le vite di diversi giovani, ma ieri mattina è arrivata la risacca dello sgombero.
All’alba hanno fatto sloggiare Daniela e gli altri abitanti del civico 30 di via Fortebraccio. Lo stabile, dismesso da anni e abbandonato, è di proprietà di un privato e oggetto di beghe legali e infinite questioni di eredità. Si è trasformato nel primo sgombero sotto l’amministrazione di Virginia Raggi. Uno sgombero che avviene indipendentemente da (e nonostante) ogni volontà politica della giunta che ieri pomeriggio si è riunita per fissare le linee programmatiche e dare il via alla maratona che porterà alla votazione in consiglio dell’assestamento di bilancio, cui seguono le prime proteste per il taglio di 300 mila euro ai centri antiviolenza (cui Raggi appena insediata aveva promesso attenzione) e le polemiche per il ventilato «accordo segreto» col padrone di Malagrotta Manlio Cerroni. Ma non è difficile capire che le camionette davanti a Point Break hanno un forte significato politico, soprattutto se si tiene il conto dei varchi che potrebbero aprirsi nella capitale. Per interpretare il contesto di questo sgombero e comprendere i rischi e le opportunità della calda estate della transizione romana, dobbiamo avvolgere il nastro all’indietro. Fino a poche ore prima.
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Lo studentato occupato Point Break
Sono le 18 del 20 luglio. Nonostante il caldo e il periodo estivo tantissime persone si ritrovano in piazza dei Sanniti, a San Lorenzo, di fronte al Cinema Palazzo Occupato, per l’assemblea convocata dalla rete «Decide Roma». In prima fila, in mezzo alle diverse anime dei movimenti e della sinistra sociale romana e ai tanti esponenti di spazi sociali minacciati di sgombero e vessati da richieste di affitto e sigilli amministrativi, c’è Paolo Berdini. Non è nuovo a consessi del genere, è una faccia nota da questa parti. Ma è la prima volta che vi compare da amministratore. L’assessore all’urbanistica della giunta pentastellata prende la parola. «Il momento è delicato, perché i vecchi poteri si riorganizzano e gli spazi rischiano di chiudersi – dice – O cogliamo l’occasione adesso o non avremo una seconda opportunità». Poi si assume impegni semplici e radicali, che trovano il consenso della platea. A cominciare dalla salvaguardia degli spazi che in periferia costruiscono socialità e servizi fino al recupero delle caserme dismesse, alcune delle quali si trovano anche nel centro di Roma, per costruire case da assegnare ai soggetti colpiti dalla crisi. Dopo di lui tocca a Carmine Piscopo, assessore all’urbanistica nella giunta De Magistris a Napoli. Racconta del riconoscimento del valore sociale, più che di quello economico, dei beni comuni urbani portata avanti da quella amministrazione. «Più che la legalità formale perseguiamo la giustizia sostanziale», afferma Piscopo. Le parole di Berdini e quelle del suo omologo partenopeo, insomma, innalzano non di poco la prospettiva rispetto alle affermazioni un po’ legnose sulla legalità da rispettare ad ogni costo fatte da Virginia Raggi nel corso suo incontro con gli occupanti di case di qualche giorno fa. Dall’assemblea di Decide Roma, al contrario, si intravede uno spiraglio, la possibilità che dal basso si possano costruire nuovi diritti e perfino nuovi istituti giuridici. «È questo che spaventa i poteri in crisi di questa città» dice Tiziano di Point Break.
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L’assessore all’urbanistica di Roma Capitale Paolo Berdini all’assemblea di “Decide Roma”
Nessuno avrebbe immaginato che al mattino dopo Roma si sarebbe svegliata con uno sgombero. «A fronte dell’apertura di uno spazio di possibilità per una nuova negoziazione sociale, i corpi di polizia forzano per riportare il piano del confronto politico della città di Roma nello spazio angusto del rispetto della legalità formale e della difesa della rendita immobiliare», spiegano gli occupanti di Point Break appena si ritrovano sul marciapiede. Poi vanno alla sede del V municipio, anch’esso retto dai grillini, per chiedere che si prenda posizione sullo sgombero. Gli attivisti di Point Break scoprono che gli amministratori di questo pezzo di territorio erano ignari dell’operazione di polizia. Raccolgono una solidarietà per niente scontata. Di contro, arriva una nota della questura che suona ai più come l’ennesima provocazione. Nel comunicato si definisce l’occupazione di «matrice filo-anarchica», cosa che suona quantomeno imprecisa a chi conosca anche superficialmente la geografia politica dei movimenti romani. Si cita il ritrovamento di non ben identificati oggetti quali «mazze, aste per bandiere, caschi protettivi, alcuni fumogeni». Si diffonde una foto con «manifesti vari di propaganda politica filoanarchica» che si sostanziano in una bandiera No Tav, un vessillo dei Paesi Baschi e una locandina di un corteo antifascista. Il ritrovamento di qualche spinello in una palazzina frequentata soprattutto da giovani fa ovviamente pensare «ad una intensa attività di spaccio». Nove persone vengono denunciate per occupazione abusiva e «furto aggravato di energia elettrica con un danno all’erario stimato dall’Acea in circa 500 mila euro per i sette anni di illecito utilizzo». Un giovane è fermato per possesso di marijuana, verrà processato questa mattina per direttissima. «In questi sette anni lo studentato occupato è stato protagonista di innumerevoli attività culturali e di mutuo soccorso che si sono opposte al degrado sociale che in maniera sempre più intensa ha trasfigurato il quartiere, da un lato mercificandolo all’estremo e dall’altro lasciando spazio al narcotraffico», ribattono gli occupanti. Dalla Carovana delle Periferie pungolano l’amministrazione: «Dopo le belle parole di ieri dell’assessore Berdini, cosa faranno per passare ai fatti? Non possono certo cavarsela dicendo ‘Noi non ne abbiamo responsabilità, si tratta di uno stabile privato’. Sarebbe come riconoscere che i privati possono abbandonare per anni intere aree della città facendone ricadere i costi ed il degrado conseguente sulla collettività. Serve quindi di più di qualche bella parola». «Si è deciso di affrontare una questione sociale fondamentale come un problema di ordine pubblico» protesta Marta Bonafoni, consigliera regionale di Si-Sel. «Sgomberi come questo rischiano di acuire le forti tensioni sociali presenti in città» dichiara Massimiliano Smeriglio, vicepresidente della Regione Lazio. Per la segretaria regionale Fiom Lazio Francesca Re David «l’esperienza di Point Break non può e non deve concludersi con lo sgombero ma fornendo soluzioni credibili ai bisogni che hanno portato alla sua nascita». SEGUI SUL MANIFESTO

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Casarini: «Disobbedirò ancora, mille altre volte» https://www.micciacorta.it/2016/06/casarini-disobbediro-ancora-mille-volte/ https://www.micciacorta.it/2016/06/casarini-disobbediro-ancora-mille-volte/#respond Wed, 08 Jun 2016 07:16:46 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=22003 La denuncia. Tre mesi ai domiciliari per occupazione di case. Negati i servizi sociali. "Ho occupato una casa perché penso che la battaglia per il diritto all'abitare contro il degrado delle case pubbliche sfitte sia giusta"

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Condannato a tre mesi per l’occupazione di una casa sfitta a Marghera, dove ha vissuto per anni, Luca Casarini ha chiesto l’affidamento ai servizi sociali. I giudici glielo hanno negato. Nelle prossime ore Casarini inizierà a scontare la pena agli arresti domiciliari a Palermo, dove vive. «La cosa in sé è piccola – afferma – È importante sottolineare che l’attivismo sociale in questo paese, da Genova in poi, ha ricevuto una sfilza di condanne e repressione. Per molto meno di quello che abbiamo fatto dieci anni fa oggi si prendono dieci anni di galera. Voglio denunciare l’uso disinvolto della repressione contro chi fa attivismo sociale. In Italia e in Francia contro la riforma del lavoro». Già esponente delle tute bianche e dei disobbedienti, portavoce dei centri sociali del Nord Est, impegnato nella costruzione di «Sinistra Italiana», Casarini ha raccontato i fatti ieri sul suo profilo facebook. Sulla bacheca, inondata da attestati di solidarietà, ha rivendicato le azioni politiche e sociali che hanno portato a quattro anni di condanne cumulative. «Lo rifarei mille e mille volte – sostiene Casarini – Ho occupato una casa perché penso che la battaglia per il diritto all’abitare contro il degrado delle case pubbliche sfitte sia giusta. Bloccherei quel treno carico di armi per la guerra in Iraq per il quale ho preso un anno di reclusione. Manifesterei contro la fiera del Biotech a Genova ancora con Don Gallo, anche se mi è costato un altro anno. Disobbedirei ai centri di detenzione per migranti come feci a Trieste nonostante l’anno e mezzo di condanna». Casarini ha presentato un’istanza di affidamento sociale al centro diaconale Valdese di Palermo. I tre mesi di pena avrebbe voluto passarli lavorando a un progetto che coinvolge i migranti ospitati nella «Casa del Mirto». La questura di Palermo ha dato un risposta negativa. «Hanno fatto su di me una relazione pessima – ricostruisce Casarini – che si è conclusa con una formula di rito nel caso di un pregiudicato: “Non si escludono contatti con la criminalità organizzata e non”. Detta a Palermo questa frase mi ha fatto impressione. Io la Mafia la combatto, al contrario di molte autorità che siedono nel consiglio regionale o in parlamento. Si devono vergognare per il fatto che lo dicano a me». «Mi dispiace e ringrazio tanto i valdesi – aggiunge – avevamo costruito un progetto in cui potevo rendermi utile, invece di passare tre mesi chiuso in casa. Il tribunale dimostra miopia e cecità rispetto a chi ha bisogno in questo paese. A questi giudici interessava di più la vendetta che la funzione sociale della pena». «Stanno rifiutando gli affidamenti a molti attivisti, non solo a me, con lo stesso meccanismo. Questa cosa deve finire». Casarini ha ricevuto anche il divieto di comunicare con l’esterno durante i tre mesi di domiciliari. «Disobbedirò a questo provvedimento – sostiene – Non lo rispetterò, questo divieto ha il sapore del fascismo, travalica la legalità». Sinistra italiana ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro della giustizia Andrea Orlando e al ministro dell’Interno Angelino Alfano: «Ci pare incredibile il rifiuto di una misura come l’affidamento ai servizi sociali, uno strumento normalmente concesso, salvo in casi di pericolosità sociale, cosa impossibile per Luca – afferma Nicola Fratoianni, coordinatore nazionale di Sinistra Italiana-Sel – Parliamo di forme di repressione, tra l’altro differite, contro lotte sociali fatte a viso aperto, nulla a che vedere con la criminalità a cui si fa riferimento. Da parte nostra c’è il massimo impegno perché questa assurdità termini il prima possibile».

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L’intelligenza delle occupazioni https://www.micciacorta.it/2016/05/lintelligenza-delle-occupazioni/ https://www.micciacorta.it/2016/05/lintelligenza-delle-occupazioni/#comments Thu, 26 May 2016 07:33:40 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21910 Diritto all'abitare. Ventitré tra uomini e donne senza casa sono in sciopero della fame a Roma. Non vogliono che la loro vita continui ad essere schiacciata sempre più giù nella discarica sociale dell’abitare

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occupazioni di case

ROMA Le oltre diecimila persone che a Roma vivono in occupazione sono conosciute come «occupanti di case». Varcando la soglia di uno di quegli spazi non è sempre facile riconoscerlo come casa. Ad alcuni appartamenti si sono nel tempo aggiunti scuole, uffici, alberghi, padiglioni, strutture di servizio. Edifici diversi tenuti tra loro assieme dall’ essere, da tempo, abbandonati. Fossili edilizi che, in molti casi, hanno interpretato una prima vita come immobile istituzionale. Poi, secondo il copione con cui l’ingegneria finanziaria cannibalizza quella edilizia, sono stati «cartolarizzati». Il meccanismo che trasferisce, per «far cassa», interi pezzi del patrimonio immobiliare pubblico in un bilancio patrimoniale privato. Nella città finanziarizzata edifici messi in vendita ed occupati non sono un paradosso. Chi ora li possiede non punta ai canoni di locazione, ma ai crediti che potrà ottenere offrendoli come garanzia. Edifici che pur non destinati a residenza sono lo stesso abitati. Ma l’occupazione è una forma possibile dell’abitare? Ventitré tra uomini e donne che così vivono, sempre a Roma, stanno facendo uno sciopero della fame. Rispondono, con questo gesto, che in occupazione non si può continuare a vivere né si può morire. Non vogliono che la loro vita continui ad essere schiacciata sempre più giù nella discarica sociale dell’abitare. Dove buttare le persone a cui non si vuole riconoscere nessun diritto perché non si ha più nulla da prendergli. A molti tra gli occupanti insieme al lavoro è stata tolta la casa. Hanno occupato precipitando così nella coabitazione di massa. In occupazione, le forme del reciproco aiuto solidale e mutualistico, sono essenziali nell’attrezzare i «servizi», nell’organizzazione degli spazi collettivi. Nel definire quelli individuali ognuno però è solo. Nelle occupazioni non è lo spazio alle volte a mancare (basta pensare alla larghezza spropositata di un corridoio di un ufficio o all’ampiezza di un’aula scolastica). Manca la possibilità di garantire per ognuno la possibilità di avere gli elementi che costituiscono l’abitare degno. Difficile riuscire ad assicurare a tutti, date quelle tipologie, l’illuminazione diretta da una finestra. Impossibile garantire la ventilazione naturale degli ambienti. Come fare con il caldo e il freddo? Non sempre è possibile eliminare le barriere architettoniche. A volte, negli edifici alti, gli ascensori sono fermi e tante sono le carrozzine e passeggini. Come avere impianti sicuri? O, anche, la possibilità di uno spazio fuori di quella stanza miracolosamente ritagliata, dove andare a fumarsi una sigaretta, guardare fuori il cielo e spiegarlo ai tuoi figli? Le occupazioni non devono nascondere le case in quei corpaccioni murari, ma farle uscire fuori come individui edilizi. Possono mostrarsi alla città come soluzione di un’emergenza, come singole parti di un quartiere diffuso nel tessuto urbano. La recente delibera della regione Lazio parla, nel licenziare finalmente un programma per l’emergenza abitativa, di recuperare questi edifici anche con la pratica dell’autocostruzione e mette a disposizione una prima cifra significativa. Un progetto che potrà essere accolto come una opportunità per l’abitare di tutti solo con il superamento del doppio ostacolo che oggi lo accompagna. Il primo rappresentato dal dimenticabile commissario Tronca che ha voluto attaccare, imbevendo di veleno l’ultimo colpo di coda del suo comando dispotico, questo piano. Vuole ridurre lo stock abitativo destinato a chi occupa e vuole iniziare non ricercando case, ma con gli sgomberi. Il secondo riuscendo a non assecondare quella certa retorica della bellezza delle occupazioni, proprie ad alcune letture accademiche, che tendono ad isolare l’edificio occupato dallo spazio urbano che lo ha provocato e che lo ospita. Non è questo un discorso urbanistico, ma un progetto preciso: la traduzione in «case belle per i più» dei percorsi del protagonismo sociale che offre alla comunità un bene trascurato riconsegnandolo come individuo edilizio capace di rappresentare se stesso non solo come tetto, ma come realizzazione compiuta del diritto all’abitare.

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