Paride Mori – Micciacorta https://www.micciacorta.it Sito dedicato a chi aveva vent'anni nel '77. E che ora ne ha diciotto Thu, 18 Feb 2016 12:11:15 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 La Camera: on-line l’armadio della vergogna https://www.micciacorta.it/2016/02/la-camera-on-line-larmadio-della-vergogna/ https://www.micciacorta.it/2016/02/la-camera-on-line-larmadio-della-vergogna/#respond Thu, 18 Feb 2016 12:11:15 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21369 Memoria. Stragi nazifasciste e crimini italiani all’estero: un silenzio di 70 anni da cui è nato il «nostro» revisionismo storico

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Cefalonia

La declassificazione e la pubblicazione on-line, voluta dalla Camera, di una parte dei documenti della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle «cause dell’occultamento dei fascicoli relativi ai crimini nazifascisti» è senz’altro un fatto significativo per gli studi e per la «lettura pubblica» del nostro passato prossimo. Tuttavia la ricercata catarsi della memoria nazionale, che sottende a queste operazioni, fatica a tradursi in compiuta nemesi storica in un paese come l’Italia. Per «ritrovare» nella Procura Militare Generale di Roma i 695 fascicoli relativi alle stragi nazifasciste ed ai crimini italiani all’estero si dovette attendere il 1994 allorché la documentazione «dell’armadio della vergogna» (come recitò il titolo dell’inchiesta di Franco Giustolisi) riemerse dalla «archiviazione provvisoria» stabilita il 13 gennaio 1960 dal Procuratore militare Enrico Santacroce, già noto all’epoca per la sentenza di assoluzione emessa il 19 febbraio 1949 in favore di Mario Roatta e altri generali fascisti responsabili con il re della vergognosa fuga da Roma dell’8 settembre 1943. La Commissione d’inchiesta istituita nel 2003 (dal governo Berlusconi con dirigenti post-fascisti ascesi al rango di ministri della Repubblica) si prefissò lo scopo di ricercare le «cause dell’occultamento dei fascicoli» ma concluse i suoi lavori con due diverse relazioni finali, come quasi sempre accade quando nella camere di compensazione politica si cerca di scrivere la storia «condivisa». In verità il lavoro d’individuazione delle «cause» era stato già svolto e sintetizzato in modo esplicito e disarmante pochi anni prima da Paolo Emilio Taviani preminente figura della Resistenza cattolica, segretario nazionale della Dc, ministro dell’Interno e della Difesa nonché responsabile politico di primo piano di «Gladio». Il 20 ottobre 1956 nel suo diario di memorie (pubblicato postumo nel 2000) Taviani sintetizzò in poche righe ciò che le istituzioni ed il paese avrebbero fatto fatica a raccontare per altri quarant’anni: «Gaetano Martino [ministro degli Esteri] mi scrive che non è opportuno chiedere alla Germania l’estradizione di Speidel ritenuto (ma ci sono dubbi) uno dei responsabili della strage di Cefalonia. I russi stanno per invadere l’Ungheria. Il riarmo tedesco è più che mai indispensabile. Moro [ministro della Giustizia] mi aveva detto che la competenza non è sua, ma mia e degli Esteri. Mi ero imposto per iniziare la pratica dell’estradizione. Ma ora non ci penso neppure ad insistere per questo Speidel. Martino ha ragione». Gli equilibri della Guerra Fredda, la necessità del riarmo tedesco-occidentale e la «ragion di Stato» divennero la base del paradigma dell’impunità sia per i crimini di guerra compiuti dai nazifascisti in Italia sia per quelli commessi dal regio esercito in Africa e nei Balcani. Tuttavia a distanza di settant’anni dai fatti il vero nodo di criticità che rischia di far rimanere deboli iniziative come quella della Camera rimane il cortocircuito memoriale avviato proprio alla metà degli anni novanta attraverso la retorica dei «ragazzi di Salò» che trovò la tribuna più importante proprio dallo scranno più alto della stessa Camera, all’epoca presieduta da Luciano Violante. Così il combinato disposto dell’omertoso silenzio sui crimini di guerra e della comprensione della «buona fede» dei fascisti che «andavano a cercar la bella morte» (ma più volentieri la infliggevano con stragi e torture a civili e partigiani) ha finito per tradursi politicamente con lo «sdoganamento» post-missino e con la fine della «conventio ad excludendum» contro gli eredi del Pci. Approdando, in ultima istanza, al loro reciproco riconoscimento di accesso al governo del paese. Mentre la documentazione sulle stragi nazifasciste rimaneva quasi sullo sfondo del dibattito nazionale, nello stesso 1994 l’opinione pubblica «moderata» considerava i partigiani dei GAP come i «veri» responsabili della strage delle Fosse Ardeatine e soltanto una protesta clamorosa davanti al Tribunale militare di Roma impedì che il capitano delle SS Erich Priebke tornasse libero in Argentina. Tra il 2003 e il 2004 seguirono poi la denuncia «del sangue dei vinti» e l’istituzionalizzazione del «giorno del ricordo» durante il quale, a suggello di una ricostruzione «narrativa» e non storica, sono stati premiati decine di repubblichini di Salò di cui il caso di Paride Mori (a cui la medaglia alla memoria dello scorso anno è stata poi revocata) non è che un esempio. Ben vengano, dunque, le declassificazioni dei documenti che favoriscono i conti col passato perché nella conservazione e nella resa di accessibilità delle fonti risiedono il ruolo e le funzioni che le istituzioni hanno il dovere di esercitare nei confronti della storia. Scriverla sarà compito della ricerca.

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Se questo è il giorno del ricordo https://www.micciacorta.it/2015/03/se-questo-e-il-giorno-del-ricordo/ https://www.micciacorta.it/2015/03/se-questo-e-il-giorno-del-ricordo/#respond Tue, 17 Mar 2015 09:22:52 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=18947 Errori italiani. L'onorificenza del governo al repubblichino Paride Mori «per aver servito la patria»

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Il 7 feb­braio 1947 il Con­si­glio del Mini­stri del III governo De Gasperi, (Dc-Psi-Pci-Pri e Par­tito del Lavoro) votò all’unanimità l’accettazione del Trat­tato di Pace che chiu­deva anche dal lato politico-diplomatico la guerra mon­diale sca­te­nata dall’asse nazi­fa­sci­sta. Il 10 feb­braio il Trat­tato di Pace venne uffi­cial­mente fir­mato a Parigi e nella seduta del 31 luglio 1947 il par­la­mento costi­tuente anti­fa­sci­sta, nato insieme alla Repub­blica il 2 giu­gno, lo ratificò. 57 anni dopo, nel 2004, uno dei par­la­menti della seconda repub­blica, quella non più nata dalla Resi­stenza ma dalla fine della Guerra Fredda e dalle inchie­ste giu­di­zia­rie, con voto bipar­ti­san isti­tuì in quella data il giorno del ricordo voluto for­te­mente dalla destra post-fascista e con­di­viso dalla sini­stra di governo per «rom­pere il silen­zio sulla vicenda taciuta delle foibe» secondo la rituale for­mula delle cele­bra­zioni ufficiali. Lo scorso 10 feb­braio la Pre­si­dente della Camera Bol­drini e il Sot­to­se­gre­ta­rio alla pre­si­denza del con­si­glio Del Rio hanno con­fe­rito a Paride Mori un’onorificenza «per aver ser­vito la patria» ovvero, nel suo caso, il bat­ta­glione ber­sa­glieri volon­tari “Benito Mus­so­lini” della repub­blica di Salò. Per la cro­naca, e anche un po’ per la sto­ria, va anno­tato che Paride Mori non morì nelle foibe ma il 18 feb­braio 1944 in un con­flitto con i partigiani. Le auto­rità si sono affret­tate a dichia­rare che «se c’è stato errore il rico­no­sci­mento sarà revo­cato», tut­ta­via di errori di que­sta natura il giorno del ricordo ne ha anno­ve­rati in que­sti anni dav­vero molti altri. Nel 2007 il Pre­si­dente della Repub­blica Gior­gio Napo­li­tano con­ferì la meda­glia come infoi­bato a Vin­cenzo Ser­ren­tino. Capo della «pro­vin­cia di Zara» durante la repub­blica sociale fu pre­si­dente del tri­bu­nale spe­ciale fasci­sta in Jugo­sla­via e respon­sa­bile di decine di con­danne a morte ese­guite con­tro par­ti­giani e civili. Arre­stato e pro­ces­sato dal governo jugo­slavo venne con­dan­nato a morte da un tri­bu­nale il 15 mag­gio 1947. Sem­pre tra il 2009 ed il 2011 altri tre ita­liani accu­sati di cri­mini di guerra dal governo di Bel­grado furono insi­gniti dell’onorificenza del 10 feb­braio, Gia­como Ber­go­gnini, Luigi Cucè e Bruno Luciani, quest’ultimo col­la­bo­ra­tore della fami­ge­rata Banda Collotti. Il giorno del ricordo, già con­trad­dit­to­rio nella sua indi­ca­zione calen­da­ri­stica non­ché nella sua natura omis­siva sui cri­mini di guerra ita­liani nei Bal­cani, si è con­fi­gu­rato come una leva contro-narrativa della sto­ria che fini­sce per rile­git­ti­mare il fasci­smo regime e per­sino quello repub­bli­chino. Così nell’anno in cui Fini e Vio­lante sono tor­nati insieme a Trie­ste, luogo della prima pie­tra della «sto­ria con­di­visa», nella stessa città si è cer­cato di sfi­du­ciare il pre­si­dente del con­si­glio comu­nale Iztok Fur­la­nic che aveva avuto l’ardire d’indicare quello dei par­ti­giani jugo­slavi come l’esercito di Libe­ra­zione dal nazi­fa­sci­smo nella regione. Il tutto raf­for­zato, nel corso degli anni, da fic­tion e spet­ta­coli tea­trali che, uti­liz­zando l’espediente empatico-narrativo in luogo della com­ples­sità fat­tuale della sto­ria, hanno affian­cato una nuova reto­rica isti­tu­zio­nale celebrativo-vittimistica che ha sol­le­vato nel discorso pub­blico l’Italia fasci­sta da ogni respon­sa­bi­lità nella seconda guerra mon­diale finendo per ali­men­tare feno­meni di auten­tico revan­sci­smo neofascista. Il discorso pub­blico della memo­ria di Stato scritta per legge, dun­que, sem­bra appro­dare alla con­clu­sione che il fine della Sto­ria sia la fine della Sto­ria, impos­si­bi­li­tata a svol­gere un com­pito di cono­scenza indi­spen­sa­bile a indi­vi­duare la dire­zio­na­lità del tempo pre­sente e a con­tri­buire all’interpretazione dell’età con­tem­po­ra­nea e della modernità. Se que­sto è il giorno del ricordo la sto­ria del nostro pas­sato ha davanti a sé un sem­pre più incerto futuro.

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Dal governo una medaglia al repubblichino: ”Per il sacrificio offerto alla Patria’ https://www.micciacorta.it/2015/03/boldrini-e-delrio-onorano-il-repubblichino-per-il-sacrificio-offerto-alla-patria/ https://www.micciacorta.it/2015/03/boldrini-e-delrio-onorano-il-repubblichino-per-il-sacrificio-offerto-alla-patria/#respond Mon, 16 Mar 2015 12:01:58 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=18937 Conferito un riconoscimento al fascista Paride Mori, ex ufficiale del Battaglione "Benito Mussolini" che combattè anche al fianco dei nazisti

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BOLOGNA - Il “Giorno del ricordo” diventa il giorno dell’amnesia e a poco più di un mese dal settantesimo della Liberazione si ribalta la storia e ciò che ha significato per mano di chi rappresenta la Repubblica nata dalla stessa Liberazione. Così, anche un fascista repubblichino, Paride Mori, può essere insignito della medaglia ricordo, "in riconoscimento del sacrificio offerto per la Patria" dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio (come deciso da una commissione della presidenza del Consiglio), già sindaco di Reggio Emilia, città medaglia d’oro per la Resistenza e terra dei fratelli Cervi. Fonti del governo: il caso sarà esaminato. A quanto si apprende da fondi del governo, in queste ore è stato dato mandato per un approfondimento della vicenda. Nei prossimi giorni verrà ripresa in mano l'istruttoria e sarà esaminata. Il nome oggetto del caso, al pari degli altri - aggiungono le stesse fonti - è stato vagliato dalla specifica commissione tecnica costituita da 10 membri, tra i quali un rappresentante della Presidenza del Consiglio. L'episodio ha già suscitato molte polemiche (l'ira di Sel, dei partigiani dell'Anpi, dei comitati antifascisti).  Paride Mori è stato ufficiale parmense del Battaglione bersaglieri volontari “Benito Mussolini”, un reparto che all’inizio era aggregato alle “Waffen SS” e successivamente inquadrato nell’esercito della Repubblica di Salò che combatté a fianco dei nazisti. L’onorificenza che gli è stata attribuita in realtà fu istituita per ricordare le vittime delle foibe nell’immediato dopoguerra, ma Mori fu ucciso in uno scontro coi partigiani il 18 febbraio del ‘44 e quindi l’episodio non c’entra niente con le vendette post belliche delle milizie di Tito nei confronti degli italiani. La cerimonia si è svolta alla Camera ma la presidente Boldrini ha specificato che non c'entra niente con l'iniziativa. ARCHIVIO Quando la sinistra gli dedicò una strada Al ribaltamento di significato si aggiunge quindi un falso storico. Ma la vicenda di Paride Mori comincia prima di quest’ultima vicenda. Alcuni anni fa la giunta di centro sinistra del Comune parmense di Traversetolo, suo paese natale, intitolò una via proprio al repubblichino suscitando l’obiezione dell’Istituto storico della Resistenza provinciale il quale fece presente il passato imbarazzante dell’ex bersagliere. La giunta ritirò l’intitolazione e la vicenda si spense. Non persuasi, i figli di Paride Mori hanno provato altre strade per onorare la figura paterna rivolgendosi direttamente alle massime autorità dello Stato in occasione del citato “Giorno del ricordo”. Lo scorso dieci febbraio la cerimonia ufficiale e la consegna agli stessi figli
dell’onorificenza. Questi ultimi, hanno così celebrato la “riabilitazione” del padre con una lettera pubblicata sulla Gazzetta di Parma nella quale hanno raccontato dell’invito a Montecitorio e della consegna della medaglia da parte del sottosegretario Delrio. Soddisfatti per quello che ritengono la restituzione di un onore, i figli ora chiedono con forza che la via nel paese natale del padre sia finalmente a lui intitolata. Come negarlo dopo un simile viatico?

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