processo di pace – Micciacorta https://www.micciacorta.it Sito dedicato a chi aveva vent'anni nel '77. E che ora ne ha diciotto Fri, 04 May 2018 08:40:46 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 L’ETA basca annuncia lo sgioglimento: «Fine di un ciclo storico» https://www.micciacorta.it/2018/05/24444/ https://www.micciacorta.it/2018/05/24444/#respond Thu, 03 May 2018 07:09:46 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=24444 Paesi baschi. In un documento, anticipato da eldiario.es, l’organizzazione indipendentista dichiara lo scioglimento completo. Domani a Kanbo (Cambo-les-Bains), località dei Pirenei francesi, la conferenza internazionale

L'articolo L’ETA basca annuncia lo sgioglimento: «Fine di un ciclo storico» sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>

SAN SEBASTIÁN. Una lettera dell’Eta con anagramma e timbro ufficiali, datata 16 aprile 2018, informa sulla fine del «ciclo storico» e della «funzione» dell’organizzazione. Nella nota, inviata a diversi organismi baschi e pubblicata ieri, si legge che l’Eta «ha dissolto completamente tutte le sue strutture e ha dato per conclusa la sua iniziativa politica». L’annuncio della dissoluzione definitiva arriva a sette anni dall’abbandono della lotta armata, a un anno dalla smilitarizzazione e ad alcune settimane di distanza dalla pubblica richiesta di perdono per il danno causato dalla lotta armata. Nella dichiarazione, filtrata e pubblicata in esclusiva da eldiario.es, si legge: «Questa decisione chiude il ciclo storico di 60 anni dell’Eta» che, si specifica, «non supera, d’altra parte, il conflitto che i Paesi Baschi mantengono con la Spagna e con la Francia. Il conflitto non iniziò con Eta e non termina con la fine della traiettoria dell’Eta». Il delicato processo di pace è ancora in corso e «i Paesi Baschi sono adesso di fronte a una nuova opportunità per chiudere definitivamente il ciclo del conflitto e costruire prima di tutto il proprio futuro». La nota ricorda «i numerosi sforzi» fatti nel corso degli anni per «incanalare per vie razionali il conflitto politico». Le «sessioni formali di negoziazione», le «conversazioni segrete» e le «innnumerevoli proposte» non sono però state risolutive. «Non siamo stati capaci di arrivare ad un accordo, né tra Eta e il governo, né tra gli interlocutori baschi». «È una responsabilità condivisa e Eta si assume la parte che le compete». Nel documento si menziona nuovamente il dolore e, a chiare lettere, si «riconosce la sofferenza provocata come conseguenza della lotta armata». Oggi Eta pubblicherà per mezzo di agenti internazionali un ultimo comunicato, frutto del dibattito realizzato dai suoi militanti negli ultimi mesi. Domani si terrà a Kanbo (Cambo-les-Bains), località dei Paesi Baschi francesi, una conferenza internazionale, nella quale si aspetta che personalità internazionali, al momento non ancora note, pronunceranno una dichiarazione sulla risoluzione del conflitto basco. FONTE: Angela Maria Salis, IL MANIFESTO ****

En Euskal Herria, a 16 de abril de 2018

Estimados/as señores/as:

Por medio de esta comunicación os queremos dar a conocer la decisión que Euskadi Ta Askatasuna acaba de tomar. ETA ha decido dar por terminados su ciclo histórico y su función, dando fin a su recorrido. Por tanto, ETA ha disuelto completamente todas sus estructuras y ha dado por terminada su iniciativa política.

De este modo, como consecuencia del cambio estratégico de toda la izquierda abertzale, ETA ha llevado a término el proceso iniciado en 2010, con la intención de abrir un nuevo ciclo político en Euskal Herria.

En ese proceso las referencias fundamentales han sido la Conferencia de Aiete y el fin de la violencia armada que ETA anunció tres días después. Fue un esfuerzo por conseguir dar a la época de confrontación armada un final ordenado, racional y constructivo. La mayoría de vosotros fuisteis testigos directos de aquella oportunidad y, muchos de vosotros, también fuisteis firmes impulsores. Por desgracia, la Declaración de Aiete no pudo recorrer su camino, a pesar de coincidir con la voluntad de la mayoría de ciudadanos vascos, los estados francés y español lo hicieron imposible desde su mismo inicio.

Sin embargo, ETA decidió seguir adelante. Más allá de la Declaración de Aiete y de un hipotético proceso de negociación, Euskal Herria fue el punto de partida y el objetivo de toda su actividad. Así, cumplió los compromisos tomados hasta entonces y adquirió nuevos compromisos. En su acción más significativa, ETA le dio al pueblo sus armas y dejó en manos de la sociedad civil la responsabilidad de su desarme.

El pueblo es también el receptor fundamental de esta última decisión:

  • Porque ETA se formó del pueblo y al pueblo vuelve.
  • Porque se fundamenta en la confianza en la fuerza del pueblo.
  • Y, sobre todo, porque quiere hacer una aportación en el camino hacia la consecución de la paz y la libertad en Euskal Herria.

En efecto, ETA con las decisiones de estos últimos años ha apostado, con valentía y responsabilidad, por sacudir la situación de las últimas décadas y por la construcción del futuro desde un punto de partida nuevo.

Esta decisión cierra el ciclo histórico de 60 años de ETA. No supera, en cambio, el conflicto que Euskal Herria mantiene con España y con Francia. El conflicto no comenzó con ETA y no termina con el final del recorrido de ETA.

A lo largo de los años, se han hecho numerosos esfuerzos para encauzar por vías racionales el conflicto político. Se han puesto en marcha sesiones formales de negociación, se han llevado a cabo conversaciones secretas y se han presentado innumerables propuestas. No hemos sido capaces de llegar a acuerdos, ni entre ETA y el gobierno, ni entre los agentes vascos. Es una responsabilidad compartida y ETA asume la parte que le corresponde.

La falta de voluntad para solucionar el conflicto, y las oportunidades perdidas, entre otras, ha provocado el alargamiento del conflicto y ha multiplicado el sufrimiento de las diferentes partes. Comoquiera que sea, ETA reconoce el sufrimiento provocado como consecuencia de su lucha.

Euskal Herria está ahora ante una nueva oportunidad para cerrar definitivamente el ciclo de conflicto y construir su futuro entre todos. No repitamos los errores, no dejemos que los problemas se pudran. Eso no sería más que fuente de nuevos problemas.

Años de confrontación han dejado heridas profundas y hay que darles la cura adecuada. Algunas todavía están sangrando, porque el sufrimiento no es cosa del pasado.

Por medio de esta carta, y con toda humildad, ETA os quiere hacer llegar una última opinión. En su opinión, la solución del conflicto y la construcción de Euskal Herria os necesita a todos vosotros, porque el futuro es responsabilidad de todos.

Los que hemos sido militantes de ETA, por nuestra parte, queremos confirmar nuestro compromiso en embarcarnos totalmente en esa tarea, cada cual desde el lugar que considere más oportuno, con la responsabilidad y honestidad de siempre.

Euskadi Ta Askatasuna

E.T.A.

  Qui il video

L'articolo L’ETA basca annuncia lo sgioglimento: «Fine di un ciclo storico» sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2018/05/24444/feed/ 0
Le FARC-EP diventano partito politico https://www.micciacorta.it/2017/08/23666/ https://www.micciacorta.it/2017/08/23666/#respond Sun, 27 Aug 2017 06:06:32 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=23666 Lo Storico Congresso della FARC-EP è cominciato oggi, domenica 27, a Bogota

L'articolo Le FARC-EP diventano partito politico sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>

Lo Storico Congresso della FARC-EP è cominciato oggi, domenica 27, a Bogota. Con questo Congresso l'organizzazione guerrigliera si trasformerà in un partito politico legale, dopo aver realizzato la consegna delle armi alle Nazioni Unite come previsto dall'Accordo Finale di Pace dell'Avana firmato il 24 novembre scorso. Le FARC-EP hanno dunque cominciato questa importante assemblea che durerà sei giorni e culminerà con la presentazione del nuovo partito il 1 settembre in un grande evento pubblico nella Piazza Bolivar, nella capitale colombiana. Da tutte le Zone Transitorie sono giunti i 1200 delegati e delegate eletti dai guerriglieri e che in questi giorni dibatteranno le tesi del nuovo partito. Un centinaio gli invitati internazionali e quasi 400 i giornalisti accreditati. Qui una galleria fotografica di Globalrights.info, che sta seguendo il Congresso a Bogota

L'articolo Le FARC-EP diventano partito politico sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2017/08/23666/feed/ 0
Dopo tre anni di trattative, finisce il conflitto armato in Colombia https://www.micciacorta.it/2016/06/tre-anni-trattative-finisce-conflitto-armato-colombia/ https://www.micciacorta.it/2016/06/tre-anni-trattative-finisce-conflitto-armato-colombia/#respond Thu, 23 Jun 2016 08:23:48 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=22074 L'Avana. Ultimo giorno di guerra tra Manuel Santos e le Farc. La piena sostanza dell’accordo sarà chiarita oggi dai capi negoziatori insieme ai paesi accompagnanti

L'articolo Dopo tre anni di trattative, finisce il conflitto armato in Colombia sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>

L’AVANA Si conclude il conflitto armato più lungo e sanguinoso –oltre sette milioni di vittime- dell’America latina, quello che per più di cinquant’anni ha opposto il movimento guerrigliero delle Forze armate rivoluzionarie di Colombia (Farc) al governo di Bogotá. L’annuncio è stato dato ieri all’Avana, dove da più di tre anni, con la mediazione di Cuba e della Norvegia, sono in corso le trattative di pace tra Farc e governo colombiano. Il comunicato afferma che è stato raggiunto «l’accordo bilaterale e definitivo per giungere alla fine degli scontri armati e delle ostilità; per l’abbandono delle armi; per le garanzie di sicurezza e la lotta contro le organizzazioni criminali (ovvero i paramilitari colombiani, ndr) responsabili di omicidi e massacri o che attentano contro i difensori dei diritti umani, movimenti sociali o movimenti politici». La piena sostanza dell’accordo sarà chiarita oggi nel corso dell’annuncio ufficiale dell’«ultimo giorno di guerra» in Colombia che verrà dato all’Avana dai capi negoziatori, alla presenza del leader guerrigliero “Timoshenko”, al secolo Rodrigo Londoño Echeverri, del presidente della Colombia, Juan Manuel Santos e del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon, accompagnato dai presidenti del Consiglio di sicurezza e dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Parteciperanno alla cerimonia sia i rappresentanti dei due paesi garanti del processo di pace -per Cuba il presidente Raúl Castro, per la Norvegia il ministro degli Esteri, Borge Brende – sia i rappresentanti degli “stati accompagnanti” il processo di pace, per il Cile la presidente Michelle Bachelet, per il Venezuela Nicolás Maduro. Completeranno la folta delegazione, il delegato speciale degli Stati Uniti per il processo di pace, Bernie Aronson, e dell’Unione europea, Eamon Gilmore, accompagnati dal presidente della Repubblica dominicana (presidente di turno della Comunità degli stati latinoamericani e del Caribe – Celac -), Danilo Medina, e il presidente di San Salvador, Salvador Sáncez Cerén. L’accordo raggiunto riguarda il capitolo 3 dei negoziati di pace, ovvero la “Fine del conflitto”, ma perché si giunga a una completa cessazione della più lunga guerra dell’America latina, è necessario giungere a un accordo sul capitolo 6 che riguarda l’applicazione e la verifica sul campo degli accordi, in primis i luoghi e le procedure per la consegna delle armi della guerriglia e suppostamente dei gruppi paramilitari, e la conclusione del processo referendario annunciato perché la popolazione confermi gli accordi. Il Consiglio di sicuerzza dell’Onu lo scorso gennaio ha approvato la creazione di una speciale missione politica che in Colombia verificherà il cessate il fuoco bilaterale. Questo processo di verifica dovrebbe durare un anno, con una possibile estensione su richiesta del governo o delle Farc e inizierà alla conclusione dell’accordo definitivo di pace, che il presidente Santos confida firmare entro il 20 luglio, giorno dell’indipendenza della Colombia. Per questa data, il capo di stato colombiano si augura che la Corte Costituzionale abbia approvato l’effettuazione del referendum popolare e che siano messi in opera tutti i meccanismi giuridici che rendano possibile l’applicazione degli accordi raggiunti all’Avana con le Farc. Più prudente, il leader guerrigliero Timoshenko non ha voluto fissare una data limite per la conclusione definitiva del processo di pace: «La pratica ha dimostrato che fissare scadenze precise può danneggiare il processo» anche quando «manca un pelo» alla fine della guerra. Le Farc avevano dichiarato un cessate il fuoco unilaterale nel luglio dell’anno scorso, fatto che aveva ridotto notevolmente l’intensità del conflitto armato. Da parte sua, il governo colombiano aveva rifiutato di mettere fine all’offensiva terrestre contro le forze guerrigliere, ma aveva deciso di sospendere i bombardamenti aerei. In precedenza, nel corso delle lunghe trattative di pace, i rappresentanti della guerriglia e del governo avevano potuto raggiungere una serie di accordi su questioni economiche e politiche, come lo sviluppo agricolo, soprattutto delle zone controllate dalle Farc; sulla possibilità che i guerriglieri che abbiano abbandonato le armi possano partecipare attivamente alla politica colombiana; sulla lotta congiunta al narcotraffico; sull’attenzione alle vittime del conflitto e sull’applicazione di un sistema di giustizia di transizione.

L'articolo Dopo tre anni di trattative, finisce il conflitto armato in Colombia sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2016/06/tre-anni-trattative-finisce-conflitto-armato-colombia/feed/ 0
Kerry all’Avana incontra i mediatori delle Farc https://www.micciacorta.it/2016/03/21546/ https://www.micciacorta.it/2016/03/21546/#respond Tue, 22 Mar 2016 09:06:58 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21546 Colombia. Intervista a Yohana Lopez Almeida della Commissione Interecclesiale Justicia y Paz

L'articolo Kerry all’Avana incontra i mediatori delle Farc sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
colombia

Ieri, John Kerry ha incontrato a Cuba i mediatori che cercano una soluzione politica al conflitto armato in Colombia. Gli Usa hanno già dato il loro appoggio a Santos e Obama ha detto che vuole finanziare il «post-conflitto». E per domani si attende un’importante dichiarazione: non la firma di un accordo, ma forse il cessate il fuoco bilaterale da parte di Santos, dopo quello che la guerriglia rispetta da mesi. Ne abbiamo discusso con Yohana Lopez Almeida, rappresentante della Commissione Interecclesiale Justicia y Paz Colombia, venuta in Italia con l’associazione Yaku. Yohana ha «accompagnato le comunità vittime del conflitto armato, costruendo con loro proposte alternative che hanno assunto valore fondamentale nelle trattative dell’Avana». Anche lei si è trovata dalla parte delle vittime, è stata sequestrata dalle Farc. Com’è accaduto? Sono stati 9 giorni d’intensa camminata. Allora, nel 2005, c’era una forte offensiva dei paramilitari in una zona umanitaria dove non avrebbero potuto entrare. Invece lo hanno fatto con la forza e le Farc hanno creduto che noi fossimo funzionari governativi e glielo avessimo permesso. Così ci hanno detto di andarcene e per nove giorni abbiamo camminato con loro, chiedendo che verificassero quel che dicevamo. Lo hanno fatto e ci hanno lasciato andare. Per le comunità è molto chiaro che non si può mettere sullo stesso piano chi reprime e chi resiste. Ci sono solo due attori nel conflitto che devono dialogare, lo stato e le guerriglie. Per questo abbiamo considerato uno scherzo di cattivo gusto che Uribe si sia seduto a negoziare con i paramilitari: il burattinaio con i burattini. E’ lo stato che deve smontare il paramilitarismo, una struttura rimasta intatta come indicano i continui assassinii di leader comunitari. Come vede il ruolo degli Usa? La pace che vogliono le comunità è molto diversa da quella che vuole Santos e che vogliono gli Usa. Il ruolo che hanno avuto Chavez e Maduro nell’aprire la porta a questo sogno impensabile di una soluzione politica è molto diverso da quello che svolgono oggi gli Stati uniti e altri attori a loro affini. Una Colombia senza le Farc nei territori è molto più facile da depredare delle risorse naturali. La morte di Berta Caceres in Honduras mostra quel che accade se non si arriva a un cambiamento strutturale. E quali speranze ci sono? Finora l’accordo dà molta speranza a partire dal primo punto concordato, che riguarda un cambiamento strutturale nei problemi delle comunità contadine: per ridare dignità al contadino, per ridistribuire la terra in modo equo. La concentrazione della terra in poche mani è a livelli esacerbati, così come il suo uso incontrollato per l’agroindustria o lo sfruttamento petrolifero anziché per la sovranità alimentare delle comunità. Fin’ora, nonostante la legge 175, non c’è stata restituzione dei territori usurpati. Ora si apre la possibilità di fare un’indagine reale della terra produttiva con la partecipazione dei contadini e delle comunità indigene e afrodiscendenti. Il problema della terra è stata una delle cause che ha prodotto la lotta armata. Un altro punto importante riguarda la prospettiva di genere, che avrà il suo peso sia nel percorso di pace che nel tema della giustizia e della riparazione integrale. Nel gruppo delle vittime, siamo andate a un dialogo diretto all’Avana, le donne sono state le più colpite, sia direttamente con la tortura, la violenza e gli stupri, sia per aver perso un loro caro, ucciso o scomparso. Donne che hanno portato al paese una proposta di riparazione integrale, che non si pone in termine di denaro, perché il dolore non si recupera, ma in termini di verità. Quando la guerriglia ha provato a rientrare nella vita civile, con l’Union Patriotica, è stata massacrata insieme a molti leader delle comunità. Quali garanzie ci sono, oggi? Questa è la principale preoccupazione della società civile colombiana organizzata e dei movimenti sociali: evitare massacri ma anche la persecuzione giudiziaria di chi protesta e si batte per un altro progetto di paese. Per questo facciamo appello alla vigilanza popolare e a quella internazionale indipendente. La storia ha dimostrato che lo Stato non offre garanzie: il massacro dell’Union Patriotica, i falsi positivi, le intercettazioni telefoniche illegali compiute da Uribe contro l’opposizione e usate per minacciare e uccidere ci dicono che dobbiamo stare molto attenti. I tavoli dell’Avana hanno compiuto passi importanti per mettere in questione le ragioni strutturali delle storture in Colombia, ma poi questa discussione dev’essere ripresa da tutti i colombiani, attraverso un’assemblea costituente: per poter cambiare il modello di sviluppo, il modello economico che ha prodotto una disuguaglianza abissale e tante morti.

L'articolo Kerry all’Avana incontra i mediatori delle Farc sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2016/03/21546/feed/ 0
Il ritorno di Arnaldo Otegi, leader della sinistra basca https://www.micciacorta.it/2016/03/21420/ https://www.micciacorta.it/2016/03/21420/#respond Tue, 01 Mar 2016 08:04:04 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21420 Paesi Baschi. Dopo più di sei anni di carcere, libero Arnaldo Otegi, il più importante dirigente politico del fronte indipendentista

L'articolo Il ritorno di Arnaldo Otegi, leader della sinistra basca sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
Ortegi

BILBAO Oggi è un giorno storico per il popolo basco. Dopo sei anni e quattro mesi uscirà dal carcere di Logroño (nella regione della Rioja) il leader più carismatico della sinistra indipendentista basca: Arnaldo Otegi. Il giovane politico di Elgoibar, un paesino della provincia basca Gipuzkoa, si è trasformato sul finire degli anni ’90 in una personalità chiave della sinistra basca. Lucido e coerente nella sua linea politica, ha scommesso fortemente sull’apertura di una nuova fase politica nei Paesi Baschi, una “offensiva di pace” per far uscire il “movimento di liberazione nazionale e sociale” da quella che sembrava una situazione di stallo, dopo più di mezzo secolo di conflitto armato. Conosciuto come Zutik Euskal Herria, il dibattito popolare che portò all’apertura di un nuovo ciclo politico, oramai più di cinque anni fa, significò per la Izquierda Abertzale (sinistra patriottica) la storica decisione di terminare la lotta armata. Un cambiamento sostanziale “per sfruttare le condizioni politiche e sociali aperte dalla fase anteriore, che d’altro canto mostrava segni inequivocabili di esaurimento e logorio”. Spostando radicalmente le coordinate del conflitto, la scommessa per una rottura democratica e unilaterale verso l’autodeterminazione politica portò sicuramente importanti risultati politici. Si sono aperte nuove possibilità di incidere sulla politica e spazi importanti di rappresentanza nelle istituzioni. Inoltre, la nuova strategia ha debilitato la costruzione statale del nemico interno e della “lotta al terrorismo” a qualunque costo. Una costruzione giuridico-politica che ha alimentato un forte sentimento xenofobo legato al nazionalismo spagnolo, e fornito una cornice idonea in cui inserire la strategia di repressione statale contro i diritti sociali e politici della popolazione basca. Arnaldo Otegi giocò un ruolo fondamentale in questa delicata fase, dimostrando una straordinaria capacità di agglutinare posizioni e sensibilità differenti intorno al nuovo progetto politico. Quando lo arrestarono, il 13 ottobre del 2009, stava per diventare il nuovo timoniere della sinistra basca, proiettato verso un panorama politico rinnovato ma non meno burrascoso del precedente. Fu condannato a dieci anni di carcere (poi ridotti) per appartenere alla formazione politica Batasuna, resa illegale dall’Audiencia Nacional perché considerata un partito politico direttamente vincolato a Eta. Erano gli anni di Baltasar Garzón e della sua famosa teoria “todo es Eta”, secondo cui tutte le strutture politiche del movimento di liberazione nazionale basco (anche i collegi per i bambini) erano un’articolazione politica dell’organizzazione militare. Quello stesso Garzón che lo scorso ottobre ha dichiarato: “Non ha alcun senso che Otegi continui in carcere, può fare molto di più per la pace stando fuori che dentro”. Ma il processo contro Arnaldo Otegi e altri importanti dirigenti politici fu fortemente criticato fin dagli inizi; in molti, non solo dentro la Izquierda Abertzale, hanno denunciato il carattere arbitrario del procedimento giudiziario. Tra questi, un giudice dello stesso Tribunale Supremo, Alberto Jorge Barreira, dichiarò la sua contrarietà alla sentenza, e con lucide argomentazioni espresse il suo voto particolare per l’assoluzione. Arnaldo Otegi è diventato quindi un “Nelson Mandela basco”. Il leader della rivolta contro l’apartheid in Sudafrica volle fare del suo numero di reclusione, il 46664, un simbolo della lotta contro l’Aids e per rivendicare il diritto umano a curarsi da quella infame malattia. Allo stesso modo, l’8719600510, il numero da detenuto di Otegi, è diventato un simbolo nella campagna per chiedere il rispetto dei diritti umani dei prigionieri politici baschi. Accusato per “non aver condannato pubblicamente Eta”, con gli anni la sua figura si è infatti trasformata in un simbolo della condizione degli oltre quattrocento prigionieri e prigioniere politiche basche. Intorno al suo caso si è accesa una grande campagna internazionale per chiedere la liberazione dei detenuti politici, a cui hanno aderito grandi personalità del mondo politico e culturale, tra cui Pepe Mujica, Angela Davis, Desmond Tutu, Pérez Esquivel, Leila Khaled e Tariq Ali. Fino alla recente adesione di 27 membri del Parlamento Europeo alla campagna. Insomma, Otegi oggi si lascia alle spalle le porte di un carcere in cui è stato detenuto sei lunghi anni. Dopo un comizio fuori dal carcere, stasera una grande festa popolare lo accoglierà nel suo paese natale. Mentre sabato prossimo è in calendario una grandissima conferenza pubblica al Velodromo di San Sebastian (che settori della politica spagnola stanno cercando d’impedire). Ma si troverà anche di fronte a una realtà completamente cambiata, un paese distino e una società distinta, che però non ha potuto ancora curare le sue ferite. Un contesto politico complesso e profondamente difficile, in cui pesa tremendamente la situazione delle centinaia di persone ancora recluse. L’uscita di carcere di Otegi non è importante solamente per la sua caratura politica e il gioco mediatico che c’è intorno alla sua figura, capace di catalizzare l’attenzione pubblica sulla questione basca. La sua liberazione coincide con un nuovo grande processo di dibattito interno alla sinistra basca. Il processo Abian: “il secondo passo della nuova fase aperta da Zutik”, aperto per sanare e risolvere problemi tattici e strategici che limitano fortemente il progetto indipendentista. Se il cambio di strategia ha portato buoni frutti a breve termine, negli ultimi tempi — vista l’impossibile conciliazione delle parti in causa- si manifesta sempre di più la mancanza di un reale ed effettivo “processo di pace”, che veramente curi le conseguenze del conflitto e sradichi le sue cause politiche. Il documento di Abian fa un bilancio della nuova fase, a tratti fortemente autocritico. “Inizialmente abbiamo pensato che bastasse cavalcare l’onda sull’inerzia del movimento che avevamo creato. Tuttavia, l’onda si è esaurita sotto i nostri piedi, e non abbiamo compreso che, oltre ad approfittare dell’onda, un movimento trasformatore deve saper generarne di nuove”. Il cambiamento politico non è riuscito ad accumulare forza ed energie, al contrario si percepisce un’aria di stagnazione e un calo della mobilitazione sociale. La situazione dei prigionieri politici non è migliorata affatto, dato che lo Stato spagnolo sta boicottando tutti i tentativi di una risoluzione democratica del conflitto. Un’altra delle questioni centrali nel dibattito è il rapporto tra i movimenti sociali e gli spazi istituzionali autonomi, dove la sinistra indipendentista ha un’ampia rappresentanza con la coalizione Bildu e il partito Sortu. “Non siamo riusciti a portare al movimento popolare il contributo della Izquierda Abertzale –affermano- e riportare dentro le nostre strutture il punto di vista del movimento”. Ma al di là delle dinamiche specifiche del progetto politico basco, la sinistra indipendentista s’interroga sulla costruzione e sulla forma di un nuovo soggetto sociale capace di incidere in una società rapidamente mutata con il nuovo secolo. “Viviamo un cambiamento sociologico profondo: forti tendenze individualiste, calo dell’adesione politica, nuove percezioni intorno alla partecipazione politica… La vecchia epica non risulta attrattiva alla società postmoderna”. Insomma, un dibattito che trascende il contesto basco, e che può ispirare e far riflettere tutti i soggetti trasformatori delle società complesse del capitalismo avanzato. Un dibattito che assume particolare rilevanza perché s’inserisce nel complesso e vivace panorama politico dello Stato spagnolo, dialogando continuamente con il fenomeno Podemos e con la formidabile ascesa della sinistra anticapitalista catalana della Cup. La sinistra basca può e deve uscire rafforzata da questo processo, ne ha la capacità e le forze per farlo. Il ritorno di Otegi non cambia le carte in tavola, ma la sua figura rivestirà certamente un ruolo cruciale anche in questo nuovo processo: per quello che rappresenta e per la sua grande intelligenza politica, alimentata anche dallo studio profondo e sistematico realizzato in carcere. La prigionia ha poi aumentato il senso di appartenenza che lo lega alla sinistra basca. Se la sua figura riecheggia internazionalmente con lo slogan “Free Otegi, free them All”, nei Paesi Baschi, con affettuosa familiarità, militanti di diverse generazioni lo chiamano semplicemente “Arnaldo”.

L'articolo Il ritorno di Arnaldo Otegi, leader della sinistra basca sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2016/03/21420/feed/ 0
Riesumati i resti del sacerdote Camilo Torres https://www.micciacorta.it/2016/01/riesumati-i-resti-del-sacerdote-camilo-torres/ https://www.micciacorta.it/2016/01/riesumati-i-resti-del-sacerdote-camilo-torres/#respond Tue, 26 Jan 2016 09:37:37 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21224 Colombia. All'Avana, governo e guerriglia discutono di paramilitarismo

L'articolo Riesumati i resti del sacerdote Camilo Torres sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
Colombia

In Colombia, un gruppo di esperti ha riesumato da un ossario alcuni resti, presumibilmente appartenenti al sacerdote Camilo Torres, fondatore e simbolo del gruppo guerrigliero Esercito di Liberacion Nacional (Eln). Torres è stato ucciso dalle forze governative il 15 febbraio del 1966, dopo essersi unito al gruppo di contadini in armi che hanno dato origine all’Eln, una delle due principali guerriglie colombiane. Un gruppo ispirato dalla Teologia della liberazione e dalla rivoluzione cubana e che ha avuto fra i suoi massimi dirigenti anche un altro sacerdote, lo spagnolo Manuel Pérez, morto di epatite a febbraio del 1998. Un gesto di buona volontà da parte del presidente Manuel Santos, che intende realizzare un accordo di pace entro il 23 marzo e per questo ha intavolato trattative anche con l’Eln dal 2014. Intanto, proseguono all’Avana i tavoli di pace, per portare a soluzione il conflitto armato che dura da oltre cinquant’anni. In questione, il ruolo del paramilitarismo, foraggiato dall’ex presidente Alvaro Uribe.

L'articolo Riesumati i resti del sacerdote Camilo Torres sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2016/01/riesumati-i-resti-del-sacerdote-camilo-torres/feed/ 0
Raul Castro in campo per la pace in Colombia https://www.micciacorta.it/2016/01/raul-castro-in-campo-per-la-pace-in-colombia/ https://www.micciacorta.it/2016/01/raul-castro-in-campo-per-la-pace-in-colombia/#respond Tue, 19 Jan 2016 15:25:12 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21172 L'Avana. Tavolo permanente tra Santos e le Farc

L'articolo Raul Castro in campo per la pace in Colombia sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
colombia

Sono entrate in una fase di «confronto permanente» le trattative di pace, in corso all’Avana dal 2012, tra il governo colombiano di Manuel Santos e la guerriglia marxista delle Farc. Per segnare l’importanza del momento, domenica i mediatori si sono riuniti con il presidente cubano Raul Castro, garante insieme al Venezuela dei negoziati. Sul tavolo, i punti ancora da discutere per portare a soluzione politica il conflitto che dura da oltre cinquant’anni e che ha provocato circa 300.000 vittime. Le Farc chiedono una pace duratura e con giustizia sociale – dunque l’apertura di un processo di riforme strutturali e un’Assemblea costituente -, e la garanzia che il rientro nella vita politica non finisca in un massacro come avvenne negli anni ’80. Allora, i deputati dell’Union Patriotica, formazione in cui erano stati eletti molti ex guerriglieri, è stata decimata dall’azione repressiva di esercito e paramilitari (la cui presenza mortifera, garantita dall’ex presidente Alvaro Uribe, non è venuta meno). Le Farc denunciano anche la doppiezza del governo Santos, le cui misure neoliberiste contraddicono le decisioni prese all’Avana: dall’indulto ai prigionieri politici, approvato ma ancora non applicato, alla privatizzazione dell’impresa elettrica, all’annunciato rinnovo del Plan Colombia voluto dagli Usa. Santos — che aspira al Nobel per la Pace — ha anche annunciato che farà cercare i resti di Camillo Torres, il prete guerrigliero caduto combattendo con l’Eln, l’altra storica guerriglia (guevarista) con cui sono in corso trattative.

L'articolo Raul Castro in campo per la pace in Colombia sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2016/01/raul-castro-in-campo-per-la-pace-in-colombia/feed/ 0
Colom­bia, il piombo di Santos sui colloqui di pace https://www.micciacorta.it/2015/04/colom%c2%adbia-il-piombo-di-santos-sui-colloqui-di-pace/ https://www.micciacorta.it/2015/04/colom%c2%adbia-il-piombo-di-santos-sui-colloqui-di-pace/#respond Fri, 17 Apr 2015 07:46:14 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=19273 Colombia. Dopo l’uccisione di 11 soldati, sono ripresi i bombardamenti contro le Farc

L'articolo Colom­bia, il piombo di Santos sui colloqui di pace sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>

Piombo sul pro­cesso di pace in Colom­bia. Dopo l’uccisione di 11 sol­dati, nel Cauca, il pre­si­dente Manuel San­tos ha ordi­nato di ripren­dere i bom­bar­da­menti con­tro la guer­ri­glia mar­xi­sta delle Forze armate rivo­lu­zio­na­rie (Farc). I movi­menti sociali e la sini­stra chie­dono un ces­sate il fuoco bila­te­rale fin dall’inizio delle trat­ta­tive di pace, in corso all’Avana dalla fine del 2012. Una deci­sione che il neo­li­be­ri­sta San­tos ha sem­pre rifiu­tato di pren­dere e che – ha dichia­rato ora — si darà solo come con­se­guenza di un accordo serio, defi­ni­tivo «e veri­fi­ca­bile» sulla riso­lu­zione del con­flitto. Il por­ta­voce delle Farc, Pastor Alape, ha invece soste­nuto che «i fatti deri­vano dall’incoerenza del governo». San­tos, infatti, con­ti­nua a inviare i sol­dati nelle zone con­trol­late dalla guer­ri­glia, nono­stante que­sta abbia dichia­rato una tre­gua uni­la­te­rale, man­te­nuta mal­grado le pesanti per­dite subite nel frat­tempo. A lan­ciare siluri die­tro le quinte, c’è l’estrema destra guer­ra­fon­daia di Alvaro Uribe, grande spon­sor dei para­mi­li­tari e ora acer­rimo nemico del suo ex mini­stro della Difesa, Manuel San­tos. Un copione, pur­troppo, già visto in oltre cinquant’anni di con­flitto in Colombia. Ogni volta che si apre uno spi­ra­glio di trat­ta­tiva, l’apparato poli­tico e mili­tare che governa l’arena poli­tica mano­vra per farlo fal­lire. È acca­duto durante il governo di Beli­sa­rio Betan­cur, quando l’esercito orga­nizzò una pro­vo­ca­zione nel dipar­ti­mento Caqueta e portò alla sospen­sione del dia­logo. Si è ripe­tuto durante i nego­ziati avviati tra il 1998 e il 2002 nel Caguan, quando l’allora pre­si­dente Andres Pastrana decise di sospen­dere le trat­ta­tive a causa del seque­stro di un sena­tore (un rapi­mento con­si­de­rato «ano­malo»). Un altro casus belli si è veri­fi­cato l’anno scorso, quando un gene­rale a cin­que stelle si è adden­trato disar­mato in una zona con­trol­lata dalla guer­ri­glia, è stato seque­strato, ma subito liberato. Quali siano le forze che si oppon­gono a un vero cam­bia­mento in Colom­bia e quale fero­cia abbiano impie­gato per impe­dirlo, è testi­mo­niato anche da oltre 800 sen­tenze e più di 3.000 dete­nuti per i cosid­detti «falsi posi­tivi»: omi­cidi di per­sone disar­mate — sin­da­ca­li­sti, atti­vi­sti o mar­gi­nali — com­messi da mili­tari o poli­zia e fatti pas­sare per guer­ri­glieri all’insegna della «lotta al terrorismo». La guerra sporca con­tro l’opposizione sociale ha ali­men­tato il busi­ness della sicu­rezza e i lauti finan­zia­menti ero­gati per que­sto dagli Stati uniti e garan­titi dalle basi Usa nel paese. Dome­nica scorsa, durante un incon­tro con le vit­time della repres­sione, il Pro­cu­ra­tore gene­rale Eduardo Mon­tea­le­gre ha fatto sapere di aver messo sotto inchie­sta per i «falsi posi­tivi» 22 gene­rali e oltre 5.000 fun­zio­nari di poli­zia. Secondo le orga­niz­za­zioni per i diritti umani, circa 300 civili sono stati assas­si­nati dai mili­tari colom­biani, molti dei quali hanno rice­vuto encomi e deco­ra­zioni per aver eli­mi­nato peri­co­losi «ter­ro­ri­sti». Il con­flitto armato e lo scon­tro sociale, in Colom­bia, hanno pro­vo­cato quasi 5 milioni di sfol­lati e oltre 600.000 morti. I comi­tati delle vit­time hanno par­te­ci­pato ai dia­lo­ghi dell’Avana, che si ten­gono sotto l’egida della Nor­ve­gia e del Venezuela. E adesso, per evi­tare una nuova esca­la­tion mili­tare, le orga­niz­za­zioni popo­lari pro­pon­gono una Com­mis­sione di alto livello che garan­ti­sca il ces­sate il fuoco bilaterale.

L'articolo Colom­bia, il piombo di Santos sui colloqui di pace sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2015/04/colom%c2%adbia-il-piombo-di-santos-sui-colloqui-di-pace/feed/ 0