reato di tortura – Micciacorta https://www.micciacorta.it Sito dedicato a chi aveva vent'anni nel '77. E che ora ne ha diciotto Thu, 06 Jul 2017 08:22:40 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 Tortura: Passa una legge all’italiana https://www.micciacorta.it/2017/07/23492/ https://www.micciacorta.it/2017/07/23492/#respond Thu, 06 Jul 2017 08:22:40 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=23492 Giustizia. Finalmente il reato entra nel codice, ma la legge è debole. Con soli i voti di mezzo Pd, la camera approva definitivamente un testo che annacqua i principi della Convenzione Onu e sarà difficile da applicare

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ROMA. Meno di duecento voti favorevoli (198), vale a dire meno di un terzo della camera dei deputati, sono bastati ieri sera a far entrare con trent’anni di ritardo il reato di tortura nel codice penale italiano. La ragione di tanto scarso entusiasmo è che la legge delude quasi tutte le attese, tanto da essere stata criticata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, dal Consiglio d’Europa, da una lunga schiera di giuristi e persino dai magistrati che hanno portato in tribunale le forze dell’ordine per le violenze del G8 di Genova. La «informe creatura giuridica» approvata ieri (secondo la definizione di uno dei tanti appelli al parlamento perché correggesse la legge, tutti inascoltati) secondo i giudici genovesi non sarebbe stata applicabile neanche alla «macelleria messicana» della scuola Diaz. Di fronte a un testo del genere, frutto di successivi compromessi al ribasso voluti dal Pd, soprattutto nell’ultimo passaggio al senato durato due anni, i sostenitori dell’introduzione del reato di tortura fuori dal parlamento si sono divisi tra chi apprezza comunque il passo in avanti (Amnesty Italia) e chi lo ritiene al contrario un passo falso, controproducente (A buon diritto, associazione Cucchi, comitato verità e giustizia per Genova). In parlamento ha votato a favore praticamente solo il Pd (gli alfaniani di Ap in teoria erano della partita, ma si sono presentati solo in 4 su 24); i democratici hanno registrato comunque il 40% di assenze. Segno di un forte malcontento, espresso giorni fa in un’intervista dal presidente del partito Orfini – «legge inutile, meglio non approvarla» – e in aula solo dalla deputata Giuditta Pini. Si sono astenuti i 5 Stelle, che tendono a vedere il bicchiere mezzo pieno, e infatti al senato sull’identico testo avevano votato a favore, Mdp che parla di «legge debole», i centristi di maggioranza del gruppo Civici e innovatori e anche Sinistra italiana che è assai più critica: «Abbiamo confezionato il reato impossibile per il retropensiero di alcuni che in questi tempi di terrorismo un po’ di tortura possa tornare utile», ha detto il deputato Daniele Farina. Mentre è noto che il senatore del Pd Luigi Manconi, che ha presentato il progetto di legge originario nel primo giorno della legislatura, ha parlato di un provvedimento «completamente stravolto». Contraria tutta la destra, che vede nella legge una minaccia alla libertà di azione delle forze di polizia. Con argomenti come quelli del «fratello d’Italia» Cirielli: «Il poliziotto che di fronte a uno stupratore o a un autonomo perde la pazienza e lascia partire qualche schiaffo o qualche calcio rischia più dei delinquenti». Difficile però che si possa applicare a casi del genere – «meno di un occhio pesto», per citare sempre Cirielli – il reato di tortura. Perché così com’è stato approvato definitivamente ieri non è più un reato proprio del pubblico ufficiale ma un «delitto comune» che può essere compiuto da chiunque si trovi nelle condizioni di esercitare «vigilanza, controllo, cura o assistenza» nei confronti della vittima. È forse la peggiore novità imposta nel passaggio in senato, rispetto al testo già approvato dalla camera nel 2015. Le altre, tutte negative, sono la previsione che le violenze e le minacce debbano essere «gravi» (un po’ come dovevano essere «particolarmente efferate» le sevizie escluse dall’amnistia del ’46) «ovvero agendo con crudeltà», una circostanza difficile da dimostrare per i pm. Perché si verifichi tortura è adesso richiesto che siano commesse «più condotte», sembrerebbe cioè non bastare un singolo episodio e neanche un episodio reiterato della stessa natura. L’azione del pubblico ufficiale è adesso sempre giustificata «nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall’esecuzione di legittime misure limitative di diritti». Infine è necessario che l’azione del torturatore cagioni sulla vittima «un verificabile trauma psichico», sempre difficile da provare soprattutto a distanza dai fatti (quando in genere si arriva al processo). Le pene sono alte, al massimo dieci anni aumentati a dodici nel caso in cui l’autore sia un pubblico ufficiale, ma la prescrizione non è del tutto scongiurata. Mentre è addirittura prevista la pena fissa, solo massima, di trent’anni e dell’ergastolo nel caso in cui dalla tortura derivi la morte, accidentale o intenzionale. «Tutti questi requisiti rendono difficile l’applicazione della nuova norma», ha spiegato il presidente della prima commissione, il centrista Mazziotti. D’altra parte nella legge è rimasto il divieto di espulsione dello straniero quando ci sono fondati motivi di ritenere che rischi di essere torturato, anche sulla base delle violazioni sistematiche dei diritti umani nel suo stato di origine. Ma 33 anni dopo la Convenzione dell’Onu e 29 anni dopo la legge italiana che la recepiva (al governo c’era Ciricaco De Mita), il nostro paese per adottare il reato di tortura ha avuto bisogno di snaturarlo. FONTE: Andrea Fabozzi, IL MANIFESTO

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Il ministro disarmante https://www.micciacorta.it/2016/07/il-ministro-disarmante/ https://www.micciacorta.it/2016/07/il-ministro-disarmante/#respond Wed, 20 Jul 2016 07:47:27 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=22264 Reato di tortura. La discussione sul disegno di legge che attende dal 1988 rinviata a chissà quando

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Come prevedibile, un Senato inqualificabile e infingardo ha preso una decisione inqualificabile e infingarda: ha stabilito che fosse troppo presto approvare un provvedimento che attende di essere accolto nel nostro ordinamento dal 1988. Eh già, troppo presto. E, così, la discussione sul disegno di legge relativo al delitto di tortura è stata sospesa e rinviata a chissà quando. Non poteva essere che così. A questo esito, hanno alacremente lavorato un ineffabile ministro dell’Interno che tenta di riscattare i propri fallimenti politici e di governo attraverso una successione di blandizie non nei confronti delle forze di polizia, bensì dei suoi segmenti più antidemocratici e arretrati. E, poi, i giureconsulti della domenica (ma dell’ora della pennica, mi raccomando) i garantisti ca pummarola ’n copp’ e i tutori dei diritti purché di appannaggio dei soli potenti. Per motivare tutto ciò, alcuni senatori hanno argomentato, si fa per dire, sull’attentato di Nizza, collegandolo al rischio – nel caso di approvazione della legge sulla tortura – di «disarmare» polizia e carabinieri davanti alla minaccia jihadista. Che Dio li perdoni. Inutile cercare una logica in tutto ciò. C’è solo sudditanza psicologica e spirito gregario. Sotto il profilo normativo, tutto ciò significa una cosa sola: il delitto di tortura entrerà a far parte del nostro ordinamento, a voler essere ottimisti, tra due – tre – trent’anni. SEGUI SUL MANIFESTO

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Tor­tura, dal Senato la legge del partito della polizia https://www.micciacorta.it/2015/07/tor%c2%adtura-dal-senato-la-legge-del-partito-della-polizia/ https://www.micciacorta.it/2015/07/tor%c2%adtura-dal-senato-la-legge-del-partito-della-polizia/#respond Fri, 10 Jul 2015 09:30:10 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=19985 Nel 2004 suscitò lo sde­gno di pro­fes­sori, asso­cia­zioni, gior­na­li­sti e com­men­ta­tori, sta­volta la norma pro tor­tura è stata a mala pena notata dai cro­ni­sti par­la­men­tari

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Un chiaro segno di declino della cul­tura demo­cra­tica è ben visi­bile nella diversa rea­zione susci­tata a distanza di poco tempo (11 anni) da una pro­po­sta più che inde­cente, ossia la defi­ni­zione nor­ma­tiva della tor­tura come esito di «vio­lenze o minacce rei­te­rate». Nel 2004 la locu­zione — pro­po­sta dalla Lega Nord come emen­da­mento — suscitò tanto scan­dalo da affos­sare l’approvazione della legge: i leghi­sti non solo rom­pe­vano l’asse bipar­ti­san che aveva con­dotto alla ste­sura di un testo comune, ma in pra­tica pro­po­ne­vano di legit­ti­mare la tor­tura, pur­ché com­piuta con azione unica, non ripetuta. Sta­volta sono stati i sena­tori di mag­gio­ranza Buemi e D’Ascola a pro­porre un emen­da­mento per sta­bi­lire che il cri­mine di tor­tura si con­fi­gura solo in caso di «rei­te­rate vio­lenze o minacce gravi» e la com­mis­sione Giu­sti­zia del Senato ha incre­di­bil­mente detto sì. Se nel 2004 il caso arrivò sulle prime pagine dei quo­ti­diani e suscitò lo sde­gno di pro­fes­sori, asso­cia­zioni, gior­na­li­sti e com­men­ta­tori, sta­volta la norma pro tor­tura è stata a mala pena notata dai cro­ni­sti par­la­men­tari degli altri quo­ti­diani. Assue­fa­zione? Ras­se­gna­zione? Il testo uscito dal Senato può essere defi­nito cer­ta­mente una legge sulla tor­tura, ma non una legge con­tro la tor­tura, e ha l’unica fun­zione di inviare un mes­sag­gio di vici­nanza e com­pli­cità al “par­tito della poli­zia”, che si è bat­tuto con­tro la legge e per il suo svuo­ta­mento dall’interno, con argo­menti pre­te­stuosi e in qual­che caso anche peri­co­losi (come l’assurda tesi che il divieto di tor­tura “leghe­rebbe le mani” agli agenti). Il testo appro­vato il 9 aprile alla Camera era già pes­simo e andava rifiu­tato; è stato invece con­si­de­rato una base di discus­sione per ulte­riori cor­re­zioni, ine­vi­ta­bil­mente al ribasso, visto lo stra­po­tere del “par­tito della poli­zia”, temuto dalla poli­tica e vez­zeg­giato dai mag­giori media. Si con­ferma anche sta­volta il disa­gio delle nostre forze dell’ordine rispetto agli stan­dard nor­ma­tivi inter­na­zio­nali, ma il par­la­mento, asse­con­dando posi­zioni così arre­trate, tra­di­sce il suo com­pito di indi­rizzo e con­trollo e acui­sce il discre­dito che grava sulle nostre isti­tu­zioni, col­pite appena tre mesi fa dal duris­simo giu­di­zio della Corte euro­pea per i diritti umani sul caso Diaz. Que­sto testo di legge dev’essere rifiu­tato con forza, per­ché è un’offesa ai cit­ta­dini che hanno subito gli abusi e vor­reb­bero sen­tirsi tute­lati invece d’essere prima igno­rati e poi sbef­feg­giati; per­ché è una norma para­dos­sale e anti­de­mo­cra­tica, che fini­sce per legit­ti­mare certe forme di tor­tura; per­ché allon­tana le forze dell’ordine dalla cul­tura demo­cra­tica; per­ché com­porta — di fatto — una seces­sione dell’Italia dalla Con­ven­zione euro­pea sui diritti fon­da­men­tali e dalla Corte di Stra­sburgo, che ne tutela l’applicazione. Meglio nes­suna legge che una legge così: il par­la­mento si assuma la respon­sa­bi­lità di rico­no­scere di non essere in grado di appro­vare una seria nor­ma­tiva sulla tor­tura. I sin­goli par­la­men­tari coscienti di que­sta situa­zione — e non sono pochi — escano dal silen­zio e rom­pano que­sto scel­le­rato patto con “il par­tito della poli­zia”; un patto che nuoce alle stesse forze dell’ordine, alla loro cre­di­bi­lità agli occhi dei cit­ta­dini e delle isti­tu­zioni internazionali. Ci sarà da lot­tare, da rico­struire una cul­tura dei diritti, ma non esi­stono scor­cia­toie, a meno di ras­se­gnarsi all’idea che l’Italia dev’essere un Paese a sta­tuto spe­ciale, sot­to­messo a un’imponderabile e poco demo­cra­tica “ragion di Stato”. *Comi­tato Verità e Giu­sti­zia per Genova

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Tor­tura, in Senato vince il Sap https://www.micciacorta.it/2015/07/tor%c2%adtura-in-senato-vince-il-sap/ https://www.micciacorta.it/2015/07/tor%c2%adtura-in-senato-vince-il-sap/#respond Wed, 08 Jul 2015 07:19:07 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=19950 Giustizia. La commissione annulla le modifiche apportate dalla Camera al testo di legge. Se nulla cambierà in Aula, il testo torna alla Camera. Rimpallo continuo, a rischio la legge

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«Se devo pren­dere per il collo un delin­quente, lo prendo. Se cade e si sbuc­cia un ginoc­chio, sono cazzi suoi». Il lin­guag­gio è quello che è, tipico del leghi­sta Mat­teo Sal­vini che il 25 giu­gno scorso aveva sin­te­tiz­zato così la pro­te­sta del Sap, il sin­da­cato auto­nomo di poli­zia tanto con­ser­va­tore quanto mino­ri­ta­rio all’interno delle forze dell’ordine. Ma il con­cetto è stato fatto pro­prio, né più né meno, dall’intera com­mis­sione Giu­sti­zia del Senato — Pd in testa — che ieri all’unanimità ha annul­lato di fatto le modi­fi­che appor­tate alla Camera al testo della legge sulla tor­tura. In sostanza, la fat­ti­spe­cie del reato e le pene pre­vi­ste tor­nano alla ste­sura appro­vata in prima let­tura dallo stesso Senato il 5 marzo 2014, e si allon­ta­nano sem­pre più dai trat­tati Onu pure rati­fi­cati dall’Italia. In poche parole, dimi­nui­scono le san­zioni, e il reato — che pure rimane comune e non pro­prio di pub­blico uffi­ciale, come pre­scritto dalla Con­ven­zione di New York e come chie­de­vano Amne­sty Inter­na­tio­nal e altre asso­cia­zioni — diventa ancora più gene­rico. Affin­ché venga con­si­de­rata tor­tura, per esem­pio, la vio­lenza e la minac­cia deve essere rei­te­rata. Per essere crudi, una testa sbat­tuta con­tro un muro una volta non è tor­tura. Spa­ri­scono per­fino, tra le fina­lità elen­cate per defi­nire meglio la fat­ti­spe­cie, quelle discri­mi­na­to­rie etni­che, reli­giose o ses­suali. Così come spa­ri­sce quella locu­zione — «per vin­cere una resi­stenza» — che tanto aveva irri­tato certa polizia. «Biso­gnava pur tenere conto dei rilievi fatti dalle forze dell’ordine per­ché l’uso della forza non è solo facol­ta­tivo ma è d’obbligo durante atti legit­timi come l’arresto», ha detto al mani­fe­sto il rela­tore del testo, Enrico Buemi (Auto­no­mie), che si è detto «sod­di­sfatto» del risul­tato anche se ini­zial­mente «avevo pro­po­sto un reato spe­ci­fico per pub­blico ufficiale». Ora, se l’Aula di Palazzo Madama con­fer­merà le modi­fi­che appro­vate ieri dalla com­mis­sione, il testo dovrà tor­nare di nuovo all’analisi dei depu­tati, con­ti­nuando così un rim­pallo tra le due camere che dura dal marzo 2013 e che molto pro­ba­bil­mente finirà con l’affossare la legge, come vuole certa poli­zia (non tutta), e come già avve­nuto nel corso della scorsa legi­sla­tura. E mostrando così ancora una volta l’equilibrismo del pre­mier Mat­teo Renzi che solo tre mesi fa esor­tava a non avere paura dell’introduzione della tor­tura nel nostro ordi­na­mento. «Anzi — aveva detto il premier/segretario — si deve avere paura che non ci sia». Il testo appro­vato ieri dalla Com­mis­sione di Palazzo Madama pre­vede pene che vanno da 3 a 10 anni di car­cere (e non più, come nella ver­sione licen­ziata dalla Camera, da 4 a 10) per «chiun­que con rei­te­rate vio­lenze e minacce gravi (nella ver­sione dei depu­tati era diven­tata «con vio­lenza o minac­cia»), ovvero agendo con cru­deltà, cagiona acute sof­fe­renze fisi­che o un veri­fi­ca­bile trauma psi­chico (non più solo «sof­fe­renza psi­co­lo­gica grave» per­ché «non accer­ta­bile a distanza di tempo» secondo i sena­tori della com­mis­sione) a una per­sona pri­vata della libertà per­so­nale o affi­data alla sua custo­dia, vigi­lanza, con­trollo, cura o assi­stenza, ovvero si trovi in con­di­zioni di mino­rata difesa». Rimane dun­que inal­te­rata quest’ultima frase che, secondo i depu­tati di Sel, rischiava con la sua ambi­guità di esclu­dere auto­ma­ti­ca­mente situa­zioni come quella veri­fi­ca­tasi all’interno della scuola Diaz durante il G8 di Genova, nella quale le vit­time non erano sot­to­po­ste a stato di fermo né a custo­dia degli agenti autori del massacro. Rimane l’aggravante se il reato è com­messo da pub­blico uffi­ciale ma la pena mas­sima pre­vi­sta (la minima è 5 anni) scende da 15 a 12 anni di car­cere. Vice­versa, è stato respinto l’emendamento del sena­tore Ser­gio Lo Giu­dice (Pd) che abo­liva giu­sta­mente l’ergastolo pre­vi­sto in caso di morte volon­ta­ria della vit­tima. «Non sono affatto sod­di­sfatto di que­ste modi­fi­che — ha con­fes­sato Lo Giu­dice al mani­fe­sto — anche se ho dovuto votare come il mio gruppo, come pre­scritto dal vin­colo in com­mis­sione: la tor­tura è un reato spe­ci­fico com­messo da chi rap­pre­senta lo Stato». Infine, un passo indie­tro nell’evoluzione demo­cra­tica anche per quanto riguarda i respin­gi­menti o le espul­sioni: nel testo della Camera uno stra­niero non poteva essere rim­pa­triato verso uno Stato dove avrebbe potuto essere oggetto di per­se­cu­zione, ma per la com­mis­sione Giu­sti­zia in que­sto modo sarebbe stato impe­dito qual­siasi respin­gi­mento. Ecco per­ciò che l’inammissibilità del rim­pa­trio è stata vin­co­lata al caso che «esi­stano fon­dati motivi di rite­nere che la per­sona rischi di essere sot­to­po­sta a tortura». «Ma sic­come i respin­gi­menti si fanno alla fron­tiera — spiega Buemi al mani­fe­sto — gli agenti potranno attin­gere ad un elenco di Stati dove, secondo i report inter­na­zio­nali, si pra­tica abi­tual­mente la tor­tura e la vio­la­zione dei diritti umani». Elenco dal quale ovvia­mente manca l’Italia. Almeno finora.

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La tor­tura c’è. Ma non alla Diaz https://www.micciacorta.it/2015/04/la-tor%c2%adtura-ce-ma-non-alla-diaz/ https://www.micciacorta.it/2015/04/la-tor%c2%adtura-ce-ma-non-alla-diaz/#respond Fri, 10 Apr 2015 08:41:08 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=19208 Come richiesto dal governo, l’aula della Camera vota nella notte un testo pasticciato. Sel e il M5S: «Così, il reato non si potrebbe applicare ai fatti condannati dall’Europa»

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«Nes­suno deve avere paura dell’introduzione del reato di tor­tura, anzi deve avere paura che non ci sia». Mat­teo Renzi la fa facile: men­tre ricon­ferma la sua piena fidu­cia a De Gen­naro, sprona di nuovo il Par­la­mento a dare una rispo­sta ade­guata alla con­danna emessa mar­tedì scorso dalla Corte euro­pea dei diritti dell’uomo con­tro l’Italia per la mat­tanza com­messa dalle forze dell’ordine nella scuola Diaz durante il G8 di Genova. Lo stesso fa il Guar­da­si­gilli Andrea Orlando per «un voto il più ampio pos­si­bile per andare a Stra­sburgo e riven­di­care un risul­tato non del governo ma di tutto il Par­la­mento». Ma la Camera ieri ci ha messo forse troppa fretta nel discu­tere e votare, con i tempi con­tin­gen­tati, una ses­san­tina di emen­da­menti al ddl che intro­duce il reato di tor­tura, con l’intento di licen­ziare il testo e rispe­dirlo al più pre­sto pos­si­bile in Senato. E ci è riu­scita, con l’approvazione finale espressa nella notte.

«Dopo 27 anni dalla rati­fica del trat­tato Onu, abbiamo pastic­ciato fret­to­lo­sa­mente una legge già uscita male dal Senato», fa notare Daniele Farina di Sel. Il pro­blema sol­le­vato ieri in par­ti­co­lare è: «Ma i fatti della Diaz rien­tre­reb­bero o no nel reato come è peri­me­trato nel ddl?» I depu­tati di Sel ne ave­vano par­lato già durante una con­fe­renza stampa con­vo­cata in mat­ti­nata per chie­dere anche l’introduzione del codice iden­ti­fi­ca­tivo per gli agenti e l’istituzione di una vera com­mis­sione par­la­men­tare d’inchiesta che, con poteri di magi­stra­tura, affronti «in un grande discorso pub­blico» quella che Renzi ha defi­nito una «pagina nera nella sto­ria del nostro Paese».

Infatti, secondo il testo, per essere con­si­de­rata tor­tura, le vio­lenze e le minacce devono cagio­nare «acute sof­fe­renze fisi­che o psi­chi­che ad una per­sona pri­vata della libertà per­so­nale o affi­data alla sua custo­dia o auto­rità o pote­stà o cura o assi­stenza». Ma coloro che dor­mi­vano nella scuola Diaz, non essendo in stato di fermo, potreb­bero essere con­si­de­rati vit­time di tor­tura? «Nel caso in cui non venga dimo­strato che le vit­time siano state sot­to­po­ste a custo­dia dell’agente, il reato di tor­tura non sarà appli­ca­bile. Stiamo facendo una legge inu­tile se non peri­co­losa», ha sot­to­li­neato il gril­lino Vit­to­rio Fer­ra­resi pre­sen­tando un emen­da­mento — poi boc­ciato — che si pre­fig­geva di cor­reg­gere il tiro, come peral­tro sug­ge­rito da diversi giu­ri­sti. Per la demo­cra­tica Dona­tella Fer­ranti invece il caso rien­tre­rebbe nell’aggravante pre­vi­sta per i pub­blici uffi­ciali che com­met­tono il reato «con abuso di poteri o in vio­la­zione dei doveri ine­renti alla fun­zione o al servizio».

Ed è pro­prio in que­sto secondo comma dell’articolo 1 del ddl che un emen­da­mento, pro­po­sto da Alter­na­tiva libera e appro­vato con solo 22 voti con­trari, ha appor­tato la più impor­tante delle cor­re­zioni al testo licen­ziato oltre un mese fa dalla com­mis­sione Giu­sti­zia: l’innalzamento della reclu­sione mas­sima — che sale da 12 a 15 anni, men­tre quella minima rimane inva­riata a 5 anni — pre­vi­sta nell’aggravante per i pub­blici uffi­ciali. Fermo restando però che la fat­ti­spe­cie del reato rimane molto distante da quella adot­tata nelle con­ven­zioni inter­na­zio­nali e cal­deg­giata da Stra­sburgo, dove la tor­tura è per­se­guita in modo par­ti­co­lare e impre­scrit­ti­bile quando è com­messa spe­ci­fi­ca­ta­mente da un inca­ri­cato dallo Stato di pub­blico ser­vi­zio. Nell’ordinamento ita­liano invece, se nulla cam­bierà al Senato dove il testo dovrà tor­nare in seconda let­tura, la tor­tura sarà con­si­de­rata un reato gene­rico. E i tempi di pre­scri­zione equi­var­ranno al dop­pio della pena.

Sale, gra­zie ad un altro emen­da­mento del M5S, anche la reclu­sione per il pub­blico uffi­ciale che istiga alla tor­tura, indi­pen­den­te­mente se sia stata accolta o meno: da 1 a 6 anni e non più da sei mesi a 3 anni. Dimi­nuita, invece, la pena per chi tor­tura fino alla morte «quale con­se­guenza non voluta»: dai trent’anni di reclu­sione pre­vi­sti nel testo arri­vato in Aula si scende ad un mas­simo di 20 per­ché l’aggravante in que­sto caso pre­scrive un aumento di pene di 2/3.

Il cen­tro­de­stra e in par­ti­co­lare Lega e Fra­telli d’Italia hanno ten­tato in tutti i modi di annac­quare ulte­rior­mente il testo. Per Forza Ita­lia non può esserci tor­tura «senza lesione». Men­tre la Lega, che è «asso­lu­ta­mente con­tra­ria all’introduzione del reato», ha ripro­po­sto il vec­chio cavallo di troia di Lus­sana che vuole la tor­tura ine­si­stente se non c’è ripe­ti­ti­vità della vio­lenza, se le sof­fe­renze «oltre ad essere acute non sono anche gravi» e se il pati­mento sof­ferto è «solo psi­chico». Dai ban­chi della destra si è par­lato di puni­zioni «immo­ti­vate» e «van­da­li­che» per «un eccesso o un’intemperanza delle forze dell’ordine» che «non faranno altro che demo­ti­vare la nostra poli­zia».

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Il reato di tor­tura manca solo in Italia e in Germania https://www.micciacorta.it/2015/04/il-reato-di-tor%c2%adtura-manca-solo-in-italia-e-in-germania/ https://www.micciacorta.it/2015/04/il-reato-di-tor%c2%adtura-manca-solo-in-italia-e-in-germania/#respond Thu, 09 Apr 2015 08:54:28 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=19199 Da oggi l’aula della Camera discute (final­mente) dell’introduzione del reato di tor­tura nel codice penale

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Da oggi l’aula della Camera discute (final­mente) dell’introduzione del reato di tor­tura nel codice penale. La pro­po­sta di legge pre­vede pene pesanti: la reclu­sione va da 4 a 10 anni; se poi a tor­tu­rare è un pub­blico uffi­ciale o un inca­ri­cato di pub­blico ser­vi­zio la pena è aggra­vata da 5 a 12 anni. L’istigazione alla tor­tura spe­ci­fica vale solo per pub­blici uffi­ciali e inca­ri­cati di pub­blico ser­vi­zio. Si rad­dop­piano i ter­mini di pre­scri­zione; se prima non inter­viene il pro­cesso il reato si estin­guerà in 20 anni. Non si potrà godere di alcuna immu­nità diplo­ma­tica. In più è pre­vi­sto il divieto asso­luto di espul­sione o respin­gi­mento verso paesi che pra­ti­cano la tor­tura e qual­siasi dichia­ra­zione o infor­ma­zione estorta sotto tor­tura non sarà uti­liz­za­bile in un pro­cesso; var­ranno, però, come prova con­tro gli impu­tati di tortura.

MA COSA ACCADE NEGLI ALTRI PAESI EUROPEI?

Quasi tutti gli stati più impor­tanti, ad ecce­zione della Ger­ma­nia e dell’Italia, hanno intro­dotto da tempo forme legi­sla­tive spe­ci­fi­che con­tro il reato di tortura.
Fran­cia
In Fran­cia il reato di «tor­tura o atti di bar­ba­rie» è disci­pli­nato dal codice penale. La pena minima è fino a 15 anni senza pos­si­bi­lità di godere di bene­fici come la sospen­sione o il fra­zio­na­mento. La reclu­sione può arri­vare fino 20 anni se com­messa su un minore o un disa­bile fisico o psi­chico e fino a 30 se il reato è com­messo da un geni­tore, o in maniera abi­tuale nei con­fronti di una per­sona vul­ne­ra­bile per età, malat­tia o infer­mità. In caso di morte è pre­vi­sto l’ergastolo.
Regno Unito
Nel Regno Unito, il Cri­mi­nal Justice Act del 1988 pre­vede una pena pari all’ergastolo per chi com­mette il reato di tor­tura defi­nito come «il pub­blico uffi­ciale» che nell’esercizio delle sue fun­zioni «pone in essere azioni tali da pro­cu­rare ad altri sof­fe­renza fisica o psicologica».
Spa­gna
In Spa­gna il codice penale modula le pene in base all’autore del reato. In via gene­rale la pena va da 6 mesi a due anni. Se a com­met­tere il reato di tor­tura è un fun­zio­na­rio pub­blico la deten­zione va da 2 a 6 anni per i fatti gravi e da uno a 3 per fatti meno gravi. In ogni caso è pre­vi­sta l’inabilitazione asso­luta da 8 a 12 anni.

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Dagli anni Settanta a oggi: contro la tortura il 10 dicembre a Lecco https://www.micciacorta.it/2012/12/dagli-anni-settanta-a-oggi-contro-la-tortura-il-10-dicembre-a-lecco/ https://www.micciacorta.it/2012/12/dagli-anni-settanta-a-oggi-contro-la-tortura-il-10-dicembre-a-lecco/#respond Wed, 05 Dec 2012 08:50:56 +0000 http://localhost:8888/?p=11588 La tortura negli anni 70. Togliere dall'oblio un pezzo di storia d'Italia la cui rimozione è palese e collettiva è doveroso. Doveroso soprattutto nel giorno del 64° anniversario della Dichiarazione universale dei Diritti umani dell'Onu. Perché della verità  non bisogna avere paura. Va cercata, documentata, scritta e raccontata

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IL RULLO CONFESSORE. LUNEDI’ 10 DICEMBRE ALLE 21.00 IN SALA TICOZZI VIA ONGANIA A LECCO

Togliere dall’oblio un pezzo di storia d’Italia la cui rimozione è palese e collettiva è doveroso. Doveroso soprattutto nel giorno del 64° anniversario della Dichiarazione universale dei Diritti umani dell’Onu. Perché della verità  non bisogna avere paura. Va cercata, documentata, scritta e raccontata.

Quello che pensiamo succeda e succede oggi nelle carceri libiche, irachene e di Guantanamo ai danni dei detenuti torturati e seviziati è successo 30 anni fa anche in Italia, scoperto, documentato e scritto nel 1982 e poi affossato per troppe ragioni. Di omertà, di Stato, di sicurezza, di paura.

Ed è successo di nuovo: nelle terribili giornate del G8 di Genova 2001 quando centinaia di giovani hanno subito la violenza gratuita e indiscriminata delle forze di sicurezza; nelle carceri italiane dove tanti, come Stefano Cucchi, hanno subito lesioni che li hanno portati alla morte, nelle nostre città dove giovani, come Federico Aldovrandi, hanno perso la vita in seguito a un pestaggio delle “forze dell’ordine”.

In fondo quanti pensano – ancor oggi – che i detenuti torturati facendo la guerra allo Stato, costringevano lo Stato,  a far uso di tutti i mezzi conosciuti per combattere i propri nemici fino alla tortura?

Eppure tra i Diritti universali, l’Onu ha inserito il principio che nessuna situazione d’eccezione può far derogare dal divieto assoluto di ricorrere alla tortura, che è inaccettabile e inammissibile sul piano della comune percezione di civiltà giuridica, , foriera di gravi distorsioni dell’azione di giustizia, per la forza verso l’adesione a qualsiasi ipotesi dell’accusa che la sofferenza determina.

Nonostante questo da decenni in Italia non si riesce ad introdurre il reato di tortura.

Per questo vogliamo  parlare, anche a Lecco, di scomode verità, di un pezzo di storia d’Italia la cui rimozione continua ed è tutt’altro che utile per chiudere il passato in modo politicamente ed eticamente accettabile.

E questo è il semplice ma difficile mestiere di un cronista, di associazioni come la nostra e della serata che proponiamo.

Vogliamo organizzare due momenti di riflessione e proporre:

LUNEDI’ 10 DICEMBRE ALLE 21.00 IN SALA TICOZZI VIA ONGANIA A LECCO un primo incontro, dove se ne discuterà con l’aiuto di chi la verità meglio di altri l’ha cercata, documentata,  raccontata e purtroppo anche vissuta.E cioè:

 

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