rock – Micciacorta https://www.micciacorta.it Sito dedicato a chi aveva vent'anni nel '77. E che ora ne ha diciotto Sun, 01 May 2016 11:00:19 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 Se il primo maggio è come un rock https://www.micciacorta.it/2016/05/primo-maggio-un-rock/ https://www.micciacorta.it/2016/05/primo-maggio-un-rock/#respond Sun, 01 May 2016 11:00:19 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21764 Canzoni di giornata. Tanti i brani diventati simbolo della voglia di riscatto o dell’alienazione, come «Working class hero» di John Lennon, scritta contro l ’America classista e repressiva, «Maggie’s farm» di Bob Dylan, accusa al razzismo e alla violenza del padrone. Mentre il Teatro degli Orrori spiega perché «Lavorare stanca»

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Concerto

Che la musica cambi in questo Paese sembra difficile. Eppure siamo fondati sul lavoro e gli ipotetici diritti dell’uomo. La giornata dedicata ai lavoratori è diventata quella in cui il pensiero va a chi il lavoro non ce l’ha: alle donne, ai ragazzi che fanno parte di quel 38% di giovani disoccupati italiani che innalzano la media europea del 22%. Ma anche i giorni di festa e di concerti rischiano di perdere il valore semantico, restando vuoti momenti di aggregazione se non supportati dall’impegno politico della musica e dalla libertà di comunicarlo da un palco. Senza considerare che, nella pletora dei diritti da rivendicare e visti i ricavi dello streaming, la musica è (anche) lavoro.

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Sono tante le canzoni che sono diventate simbolo della voglia di riscatto o dell’alienazione che alcuni lavori e la società producono. Una delle più coverizzate è sicuramente Working Class Hero di John Lennon, brano del 1970 con cui si sono cimentati tra gli altri Noir Désir, Green Day e Ozzy Osbourne. Lennon sperava diventasse un inno dei lavoratori nel contesto dell’America classista e repressiva. Il brano descrive la logica individualista del liberalismo americano che si potrebbe sintetizzare nella strofa: «C’è spazio in cima, ti dicono, ma prima impara a sorridere mentre uccidi». La canzone, ovviamente, venne censurata e bandita dalle radio per la criminosa parola fuck. Pay Me My Money Down era invece un canto degli afroamericani che venivano sfruttati nei porti della Georgia, lavoratori che chiedevano di essere pagati ricevendo in cambio sprangate dal capitano. Bruce Springsteen ne fece un singolo per anticipare l’album We Shall Overcome: The Seeger Sessions. Il testo viene fatto risalire a fine ‘800 e il rock è solo una delle tante forme con cui lo spirito di quei lavoratori si è trasfigurato. Una ventina d’anni prima, in Factory (1978), sempre il Boss aveva raccontato suo padre che lavorava in fabbrica, descrivendola come il luogo che gli permetteva di sopravvivere ma in cambio della salute e della vita. La ripetitività dei gesti dell’operaio è la metafora della staticità sociale di cui un lavoratore è vittima: «Gli uomini escono dai cancelli con la morte negli occhi». Con un blues Bob Dylan ha raccontato lo sfruttamento delle fattorie in Maggie’s Farm: «È una vergogna il modo in cui lei mi fa lustrare il pavimento. Non lavorerò più alla fattoria di Maggie», ma che in molti hanno attribuito alla sua polemica con il movimento folk, specialmente dopo l’esecuzione in versione rock che fece al Newport folk festival. Sia come sia, il testo è una limpida accusa al razzismo e alla violenza del padrone. «Odio l’esercito e odio le R.A.F. Non voglio combattere nel caldo tropicale. Odio le regole del servizio civile. E non aprirò lettere esplosive al posto vostro», è una strofa di Caarer Opportunities dei Clash, band che denunciò la mancanza di lavoro nell’Inghilterra degli anni settanta. Per i Clash il punk non era mai stato solo una partita fra Libertà vs Omologazione ma uno strumento politico schierato dal lato dei movimenti rivoluzionari (basti ricordare l’album Sandinista!), con i suoi eccessi, come quando Joe Strummer si presentò sul palco del Rock Against the Racism con la t-shirt Brigade Rosse. Ma includiamo anche Van Morrison con Cleaning Windows o i Ramones con It’s Not My Place (In The 9 To 5 World). Per restare in tema di star, anche chi le mani non se l’è sporcate nemmeno per caso, come i poco impegnati Rolling Stones che hanno omaggiato con Salt of The Earth i lavoratori: «Un brindisi per la gente che si ammazza di lavoro. Un brindisi per i poveri fin dalla nascita». Sul versante italiano il cantautorato ha dato tantissimo così come i rocker. I Gang hanno fatto delle battaglie e delle canzoni rivoluzionarie un marchio, il loro Kowalski (dalla canzone omonima) è un personaggio inventato e idealista che si scontra alle porte di Mirafiori con il sindacato. Memorabile fu la seconda edizione del Primo Maggio a Roma nel ’91 dove, invitati, fecero un proclama in favore dello sciopero generale per poi cantare Socialdemocrazia (con il ritornello «Terra di eroi e santi senza peccato, di mafia P2 e stragi di stato, il futuro l’hanno già consegnato»), sfuggendo alla scaletta concordata con i funzionari Rai che, al lato del palco, tentarono di fermare l’esibizione. Nei 99 Posse ogni album è zeppo di riferimenti al loro attivismo, due brani in particolare richiamano le condizioni del lavoro: La Paranza di San Precario oSalario Garantito. Aggiungiamo Tammuriata Del Lavoro Nero con i Bisca.Paranoia e Potere è il secondo disco dei Punkreas, gruppo punk rock sempre vicino agli operai: «Fai fruttare i tuoi talenti non creare malcontenti. E non scioperare, devi lavorare. E non scioperare se vuoi lavorare!» si dice su Venduto (3×2). Dalle lotte si passa alla disillusione e alla crisi dell’individuo con Io Sto Bene dei CCCP, Lavorare Stanca de Il Teatro degli Orrori e Primo Maggio dei Marlene Kuntz. Insomma, il Primo Maggio potrebbe essere rock, volendo.

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Rolling Stones, sbarca a Cuba la Storia del rock https://www.micciacorta.it/2016/03/rolling-stones-sbarca-cuba-la-storia-del-rock/ https://www.micciacorta.it/2016/03/rolling-stones-sbarca-cuba-la-storia-del-rock/#respond Sat, 26 Mar 2016 08:56:20 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21586 Accese le luci del megapalco che per giorni è stato meta della curiosità di centinaia di Habaneros nella Ciudad deportiva. Sotto assiepata la folla di fan aspetta le pietre rotolanti

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Rolling Stones

L'AVANA Accese le luci del megapalco che per giorni è stato meta della curiosità di centinaia di habaneros nella Ciudad deportiva, una folla straripante che applaudiva entusiasta, ieri sera, piena notte in Italia, è iniziato il «mitico» concerto dei Rolling stones. «Hello Cuba». Mick Jagger, una specie di folletto satanico sul palco, ha ripetuto il saluto che assieme Keith Richards, Ronnie Wood e Charlie Watts aveva gridato venerdì sbarcando nell’isola. Dove era stato ricevuto dal presidente dell’Istituto cubano della musica, organismo che per anni era stato accusato di aver emarginato il rock. «È un momento storico, dovevo stare qui», ha affermato la star del rock. Infatti, i tempi cambiano a Cuba, e in questa occasione le autorità governative hanno riservato ai Rolling Stones un’accoglienza e soprattutto una pubblicità in precedenza concesse solo agli artisti considerati «amici» di Cuba, come la portoriquegna Olga Tañón. Joventud rebelde, il quotidiano dei giovani comunisti, ha dedicato vari articoli e soprattutto le indicazioni su come arrivare e come defluire dal concerto, visto che si prevedeva la partecipazione di alcune centinaia di migliaia di persone (alcuni si erano spinti fino al mezzo milione), provenienti da tutta l’isola, ma anche dall’estero e che un intero quartiere dell’Avana è stato praticamente bloccato per permettere l’evento. Lo stesso Jagger aveva promesso un «concerto molto speciale», come fuori dell’ordinario sono i tempi che sta vivendo l’isola, meta di somme autorità religiose, di potenti capi di stato, di imprenditori e , appunto, artisti. Che l’attesa fosse grande, l’ha dimostrato il ricevimento organizzato dall’ambasciatore inglese Tim Cole, uno dei più attivi in campo culturale (il concerto avviene all’interno della settimana della cultura britannica all’Avana). All’ambasciata britannica giovedì sera erano decine gli artisti e sportivi (tra cui il mitico Sotomayor, che tuttavia detiene il recod mondiale di salto in alto) cubani, trasformatisi in una sorta di paparazzi per poter avere una foto ricordo accanto ai celebri Stones. Jagger estremamente affabile ha accettato la sfida, passeggiando per la terrazza dell’ambasciata in modo che in molti hanno potuto fotografarsi con lui. Tra i più felici, Carlos Carnero, 66enne fondatore del gruppo rock, Los kent, ancora in attività nonostante che alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso dovette subire gli strali del governo che «ci accusava di essere dei nemici» e di «deviazionismo ideologico». Lo stesso Fidel mise al bando la musica degli Stones, Beatles e Elvis Presley dalla radio e tv. Salvo poi ricredersi e inaugurare all’inizio del Duemila il monumento dedicato a John Lennon in un parco centrale dell’Avana. I giovani accalcati ieri pomeriggio in attesa che si aprissero i cancelli della Città sportiva erano assolutamente felici del fatto che il concerto fosse gratis. «Non sai quanto costerebbe un concerto del genere in qualsiasi altra parte del mondo» scherzava Jorge, un giovane studente di 21 anni. «Con il salario che ho, gli rispondeva un amico non potrei nemmeno sognare di comprare un biglietto di ingresso. Per questo non perdo l’occasione di vedere un gruppo tanto famoso, anche se non ho mai ascoltato nulla di loro in precedenza», gli fa eco un amico. È vero, molti dei giovani presenti conoscono ben poco degli Stones: avendo in media un terzo degli anni dei cantanti, al massimo conoscono la musica altri gruppi rock. O sono fanatici del reguetón come la giovane Lídice, studentessa del preuniversitario: «Le mie amiche pensano che io sia matta, ma anche se mi piace la musica caraibica penso che questa sia un’opportunità straordinaria di ascoltare una musica differente», afferma. Le autorità hanno proibito la vendita e il consumo di bevande alcoliche. E hanno emesso un comunicato per affermare che «il nostro popolo, conoscitore dei migliori valori della cultura universale, assisterà al concerto con l’entusiasmo e la disciplina che ci caratterizza». «Sembra la convocazione di un meeting di partito» scherza Amanda, «ma noi siamo intenzionati a divertirci e ballare un sacco, per questo sono qui i Rolling Stones».

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