Sifar – Micciacorta https://www.micciacorta.it Sito dedicato a chi aveva vent'anni nel '77. E che ora ne ha diciotto Wed, 11 Sep 2019 10:16:29 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 Morto Stefano Delle Chiaie, il “grande vecchio” con la fissa del colpo di Stato https://www.micciacorta.it/2019/09/morto-stefano-delle-chiaie-il-grande-vecchio-con-la-fissa-del-colpo-di-stato/ https://www.micciacorta.it/2019/09/morto-stefano-delle-chiaie-il-grande-vecchio-con-la-fissa-del-colpo-di-stato/#respond Wed, 11 Sep 2019 10:16:09 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=25650 Dal Msi ad Avanguardia nazionale, il «grande vecchio» della strategia della tensione. Legato al regime dei colonnelli greci, fu assolto per le stragi di piazza Fontana e Bologna

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Con Stefano Delle Chiaie scompare l’ultimo «grande vecchio» del neofascismo italiano. Nato nel 1936 a Caserta, figlio di un partecipante alla «Marcia su Roma», ha attraversato tutta la stagione dell’eversione nera del dopoguerra. Attivo fin dai primi anni Cinquanta, si iscrisse all’Msi a soli 14 anni, fu più volte arrestato per apologia di fascismo e violenze. Ricordò lui stesso con orgoglio l’assalto nel marzo del 1955 alla sede del Partito comunista in via delle Botteghe Oscure. Il suo nome è indissolubilmente legato alla storia di Avanguardia nazionale, la sua creatura, fondata nel 1960, non casualmente il 25 aprile, in una sede a Roma di reduci repubblichini. Il gruppo nacque per scissione da Ordine nuovo di Pino Rauti, accusato di pensare eccessivamente all’elaborazione teorica. Da qui il ricorso pieno allo squadrismo che caratterizzò più di ogni altra cosa Avanguardia nazionale (simbolo la runa dell’Odal, utilizzata da una divisione delle Waffen-SS). Fu anche costretta formalmente a sciogliersi nel 1965 per evitare le conseguenze delle innumerevoli denunce a carico dei suoi aderenti. Grande emozione, in questo contesto, suscitò il 27 aprile 1966 a Roma la morte dello studente socialista Paolo Rossi, precipitato da una scalinata a seguito dei durissimi scontri provocati dai picchiatori di Delle Chiaie davanti alla facoltà di Lettere.
IL LEGAME CON L’UFFICIO AFFARI RISERVATI
Soprannominato «Caccola» per via della sua bassa statura, Stefano Delle Chiaie partecipò al famoso convegno del maggio 1965 all’Hotel Parco dei Principi, promosso dal Sifar (il servizio segreto militare), in cui si posero le premesse della «strategia della tensione», mettendo Avanguardia nazionale al servizio dell’Ufficio affari riservati. Un legame organico che portò i suoi uomini a rendersi protagonisti di sistematiche provocazioni, tra le altre un vasto piano di infiltrazioni a sinistra per spingere gruppi e singoli ad azioni violente. In questo quadro An si interfacciò con le cellule venete di Ordine nuovo, lo stesso Delle Chiaie incontrò più volte Franco Freda, ricoprendo un ruolo centrale nelle vicende del 12 dicembre 1969. Fu, infatti, come raccontato da alcuni ex, un commando di Avanguardia nazionale a compiere i tre attentati a Roma (due all’Altare della Patria e uno alla Banca nazionale del lavoro) in contemporanea con la strage in piazza Fontana. L’organizzazione, riformatasi alla luce del sole nel 1970, venne definitivamente sciolta per legge nel giugno del 1976 come ricostituzione del partito fascista.
CON JUNIO VALERIO BORGHESE E OLTRE
Filo-golpista e ammiratore del regime dei colonnelli in Grecia, Stefano Delle Chiaie si legò a Guérin Sérac, capo dell’Aginter Presse, una sorta di agenzia per i «lavori sporchi» collegata alla Cia, ma soprattutto al «Principe nero» Junio Valerio Borghese, con cui architettò il tentativo di colpo di Stato della notte del 7-8 dicembre 1970, con l’occupazione temporanea del ministero dell’Interno, prima del rompete le righe. Resosi latitante nel 1970 per sfuggire a un mandato di cattura nell’ambito delle indagini su piazza Fontana, Delle Chiaie, si pose, unitamente ad altri di Avanguardia nazionale, al servizio prima dei franchisti spagnoli, poi del regime cileno di Pinochet, infine dei generali golpisti boliviani. In quegli anni ebbe modo di farsi fotografare il 9 maggio 1976 a Montejurra, nella Navarra, nel corso dell’agguato armato, che causò due morti, nei confronti di un corteo promosso dai seguaci antifranchisti di Carlos Hugo, ma anche di organizzare il tentato omicidio di Bernardo Leighton (l’ex vicepresidente di Allende) e di sua moglie, il 6 ottobre 1975 a Roma. Purtroppo le prove arrivarono solo dopo il processo, tenutosi nel 1987, in cui Delle Chiaie fu assolto. In compenso nel luglio 1980 partecipò in Bolivia al cosiddetto «golpe della cocaina», portando al potere Luis Garcia Meza Tejada, con l’aiuto di neonazisti di vari paesi (tra loro anche il criminale di guerra Klaus Barbie) e di gruppi paramilitari che si occuparono di eliminare i piccoli narcotrafficanti per poter giungere al controllo totale del mercato.
L’AQUILA E IL CONDOR
Arrestato nel 1987 a Caracas, fu processato per la stragi di piazza Fontana e alla stazione di Bologna. Assolto in ambedue i processi, tentò nuovamente nei primi anni Novanta l’avventura politica con piccole formazioni come Alternativa nazional popolare, che raccolse i vecchi camerati di Avanguardia nazionale, senza alcun successo. Da tre anni aveva ricostituito il sodalizio, pur illegale, di Avanguardia nazionale, aprendo una sede anche a Roma. Nel 2012 aveva dato alle stampe la sua autobiografia L’aquila e il condor, piena di omissioni e fatti ricostruiti al limite della pura invenzione. Una sorta di contro-storia da tramandare alle nuove leve. * Fonte: Saverio Ferrari,  il manifesto

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All’ombra di Gladio https://www.micciacorta.it/2016/05/21782/ https://www.micciacorta.it/2016/05/21782/#respond Thu, 05 May 2016 07:26:55 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21782 Gladio, che fu formalmente sciolta solo il 27 novembre 1990, si dotò di un piccolo esercito clandestino e di un centro di addestramento in Sardegna totalmente finanziato dalla CIA

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Nell’intrigo di cimiteri, bombe e bombaroli che in Italia sta dietro alla vicenda «Stay Behind» si nascondono anche le prove che non furono mai resi pubblici alcuni dei ritrovamenti di depositi di armi effettuati dopo lo scioglimento del piccolo esercito segreto, una struttura armata organizzata e finanziata dalla Cia che Francesco Cossiga andava fiero di aver contribuito a creare MILANO Via Brusuglio è una traversa di via Pellegrino Rossi, nel cuore di Affori, quartiere all’estremo nord di Milano confinante con Brusuglio, frazione del comune di Cormano. Da queste parti diverse sono le storie che hanno visto protagonisti bombaroli e gladiatori. Quella più nota ebbe come teatro, nel novembre del 1990, il cimitero di Brusuglio, fino ad allora conosciuto solo per aver dato sepoltura ai familiari di Alessandro Manzoni.

I depositi segreti

Siamo all’epoca della “scoperta” di Gladio, ovvero dell’esistenza, per quasi quarant’anni, di una struttura armata segreta composta da civili e militari, costituita allo scopo di contrastare, in caso di invasione sovietica, l’Armata rossa. A rivelarlo fu l’allora presidente del Consiglio Giulio Andreotti con una relazione, il 18 ottobre 1990, alla Commissione stragi. Questa struttura, creata il 28 novembre 1956, a seguito di un accordo tra il nostro servizio segreto militare, il Sifar (Servizio informazioni forze armate) e la Cia statunitense, nell’ambito dell’allestimento in tutti i Paesi dell’Alleanza atlantica di organizzazioni simili, assunse il nome convenzionale di Stay Behind («Stare dietro»), mentre la specifica rete italiana fu chiamata Gladio. A livello politico gli unici ad essere informati della sua esistenza erano stati i presidenti del Consiglio e i ministri della Difesa.

Una rivelazione fragorosa

** FILE ** Italian life senator Francesco Cossiga is shown in this Oct. 21, 2004 photo. Roberto Benigni summed it up when he said recently that Premier Romano Prodi "prays for the good health of life senators.'' Prodi's dependence on the seven life senators _ a group of elderly people appointed for their life achievements _ was never more evident than in a confidence vote Thursday night, Dec. 6, 2007: The government survived the Senate vote thanks to life senator Francesco Cossiga, at 79 the youngest of the group. The senators for life include some distinguished personalities, such as Nobel Prize winner Rita Levi Montalcini, 98, and industrialist Sergio Pininfarina, 81; three former presidents of the republic; and two ex-premiers, including the 88-year-old Giulio Andreotti, a former seven-time head of government. (AP Photo/Luca Bruno/Files)

La rivelazione ebbe una risonanza a dir poco fragorosa dando avvio a uno scontro politico e istituzionale senza precedenti che portò, tra l’altro, alla richiesta di impeachment nei confronti dell’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che aveva orgogliosamente rivendicato, in quanto sottosegretario alla Difesa dal 1966 al 1970, il suo «concorso» alla formazione di Gladio. Una bufera che fu al centro di moltissime sedute della Commissione stragi e spinse ben cinque procure a istruire procedimenti giudiziari su possibili deviazioni eversive.

Piccolo esercito clandestino

Gladio, che fu formalmente sciolta, anche a seguito di queste accuse, il 27 novembre 1990, con un decreto dell’allora ministro della Difesa Virginio Rognoni, si dotò di un piccolo esercito clandestino e di un centro di addestramento in Sardegna, a Capo Marragiu, vicino Alghero, totalmente finanziato dagli americani. Qui vennero inviati consistenti armamenti, contenuti in speciali involucri infrangibili, che a partire dal 1963 furono interrati in appositi nascondigli con il nome convenzionale di Nasco, quasi tutti localizzati nel Nordest, spesso in chiesette, cimiteri o camere mortuarie. Ben 139 depositi segreti con armi portatili, munizioni, bombe ed esplosivo plastico C4. Uno dei Nasco, come relazionato da Giulio Andreotti, composto da tre cassette metalliche, con esplosivi, bombe a mano, armi, munizioni e macchine fotografiche, fu posto, il 10 luglio 1963, tra gli undici collocati in Lombardia, proprio nel cimitero di Brusuglio. Il suo dissotterramento fu un caso. In base ai documenti dei servizi segreti i contenitori dovevano trovarsi vicino a un muro nel frattempo abbattuto per ampliare il cimitero. Sotto la supervisione dei carabinieri, con la collaborazione dei tecnici del comune e l’uso di metal detector, si scavò a fine novembre 1990 per più giorni tra le tombe, a cancelli chiusi, suscitando non poche apprensioni tra i parenti dei defunti. Non fu trovato nulla. Diverse le ipotesi, tra le altre, che le armi fossero già state dissepolte, non si sa bene da chi, o, come disse qualcuno, nascoste magari nella cava di via Moneta, dove una volta c’era «il cimitero vecchio di Brusuglio».

Due cassette, due becchini

In realtà un grosso quantitativo di esplosivo era già stato rinvenuto, nell’estate del 1964, nell’altro camposanto di Cormano, a circa un chilometro di distanza dalla frazione di Brusuglio. Se ne occupò in due articoli Il Corriere della Sera il 20 agosto e il 2 settembre successivo che parlò di «bare al plastico». Due, infatti, furono i ritrovamenti ad opera di due becchini. Le cassette erano identiche, 25x25x30 centimetri, contenenti «tritolo, gelatina, petardi, bombe incendiarie, micce e detonatori», per «circa sei chilogrammi», con tanto di «foglietto con l’istruzione per l’uso», «sepolti» come da accertamenti dei carabinieri «dopo il 25 aprile 1945». Furono gli stessi carabinieri a far brillare il tutto. Due i cimiteri, dunque. Agli inizi di febbraio del 1991 arrivò anche l’intervista rilasciata a Radio Popolare da parte di un ex dipendente di un’impresa di pompe funebri che sostenne che in tre occasioni, tra il 1963 e il 1974, i necrofori del cimitero di Brusuglio, mentre scavavano fosse per l’inumazione, avessero rinvenuto casse di color verde militare piene di armi. Una decina in totale che non vennero denunciate all’autorità, ma affidate all’addetto alla nettezza urbana del cimitero che se ne disfò scaricandoli in una cava con altri rifiuti.

Il ritrovamento accidentale

Improvvisamente, poi, il 12 ottobre 1999, a Brusuglio un contadino accidentalmente fece riaffiorare con il suo trattore una bomba a mano nei pressi delle mura del cimitero. I militari di Sesto San Giovanni recuperarono così le tre casse mai precedentemente ritrovate con ben 1.600 cartucce calibro 9, sei bombe tipo ananas in uso durante la seconda guerra mondiale, due pistole, un mitra inglese Sten, materiale per fotografie e istruzioni per l’occultamento. Il Giornale avanzò subito il sospetto che si trattasse di armi nascoste dai comunisti venendo seccamente smentito dai carabinieri. «Ma quali armi del Kgb! – dichiarò il comandante del Reparto Operativo – dalle analisi effettuate gli armamenti ritrovati sono materiale del periodo bellico in uso alle forze occidentali». Si trattava del nascondiglio di Gladio sfuggito nel 1990 alle ricerche. Resta il fatto che molte più di tre fossero le cassette nascoste, non in uno ma in ambedue i cimiteri di Cormano. Date le caratteristiche, cassette con diversi pacchetti, ciascuno con la sua targhetta esplicatrice e istruzioni per l’uso, certamente appartenenti a Gladio, ma mai rese pubbliche allo scioglimento della struttura.

Le bombe di via Moneta

05 ultima Via Brusuglio 47 2

Nella stessa via Brusuglio, ad Affori, sicuramente un caso, abitava al 47 negli anni Sessanta il capo di Ordine nuovo milanese, Giancarlo Rognoni, condannato a 15 anni e sei mesi per la tentata strage sul treno Torino-Roma del 7 aprile 1973. Non sappiamo chi vi abiti ancora. Si tratta di una villetta a due piani dove, in bella mostra, sul cancello d’ingresso troneggiano due aquile assai simili a quelle degli stemmi della Repubblica sociale italiana. Lì vicino, in via Teodoro Moneta (dove un tempo sorgeva «il cimitero vecchio di Brusuglio»), la mattina del 5 maggio, sempre del 1973, in un prato, furono rinvenute in una cassetta militare, trenta bombe a mano, tipo Srcm, in perfetto stato, uguali a quelle lanciate dai neofascisti meno di un mese prima, il 12 aprile, contro le forze dell’ordine, uccidendo l’agente di polizia Antonio Marino. Qualcuno aveva voluto disfarsene a seguito delle numerose perquisizioni che avevano interessato le abitazioni di numerosi neofascisti milanesi. Poche le vie da quelle parti, ma tante le bombe e le armi.

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