Stato di polizia – Micciacorta https://www.micciacorta.it Sito dedicato a chi aveva vent'anni nel '77. E che ora ne ha diciotto Sun, 11 Nov 2018 08:42:28 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 La polizia blocca i pullman e scheda migliaia di manifestanti https://www.micciacorta.it/2018/11/la-polizia-blocca-i-pullman-e-scheda-migliaia-di-manifestanti/ https://www.micciacorta.it/2018/11/la-polizia-blocca-i-pullman-e-scheda-migliaia-di-manifestanti/#respond Sun, 11 Nov 2018 08:42:28 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=24977 Manifestazione antirazzista a Roma. Leu: il governo riferisca in Parlamento sui controlli di massa dei manifestanti

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I carabinieri fanno cenno all’autista di deviare nell’area dell’autogrill, tutti i passeggeri del pullman vengono fatti scendere e in fila devono mostrare il contenuto di borse e zaini. «Ma ci sono solo panini..», fa una signora con i capelli bianchi e un fazzoletto annodato al collo, «guardi che c’è il diritto di manifestare ancora in questo Paese, sa?». «Roba da matti, non mi era mai successo in tanti anni..», fa un’altra. Non finisce qui. I passeggeri vengono filmati da una telecamera portata in spalla da un carabiniere che appoggiato davanti alla porta del pullman, li filma tutti mentre risalgono, identificati e schedati. «Spudorati – dice un signore – neanche si nascondono». È ciò che si vede in un video fatto con il telefonino che documenta uno dei blocchi che hanno interessato ieri decine e decine di pullman fin dal mattino, messi in atto dalle forze di polizia nei confronti degli autobus a noleggio che stavano cercando di raggiungere la manifestazione antirazzista di Roma provenienti tanto da Sud quanto da Nord. «Sì, abbiamo avuto decine di segnalazioni di blocchi – dice Stefano di Melting Pot, dell’organizzazione e tra promotori del corteo – tutti i mezzi dei centri sociali del Nord Est sono stati fermati al casello, con fotosegnalamento dei passeggeri e lo stesso è successo a quelli delle Marche, ma anche da Firenze, da Torino, da Pisa». La manifestazione era già partita e ancora mancavano all’appello due pullman provenienti da La Spezia, fermati a lungo. Nella maggior parte dei casi – hanno raccontato – ai passeggeri è stato ordinato di esibire il documento, la carta d’identità o il permesso di soggiorno, e di portarlo vicino al volto per essere poi fotografati così. Simone del centro sociale Sisma di Macerata racconta che la polizia ha tentato di sequestrargli lo striscione della storica manifestazione antirazzista del febbraio scorso con la scusa che aveva i pali e potevano essere usati per chissà cosa. La Questura di Roma dice di aver sequestrato 400 aste di legno e che i controlli erano stati disposti per «facilitare l’accesso al luogo della manifestazione onde evitare possibili criticità». Sui blocchi stradali e le fotosegnalazioni preventive protestano sia Maurizio Acerbo, segretario di Rifondazione comunista, sia Nicola Fratoianni, coordinatore nazionale di Sinistra italiana. «Immagino – scrive, sferzante, Fraioianni – che l’8 dicembre i pullman che porteranno a Roma i militanti leghisti subiranno il medesimo trattamento, con il controllo certosino di striscioni, magliette, documenti, con i bus bloccati in campagna alle porte della capitale, come è successo ai pullman della manifestazione antirazzista». «Il governo riferisca in Parlamento perché da quel che appare ci troviamo di fronte ad una grave limitazione delle libertà democratiche» , protesta il senatore di LeU Francesco Laforgia. E Roberto Speranza, deputato di Leu e coordinatore di Mdp, si associa, giudicando i blocchi «un fatto molto grave che non si può sottovalutare». * Fonte: Rachele Gonnelli, IL MANIFESTO

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Francia, il vicolo cieco dei diritti https://www.micciacorta.it/2015/12/francia-il-vicolo-cieco-dei-diritti/ https://www.micciacorta.it/2015/12/francia-il-vicolo-cieco-dei-diritti/#respond Thu, 31 Dec 2015 10:36:00 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=21053 Parigi. La pericolosa svolta securitaria dopo gli attentati

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francia

PARIGI. C’era un campo nel quale François Hollande e la sinistra di governo in Francia non avevano ancora abdicato: quello delle libertà, dei principi. Anche se questi ultimi, pur continuamente ribaditi, entravano spesso in contraddizione con le pratiche dello Stato e delle forze di polizia. La sinistra si richiamava alle libertà, ai diritti umani, all’eredità del 1789. E proclamava con forza, in quest’ambito, la sua opposizione non solo all’estrema destra e al Front national, ma anche alla destra pronta a chiedere sempre più sicurezza in nome della lotta contro la delinquenza o contro il terrorismo. Dalla vittoria elettorale nel maggio 2012, François Hollande e il Partito socialista avevano abbandonato via via tutte le loro promesse. Avevano rinunciato a qualunque forma di resistenza al liberismo economico, applicando le ricette di austerità in precedenza condannate, e aggravando le disuguaglianze. Si erano piegati al diktat di Bruxelles, che in campagna elettorale avevano stigmatizzato. E, tradimento finale, avevano lasciato solo il governo greco, frutto di una grande volontà popolare, di fronte a una Commissione europea e a un governo tedesco chiusi nelle proprie certezze. La politica estera di Hollande è stata essenzialmente caratterizzata dall’uso della forza militare come mezzo di risoluzione dei conflitti. Mai in precedenza, dalla seconda guerra mondiale, un governo francese era stato impegnato in tanti teatri di operazione. Dal Mali all’Iraq, dalla Repubblica centrafricana alla Siria, la Francia, malgrado i mezzi limitati, malgrado i proclami di austerità, trova le risorse necessarie a intervenire in armi. Comportandosi sempre da fedele alleata degli Stati uniti. E quando Parigi ha criticato Washington, è stato per rimproverare al presidente Barack Obama la sua debolezza di fronte a Tehran sul dossier nucleare. Di fronte all’ondata di rifugiati provenienti dalla Siria e dal Medioriente, ingigantitasi nel corso del 2015, la Francia socialista ha dato prova di pavidità, rifiutando di onorare la tradizione di accoglienza e di rispettare il diritto internazionale che obbliga i paesi a proteggere le persone minacciate. E’ tristemente ironico, del resto, che la grande maggioranza dei rifugiati preferisca la Germania, il Regno unito e l’Europa del Nord: è lontano il tempo in cui la Francia era la seconda patria dei rifugiati armeni, degli ebrei centroeuropei, dei polacchi e degli spagnoli. E gli attentati del 13 novembre 2015, dopo quelli contro Charlie Hebdo e il supermercato kosher nel mese di gennaio, hanno portato il governo a rinnegare l’ultimo baluardo, quello della difesa dei diritti umani, dei grandi principi di una democrazia liberale. Mentre la Corte di cassazione, incoraggiata dalle autorità, criminalizzava la campagna di boicottaggio dei prodotti israeliani nota come Bds (boicottaggio, disinvestimento, sanzioni) – facendo della Francia l’unico paese democratico nel quale si applichi una simile misura -, il governo decideva di proclamare lo stato di emergenza, di prorogarlo per tre mesi e infine di progettarne l’ingresso nella Costituzione. Questa legge del 1955, adottata agli inizi di quella che la Francia rifiutava di chiamare «guerra di Algeria», era stata prevista per liquidare l’insurrezione di un popolo. Si sa che cosa accadde. Ma è la prima volta che la legge è estesa a tutto il territorio nazionale (nel 1955, copriva solo i «tre dipartimenti francesi» di Algeria). Se passerà la riforma della Costituzione (che in gennaio sarà presentata al Congresso, Parlamento e Senato in seduta comune, e dovrà ottenere la maggioranza dei tre quinti dei votanti – un risultato impossibile senza il sostegno della destra), «l’eccezione diventerà la regola», come ha titolato il quotidiano Le Monde, e alle forze di polizia e all’amministrazione saranno accordati poteri esorbitanti in materia di arresti, detenzioni domiciliari, perquisizioni, intercettazioni telefoniche di decine di migliaia di cittadini. Sono state già decise 200 assegnazioni agli arresti domiciliari (anche di militanti verdi), ed effettuate oltre tremila perquisizioni – in gran parte senza alcun risultato rispetto all’obiettivo dichiarato, la «lotta contro il terrorismo». I musulmani sono l’obiettivo privilegiato di questi attacchi e il potere sta incoraggiando un’islamofobia della quale il Front national di Marine Le Pen non è affatto l’unico portatore. Da tempo la destra e settori importanti della sinistra e anche dell’estrema destra, con vari pretesti – lotta all’«oscurantismo», laicità, eguaglianza fra i generi – si sono trasformati in cantori di questa nuova forma di razzismo che prende di mira prioritariamente gli immigrati e settori delle classi popolari. Ma è con una misura ben più che simbolica che François Hollande ha chiuso il cerchio delle sue abiure. E’ la misura che intende privare della cittadinanza i cittadini nati francesi ma che dispongono anche di un’altra nazionalità. Così si trasformerebbero di fatto in cittadini di serie B i figli di immigrati, nati francesi sul territorio nazionale, ma che hanno ancora la cittadinanza dei loro genitori. In passato aveva sostenuto questa misura solo il Front national, raggiunto nel 2010 da Nicolas Sarkozy. Si accentuerà senza dubbio la frattura fra le popolazioni «musulmane» e i francesi «per sangue», e si finirà per legittimare il discorso dell’Organizzazione dello Stato islamico (il Daesh) che incita i musulmani a rifiutare una società che li disprezza. Come dichiarava Henri Leclerc, avvocato, presidente d’onore della Lega dei diritti umani (Ldh) e figura emblematica della sinistra giudiziaria (Médiapart, 24 dicembre 2015): «Fatte le debite proporzioni, ricordiamoci che nel 1933 Hitler si era avvalso degli strumenti legislativi creati dai socialdemocratici. Se un giorno avremo un governo di estrema destra, questo potrebbe trovare strumenti per attuare politiche ultra-securitarie e spaventosamente repressive». *ex caporedattore di Le Monde diplomatique, direttore del giornale online Orient XXI (Traduzione di Marinella Correggia)

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