Val di Susa – Micciacorta https://www.micciacorta.it Sito dedicato a chi aveva vent'anni nel '77. E che ora ne ha diciotto Fri, 18 Aug 2023 07:20:46 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 Movimenti. Nicoletta Dosio: «Il TAV non passerà, noi saremo sempre qui» https://www.micciacorta.it/2023/08/movimenti-nicoletta-dosio-il-tav-non-passera-noi-saremo-sempre-qui/ https://www.micciacorta.it/2023/08/movimenti-nicoletta-dosio-il-tav-non-passera-noi-saremo-sempre-qui/#respond Fri, 18 Aug 2023 07:20:46 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=26661 Dall’inizio nel movimento, condannata, detenuta, prof: «La mia Val di Susa tradita è terra di lotte. In carcere mai stata sola: lì nessuno è potente, ci si unisce per umanità come nei nostri presìdi»

L'articolo Movimenti. Nicoletta Dosio: «Il TAV non passerà, noi saremo sempre qui» sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>

Dall’inizio nel movimento, condannata, detenuta, prof: «La mia Val di Susa tradita è terra di lotte. In carcere mai stata sola: lì nessuno è potente, ci si unisce per umanità come nei nostri presìdi»   Nicoletta Dosio, la sua storia e quella del movimento No Tav è ispirazione per tantissime persone che si considerano di sinistra. Lei a questa parola oggi quale significato dà? Una parola che uso sempre meno volentieri perché la ritengo vittima del male transgenico dell’opportunismo, metafora di rovinose ipocrisie che ne hanno annullato il significato originario: quello dell’opposizione al sistema, che entrava nel palazzo del potere per portare le voci degli ultimi e scardinare le blindature. Io continuo ad essere affezionata a quella sua antica valenza che ben rappresentava la visione del mondo dei miei vecchi, in parte comunisti e in parte socialisti e comunque rivoluzionari. Ormai dire sinistra significa dire poco, a volte addirittura diventa un equivoco; io continuo a dire lotta, rivoluzione nel senso di cambiamento radicale della società e del rapporto con la natura e con il mondo. Purtroppo la cosiddetta sinistra ha smarrito quello che poteva significare nel tempo e l’abbiamo visto sulla nostra pelle, nel momento in cui in Parlamento e al governo è entrato chi si diceva di sinistra, ma ha cominciato a fare politiche di destra. Un esempio? Da destra a sinistra c’ è un voto unanime per le politiche di guerra, le privatizzazioni, per le le grandi male opere di cui il Tav è elemento emblematico. Sono politiche guerrafondaie infarcite di slogan che dicono “libertà” e “democrazia” per praticare l’opposto. Ma non sono le parole che contano, contano i fatti. Io quei fatti li vedo in una lotta che riparte dal basso, senza deleghe, senza mediazioni né volontà di compromessi. La cattiva politica crea disaffezione alla politica, alla partecipazione popolare. E’ sulla sfiducia di un popolo tradito e disorientato che avanzano qualunquismo e fascismo. Tu hai sempre vissuto in Val di Susa. Cosa connota questa valle e cosa l’ha portata a una lotta così lunga – siamo a 32 anni – senza mai scendere a compromessi? Sono nata nella parte bassa della valle, quasi nella cintura torinese, ad Alpignano, e la mia famiglia è “meticcia”: papà piemontese e mamma emiliana, di Reggio Emilia, emigrata a 16 anni in Piemonte per trovare lavoro alla fabbrica Philips delle lampadine. Era la maggiore di cinque fratelli, una famiglia poverissima e perseguitata in quanto mio nonno era un comunista che si rifiutò sempre di prendere la tessera del Fascio. Era un povero contadino e lavorava quando qualcuno gli dava lavoro, precariamente e sempre a rischio di essere arrestato (in occasione di ricorrenze del regime scattavano immancabilmente anche per lui gli arresti preventivi). Quindi provengo da una lunga storia di resistenza. Mio padre era invece di famiglia valsusina, operaia, di tradizioni socialiste e libertarie. Questa è l’esperienza, la ricchezza umana e culturale, l’eredità preziosa che mi ha sostenuta ed orientata sempre, soprattutto nei momenti cruciali della vita. Ho poi studiato e iniziato a insegnare. Il primo posto di ruolo è stato il liceo classico di Susa, dove ho trovato come allievi, accanto ai figli della borghesia segusina, i figli dei ferrovieri di Bussoleno e della Valle . Erano i primi anni ‘70, un crogiolo di esperienze e di storie, tante storie. Anche la scuola partecipava di quell’ansia di cambiamento, nell’esigenza di una cultura che fosse davvero di tutti e per tutti. Volevamo una scuola “pubblica, democratica e formativa”. Per “ la riforma della scuola” abbiamo fatto negli anni un mucchio di scioperi e tutte le volte ci accorgevamo che era una controriforma sempre più totale. Una frana iniziata dai primi anni ‘80, in cui, anche per i cedimenti della cosiddetta sinistra, riprese il sopravvento il sistema, si chiusero i sogni e per qualcuno si aprirono le prigioni. La scuola ha rappresentato la parte più importante della mia vita, ho amato i miei allievi, da loro ho imparato tanto e ho cercato di dare al meglio delle mie possibilità. Con molti di loro continua l’amicizia. Uno dei miei allievi è pure il mio avvocato, Emanuele D’Amico. Sono venuta poi ad abitare stabilmente a Bussoleno nel ’79 , dopo cinque anni da pendolare. Fu proprio il vostro quotidiano, il manifesto, l’occasione che mi mise in contatto con i compagni ai quali ancor oggi sono legata politicamente e umanamente. Viaggiavo in treno e al mattino compravo, all’edicola della stazione di Alpignano, il manifesto (allora ancora in formato “Ordine nuovo”, quindi di dimensioni tali da non passare inosservato). A notarlo fu Gigi, un compagno di Lotta Continua, ferroviere, che prestava servizio sulla tratta Torino-Bardonecchia. Facemmo amicizia, lui mi invitò ad un’assemblea. Così conobbi altri militanti, uno dei quali, Silvano, divenne poi il mio compagno di vita (anche per lui gli albori dell’impegno politico incrociano il manifesto: le storie dei comunisti eretici, della primavera di Praga, di Cuba e dei paesi cosiddetti non allineati riportate dal quotidiano venivano lette e commentate collettivamente, poi incollate sui muri di Bussoleno con una colla casalinga fatta di acqua e farina). Qui in Valle, la lotta è sempre stata una resistenza di popolo, concreta, condivisa dalle famiglie. Resistenza operaia e contadina, antifascista: nella famiglia stessa di Silvano il padre e tutti i figli erano partigiani e la loro casa di montanari era diventato un punto clandestino di incontro tra i giovani combattenti e le famiglie. Fin dai primi anni sessanta In valle iniziarono le lotte operaie contro i licenziamenti e la delocalizzazione del lavoro. A fine anni settanta la ristrutturazione capitalistica allargò all’ambiente le proprie mire di profitto, così il conflitto sociale divenne anche conflitto ambientale. La prima fu l’opposizione alla costruzione dell’autostrada: in una valle che nel punto più largo è di tre chilometri esistevano già due strade statali, due intercomunali e, unica presenza naturale, la Dora Riparia. Proprio lungo la parte centrale della Valle e quasi totalmente sul fiume fu costruita la famosa autostrada Torino-Bardonecchia ora di proprietà Gavio. Ci opponemmo, per ragioni ambientali, economiche e sociali: compagni di Democrazia Proletaria, qualche ambientalista che si sentiva allo stretto nelle pastoie delle grandi associazioni ambientaliste. Furono proprio le grandi associazioni ambientaliste, con le loro strutture fuori-Valle, autodelegandosi al ruolo di “rappresentanti degli interessi diffusi”, a sedersi ai tavoli dei palazzi torinesi per trattare con i proponenti l’opera. Il tema del confronto non fu “se fare l’opera”, ma “come farla”. Per cui abbiamo avuto lo smacco di vedere come risultato la prima devastazione della Valle che ha portato alla morte, per esempio di tutta l’orticoltura e la frutticotura della Bassa Valle. Il traforo autostradale del Frejus è stato inaugurato nell’80. Successivamente fu costruita l’autostrada con i cantieri che, partendo dalle due estremità, occuparono in una decina d’anni tutta la valle. Bussoleno fu l’ultimo punto d’attacco: insieme agli abitanti della zona investita dall’opera avevamo messo in piedi un comitato spontaneo che cercò di bloccare il progetto opponendosi agli espropri dei terreni. La situazione si fece presto invivibile, perché Il paese fu investito dal nuovo traffico pesante, proveniente dai due tronconi già realizzati e messi prontamente in esercizio. Alla fine fummo perdenti, anche se con una mitigazione: la struttura che avrebbe dovuto tagliare in due l’abitato fu realizzata in tunnel dentro la montagna. Magra consolazione e non senza danni: gli scavi tagliarono le falde acquifere che alimentavano la frazione di Santa Petronilla. E ci fu un operaio morto sul lavoro, un minatore, travolto da un mezzo, a causa dei ritmi di lavoro, non rispondenti ad esigenze di sicurezza ma alla fretta di concludere l’opera. A fine anni ‘80 si annunciò un nuovo progetto devastante: il megaelettrodotto a 380 volt, Grand Ile-Moncenisio-Piossasco. L’infrastruttura era destinata a portare in Italia, attraverso la vallata della Maurienne e la Valle di Susa, l’energia prodotta dalla centrale nucleare francese Superphenix. Il nucleare cacciato dall’Italia dal referendum popolare sarebbe così rientrato dalla finestra attraverso i suoi prodotti, perpetuando un modo di produzione inaccettabile. Anche l’impatto ambientale si annunciava disastroso: l’infrastruttura avrebbe dovuto affiancare, a poche decine di metri, l’analogo elettrodotto già esistente, aumentando in modo esponenziale il rischio idrogeologico della zona e i pericoli per la salute, legati ai campi elettromagnetici. Decidemmo di opporci e questa volta non accettammo più alcuna mediazione dei “Rappresentanti di interessi diffusi”, ma favorimmo la nascita dei comitati popolari, Comune per Comune, su entrambi i versanti italiano e francese, nelle zone investite dal progetto . Fu una mossa vincente: niente elettrodotto. Per una volta avevano vinto le ragioni della salute e dell’ambiente. Avevamo appena superato una prova quando se ne presentò un’altra: il progetto Tav. Con lo slogan “Lo vuole l’Europa”, la Valle di Susa si trovò per l’ennesima volta ingabbiata in una prospettiva infrastrutturale devastante: il “Corridoio ferroviario ad Alta Velocità Lisbona-Kiev”. Quei primi anni ‘90, con la nascita dell’ Europa di Maastricht e la caduta del Muro di Berlino, furono cruciali. La fine della “guerra fredda” aveva rimesso in campo la “guerra calda”, questa volta a senso unico. Iraq, Somalia, Libia, Jugoslavia, Afghanistan: territori da destabilizzare e da conquistare in nome del capitale; e l’Italia tra gli aggressori, in prima fila, a fianco della Nato. Fu allora che nel nostro paese partì la corsa alle privatizzazioni. A farne le spese furono anche le Ferrovie dello Stato. Mentre si smantellavano come “rami secchi” tratte ferroviarie valutate socialmente utili ma non economicamente remunerative e venivano chiuse stazioni, officine e poli ferroviari, comparvero sul territorio nazionale i progetti Tav, il treno superveloce, costosissimo, socialmente discriminante, altamente devastante per i territori e lauto affare per i costruttori. In Valle ripartì la resistenza. Il metodo della lotta popolare si era rivelato quello giusto, così, quando si è presentatala la questione dell’alta velocità l’abbiamo nuovamente messo in pratica mobilitando le persone e i territori in modo capillare, senza imporre strategie dall’alto, ma organizzando nella pratica, collettivamente e di momento in momento, la risposta più adeguata. Si unirono così, senza forzature, storie, esperienze e pratiche anche molto diverse tra di loro. Proprio dalla ricchezza del confronto e dall’agire diretto e collettivo è nato il movimento No Tav che ha saputo fare delle diversità non motivo di divisione, ma fonte di arricchimento umano e culturale. Nelle prime adesioni al Movimento le istanze ideali erano molteplici, a volte anche assai diverse. E’ stata proprio la lotta contro l nemico comune a mettere insieme le persone e a farle crescere collettivamente in senso antifascista, sociale, ambientalista. Dalla necessità concreta e quotidiana di opporsi al primi approcci del Tav sono nati i presìdi: non erano un elemento folcloristico né dei centri ricreativi, ma luoghi in cui si stava insieme giorno e notte, per presidiare il territorio ed impedire i primi tentativi di esproprio. Eravamo anche riusciti ad aggregare parte della componente istituzionale locale: alcuni sindaci e interi consigli comunali furono con noi, sul territorio dei loro Comuni, ad impedire le prime prese di possesso istituzionali. Questi furono gli albori di una giornata che dura da decenni e che non ha alcuna intenzione di tramontare. Furono i fatti a portare da subito ad una crescita politica collettiva, una visione diciamo rivoluzionaria di sinistra, nel senso giusto del termine (in cui non si può comprendere il PD, da sempre favorevole all’opera). Poi ci caddero addosso le compatibilità governative, i cosiddetti “dodici punti” del governo Prodi, tra cui il cedimento sul Tav (come quello del rifinanziamento alle missioni militari e le autorizzazioni alle nuove basi Nato) e la parola “sinistra “ fu degradata a foglia di fico per nascondere le “vergogne”. Fu così che dai presidi scomparvero le bandiere di Rifondazione e dei Verdi e il Movimento prosegui con le proprie forze e con la consapevolezza che, nello stato di cose presente, “non esistono governi amici”. Gran parte dell’opinione pubblica vi accomuna ai cosiddetti Nimby – Not in my back yard, non nel mio giardino – e sostiene che è facile essere contro. Ma voi invece avete sempre avuto una visione “per”, proponendo un nuovo modello di sviluppo. Assolutamente sì. Essere No Tav significa essere per un mondo e per una società più giusti e vivibili, quindi essere contro quest’opera devastante, che serve soltanto ai grandi interessi, funzionale ad una visione di Europa che è poi quella della guerra all’uomo oltre che all’ambiente. Il tracciato Tav, di cui la Valle di Susa costituisce un segmento, nacque come corridoio Lisbona-Kiev e non a caso, viste le finalità recentemente esplicitate dall’Ue e dagli organi militari d’informazione: “i corridoi trasportistici progettati per l’alta velocità devono essere linee di penetrazione, oltre che commerciale, anche militare, per la movimentazione di uomini e mezzi da nord a sud e da ovest a est”. Dunque il nostro è anche un No alla guerra, in sintonia con la storia antifascista di questa Valle che nel ‘44 vide i ferrovieri del polo ferroviario di Bussoleno organizzarsi nella omonima formazione partigiana e proclamare un sciopero ad oltranza che bloccò la linea e praticò il sabotaggio sistematico dei trasporti d’armi e truppe nazifasciste. La Valle di Susa non è fuori dal mondo, chiusa in un giardino dalle mura invalicabili. La ferrovia internazionale esiste già, addirittura dalla fine dell’’800 e su di essa passano, oltre al trasporto locale, la Freccia rossa italiana e il Tgv francese. Ed è la linea meglio attrezzata a livello nazionale anche per il trasporto merci, potendo ospitare sui pianali, oltre ai container, anche i TIR con motrici. Eppure la sua capienza è sfruttata solo al 12%. Inoltre Bussoleno, fino a fine anni ‘80, era sede di un importante polo ferroviario a cui facevano capo mille ferrovieri, un deposito locomotive con carro-soccorso di seconda classe e un’officina per la revisione delle motrici. Tutto fu smantellato con la privatizzazione delle ferrovie . Ora i dipendenti della stazione di Bussoleno si contano sulle dita di una mano. Il nostro “No” al Tav è anche un “No” al mercato globale, all’industrializzazione dell’agricoltura, allo sfruttamento dei lavoratori, alla crudeltà degli allevamenti intensivi. Ed un “Sì” ad una diversa qualità di vita e di produzione, che valorizzi le produzioni locali, abbia la consapevolezza del limite e rispetti i diritti dell’uomo e della natura. Dunque non lottiamo solo per noi (sappiamo bene che la buona vita non è reale se non è collettiva) e non lasceremo che siano imposto ad altri i mali che noi rifiutiamo. In questa valle dove passano le merci, i capitali e dove vorrebbero far passare i trasporti di guerra, è però negata libertà di transito alle persone che, venute da inferni di oppressione e di fame, cercano nel ricco occidente pane e dignità. Per questo il movimento No Tav pratica concretamente l’accoglienza e l’aiuto ai migranti in cammino verso la Francia. Nel libro di WuMing 1 – “Un viaggio che non promettiamo breve” del 2016 – si descriveva benissimo tutto questo. E si raccontava come un nuovo movimento politico, il Movimento cinque Stelle, in qualche modo rischiava di appropriarsi della vostra lotta. Ad anni di distanza qual è la tua opinione? Diciamo che certamente una buona parte del movimento No Tav fu affascinata dal M5s e lo votò perché prometteva aria nuova, e perché si presentava con il radicalismo di chi non fa sconti e assicura che farà piazza pulita delle vecchie ipocrite promesse. Anche in Valle molti si illusero che il M5s, una volta al governo, avrebbe fermato il Tav, come lo stesso Grillo aveva promesso dai palchi elettorali della Valle. Alla sirena del “vaffa” risposero, in buona fede, anche tanti bravi compagni. Però ricordiamo il motto del Gattopardo: “Tutto cambia perché nulla cambi”. E così fu, alla prova dei fatti. Per quanto mi riguarda, non mi sono mai fatta illusioni, quindi non ho provato delusione quando, vinte le elezioni e saliti al governo con la Lega, i M5s si rimangiarono le promesse sul Tav e su tante altre cose. La delusione in Valle fu cocente, non meno che al tempo del governo Prodi e anche questa volta non si fecero sconti. Il consenso al M5s cadde in picchiata libera anche in termini di voti, crebbero in modo esponenziale la sfiducia nella politica istituzionale, l’astensionismo, la non-delega e la certezza che, dato lo stato di cose presente, “non esistono governi amici”. Un’altra critica che vi viene fatta è che la vostro lotta non è mai riuscita a diventare europea, a coinvolgere almeno in modo massiccio, i cugini francesi. E’ una cosa che che ti rimproveri oppure la contesti? Lo contesto. Fin dai tempi del progetto di mega elettrodotto, che doveva partire dal Superfenix e arrivare poi in Italia abbiamo lottato assieme alle realtà francesi della Maurienne, le stesse che abbiamo ritrovato nell’opposizione al tunnel transfrontaliero del Tav Torino-Lyon. Proprio qualche settimana in Val Maurienne si è tenuto un campeggio contro la devastazione ambientale e sociale legata ai lavori per le discenderie propedeutiche al tunnel, esattamente come da noi. Il Movimento No Tav è stato tra i promotori, insieme alle associazioni ambientalistiche della Maurienne e a Les soulèvements de la terre, del campeggio resistente e delle manifestazioni poi represse a suon di lacrimogeni, bombe assordanti, manganelli e spray urticanti. Per parteciparvi, dalla Valle di Susa si sono organizzati sei pullman che poi sono stati bloccati al traforo del Frejus con un’operazione congiunta delle polizie italiana e francese. Legami duraturi di solidarietà si sono stretti anche con le comunità resistenti della Zad di Notre-Dame-des-Landes, a sostegno della loro mobilitazione contro l’aeroporto che avrebbe espropriato della terra e della vita le comunità contadine ed i loro progetti di proprietà collettiva. In Francia – come in Italia – pesa indubbiamente il sostegno al progetto Tav da parte dei sindacati concertativi e delle forze politiche di una sinistra che, in nome del lavoro comunque, dimentica il diritto alla salute e alla qualità della vita. Certamente corresponsabile è il falso ambientalismo per il quale l’alternativa alle autostrade è il Tav e non il recupero del trasporto ferroviario pubblico a breve e media percorrenza né la lotta alla globalizzazione di produzione e consumi. Arriviamo al 2012. Forse all’apice della vostra lotta c’è questo questo episodio che fra l’altro non credo neanche sia sia stata la cosa più grossa che hai fatto. Un volantinaggio al casello autostradale che vi e ti costerà la prigione. Insieme a me sono stati condannati con sentenza definitiva altri undici compagni. Come me è finita in carcere anche Dana, con un aggravamento di pena per aver spiegato al megafono le ragioni della protesta. Quel pomeriggio del 3 marzo 2012 eravamo un folto gruppo al casello autostradale di Avigliana. L’indignazione per quanto era successo nei giorni precedenti ci spingeva ad una risposta concreta, che rompesse anche il muro di silenzio e la disinformazione sparsa a piene mani dai mass media di regime. Due giorni prima, durante lo sgombero del nostro presidio alla Maddalena di Chiomonte, il nostro compagno Luca Abbà, per sfuggire all’inseguimento dei poliziotti, si era arrampicato su un traliccio e, colpito da una forte scarica elettrica, era precipitato a terra. Mentre giaceva inerte, senza soccorsi, ai piedi del traliccio, circondato dalla polizia che ci impedì di avvicinarci, intorno a Luca continuava il lavoro delle ruspe guidate da automi indifferenti. Trasportato in ospedale, le sue condizioni si rivelarono da subito gravissime e per giorni rimase tra la vita e la morte. La reazione della Valle fu pronta e durissima: venne immediatamente occupata l’autostrada del Frejus e il blocco si allargò alle statali. C’eravamo proprio tutti, dagli anziani ai giovanissimi, comprese persone che, pur simpatizzando, non avevano mai partecipato attivamente. Azioni di protesta solidale partirono anche fuori valle. Solo dopo due giorni e con l’impiego di un migliaio di agenti in assetto antisommossa armati di ruspe, idranti e lacrimogeni riuscirono a fiaccare la resistenza popolare e a sgombrare l’autostrada. La mattanza proseguì fino a notte, fin dentro l’abitato di Bussoleno con una vera e propria caccia all’uomo: manganellati uomini e donne inermi; spaccati i vetri delle auto che le “forze dell’ordine” trovavano sul loro percorso; fatta irruzione in un bar dopo averne forzato le porte, alla ricerca di presunti manifestanti. Il giorno dopo leggemmo sui giornali gli sperticati elogi tributati da parte del governo Monti e di tutto l’arco parlamentare alle forze dell’ordine. La nostra risposta fu la protesta al casello autostradale di Avigliana: srotolato uno striscione che inalberava la scritta “Oggi paga Monti”, alzammo le sbarre del casello di una delle autostrade più inutili e costose d’Italia, facendo passare gratis i passeggeri che prendevano di buon grado i volantini e solidarizzavano con le nostre ragioni. La protesta durò non più di venti minuti, ma ci fruttò una condanna complessiva di dodici anni di carcere. Non era una novità: tutta la storia della nostra lotta si svolge sul filo della repressione e dell’applicazione del diritto penale del nemico, metodo che però non è mai riuscito a fermarne le ragioni e le pratiche. Si potrebbe dire che, per governi, questure e tribunali, fin dagli anni novanta questo nostro territorio resistente è diventato un laboratorio. La repressione si è alzata contro di noi nel momento in cui il potere si è reso conto che il nostro non era solo un movimento d’opinione, ma una forza popolare determinata a difendere, nella teoria e nella pratica, il diritto ad un’esistenza degna su una terra non avvelenata e devastata. I primi a farne le spese, a fine anni ‘90, furono tre ragazzi anarchici, Sole, Baleno e Silvano, incarcerati con l’accusa di associazione sovversiva. In seguito all’arrivo della prima trivella, si erano verificati nella zona alcuni misteriosi attentati ad un paio di centraline, fatti che poi al processo si rivelarono opera dei servizi segreti. Si arrivò così all’ assoluzione, di cui potè beneficiare solo Silvano. Sole e Baleno non furono presenti alla sentenza: il carcere li aveva suicidati. Veniamo al processo che fu anche una rivendicazione della vostra lotta davanti alle istituzioni cosiddette dello Stato. E tu, a quattro anni di distanza, useresti ancora la stessa strategia difensiva? Certamente. Fu la rivendicazione del diritto a resistere per esistere e, insieme, un modo per far conoscere alle persone dove stavano i poteri devastanti e dove stava la giusta ribellione. Proprio nelle aule di tribunale, da quelle sentenze preconfezionate avemmo la prova che il fascismo non era finito e ci sentimmo eredi di quelle lotte partigiane, operaie, contadine represse ma non vinte, se ancora in noi viveva l’esigenza del riscatto. Che la nostra lotta fosse figlia dell’antica Resistenza, ce l’aveva confermato la presenza al nostro fianco dei vecchi partigiani. Nel 2005 avevano portato a Venaus le loro bandiere; erano con noi alla Libera repubblica della Maddalena nel 2011; furono dalla nostra parte quando l’Anpi nazionale, inquinata dai rottamatori piddini, mise sotto inchiesta le nostre Anpi locali. Passiamo alla tua scelta. Arriva questa condanna insieme ad altri undici compagni. A 72 anni potresti benissimo chiedere di accedere alle pene alternative ma decidi di rinunciare e di andare in carcere. Che scelta è stata dal punto di vista politico e dal punto di vista personale? E’ stata una scelta ponderata, comunicata anticipatamente al movimento e rispettata da tutti, anche da chi esprimeva preoccupazione per la mia età e le mie precarie condizioni di salute. L’ho fatto per rabbia e per amore, per far capire alle persone le ragioni della nostra lotta, e perché indisponibile a far la carceriera di me stessa, a chiedere sconti ad un sistema che abolisce di fatto lo stato di diritto. L’ho fatto perché, a differenza dei miei coimputati, tutti giovani e precari, sono un’anziana pensionata, con tanto passato e poco futuro sul quale l’arroganza del potere possa vendicarsi. l’ho fatto anche per lanciare un segnale d’allarme, denunciare la china pericolosa imboccata da una “sinistra” transgenica, dimentica delle proprie origini e ormai in corsa sulle orme del Mercato e del profitto. Se attualmente abbiamo i fascisti al governo non è una fatalità: più che merito delle destre è demerito di una sinistra che non è più tale, che ha tradito le proprie origini, dimenticando le istanze di giustizia sociale e di liberazione da cui è nata. Forse si rischia il qualunquismo, però mi viene un paragone: tu che ti sei fatta un anno di carcere mentre tanti potenti condannati invece non ci sono neanche entrati. Ora questi “due pesi e due misure” c’è una pratica italiana di garantismo per i potenti e di giustizialismo contro i deboli? Per me l’esperienza del carcere è stata illuminante. Tra quelle mura, dietro quelle sbarre, in quelle celle sovraffollate e fatiscenti si sperimenta all’ennesima potenza che cosa sia l’ingiustizia sociale. Io, in fondo, ero una privilegiata: pur essendo in detenzione di media sorveglianza, quindi più controllata e soggetta a divieti, avevo dietro di me tutto un Movimento che mi amava e non mi faceva sentire a sola. Invece, intorno a me ho trovato solo povertà e solitudine: il carcere rappresenta davvero l’armadio dove il sistema nasconde gli scheletri delle proprie ingiustizie, le vittime dei propri delitti. Non ho incontrato ricchi o potenti, tra quelle mura. Le mie compagne erano tutte povere, molte malate o tossicodipendenti. Vi ho trovato persone che venivano da tutte le parti del mondo, donne represse, donne maltrattate. Tante le migranti finite nel racket dello spaccio o della prostituzione. E c’erano le rom, arrestate per piccoli furti nei supermarket aggravati in tentata rapina perché, intercettate, avevano reagito cercando di fuggire. Alcune scontavano condanne per tentato omicidio perché, stanche di subire, si erano difese contro mariti che per anni le avevano sfruttate e massacrate di botte. Provare il carcere significa sperimentarne la brutalità, l’inutilità sul piano del recupero sociale, la sua vera natura repressiva e vendicativa. La parte migliore e più umana di quel non-luogo erano proprio loro, le mie compagne di detenzione: è la solidarietà concreta tra oppressi che permette di resistere alle prepotenze delle guardie, di potersi nutrire a sufficienza integrando col sopravvitto a pagamento la sbobba scarsa e spesso immangiabile; e la parola amica di chi ti sta accanto è l’antidoto ai momenti bui, alla tentazione del cappio alle sbarre. Dal carcere si esce più poveri, arrabbiati e senza speranze. E all’uscita si ritrovano la stessa povertà, una precarietà aggravata dall’essere pregiudicati, spesso gli stessi inferni famigliari. Per questo spesso in carcere si ritorna….Il carcere va abolito: l’alternativa al carcere esiste ed è la giustizia sociale. Il giustizialismo non fa che riprodurre e aggravare l’ingiustizia. Dicevi, anche con un certo orgoglio, che il tuo avvocato è stato tuo allievo. Come trasferire i vostri valori, la vostra lotta alle giovani generazioni? Un problema comune a tutta la sinistra e anche al giornalismo di sinistra che rappresentiamo. Purtroppo i mass media – tranne pochi giornali meno obbedienti agli ordini di scuderia, tra cui il manifesto (che mi ha fatto compagnia in carcere grazie all’abbonamento fatto da un amico per me e che io mettevo a disposizione di tutte nella minuscola biblioteca del blocco femminile) sono sempre stati contro il movimento. Quanto alle giovani generazioni, noi siamo una grande famiglia di lotta che ha delle radici molto più salde della famiglia di sangue. Te lo garantisco: noi i giovani li abbiamo, sono tantissimi e sono la nostra gioia e il nostro orgoglio, la certezza che il viaggio di liberazione non si chiude con noi. E’ la generazione dei nostri nipoti che vedevamo piccolissimi, assieme ai nostri figli, agli albori della lotta No Tav, ma anche tantissimi venuti da fuori valle, attratti da una proposta culturale e sociale concreta, pronti a salire con noi sulle barricate per difenderla. Per questo la Valle di Susa è uno dei pochi luoghi che si stanno ripopolando e ricreando una economia diretta, dal basso. Questi ragazzi arrivano, fanno rivivere le vecchie borgate di montagna, rimettono in funzione le antiche coltivazioni, recuperando gli antichi vitigni dell’Avanà, del Becuet e, insieme, una dimensione di vita e di relazioni sociali davvero a misura d’uomo e di natura. Quindi tu sei ottimista per il futuro nonostante questo mondo così ingiusto e questa lotta che va avanti da 32 anni e non vede il traguardo vicino? Esistono cose fondamentali, per la cui difesa è indispensabile il conflitto, a costo della vita stessa. Per difenderle ci siamo messi in gioco e quel conflitto lo pratichiamo, concretamente, ognuno secondo le proprie forze, con pratiche molteplici , proporzionali all’offesa. Siamo un movimento corale e tali restiamo , facendo delle diversità una risorsa, una ricchezza di esperienze e di culture, anche di possibilità fisiche e di differenze generazionali: ad esempio, nel 2012 nella nostra resistenza sull’autostrada, di cui ho già narrato, eravamo insieme, giovani e anziani, contro il nemico comune. Rifiutiamo ogni leaderismo. C’è rispetto per l’esperienza e ognuno viene valorizzato, ma senza capi né deleghe. Allo stesso modo, pur partendo dalla nostra realtà, non siamo autocentrati : crediamo alla ricomposizione delle lotte (che non significa omogeneizzazione), all’aiuto reciproco delle realtà in conflitto anticapitalista e antimperialista. Come nel caso della Gkn. In tal senso nostri presidi sono anche un crogiolo di iniziative e di scambi a livello nazionale e internazionale con le molteplici realtà in lotta per i diritti sociali, politici, ambientali. Il nemico utilizza l’arma della guerra tra poveri, cerca di porre in conflitto il bisogno di lavoro e il diritto alla salute, ad un ambiente integro. Allo slogan della lobby del tav che “il Tav porta lavoro” il movimento risponde che “C’è lavoro e lavoro”, quello che devasta e uccide e il lavoro liberato, capace di rendere migliore la vita senza devastare la terra, madre di tutti. Qualche mese fa ti sei candidata: come sei arrivata a questa decisione e cosa stai facendo ora come consigliere comunale di opposizione? Non certo per prendermi una delega, ma per fornire alle lotte ( innanzittuto alla lotta No Tav) uno strumento in più di informazione e di opposizione,…insomma una nuova barricata. Il Comune è sempre più la cenerentola delle istituzioni, esautorato di strumenti finanziari e politici, a favore delle privatizzazioni, utilizzato come servo sciocco, mero esecutore da cui i poteri istituzionali superiori pretendono obbedienza cieca, acritica collaborazione. E il sistema maggioritario, per il quale chi vince piglia tutto, ha svilito, anche per il Comune, la funzione di rappresentanza reale della popolazione, favorito la separatezza tra rappresentanti e rappresentati, facendo del voto una delega in bianco, senza la possibilità reale di controllo sugli eletti. Anche a Bussoleno c’è una tale sfiducia nelle istituzioni che più del il 50% della popolazione non è andata a votare. In questo vuoto pneumatico, dalle urne è uscita vincente la lista di destra, seguita a ruota da un lista di centrosinistra. Terzi siamo noi, col 18%: un gruppo consiliare piccolo, ma combattivo e compatto (sono l’unica eletta, ma tutti i candidati partecipano attivamente alla vita del Gruppo, anche in vista di una rotazione in Consiglio). La nostra è una lista esplicitamente No Tav, antifascista e antirazzista (insomma, quello che dovrebbe essere la sinistra ), diciamo rivoluzionari, che è la parola che mi piace di più. Quella di candidarci non è stata una scelta facile, viste le esperienze pregresse con le istituzioni, tuttavia abbiamo ritenuto importante esserci per non lasciar campo libero ai poteri forti, alle mafie che si annidano nel cuore dello stato e che fanno delle grandi male opere la fonte principale di profitto. Per la Valle questo è un momento particolarmente critico. Se il tunnel transfrontaliero è in alto mare per i ripensamenti del partner francese, il governo italiano, non potendo bucare verso la Francia, spinge a tutto vapore per dare inizio alla tratta di Valle: i cantieri avanzano verso il basso, l’ombra della devastazione si allarga su boschi e coltivi, vie di comunicazione e centri abitati. Negli ultimi mesi tra Susa e Bussoleno sono partiti i cosiddetti “sondaggi archeologici”, propedeutici ai lavori di interconnessione tra la nuova linea e la linea storica . Il movimento No Tav si è messo immediatamente in movimento con assemblee informative ed azioni dirette di disturbo. Anche noi c’eravamo, come sempre, questa volta con una possibilità in più: quella di fare da scudo istituzionale contro le violenze poliziesche. Naturalmente mancavano le altre rappresentanze consiliari. Hai qualche punto di riferimento ideale, culturale, politico che vada oltre la vostra lotta nella tua visione del mondo? Amo la storia e le esperienze dei popoli che si ribellano. Penso alle lotte di liberazione dei popoli dell’America latina, alla figura dolce e forte del Che, alla coraggiosa resistenza del popolo palestinese. Poi c’è la mia Rosa, Rosa Luxemburg che è da sempre per me fonte di ispirazione, colpo d’ala politico , poetico, sentimentale. Le sue lettere dal carcere, insieme a quelle di Gramsci, mi hanno fatto compagnia nel periodo che passai reclusa alle Vallette. Rosa contro la guerra, una rivoluzionaria inflessibile contro gli opportunisti e gli ipocriti e tenerissima nei confronti dei più deboli, fossero essi uomini o animali. Lei che seppe andare fino in fondo è non abbandonò il sogno rivoluzionario di Spartakus. Amo gli eretici di tutti i tempi. Storie che mi hanno insegnato tanto: che non bisogna mai tradire i propri sogni, le ragioni profonde che ti fanno vivere, lottare e forse anche morire…perché puoi anche perdere al momento, ma vincere nel tempo, attraverso il tempo. * Fonte/autore: Massimo Franchi, il manifesto

L'articolo Movimenti. Nicoletta Dosio: «Il TAV non passerà, noi saremo sempre qui» sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2023/08/movimenti-nicoletta-dosio-il-tav-non-passera-noi-saremo-sempre-qui/feed/ 0
Torino: bocciata la richiesta di censura per Dana della direttrice del carcere https://www.micciacorta.it/2021/02/torino-bocciata-la-richiesta-di-censura-per-dana-della-direttrice-del-carcere/ https://www.micciacorta.it/2021/02/torino-bocciata-la-richiesta-di-censura-per-dana-della-direttrice-del-carcere/#respond Sat, 13 Feb 2021 08:34:13 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=26323 La richiesta della direttrice della casa circondariale, Rosaria Marino, è stata rigettata per mancanza di fatti aderenti

L'articolo Torino: bocciata la richiesta di censura per Dana della direttrice del carcere sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>

Censura della posta per evitare una possibile propaganda all’interno del carcere. È successo a Dana Lauriola, attivista No Tav attualmente detenuta alle Vallette di Torino. «Un grave tentativo punitivo», denuncia il movimento valsusino, fortunatamente, poi, scongiurato dal magistrato di sorveglianza che ha rigettato, per mancanza di fatti aderenti, la richiesta della direttrice della casa circondariale, Rosaria Marino. Come ha raccontato la stessa Dana, in una precisa lettera inviata al movimento, la direttrice aveva, infatti, chiesto «l’emissione di un provvedimento restrittivo, tipico dell’alta sorveglianza (articolo 18 ter ordinamento penitenziario), ossia la richiesta di controllo (e selezione) della mia corrispondenza epistolare e telegrafica, la cosiddetta censura». Tutto è successo a margine dello sciopero della fame di Dana e di altre tre detenute, a fine gennaio, per chiedere, il ripristino delle ore di colloquio, anche in videochiamata, ingiustamente dimezzate e l’inserimento dei detenuti nella campagna vaccinale Covid, da cui erano esclusi. Protesta che non è stata vana, «anzi i risultati si sono dimostrati da subito concreti e tutte noi stiamo finalmente godendo dei nostri pieni diritti per quanto riguarda i contatti con i nostri familiari», racconta la No Tav. Ma, forse, ha toccato alcuni nervi scoperti. «Si è trattato di un vano ma preoccupante tentativo – sostiene l’avvocata Valentina Colletta, uno dei due difensori di Lauriola – di comprimere diritti costituzionalmente garantiti in capo a soggetti già ampiamente deprivati, ma ai quali non può né deve essere negato anche il diritto alla libera manifestazione del pensiero e ad una quantomeno minima agibilità politica». «Mi chiedo se sia finita qui oppure siano vere le voci che circolano circa un mio futuro trasferimento» si chiede, infine, nella lettera Dana Lauriola, che deve scontare una pena di due anni di detenzione per un episodio avvenuto nel 2012 durante un’azione dimostrativa pacifica sulla A32, quando al megafono spiegava le ragioni della manifestazione. Una condanna sproporzionata come sottolineato da Amnesty International. Sulla tentata censura delle lettere dell’attivista No Tav è intervenuto Marco Grimaldi, capogruppo di Liberi Verdi e Uguali in consiglio regionale: «Riteniamo quella richiesta un atto gravissimo. Negare un diritto fondamentale di una donna è molto grave, farlo in assenza di fatti aderenti, come ha stabilito il giudice, è viltà». * Fonte: Mauro Ravarino, il manifesto

L'articolo Torino: bocciata la richiesta di censura per Dana della direttrice del carcere sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2021/02/torino-bocciata-la-richiesta-di-censura-per-dana-della-direttrice-del-carcere/feed/ 0
No Tav. Oggi corteo a Torino, per Nicoletta Dosio e gli altri arrestati https://www.micciacorta.it/2020/01/no-tav-oggi-corteo-a-torino-per-nicoletta-dosio-e-gli-altri-arrestati/ https://www.micciacorta.it/2020/01/no-tav-oggi-corteo-a-torino-per-nicoletta-dosio-e-gli-altri-arrestati/#respond Sat, 11 Jan 2020 07:48:01 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=25921 Come era prevedibile la carcerazione di Nicoletta Dosio esce dalla cronaca ed entra in una dimensione politica dalle conseguenze imprevedibili

L'articolo No Tav. Oggi corteo a Torino, per Nicoletta Dosio e gli altri arrestati sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>

«Fuori mi aspettano in molti e sento il loro affetto: la mia famiglia, i compagni, gli amici. Ma qui dentro ci sono esseri umani, tanti, che fuori non hanno nessuno e questo mi dà il tormento più della mia detenzione»: queste le parole che Nicoletta Dosio ha affidato ieri al senatore Tommaso Cerno, Pd, primo parlamentare che si è recato presso il carcere torinese Lorusso Cutugno dove da undici giorni è detenuta l’ex docente di greco e latino. Parole che raccontano l’essenza di questa donna di 73 anni. «Nicoletta Dosio – ha detto Cerno uscendo dal penitenziario – è una donna energica, profondamente umana, che ha deciso di spendersi anche dentro il carcere in favore degli ultimi e delle ultime di questo mondo. Io, per quanto mi riguarda, mi farò portavoce della richiesta di amnistia per i No Tav perché le inchieste e i processi sono stati usati per reprimere un dissenso legittimo. Penso che sia il minimo, visto che hanno ragione». Come era prevedibile la carcerazione di Nicoletta Dosio esce dalla cronaca ed entra in una dimensione politica dalle conseguenze imprevedibili. Intorno a lei, come agli altri incarcerati del Movimento No Tav, si stringe un mondo di solidarietà e affetto; oggi è il giorno della manifestazione No Tav a Torino, idea nata dopo che Dosio è finita dietro le sbarre volontariamente, per riportare al centro del dibattito politico l’infinita vicenda della Torino-Lione, derubricata a «capitolo chiuso» dal governo precedente e da quello attuale. Ma la val Susa non è d’accordo, anche perché in Francia aumentano i pareri contrari ed è polemica su un presunto conflitto di interessi della ministra Borne. Il corteo partirà da piazza Statuto alle 14 e si annuncia come uno dei più partecipati di sempre: sono attesi decine di autobus in arrivo da tutta Italia. Manifestazione che si annuncia pacifica, come sono sempre stati i cortei che da quasi venti anni attraversano Torino per dire «no» al tunnel di base della Torino-Lione. Il primo fu nel 2001, al tempo della conferenza intergovernativa italo francese, una delle molte che hanno ribadito l’assoluta irrinunciabilità dell’opera, che però mai si è concretizzata. Venti anni fa marciarono in duecento: oggi saranno almeno 30mila. Il Procuratore generale Francesco Saluzzo ha decretato una sorta di coprifuoco sul Tribunale di Torino: resterà chiuso e presidiato dalle forze dell’ordine, anche se non si trova lungo il percorso del corteo ed è lontano oltre un chilometro dal punto di partenza. Intanto le manifestazioni di solidarietà ai No Tav incarcerati si ripetono da dieci giorni in tutta Italia e non solo. Sulla pagina social di Nicoletta Dosio sono pubblicate quotidianamente le foto di manifestazioni piccole e grandi: sono nati gruppi di solidarietà a San Francisco, Gaza, Buenos Aires, nonché in una miriade di comuni italiani. Ieri la Rete No Tav Roma ha manifestato con un blitz davanti al ministero della Giustizia aprendo uno striscione con scritto «Nicoletta libera tutti», distribuendo volantini e parlando con i passanti. «Siamo davanti a questo ministero che dovrebbe garantire la giustizia nel nostro paese e invece garantisce il privilegio di pochi e la repressione per chi resiste ai soprusi. Chiediamo libertà immediata per tutti gli arrestati nella lotta popolare contro il raddoppio della Torino-Lione» hanno dichiarato alcuni di loro. * Fonte: Maurizio Pagliassotti, il manifesto

L'articolo No Tav. Oggi corteo a Torino, per Nicoletta Dosio e gli altri arrestati sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2020/01/no-tav-oggi-corteo-a-torino-per-nicoletta-dosio-e-gli-altri-arrestati/feed/ 0
NoTav, Nicoletta Dosio arrestata: «Continuo la lotta» https://www.micciacorta.it/2019/12/notav-nicoletta-dosio-arrestata-continuo-la-lotta/ https://www.micciacorta.it/2019/12/notav-nicoletta-dosio-arrestata-continuo-la-lotta/#respond Tue, 31 Dec 2019 08:54:24 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=25890 Una valle in tumulto per lei, che invece sorrideva serena: Nicoletta Dosio, chiusa dentro l’auto dei carabinieri che la portava via, salutava con un bel sorriso e il pugno chiuso

L'articolo NoTav, Nicoletta Dosio arrestata: «Continuo la lotta» sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>

TORINO. Una valle in tumulto per lei, che invece sorrideva serena: Nicoletta Dosio, già docente di greco e latino e fondatrice del Liceo Norberto Rosa di Bussoleno, chiusa dentro l’auto delle forze dell’ordine che se la portava via, salutava con un bel sorriso e il pugno chiuso. La mano di una donna anziana ma non stanca che sventola, sempre chiusa dentro un’automobile e seduta di fianco a un carabiniere, un fazzoletto No Tav, mentre intorno a lei decine di persone accorse da tutta la val Susa bloccavano per oltre un’ora chi aveva il compito di portarla via dalla sua terra: direzione carcere. Urla della folla – «vergogna», «fascisti», «andate a prendere i ladri invece di venire qui da una settantenne» – si alzavano nella notte ghiacciata di Bussoleno, davanti alla casa dove Nicoletta e il marito Silvano nei decenni hanno accolto ogni debolezza tirasse la cordicella del vecchio campanaccio. Perseguitati dalla legalità, perseguitati politici, migranti in fuga, migranti con piedi bruciati dal gelo accuditi per mesi come figli, partigiani curdi, persone allo sbando. E in più offrivano un letto caldo: tutti questi e infiniti altri. Non solo, perché anche animali abbandonati hanno colonizzato la vecchia casa sormontata da due enormi cedri: cani, gatti, asini, oche, pecore, capre, caproni. A causa della sua esposizione a volte glieli ammazzavano, quegli animali: lei soffriva, molto, e poi ne prendeva altri. Condannata con altri diciannove militanti No Tav in un recente processo, aveva rifiutato la concessione delle pene alternative al carcere. Una scelta consapevole del destino che le sarebbe toccato. «Non sarò la carceriera di me stessa a casa mia», diceva. E aggiungeva: «Veniamo tutti condannati per cosa? Per un vicenda dove lo Stato italiano ha messo nero su bianco, numeri alla mano, che abbiamo ragione noi». Si riferiva alla valutazione costi benefici partorita dal precedente governo. Valutazione che per lei altro non era che una prova accessoria, nemmeno dirimente, perché la sua contrarietà alla Torino – Lione fonda su principi non meramente econometrici ma umani: «Come è possibile annientare così una popolazione, che per giunta persegue un bene comune?», domandava. «Andrò in carcere – diceva solo pochi giorni fa – dove troverò altri oppressi, altri ultimi, con cui solidarizzare e creare una nuova famiglia. Andrò in carcere perché di Tav non si parla più. Lo si considera un capitolo chiuso: e quindi con il mio corpo dietro le sbarre voglio riaprire questa storia indecente». L’avvocata che la segue, Valentina Colletta ieri sera dichiarava: «Nicoletta era molto decisa, ma il mondo intorno a lei no.Una situazione grave con responsabilità che ricadono non solo su coloro che hanno deciso di portarla via questa sera, ma sopratutto su chi l’ha condannata». Presidi e manifestazioni sono previste nei prossimi giorni a Torino e in Italia. * Fonte: Maurizio Pagliassotti, il manifesto

L'articolo NoTav, Nicoletta Dosio arrestata: «Continuo la lotta» sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2019/12/notav-nicoletta-dosio-arrestata-continuo-la-lotta/feed/ 0
Oggi in Val Susa, come da 14 anni No Tav https://www.micciacorta.it/2019/12/oggi-in-val-susa-come-da-14-anni-no-tav/ https://www.micciacorta.it/2019/12/oggi-in-val-susa-come-da-14-anni-no-tav/#respond Sun, 08 Dec 2019 18:22:27 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=25826 Alla manifestazione ha annunciato la sua adesione Legambiente “per ribadire il proprio no alla linea ad alta velocità Torino Lione, una grande opera inutile, costosa e che rischia di produrre danni irreversibili”

L'articolo Oggi in Val Susa, come da 14 anni No Tav sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>

Sono passati quattordici anni dall’otto dicembre 2005, data spartiacque nella storia della Torino – Lione, quando un massiccio corteo composto da decine di migliaia di persone in arrivo da tutta Italia, riuscì a riconquistare i terreni occupati dalle forze dell’ordine pochi giorni prima, e solo grazie ad un violento intervento notturno che riuscì a sgomberare i presidianti del Movimento No Tav. L’Italia prese quel giorno coscienza che la vicenda dell’alta velocità in val Susa aveva dimensioni nazionali e non poteva essere trattata con il pugno di ferro della repressione, pena una reazione imprevedibile da parte di una comunità di cui al tempo si ignoravano le dimensioni. Da allora ogni anno, ogni otto dicembre, si è tenuta una marcia che mescola l’orgoglio e il ricordo, rito che celebra un mito fondativo: oggi a Susa per la quattordicesima volta migliaia di persone cammineranno come allora da Susa a Venaus. I cantieri del Tav sono fermi, la polemica politica è spenta, in val Susa la realizzazione del tunnel di base è incagliata su un piccolo granello che rischia di bloccare la mega macchina: il problema della montagna di roccia di scarto, contenente amianto e chissà cos’altro, mai bonificata, rimane intatto. E senza la bonifica di quel sito, niente Tav. Una mina che potrebbe bloccare o ulteriormente rallentare il già lentissimo percorso, ormai quasi trentennale, di sviluppo della Torino – Lione. Presa coscienza che il M5s è ormai dall’altra parte – “Sulla Tav i giochi sono fatti è una partita chiusa”, queste le ultime dichiarazioni della sindaca di Torino, Chiara Appendino – il Movimento No Tav ritorna in strada perché “oggi, contrastare queste opere inutili e devastanti significa difendere un pianeta a rischio sopravvivenza. I cambiamenti climatici stanno condannando l’uomo e la natura all’estinzione a causa di uno sfruttamento delle risorse di un sistema fuori controllo. Tutto ciò non è più sostenibile e dobbiamo agire ora”. In marcia contro le grandi opere che depredano i territori, ma anche per denunciare la pioggia di condanne che si è abbattuta sul mondo Notav: “Continuiamo a subire un feroce attacco da quei poteri che in nome della legalità realizzano ingiustizia e sopraffazione dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sulla natura. A breve infatti per 20 attivisti No Tav si apriranno le porte del carcere, a seguito di assurde condanne punitive, con l’obiettivo di intimidire una lotta che si appresta a contrastare l’inizio dei lavori per il tunnel di base”. Alla manifestazione ha annunciato la sua adesione Legambiente “per ribadire il proprio no alla linea ad alta velocità Torino Lione, una grande opera inutile, costosa e che rischia di produrre danni irreversibili all’ambiente”. In una dichiarazione congiunta, il presidente nazionale del Cigno Verde, Stefano Ciafani,e Giorgio Prino, neo-presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, evidenziano che “le ferite dei nostri territori ci dimostrano ancora una volta che la crisi climatica impone dei cambiamenti urgenti nelle priorità non solo dell’agenda politica internazionale, e la Conferenza sul clima in corso a Madrid è un importante banco di prova su questi temi, ma anche di quella nazionale e locale. Le opere che davvero servono all’Italia e al Piemonte sono altre, non certamente il Tav la cui utilità, dopo decenni di discussione, resta ancora tutta da dimostrare”. Presente anche l’Unione Montana Valsusa, ovvero l’assemblea dei sindaci della valle. La Fiom Cgil, marcerà come ogni anno: “Come da sempre sosteniamo si tratta di un’opera che si rivelerà inutile e superata, che drena e drenerà enormi risorse pubbliche. Quelle risorse che andrebbero investite nella creazione di lavoro con un grande piano di modernizzazione e manutenzione delle reti di trasporto pubblico e di salvaguardia del territorio, che proprio in queste settimane ha dato ulteriore dimostrazione di un esteso dissesto idrogeologico”. * Fonte: Maurizio Pagliassotti, il manifesto

L'articolo Oggi in Val Susa, come da 14 anni No Tav sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2019/12/oggi-in-val-susa-come-da-14-anni-no-tav/feed/ 0
Nicoletta Dosio: «Andrò in carcere, l’ingiustizia perseguita chi lotta» https://www.micciacorta.it/2019/11/nicoletta-dosio-andro-in-carcere-lingiustizia-perseguita-chi-lotta/ https://www.micciacorta.it/2019/11/nicoletta-dosio-andro-in-carcere-lingiustizia-perseguita-chi-lotta/#respond Fri, 08 Nov 2019 09:28:03 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=25752 Intervista. Settantatré anni, già docente di greco e latino, tra le fondatrici del movimento No Tav, sconterà la condanna per aver partecipato a una manifestazione nel 2012

L'articolo Nicoletta Dosio: «Andrò in carcere, l’ingiustizia perseguita chi lotta» sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>

TORINO. Dodici condanne per interruzione di pubblico servizio e violenza privata. Questa la sentenza emessa dal Tribunale di Torino poche settimane fa, inerenti uno dei molti conflitti che hanno visto protagonista il movimento No Tav.  Condanne senza condizionale per sei persone, un aggravamento insolito per un reato di lieve entità. Nella primavera del 2012, un’operazione di polizia portò allo sgombero della baita adiacente al cantiere della val Clarea: vi fu il ferimento grave dell’attivista NoTav Luca Abbà, rimasto folgorato su un traliccio dell’alta tensione. Mentre Abbà lottava tra la vita e la morte il movimento No Tav si riversava per due giorni lungo l’autostrada della val Susa; dapprima a Chianocco presso un svincolo strategico – da cui furono sgomberati con una violenta operazione notturna – e dopo presso il casello di Avigliana. Quaranta minuti in autostrada sotto l’occhio dei poliziotti che controllavano da vicino la manifestazione che ebbe anche un volantinaggio. I manifestanti alzarono la sbarra del casello per diversi minuti. Tra i condannati per quell’episodio c’è Nicoletta Dosio, settant’anni passati, già docente di greco e latino presso il liceo Norberto Rosa di Susa, tra le fondatrici del movimento No Tav. Dosio, lei andrà in carcere. È intimorita da questa prospettiva? No, non lo sono. Ci sono dei passaggi che devono essere affrontati quando si porta avanti con coerenza una lotta come quella contro il Tav. Una lotta in cui noi abbiamo ragione, come per altro messo nero su bianco, numeri alla mano, perfino dallo stesso Stato solo pochi mesi fa. Il nodo morale delle minoranze che hanno ragione ma a cui viene imposta una realtà assurda rimane, intatto. Ha la possibilità di chiedere pene alternative: lo farà? Non lo farò e qualcuno, un giorno, verrà a prendermi per portarmi in carcere. Sono pronta, ci penso da molto tempo, è un prospettiva che nel tempo è entrata a far parte della mia vita. Perché fa questo? Lei ha settantatré anni. Voglio cercare di mettere il dito nella piaga, e ancora una volta dare visibilità a questa ingiustizia che perseguita chi lotta per il diritto di tutti. Inutile fare i neo ambientalisti che accolgono le richieste dei giovani quando si devono recuperare voti e poi, nella realtà, giustificare e avallare una devastazione perfino priva di senso economico. Questo mio gesto è contro i sepolcri imbiancati: per mettere in luce questo e riportare l’attenzione pubblica, che mi pare si stia adattando, agli orrori nei confronti di chi lotta, io andrò in carcere. Il dovere che io sento è di non genuflettermi: di non chiedere sconti o scuse. Per dignità e libertà. Sono convinta che quel mondo buono che ancora esiste intorno a me lo troverò anche in carcere, dove incontrerò gli ultimi degli ultimi. Farò esperienze che mi serviranno, sebbene io sia una donna anziana. Chi la sostiene in questo momento? Percepisco sulla mia pelle un grande calore e una grande vicinanza. Che poi è la stessa che provano i numerosi condannati di questa triste storia. Grande solidarietà e partecipazione di chi lotta da trenta anni e non si arrende. Uguaglianza, libertà, solidarietà. Il movimento No Tav non solo non è morto ma reagisce a una serie di provvedimenti restrittivi che stanno arrivando a diluvio sulla valle di Susa, sopratutto verso la parte attiva. Segno che si va verso un veloce allargamento dei cantieri. Solo ieri, altre due condanne. So di avere con me il sostegno delle mie sorelle e dei miei fratelli di una lotta bella e irriducibile, perché porta nelle sue mani la memoria del passato, l’indignazione per la precarietà presente, la necessità di un futuro più giusto e vivibile per tutti. Se andrò in carcere, non me ne pentirò, perché, come scrisse Rosa Luxemburg, dalla cella dove scontava la sua ferma opposizione alla guerra, « mi sento a casa mia in tutto il mondo, ovunque ci siano nubi, e uccelli, e lacrime umane». * Fonte: Maurizio Pagliassotti, il manifesto

L'articolo Nicoletta Dosio: «Andrò in carcere, l’ingiustizia perseguita chi lotta» sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2019/11/nicoletta-dosio-andro-in-carcere-lingiustizia-perseguita-chi-lotta/feed/ 0
Movimento NoTav, una marcia orgogliosa senza più sponde politiche https://www.micciacorta.it/2019/07/movimento-notav-una-marcia-orgogliosa-senza-piu-sponde-politiche/ https://www.micciacorta.it/2019/07/movimento-notav-una-marcia-orgogliosa-senza-piu-sponde-politiche/#respond Sun, 28 Jul 2019 07:38:52 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=25580 Il corteo dal «Festival dell’alta felicità» di Venaus al cantiere contestato di Chiomonte. I grillini sono i grandi assenti. Rispetto al passato, quando in Val Susa arrivavano da tutta Italia, ieri non c’era nessun parlamentare

L'articolo Movimento NoTav, una marcia orgogliosa senza più sponde politiche sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>

Una nube di gas lacrimogeno ha posto fine alla manifestazione Notav nei boschi della val Clarea. Finale ampiamente previsto, che soddisfa i manifestanti, che volevano raggiungere il cantiere diventato nel corso degli anni sempre più grande e invasivo. DOPO UN’ORA DI ASSEDIO alla prima delle recinzioni esterne del cantiere di Chiomonte i gas invadono il fitto bosco perché sparati in ogni direzione al fine di disperdere la folla che si era avvicinata alle recinzioni: chi è sprovvisto di maschere anti gas, quasi tutti, subisce gli effetti dei fumi e indietreggia velocemente. Circa cinquemila manifestanti avevano in precedenza sfondato una barriera d’acciaio piantata in mezzo ad un sentiero largo un metro e mezzo, nel nulla: dopo un primo lancio di lacrimogeni i poliziotti posti a difesa della surreale cancellata nei boschi – distante un chilometro dal cantiere – abbandonano il terreno di scontro, lasciando campo libero ai carpentieri Notav, che a colpi di flessibile aprono un varco attraverso il quale passano i manifestanti. LA CANCELLATA VIENE successivamente smontata e privata del filo spinato. Giunti alla fortezza entro la quale è stato scavato il tunnel geognostico, i manifestanti si dividono in due parti e tentano un doppio assalto: vengono gettati sassi e tre petardi che provocano violenti boati che rimbombano nei boschi. Alle otto di sera il movimento Notav ripiega e torna verso Giaglione, e poi ancora a Venaus dove si sta svolgendo il Festival dell’Alta Felicità. Visibilmente soddisfatto per il livello di conflittualità espresso, che metteva d’accordo i duri dei centri sociali giunti in gran numero e la componente popolare che non avrebbe accettato una degenerazione. Termina all’imbrunire una giornata di lotta molto diversa da quelle campali del 2011 – anno della massima conflittualità – quando venne sgomberata la cosiddetta «repubblica della Maddalena»: ieri meno partecipanti, ma molto più giovani. IL CORTEO, QUINDICIMILA persone all’inizio della marcia, muove i primi passi verso le due del pomeriggio e dopo circa due ore di cammino nella morsa dell’afa, prima lungo la statale e poi nei sentieri che attraversano una valle coperta di castagni secolari, raggiungeva il suo obiettivo. Lunghe file di automobili creano, ferme in attesa del passaggio del corteo: una accanito servizio di «propaganda» parla a tutti coloro che subiscono l’attesa, spiegando i motivi della manifestazione. GIUNTI A GIAGLIONE la quasi totalità dei partecipanti che prendono le vie sterrate nel bosco sono giovani e giovanissimi, giunti in valle per partecipare al festival. Pochi minuti prima della partenza un nubifragio si scatena in val Susa, abbattendosi anche sul campeggio adiacente alla grande arena del Festival e per alcuni minuti si teme che il corteo non riuscirà a partire, data la violenza della tempesta d’acqua: ma dopo alcuni minuti di furore meteorologico il cielo si rasserena e il corteo parte ordinato. IL MONDO NOTAV cammina così per l’ennesima volta lungo percorsi disseminati di vigne che odorano di verde rame, con i versanti ancora coperti di antichi terrazzamenti abbandonati che raccontano un lontano passato contadino. Nel 2007 si decise, dopo i violentissimi scontri di Venaus del 2005, di posizionare il cantiere della galleria gegnostica in una valle laterale della val Susa, giudicata imprendibile a causa della dura opposizione popolare. LA «ZONA ROSSA» che circonda il cantiere negli anni si è espansa ed è stata punteggiata da cancelli e sbarramenti, uno dei quali ieri è stato abbattuto e poi superato dai manifestanti. In mattinata i capi del movimento Notav avevano invitato a non lanciare sassi o altro contro le forze dell’ordine: richiesta che da alcuni viene disattesa, come era del resto prevedibile. Il lungo serpentone voleva raggiungere il cantiere e qui inscenare quella che viene chiamata «battitura», ovvero colpire ripetutamente e per minuti i cancelli con dei sassi. Rituale che veniva attuato negli anni passati e che viene ripetuto con successo. IL GRANDE ENIGMA sulla presenza di rappresentanti del mondo cinque stelle non riscuote particolare successo tra i manifestanti, disinteressati alle capriole del partito di Beppe Grillo. Parlamentari grillini non vengono avvistati, mentre si presenta una solitaria consigliera comunale di Torino, Viviana Ferrero. La quale non si avventura verso i boschi della val Clarea e il cantiere, rimane presso l’arena del Festival. Negli anni passati la presenza del M5s fu massiccia, con deputati a profusione in arrivo da tutta Italia. LA DECISIONE DEL GOVERNO gialloverde, e in particolare della sua componente cinque stelle, ha quindi portato energia a un movimento che non esprime una forza così da lungo tempo, diviso proprio dalle sensibilità politiche. Nilo Durbiano, ex sindaco di Venaus, commenta: «Il movimento Notav aveva promesso che avrebbe raggiunto il cantiere e lo ha fatto: ma il punto non è questo. Il punto è che siamo di fronte a un mondo a cui è stato detto, numeri alla mano, che ha ragione ma deve subire un’ingiustizia. Nel governo si sono piegati a delle logiche di potere, e questo genera situazioni come quella di oggi». È ORMAI SERA. I manifestanti, terminata la lunga marcia, tornano al campeggio dove assistono ad un concerto e alla festa finale del «Festival dell’Alta Felicità». * Fonte: Marco Boccitto, IL MANIFESTO   Foto: notav.info

L'articolo Movimento NoTav, una marcia orgogliosa senza più sponde politiche sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2019/07/movimento-notav-una-marcia-orgogliosa-senza-piu-sponde-politiche/feed/ 0
Oggi la marcia Notav, determinata e «serenamente incazzata» https://www.micciacorta.it/2019/07/oggi-la-marcia-notav-determinata-e-serenamente-incazzata/ https://www.micciacorta.it/2019/07/oggi-la-marcia-notav-determinata-e-serenamente-incazzata/#respond Sat, 27 Jul 2019 07:31:31 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=25577 500 agenti sul posto, incerta la presenza dei 5 stelle. In attesa della manifestazione di oggi dopo la batosta del Sì al treno, la festa dell’Alta Felicità continua in un clima tranquillo, tra musica e dibattiti

L'articolo Oggi la marcia Notav, determinata e «serenamente incazzata» sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>

Di Maio: «Una mozione in parlamento ma siamo il 33%, quello che potremo fare lo faremo» Val di Susa (Torino). Come nel terribile periodo degli scontri più duri, quindi almeno fino al 2013, le varie vie di comunicazione che percorrono la val Susa – due statali, un’autostrada, una ferrovia internazionale – sono disseminate di posti di blocco. Un segnale chiaro se si volge lo sguardo al passato. Ma la “Borgata 8 dicembre” di Venaus che ospita il Festival dell’Alta Felicità giunto alla sua terza edizione, continua ad essere una bolla di serenità accerchiata da venti di tempesta. IL VICEPREMIER E MINISTRO dell’interno Matteo Salvini ieri ha ripetuto il suo mantra: «Siamo in democrazia, ognuno è libero di dire quello che vuole, se ci fosse un solo episodio di violenza non resterà impunito». Dopo il volto feroce, come da tecnica collaudata, la componente paterno-patriarcale: «Sono in contatto costante con il prefetto di Torino, spero che ci sia tanta gente, mamme, papà, bambini a volto scoperto e disarmati. L’importante è manifestare le proprie idee cantando, fischiando e ballando, ma a volto scoperto e a mani nude. Ci saranno almeno 500 agenti sul posto, conto che tutti usino la testa – ha aggiunto -. Se qualcuno cominciasse a fare casino, ad attaccare, bruciare, minacciare e insultare, nessuno resterà a guardare. Spero che sia una bella, pacifica e affollata manifestazione, ma non sarà tollerato alcun episodio di violenza». UN EVENTUALE PUGNO DI FERRO del ministro sui manifestanti potrebbe avere pesanti ripercussioni sul governo data la presenza di centinaia di attivisti, ed eletti, pentastellati in arrivo da tutta Italia. LA MARCIA SI ANNUNCIA pacifica, ma il movimento Notav vorrebbe avvicinarsi al recinto esterno del cantiere. Un luogo sperduto in una valle laterale e selvaggia della val Susa, la val Clarea, che necessita di almeno un’ora di marcia per essere raggiunto. Per arrivare – è prevista pioggia a secchiate – i manifestanti dovranno superare alcuni sbarramenti che sono presenti lungo i sentieri, distanti chilometri dal cantiere. Non una novità: negli anni passati le reti che venivano poste lungo questi sentieri impervi erano aggirate senza che le forze dell’ordine intervenissero. A volte sono state tagliate, altre abbattute. Se la marcia sarà pacifica o meno dipende da cosa accadrà presso questi “blocchi” sperduti nei boschi. I MANIFESTANTI, per voce dei loro capi, hanno abbassato i toni. Alberto Perino ha parlato ieri di «passeggiata pacifica», altri si sono dati lo scopo di «far vedere la devastazione del cantiere». «Siamo serenamente incazzati – dice Nicoletta Dosio, una delle fondatrici del movimento Notav – perché la festa è bella e partecipata, molto serena. Ma parallelamente permane la rabbia per quanto accaduto in questi giorni, fine indecorosa di una presa in giro a cui molti hanno creduto. Le nostre ragioni restano inascoltate, prevale la forza bruta di un ministro che minaccia un Festival: cose mai viste se non in tempi che consideravamo finiti. E invece non lo sono». FUORI DALLA BOLLA che si gode musica, confronti e letteratura, permane la diatriba sul Movimento 5 stelle e le sue acrobazie sulla Tav. Il vicepremier Luigi Di Maio ieri ha ribadito di essere contrario al treno: «Alla Francia regaleremo 2,2 miliardi. Il M5S non ha rinnegato l’inutilità della Torino-Lione». «Nei prossimi giorni si depositerà l’atto per chiedere il voto in parlamento, non lo abbiamo chiesto noi, lo ha chiesto il premier. In parlamento abbiamo la maggioranza relativa, il 33 per cento, non assoluta. Quello che potremo fare lo faremo». IL CAPOPOLITICO DEL M5S tenta di rincuorare le truppe sopratutto nel torinese, dato che mercoledì sera è previsto un confronto pubblico a Bussoleno tra i militanti, anche eletti, del M5s, al fine di prendere decisioni irrevocabili: restare o andare via? I pasdaran social hanno intanto iniziato una battente campagna in cui scaricano la colpa direttamente sulla val Susa che non avrebbe votato in modo compatto M5s, e ora quindi si meriterebbe il Tav. Rimane il dubbio sulla presenza dei parlamentari Airola e Castelli, i barricaderi della traballante maggioranza di Torino. * Fonte: Maurizio Pagliassotti, IL MANIFESTO

L'articolo Oggi la marcia Notav, determinata e «serenamente incazzata» sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2019/07/oggi-la-marcia-notav-determinata-e-serenamente-incazzata/feed/ 0
«Non in mio nome», in Val di Susa in 5mila contro Salvini, corteo anche a Genova https://www.micciacorta.it/2019/01/non-in-mio-nome-in-val-di-susa-in-5mila-contro-salvini-corteo-anche-a-genova/ https://www.micciacorta.it/2019/01/non-in-mio-nome-in-val-di-susa-in-5mila-contro-salvini-corteo-anche-a-genova/#respond Sun, 27 Jan 2019 08:35:39 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=25194 In piazza contro Salvini anche a Siracusa e Genova. La prossima settimana il ministro si annuncia a Chiomonte. I 5 stelle non si fanno vedere in piazza. Il vicepremier leghista li sfida ancora sul Tav: via i tir dalle strade

L'articolo «Non in mio nome», in Val di Susa in 5mila contro Salvini, corteo anche a Genova sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
AVIGLIANA (VAL DI SUSA). «Non in mio nome». Un cartello si alza sopra le teste dei manifestanti che attraversano Avigliana per protestare contro il decreto sicurezza firmato da Salvini. E dice tutto in quattro parole. No a una legge che calpesta i diritti e la Costituzione, no a una legge che crea «insicurezza», come riporta lo striscione tenuto dai sindaci valsusini sul palco di piazza Conte Rosso, a fine corteo.

Ieri, ad Avigliana, all’imbocco della Val di Susa, sono scese in piazza cinquemila persone. E non è un caso che sia successo qui. Perché storicamente è una valle di transito e di frontiera, ma anche di accoglienza. Lo è stata con gli italiani che arrivano dal Sud, con gli albanesi e gli jugoslavi che fuggivano dai loro Paesi negli anni Novanta. E lo è ai giorni nostri per tutti quelli che fuggono dalle guerre e dalla povertà in Africa. Lo è essendo un modello di integrazione con il progetto di micro accoglienza diffusa (Mad), che da tre anni coinvolge diversi comuni e migranti. Anche loro in corteo contro una legge che discrimina gli uomini e le donne in base ai luoghi dove sono nati. «Ma discrimina anche gli italiani, essendoci una norma repressiva nei confronti dei assembramenti, che lede il diritto a manifestare», ha detto, dal palco, uno degli organizzatori, Enzo Merini, sindaco di Vaie, che ha promosso l’iniziativa ed elaborato un documento, approvato dai sindaci valsusini, «contro questo decreto anticostituzionale».

«Questa piazza – ha sottolineato il sindaco di Avigliana, Andrea Archinà – è la testimonianza di una nuova umanità che pone l’accoglienza di chi ha bisogno al centro del proprio agire. E mette al centro pure la pace, perché prima di tutto dobbiamo restare umani». Alla vigilia della Giornata della memoria, l’Anpi ha listato a lutto la propria bandiera: «In questi tempi cupi sentivamo la necessità di ritrovarci e manifestare il nostro dissenso. Il mio pensiero va alle persone ancora in balia delle onde a bordo della Sea Watch», ha dichiarato Daniela Molinero, presidente locale dell’associazione partigiani.
Una legge che impedisce il rinnovo della protezione umanitaria, per chi ne aveva diritto, produrrà decine di migliaia di irregolari e tanti problemi. «Si decide di spostare altrove i fondi per l’accoglienza seminando odio», ha precisato Lucrezia Riccardi, responsabile del progetto Mad, che consente di accogliere nei paesi valsusini, 152 richiedenti asilo: 100 in bassa valle, in 20 comuni, e 52 in alta valle, in 16 comuni.

In corteo anche i componenti del «Coro moro», la band di rifugiati che cantano esclusivamente in piemontese. Provengono da Gambia, Ghana, Costa d’Avorio e Senegal; il coro era nato nel 2014 nelle Valli di Lanzo. Hanno sfilato, inoltre, l’assessore regionale Monica Cerutti, l’europarlamentare del Pd Daniele Viotti e il presidente del consiglio regionale Nino Boeti. E, poi, la comunità cattolica e valdese. Sparse tra la folla, le bandiere dei No Tav, del Prc, dell’Arci, di Libera e della Cgil.

Non pervenuti i Cinque stelle, che di questa Valle avevano fatto un fortino. O, almeno, così credevano. Ieri, il loro alleato di governo, Matteo Salvini, ha ripreso a esternare sul Tav, neanche ventiquattro ore dopo aver detto di essere in possesso di un contro dossier che smonterebbe il lavoro della Commissione incaricata dal ministro Danilo Toninelli a elaborare l’analisi costo-benefici sull’opera. «Stiamo lavorando a un progetto che come da contratto di governo tagli sprechi, opere sovrastimate. Se uno vuole un’Italia che cresce e aiutare le imprese e difendere l’ambiente deve togliere i Tir e le macchine dalle strade e dalle autostrade e far viaggiare merci e uomini in treno e quindi non è un derby sì o no». La prossima settimana il vicepremier leghista, padre del decreto contestato ad Avigliana, sarà a Chiomonte, non si sa con quale divisa, per visitare il cantiere dell’alta velocità: «Perché l’Italia sia collegata con il resto del mondo», ha concluso.

* Fonte: Mauro Ravarino,IL MANIFESTO

 

****

Genova accogliente, in 10mila in corteo

Corteo in solidarietà con i migranti. In piazza scout, giuristi, medici, scuole. Megu Chionetti: tutti insieme per smantellare le leggi di Salvini. La galassia delle inziative verso “people-prima le persone”, la manifestazione a Milano il 2 marzo

* Fonte: IL MANIFESTO

L'articolo «Non in mio nome», in Val di Susa in 5mila contro Salvini, corteo anche a Genova sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2019/01/non-in-mio-nome-in-val-di-susa-in-5mila-contro-salvini-corteo-anche-a-genova/feed/ 0
Domani la Val Susa marcia contro il decreto sicurezza https://www.micciacorta.it/2019/01/domani-la-val-susa-marcia-contro-il-decreto-sicurezza/ https://www.micciacorta.it/2019/01/domani-la-val-susa-marcia-contro-il-decreto-sicurezza/#respond Fri, 25 Jan 2019 09:54:36 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=25188 La Val di Susa si schiera contro il decreto sicurezza. E sabato sarà in piazza ad Avigliana, a ridosso della Giornata della memoria, contro una legge che «discrimina l’uomo in base al luogo in cui è nato, compiendo uno strappo vigoroso ai principi della Costituzione». La manifestazione, con ritrovo alle ore 14 in piazzetta De […]

L'articolo Domani la Val Susa marcia contro il decreto sicurezza sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>

La Val di Susa si schiera contro il decreto sicurezza. E sabato sarà in piazza ad Avigliana, a ridosso della Giornata della memoria, contro una legge che «discrimina l’uomo in base al luogo in cui è nato, compiendo uno strappo vigoroso ai principi della Costituzione». La manifestazione, con ritrovo alle ore 14 in piazzetta De Andrè, è promossa dai comuni di Vaie e di Avigliana, Recosol (la rete dei comuni solidali), Anpi Valle di Susa e Val Sangone, Chiesa Valdese di Susa, Chiesa Battista di Meana e dall’Ufficio pastorale migranti Diocesi di Susa. Ha aderito, tra gli altri, il movimento No Tav. La Valle ha intrapreso, ormai da due anni, un progetto di microaccoglienza diffusa con piccoli gruppi di migranti inseriti in ogni paese. Si tratta di un esperimento che ha avuto una eco nazionale, poi copiato da molti altri territori. Una scommessa vinta di integrazione riuscita che oggi rischia di essere abbandonata. «Con il decreto 113/2018, convertito in legge, ci troviamo di fronte – spiegano gli organizzatori – a nuove regole che impediscono il rinnovo della protezione umanitaria da parte dei migranti che ne avevano diritto. Questa legge genererà circa 60mila irregolari in due anni. I nuovi clandestini non potranno essere rimpatriati nei Paesi d’origine, sia per mancanza di fondi, sia soprattutto per la mancanza di accordi bilaterali con i governi dei Paesi di provenienza. Si riverseranno così nelle strade delle nostre città senza diritti, senza tutele e senza la possibilità di lavorare in regola. Saranno le amministrazioni comunali, in totale solitudine e con pochi mezzi, a doversene fare carico. In questo modo si rischierà di alimentare la delinquenza, il lavoro nero, lo sfruttamento del lavoro e della prostituzione». La Val di Susa è stata storicamente un luogo di transito, abitato da una comunità legata al suo territorio e nello stesso tempo capace di coltivare i semi dell’accoglienza. Ecco, perché non vuole rimanere silente. «La legge di Salvini non riconosce la protezione ai migranti per motivi umanitari, cancellandone la tutela per casi legati allo stato di salute, alla maternità, alla minore età, al tragico vissuto, ai maltrattamenti affrontati durante il difficile viaggio verso l’Italia. È una legge non solo repressiva verso chi viene definito “straniero”, ma anche verso gli stessi italiani che vedranno limitati i loro diritti a manifestare». * Fonte: Mauro Ravarino, IL MANIFESTO

L'articolo Domani la Val Susa marcia contro il decreto sicurezza sembra essere il primo su Micciacorta.

]]>
https://www.micciacorta.it/2019/01/domani-la-val-susa-marcia-contro-il-decreto-sicurezza/feed/ 0