Vera Jarach Vigevani – Micciacorta https://www.micciacorta.it Sito dedicato a chi aveva vent'anni nel '77. E che ora ne ha diciotto Sat, 03 Mar 2018 11:37:08 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 Vera Jarach. I 90 anni di una «partigiana della memoria» https://www.micciacorta.it/2018/03/24213/ https://www.micciacorta.it/2018/03/24213/#respond Sat, 03 Mar 2018 11:33:32 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=24213 Intervista a Vera Jarach. Ebrea italiana emigrata in Argentina, sopravvissuta prima alle leggi razziali del fascismo e poi alla dittatura militare

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La storia si ripete perché ci sono interessi potenti che generano tragedie. «Oggi non c’è la paura di prima, ma molti silenzi complici» Vera Jarach Vigevani, ebrea italiana costretta e emigrare in Argentina per sfuggire alle leggi razziali del fascismo, tra qualche giorno  compirà 90 anni. Ci dice di avere nella sua storia due genocidi: il nonno materno, Ettore Camerino è stato deportato ad Aushwitz, sua figlia Franca si presume sia stata gettata in mare nei voli della morte durante la dittatura (1976-1983) ed è ancora desaparecida. Madre di Plaza de Mayo, come è consuetudine è tornata recentemente in Italia per promuovere lo scambio tra studenti italiani e argentini. Sua figlia era una  liceale di soli 18 anni quando venne rapita dai militari.
Ora vorrebbero ridurre le pene a chi non lo merita. Questo colpisce chi di fronte alle atrocità subite dai desaparecidos ha atteso pazientemente di avere giustizia. E nessuno se l’è fatta con le proprie mani
Di passaggio a Roma, l’abbiamo incontrata poco prima del suo rientro in Argentina.Vera è nata a Milano, ma a soli 11 anni è costretta ad emigrare in Argentina con i suoi genitori per fuggire alle leggi razziali del fascismo. Il resto della famiglia rimasta in Italia è scomparsa e come Franca non ha una tomba. Nel 2014, per la giornata della memoria, è stato realizzato il documentario I rumori della memoria, diretto da Marco Bechis in cui Vera ripercorre i luoghi della sua storia, da Buenos Aires ad Auschwitz. Anche quest’anno sei tornata in Italia per non far dimenticare la storia. Vengo in Italia in questo periodo dell’anno perché il 27 gennaio è la giornata della memoria, vengo a parlare in varie città e promuovo lo scambio tra il liceo Nacional de Buenos Aires, dove ha studiato mia figlia, e altri licei italiani. Questa volta però, c’è stato un evento particolare perché l’Università statale di Milano, che è la mia città di nascita, mi ha conferito la laurea honoris causa. Ma questa è stata una delle mie attività. È più di un mese che giro l’Italia. Sono passati oramai 80 anni dalle leggi razziali. Sì, sono 80 anni e l’anno prossimo saranno pure 80 anni dalla piccola emigrazione degli ebrei italiani in Argentina. L’Istituto Italiano di cultura e varie università argentine, tra cui l’università di Tucumán, ricorderanno questa migrazione perché tra questi ci sono molti intellettuali e docenti di altissimo livello. Puoi ricordare qualche nome di questi intellettuali? Certamente, posso fare il nome dei fratelli Terracini, Benvenuto e Alessandro, che insegnavano a Milano, uno era linguista, l’altro matematico, poi c’era Renato Treves che insegnava filosofia del diritto e sociologia a Urbino, Rodolfo Mondolfo che aveva la cattedra di storia della filosofia a Bologna, Eugenia Saerdoti Lustig, cugina di Rita Levi Montalcini e anche lei medico. Ci sono tanti altri come Mario Pugliese, Marcello Finzi, Leone Lattes, Renato Segre, solo per fare qualche nome di intellettuali che sono emigrati in Argentina. Un gruppo importante è arrivato a collaborare con l’università di Tucumán ritrovandosi con i repubblicani spagnoli, che erano anche emigrati per ragioni politiche. La tua storia di vita raccoglie in una biografia due genocidi, si può dire che la memoria è per te è una ragione di vita? In Argentina dico sempre che sono militante della memoria, ma quando sono in Italia sostituisco la parola «militante», preferisco definirmi «una partigiana della memoria». Anni fa glielo dissi a Liliana Segre, e gli chiesi: cosa mi sarebbe capitato se io non fosse emigrata in Argentina? Lei mi disse che con ogni probabilità mi sarebbe successo quello che è capitato a lei, cioè Aushwitz. Non lo so, forse non sarei finita lì, magari sarei stata una partigiana per davvero, anche se in realtà allora ero solo una bambina. Di cosa hai parlato nel tuo viaggio della memoria quest’anno? Parlo di cose diverse a seconda degli interlocutori: genocidi, persecuzioni ecc. ma questa volta ho parlato molto dell’attualità argentina che è molto preoccupante. In realtà è preoccupante tutta la situazione del mondo. Ci sono paesi dove la democrazia ha attraversato un lungo percorso e sembra che tutto proceda bene, ma in realtà non è così. È evidente che i poveri diventano più poveri e i ricchi più ricchi, mentre il potere si concentra sempre più in poche mani. I diversi contesti mondiali sembrano tutti molto simili. Negli ultimi due anni in Argentina questo modello economico e sociale ha provocato tanti licenziamenti e un numero considerevole di piccole e medie aziende hanno chiuso. Aziende che si sono trovate a dover concorrere con grandi multinazionali che producono i loro stessi prodotti. Sembra un ritorno al passato, all’ultimo default del 2001 si era arrivati dopo l’abbassamento delle tariffe doganali e l’apertura indiscriminata alle importazioni di ogni bene. Certo, questa storia io l’ho già vissuta: prima durante la dittatura militare e poi con il governo di Carlos Menem (1989-1999), purtroppo abbiamo già subito questo modello. La storia si ripete perché ci sono interessi molto potenti che generano poi tragedie, come durante la dittatura, interessi coperti dal silenzio, per paura, connivenza oppure per complicità. Ovviamente non c’è la paura che si respirava durante la dittatura, ma sono molti i silenzi complici. Perché complicità o paura? Prendiamo il caso di Milagro Sala, la dirigente indigena da oltre due anni in carcere o agli arresti domiciliari senza che ci siano prove concrete contro di lei: quando è stata assolta in uno dei processi, sottovoce le è stato detto: «Non farti delle aspettative, ora sei stata assolta, ma abbiamo altre 50 cause che apriremo una dietro l’altra. Resterai per sempre in prigione». È una situazione terribile. È come se ci fosse una ostinazione verso ogni forma di opposizione, verso tutte le persone che hanno partecipato nell’ultimo decennio ai governi Kirchner. Un atteggiamento persecutorio, di odio, con Milagro Sala sicuramente, ma ci sono altri casi, per esempio l’inchiesta su Cristina Kirchner e Héctor Timerman, accusati di alto tradimento per i loro rapporti con l’Iran dopo l’attentato all’Amia (Associazione Mutuale Israelita, ndr), quando in realtà loro, in quanto presidente e ministro degli esteri volevano solo fare luce, avere notizie per capire il livello di coinvolgimento di quel paese nell’attentato che nel 1994 aveva fatto saltare un intero palazzo provocando centinaia di vittime. Sono accuse assurde, ma trovano ampia eco nella stampa e diventano notizia. Bisogna dire che in Argentina i media sono concentrati in poche mani con interessi molti vicini al governo di Mauricio Macri. Sembrerebbe che nella regione non siano più necessari i colpi di Stato. Oggi si possono ottenere gli stessi risultati attraverso la magistratura, la stampa, il golpe economico, ecc. Quello che stai dicendo è molto grave e lo penso anch’io. Oggi ci sono altre «armi», ci sono altri mezzi per «disciplinare» un paese. In Argentina usano questo termine, «disciplinare», sono le nuove forme per imporre un ordine dall’alto, in modo meno evidente e sembra anche con buoni risultati. Manca sempre di più la possibilità di fare una vera opposizione perché i potenti cercano continuamente di generare disunione, di frammentare ogni forma di opposizione. Penso che accada anche qui in Italia, vincono le divergenze e quindi prevalgono i gruppi di potere. In materia di diritti umani come procede il governo Macri? Noi vediamo che l’intenzione sarebbe quella di finire con i processi, di ridurre le pene ai condannati, di concedere il beneficio degli arresti domiciliari a soggetti che non lo meritano, con vari ergastoli e nuovi processi in corso. Tutto questo colpisce le nostre organizzazioni di diritti umani perché noi abbiamo pazientato molto per avere giustizia, negli anni, di fronte alle atrocità che hanno subito i desaparecidos. Nessuno si è fatto giustizia con le proprie mani. Pensate che questo sia un primo passo verso un’amnistia generalizzata? Questo già lo dicono loro, ma in un’altra maniera: «Perché non perdonate, perché non vi riconciliate» ecc. ecc. Innanzitutto non possiamo assolutamente perdonare chi non ha chiesto mai perdono e in ogni modo prima ci deve essere giustizia vera, ma ancora ci sono molti processi in atto. Quello che mi tocca più da vicino è quello della Esma, un mega processo diviso in tre parti: le prime due sono arrivate a sentenza, manca la terza. La Eema è stato il principale campo di concentramento della dittatura da cui partivano i voli della morte, il governi precedenti lo hanno trasformato in Museo della Memoria. Oggi stiamo lavorando affinché questi edifici siano dichiarati dall’Unesco «patrimonio dell’umanità», c’è troppa sofferenza tra quelle mura perché vadano perse. Comunque io vedo con sempre più frequenza che le piazze tornano a riempirsi di persone che non vogliono perdere tutto ciò che avevano ottenuto. È difficile fare previsioni, ma io sono partigiana della memoria e sono ottimista. FONTE: Claudio Tognonato, IL MANIFESTO

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Crimini dei militari argentini, le Madres protestano contro la depenalizzazione https://www.micciacorta.it/2017/05/23290/ https://www.micciacorta.it/2017/05/23290/#respond Wed, 10 May 2017 08:29:30 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=23290 Buenos Aires. Oggi la protesta a Plaza de Mayo contro la sentenza della Corte suprema che li depenalizza

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Desaparecidos

Domenica scorsa, iniziando il suo viaggio in Argentina, Sergio Mattarella ha visitato il Parco della Memoria dove ha incontrato Vera Jarach Vigevani e Lita Boitano, entrambe italiane e Madres de Plaza de Mayo. Il Parco si affaccia sull’enorme estuario del Rio de la Plata ed è stato costruito per ricordare le migliaia di desaparecidos gettati vivi in mare dagli aerei in volo durante la passata dittatura militare (1976-1983). LE MADRI DI PLAZA de Mayo hanno colto l’occasione della visita di Mattarella per esprimere la loro preoccupazione per la sentenza della Corte Suprema argentina del 3 maggio scorso che ha equiparato i delitti di lesa umanità compiuti dalle forze repressive ai crimini comuni concedendo il beneficio del 2 per 1. Tale misura consente di ridurre la pena considerando doppi gli anni trascorsi in prigione prima della sentenza definitiva. In questo modo sono molti i genocidi che potrebbero uscire dal carcere. La norma era stata derogata nel 2001, ma 3 dei 5 membri della Corte hanno deciso la scorsa settimana di applicarla in un caso, quello di Luis Muiña condannato per il sequestro e la tortura di 22 persone. DOPO LA DITTATURA, ed in particolare nell’ultimo decennio, l’Argentina si è contraddistinta per una particolare attenzione in materia di diritti umani. Centinaia di militari e civili sono stati processati, e lo sono tuttora, per crimini contro l’umanità. Oltre ai processi i governi Kirchner hanno fatto dei diritti umani una ragione di stato. Diritti intesi in modo integrale e quindi anche diritti sociali ed economici. Questa sentenza rappresenta un ritorno al passato quando i processi contro i genocidi erano stati boccati dalle leggi di Obbedienza dovuta, che toglieva ogni responsabilità agli autori materiali di sequestri, torture e uccisioni, in quanto obbedivano ordini, e Punto finale, che direttamente impediva l’apertura di nuovi processi. Solo nel 2005 è stato possibile riaprire le cause. Ora la nuova sentenza della Corte potrebbe dar luogo ad una amnistia generalizzata. Militari condannati o in attesa di giudizio hanno cominciato a presentare ricorsi per beneficiarsi con lo sconto di pena. OGGI LE MADRI e le Abuelas de Plaza de Mayo hanno chiamato ad una manifestazione nazionale di fronte alla Casa Rosada, sulla piazza dove tutti i giovedì continuano a ritrovarsi in ronda per testimoniare sulla sorte dei loro familiari. Sono passati 40 anni, sono ormai anziane, ma non si arrendono. La convocazione ha raccolto numerose adesioni suscitate dal generale ripudio della misura della Corte. OLTRE LA COMMISSIONE regionale dei diritti umani delle Nazioni unite (Unhcr) che ha già espresso una chiara contrarietà, ieri il tribunale regionale di San Juan ha dichiarato l’incostituzionalità della norma. Ora tocca all’Italia. Vera Jarach ha chiesto a Sergio Mattarella in una lettera – che oggi il manifesto pubblica – che l’Italia si faccia sentire. L’Argentina, con quel passato terribile, è un paese a metà italiano, Vera Jarach Vigevani chiede che non sia soltanto un’altra occasione di nuovi affari economici.   *****

Caro Mattarella, alzi la Sua voce contro il colpo di spugna

Desaparecidos. Pubblichiamo la lettera consegnata al presidente della Repubblica da una delle madri di Plaza de Mayo, italiana che ha perso la figlia Franca, una dei 30mila desaparecidos della dittatura militare in Argentina

Caro Presidente Mattarella, sono Vera Vigevani Jarach, madre di Franca Jarach che, a 18 anni, fu una fra le 30 mila vittime desaparecidas della dittatura civico-militare argentina. Fu sequestrata e clandestinamente imprigionata alla E.S.M.A, Scuola della Marina Militare. Emblematico ed il peggiore fra le centinaia di altri campi di concentramento argentini dell’epoca. Franca fu assassinata in uno dei «voli della morte». In quegli anni tragici subimmo anche l’indifferenza ed il silenzio internazionale, oltreché quello argentino. Ma ci fu, per noi italiani, un «balsamo» quando l’allora Presidente Sandro Pertini espresse la sua indignazione alla Giunta Militare argentina, per la loro responsabilità in quanto stava accadendo. Oggi l’ex E.S.M.A. è un luogo di Memoria e di difesa dei Diritti Umani. Oggi l’Argentina chiede all’Unesco di includerla nel Patrimonio Culturale dell’Umanità. Oggi, e dopo 40 anni di pacifico ma perseverante impegno, noi, Madri e Nonne della Plaza de Mayo, i famigliari dei «desaparecidos» e tutti gli altri organismi che per i diritti umani da sempre hanno lottato, abbiamo finalmente avuto la Giustizia con i processi e le condanne per i colpevoli di questi crimini contro l’umanità. Oggi, però, siamo molto tristi e preoccupati per una decisione della Corte Suprema che permetterebbe a questi criminali di beneficiare di un forte riduzione delle pene, cosa che ci porterebbe al rischio di incontrarli per strada. Loro, i torturatori, gli assassini dei nostri figli. Tutto questo rappresenta non solo una marcia indietro verso l’impunità, non solo è un colpo tremendo per tutta la società argentina, ma, trattandosi di crimini contro l’umanità, è un’offesa ed una minaccia per tutto il mondo. Per questa ragione mi e ci rivolgiamo a Lei, Presidente della mia Patria ed a tutti i Governi di paesi democratici, affinché uniate alle nostre voci la Vostra contro questo pericolo di una nuova impunità. In particolare lo chiedo all’Italia, ricordando quel gesto del Presidente Pertini. Glielo chiedo anche, personalmente, ricordando i quasi 80 anni delle Leggi Razziali del ’38 del secolo scorso. La mia famiglia allora trovò rifugio in Argentina, ma della Shoah fu vittima mio nonno, Ettore Camerino. Deportato ad Auschwitz. Non c’é tomba per lui come non vi è tomba per mia figlia. Queste tragedie si ripetono, ma non dobbiamo mai perdere né la speranza né l’impegno e la volontà per il «Nunca más!» (Mai Più!). Le porgo i miei ringraziamenti anticipati, e anche, se mi permette, un forte abbraccio. *Questa lettera è stata consegnata direttamente al presidente Sergio Mattarella domenica 7 maggio a Buenos Aires
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