Vojko Obersnel – Micciacorta https://www.micciacorta.it Sito dedicato a chi aveva vent'anni nel '77. E che ora ne ha diciotto Sun, 16 Feb 2020 09:08:45 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.15 Intervista al sindaco: «Rijeka-Fiume è il porto delle diversità» https://www.micciacorta.it/2020/02/intervista-al-sindaco-rijeka-fiume-e-il-porto-delle-diversita/ https://www.micciacorta.it/2020/02/intervista-al-sindaco-rijeka-fiume-e-il-porto-delle-diversita/#respond Sun, 16 Feb 2020 09:08:45 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=25974 «La stella a 5 punte - che ricorda anche tutti gli antifascisti, compresi quelli italiani - è un’installazione della rassegna "L’era del Potere"»

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Intervista a Vojko Obersnel. «Il nostro obiettivo è superare i confini», racconta il sindaco della città, Capitale europea della Cultura 2020. RIJEKA. Meno di cento chilometri dividono Trieste da Rijeka-Fiume; due golfi bagnati dallo stesso mare per due storie che sono corse parallele per secoli e che continuano a incrociarsi. A volte qualche iniziativa o una parola sbagliata le fa scontrare. Già in occasione della cerimonia per una statua dedicata a D’Annunzio a Trieste – proprio nel giorno del centenario della marcia su Fiume – c’era stata una scaramuccia tra i Sindaci delle due città e, adesso, ecco arrivata una nuova polemica. Lunedì scorso al Sacrario della foiba di Basovizza, nel suo veemente intervento in diretta tv sull’esodo degli italiani dall’Istria e dalla Dalmazia, il Sindaco di Trieste (a maggioranza fascio-leghista) ha detto tra l’altro: «Se volgo lo sguardo oltre confine verso la bellissima città di Rijeka, un tempo Fiume, oggi capitale della cultura, non trovo nulla di culturalmente interessante, ma vedo solo un’esplicita e ulteriore offesa alle vittime del comunista Tito nel fatto che una grigia stella a cinque punte sorga nuovamente sul grattacielo che fu simbolo delle violenze contro l’umanità da parte del totalitarismo comunista. Quella stella, nella nostra memoria, ha solo il colore del sangue dei bambini, giovani, donne, uomini e anziani italiani trucidati o costretti a scappare dai comunisti titini». Inevitabile chiedere al Sindaco di Fiume, il socialdemocratico Vojko Obersnel un commento. Perché quella stella signor sindaco, peraltro installazione temporanea solo per il 2020? Rijeka ha ottenuto il titolo di Capitale europea della Cultura 2020 anche grazie a quella parte del programma dedicata a L’era del Potere. È la lunga e incredibilmente turbolenta storia di Rijeka: in meno di cent’anni ha cambiato sette nazionalità e tutte hanno lasciato tracce sul tessuto della città e nella memoria dei suoi cittadini. Vuole dire che i tanti interventi urbanistici hanno anche voluto riproporre simboli significativi per la storia della città? Come l’aquila ricollocata sulla Torre civica? L’aquila a due teste è presente nello stemma di Fiume, ratificato da Leopoldo I d’Asburgo e dominava dalla Torre la città già a metà ‘700; era stata rifatta nei primi anni del ‘900, vandalizzata dai legionari dannunziani e alla fine distrutta nel 1949. Tra gli interventi di riqualificazione urbana compiuti nella marcia di avvicinamento a Rijeka 2020 c’è anche l’averla rimessa al suo posto. Ricostruirla com’era è stato un lavoro lungo e difficile ma sono sicuro che ne è valsa la pena.

E quindi anche la stella titina? Non è necessariamente un bel ricordo per i cittadini di Rijeka ma il programma costruito intorno all’era del potere non è nato per cambiare, giudicare o esaltare la storia. È una occasione per fermarsi e vedere, anche così, i fatti storici che si sono succeduti. La stella a cinque punte è una installazione artistica che porta tante connotazioni: un simbolo della lotta contro il fascismo, un ricordo di tutti gli antifascisti, compresi quelli italiani, che hanno combattuto per la libertà dell’umanità ed è anche un ricordo dei quasi 3.000 combattenti antifascisti che sono morti nella battaglia per liberare Rijeka dai fascisti e dalla loro terrificante ideologia che, giustamente e per sempre, è stata condannata da tutto il mondo liberale. Sono stati anni feroci… Non vogliamo nascondere; quello che vogliamo è condannare tutti i crimini, indipendentemente da chi o quale regime li ha commessi. Vogliamo ricordare che il crimine genera crimine. A Podhum, il villaggio accanto a Rijeka, i fascisti hanno ucciso centinaia di abitanti, i sopravvissuti sono stati deportati, il villaggio bruciato. Lo stesso è successo anche a Lipa, un altro villaggio qua vicino, dove uccisero più di 300 persone tra le quali un bambino di appena 6 mesi. Migliaia di persone sono state uccise nei campi di concentramento a Buccari, Arbe e ancora nella Risiera di San Sabba a Trieste. Questi e molti altri crimini hanno generato le vendette alla fine della guerra che ancora hanno portato morte a persone innocenti. C’è voluto tempo ma sono arrivati anche anni di rinnovata convivenza: i confini non sembrano ormai sempre più evanescenti? È stato possibile cambiare i confini fisici, qualche volta con l’uso della forza, qualche volta con i trattati. Trieste e Rijeka lo sanno molto bene. Sono i confini che costruiamo dentro di noi che sono difficili da cambiare. Uno degli obiettivi di Rijeka 2020 è proprio quello di superare questi confini e di farlo attraverso la cultura. Non a caso il titolo che abbiamo scelto per questo anno speciale è Il porto delle diversità: vogliamo affermare che proprio nella diversità c’è ricchezza. Anche la programmazione degli eventi, allora, ruota intorno a questa amalgama di diversità? Certo. 300 programmi turistici e più di 600 eventi pensati per persone cosmopolite. Se il mio collega sindaco di Trieste leggesse l’intero programma o almeno se ne informasse meglio, gli sarebbe chiaro che qui non c’è nessuna ideologia e men che meno quella comunista. È quasi sera e l’appuntamento di gala è con la Venice Baroque Orchestra nel bel teatro di fine ‘800 “Ivan de Zajc”: musiche di Vivaldi, Corelli e Geminiani, al violino Giuliano Carmignola con il suo Guarneri. Un imperdibile omaggio all’Italia, senza dubbio. * Fonte: Marinella Salvi, il manifesto   ph by Roberta F. [CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)]

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Marciando marciando… Il revanscismo avanza https://www.micciacorta.it/2019/09/marciando-marciando-il-revanscismo-avanza/ https://www.micciacorta.it/2019/09/marciando-marciando-il-revanscismo-avanza/#respond Thu, 12 Sep 2019 06:13:29 +0000 https://www.micciacorta.it/?p=25656 Operazioni come quella messa in essere dall’amministrazione triestina con la volenterosa complicità del Vittoriale degli Italiani, sono culturalmente sbagliate e politicamente inquietanti

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Le nostre date civili sono e restano altre, l’8 settembre del ’43 e il 25 aprile del ’45 (aggiungerei anche il 2 giugno del ’46) E dunque il revanscismo avanza. Oggi 12 settembre, alle ore 12, a Trieste verrà inaugurata la contestata statua a D’Annunzio, nel centenario esatto dell’ingresso di Gabriele d’Annunzio a Fiume, alla testa di una banda di coloro che poi vennero chiamati «legionari». La Fondazione del Vittoriale degli Italiani, sotto la presidenza di Giordano Bruno Guerri, in accordo con l’amministrazione di destra della città di Trieste, incuranti delle proteste sono andati avanti. Il connubio tra giornalisti con il vizio della storia e amministratori con il vizio della politica, gli uni e gli altri sotto le insegne della mistificazione e della banalizzazione, segnano un altro punto a favore del revisionismo. ABBIAMO GIÀ PARLATO sul manifesto della mostra inaugurata qualche tempo fa, sempre sotto l’ovvia direzione di Guerri, che in quella occasione si era esibito in una cabarettistica conferenza pseudostorica. La «storia» piace così, a certi amministratori. I quali, peraltro, non esitano a servirsi dello studioso di turno, meglio se si tratti di un dilettante, più che un professionista della ricerca, per portare acqua al mulino delle «ricadute turistiche» sui propri feudi. Il turismo, il commercio, conta almeno quanto, se non di più dell’ideologia. Che viene opportunamente conformata, per giustificare spese folli, iniziative culturalmente claudicanti, imprese politicamente pericolose come questo ritorno di fiamma per il dannunzianesimo politico. Gli amministratori triestini hanno un bell’insistere sul D’Annunzio letterato, ma celebrano l’ideologo, e se glielo si fa notare, replicano identificando l’avventura fiumana, vera chiave d’accesso all’eversione fascista di tre anni più tardi, nel carattere progressivo della Carta del Carnaro, ossia la Costituzione elaborata sostanzialmente da Alceste De Ambris, una interessante figura di anarco-sindacalista per Fiume (poi morto in esilio in Francia da antifascista), un confuso documento, peraltro mai reso concreto, tanto più che furono i nazionalisti, guidati da Giovanni Giuriati, a diventare gli sponsor della Fiume dannunziana, emarginando la componente anarcosindacalista. PURTROPPO LA STORIA, nelle mani di amministratori e di mestieranti, può diventare un oggetto pericoloso. In una intervista al giornalista Stefano Lusa, l’assessore alla Cultura di Trieste riesce a fornire una serie di grottesche strampalerie, con un D’Annunzio campione liberale, maestro della libertà di pensiero, e Fiume faro che getta la sua luce rivoluzionaria sull’avvenire, sotto il segno dell’uguaglianza. Una rivoluzione che «non tagliava le teste», «come quelle che si sono sviluppate dopo», bensì una rivoluzione «del pensiero e della cultura». E la Carta del Carnaro (che sarebbe stata una delle fonti di Giuseppe Bottai, nel 1927, per la sua Carta del lavoro!), diventa «un documento avveniristico», e ancora, «un atto illuminante che prospettava una civiltà del futuro». E, dulcis in fundo, scopriamo che D’Annunzio è stato «un precursore di quello che dovrebbe essere un mondo migliore, una civiltà migliore, una democrazia migliore». PER FORTUNA DELLA VERITÀ storica e della decenza politica non tutti si sono bevuti a Trieste queste favole, e in contemporanea all’inaugurazione della scultura, a Ronchi dei Legionari (che è stato già ribattezzata come Ronchi dei Partigiani!) hanno organizzato una contromanifestazione, ribadendo le ragioni del No, anche in concordanza con le reiterate prese di posizione del sindaco di Rijeka (Fiume), Vojko Obersnel, che invano ha protestato contro l’ondata di stolto revanscismo dalmata-giuliano. Nel documento diffuso dai gruppi triestini di «Resistenza storica» si ricorda il lascito nazionalista dannunziano-fiumano, che fu una delle grandi matrici del fascismo, persino, va detto, al di là del confuso pensiero politico del «Vate». La violenta «snazionalizzazione» di terre slave, la persecuzione della popolazione indigena, che avrebbe preparato gli orrori dell’occupazione della Jugoslavia nella Seconda guerra mondiale, e così via- E si ricorda che certamente il 12 settembre del ’19 non richiama una data da festeggiare, tutt’altro. LE NOSTRE DATE CIVILI sono e restano altre, l’8 settembre del ’43 e il 25 aprile del ’45 (aggiungerei anche il 2 giugno del ’46). E che operazioni come quella messa in essere dall’amministrazione triestina con la volenterosa complicità del Vittoriale degli Italiani, sono culturalmente sbagliate e politicamente inquietanti. Forse gli storici di mestiere qualche domanda dovrebbero porsela, sulla loro scarsa e lenta reattività rispetto all’uso e soprattutto all’abuso pubblico della storia, che produce mostricciattoli (in ogni senso) come la mostra su Fiume e il monumento a D’Annunzio. O vogliamo aspettare inerti il prossimo passo? Magari la celebrazione del 28 ottobre 1922, quando un’altra marcia, quella su Roma, modellata sull’esempio dannunziano, portò al potere un certo Mussolini… * Fonte: Angelo D'Orsi, il manifesto

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