A Roma sfratto continuo: ora tocca alla scuola di musica popolare di Testaccio

Chiesti 700 mila euro di arretrati allo storico centro di Testaccio a Roma. Giovanna Marini: «È una follia, siamo in regola da sempre»

ROMA. Il comune di Roma intende sfrattare la scuola di musica popolare di Testaccio e in più gli ha chiesto 700 mila euro di affitto arretrati. «È una follia» ha commentato Giovanna Marini, grande musicista e testimone vivente di questa storia di auto-organizzazione nella Capitale. Proprio nell’anno in cui la celebre Banda della scuola popolare celebra il quarantennale della sua fondazione arriva lo sfratto. «Noi siamo sempre stati in regola – sostiene Giovanna Marini – abbiamo fatto lavori di ristrutturazione che hanno consentito all’edificio di restare in piedi, per i quali peraltro stiamo pagando un mutuo. Ora abbiamo due bande con circa duecento persone dai 7 agli 85 anni. Non capisco perché volersi accanire contro una realtà così meritoria».

L’ACCANIMENTO di cui parla Giovanna Marini è un effetto della repressione amministrativa che si è abbattuta su oltre 800 strutture romane tra centri sociali (dalla Torre a Esc); associazioni che svolgono anche ruoli fondamentali nell’istruzione e nell’inclusione sociale (dal Celio Azzurro al Grande Cocomero); istituzioni come l’Accademia filarmonica romana o la Fondazione italiana di musica antica. Più forte della ragione politica sembrano essere le procedure provocate da una cattiva gestione delle amministrazioni da Rutelli in poi. Nessuna delle convenzioni siglate a seguito di un’importante delibera (26) che riconobbe l’autogestione nella Capitale è stata perfezionata nei 120 giorni previsti da un vecchio regolamento che oggi dovrebbe essere riscritto. Invece di contestare questa irregolarità, la Corte dei Conti considera nulli i contratti e chiede la riacquisizione degli immobili. E trasforma in morose e abusive anche le realtà in regola. Con la delibera 140 la giunta Marino cercò di rimediare, creando altri problemi oggi irrisolti.

GLI SFRATTI CONTINUANO anche se la giunta Raggi ha approvato una delibera che non risolve i problemi. Se in passato il Comune ha assegnato direttamente le strutture, senza tuttavia concluderne l’iter, oggi vuole mettere tutto a bando. L’accertamento di una morosità, provocata dallo stesso comune, comporterà l’esclusione dalla partecipazione a questi bandi. Il diabolico corto circuito colpirà la stessa giunta Raggi che assicura di volere tutelare le associazioni che svolgono «funzioni di interesse pubblico».

DOPO LO SGOMBERO del Rialto al ghetto sede del comitato dell’Acqua pubblica (rioccupato e in attesa di soluzione con l’assessore al bilancio Andrea Mazzillo), l’azione contro la scuola popolare di Testaccio rivela le conseguenze prodotte dalla politica di austerità sulla società, la cultura e la libera associazione in una città con quasi tre milioni di abitanti, la quarta nell’Unione Europea: il deserto.

LA STORIA DELLA SCUOLA di musica popolare è un’eredità dei movimenti sociali a partire dagli anni Settanta. Il loro impatto si riflette ancora oggi sullero relazioni sociali, artistiche e produttive. È una realtà inscindibile dalla storia della cultura indipendente, e in particolare della storia orale e della musica popolare, rappresentati a Roma dal circolo Gianni Bosio, oggi ospitato al Rialto. La scuola di musica popolare è una delle manifestazioni di un’onda che è stata attraversata anche da una rivista dal titolo «I giorni cantati» che ha avuto molte reincarnazioni ed è stata pubblicata anche da Il Manifesto. La scuola di musica è stata aperta nel 1976 in via Galvani, quando il vecchio campo dove giocava la Roma era ridotto a una fogna a cielo aperto. Lì dove oggi sorge un centro per l’impiego e un mercato coperto gli attivisti costruirono la scuola.

Dieci anni dopo presero in affitto una villetta in via del monte dei cocci dove oggi c’è la movida gentrificante. La struttura è stata auto-recuperata. Pochi anni fa l’allora sindaco Veltroni assegnò alla scuola una nuova sede, quella attuale in Piazza Orazio Giustiniani. E gli attivisti hanno fatto i lavori di insonorizzazione. Fino a pochi mesi fa, qui c’era un centro anziani. A Roma non è a rischio solo un’eredità. È la vita indipendente a essere soffocata.

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