Bil­lie Holi­day, dentro una voce umana

Icone. Nel centenario della nascita il mito della cantante viene celebrato attraverso raccolte discografiche, film e libri

La figura di Elea­nora Fagan o Eli­nore Har­ris (Bal­ti­mora 7 aprile 1915 – New York 17 luglio 1959), nota come Bil­lie Holi­day, può van­tare un buon rap­porto con la cul­tura ita­liana degli ultimi decenni: è la jazz star e soprat­tutto la voce fem­mi­nile moderna che vanta il mag­gior numero di pub­bli­ca­zioni in Ita­lia. Tutto ini­zia già nel 1958 quando la Fel­tri­nelli pub­blica La signora canta i Blues, che è l’autobiografia della Holi­day mede­sima, sia pur det­tata al gior­na­li­sta Bevan Dufty; ancor oggi resta tra i più auten­tici riu­sciti esempi di jazz lite­ra­ture, rive­la­trice di grande musica e di con­te­sti socio-esistenziali tra­gi­cis­simi: uno dei pochi best sel­ler (e long sel­ler) ita­liani sull’argomento jaz­zi­stico, che può van­tare parec­chie rie­di­zioni, tra cui è da segna­lare quella del 1996: non solo l’ennesima ristampa di un ’clas­sico’ delle jazz-biografie, ma ormai il testo più letto e citato sull’argomento, ora con una nuova pre­fa­zione del vocio­logo Luciano Fede­ri­ghi, e la disco­gra­fia su cd a cura di Gianni Del Savio.

Dopo La signora canta i Blues, pub­bli­cato quando Bil­lie è ancora in vita, biso­gna atten­dere oltre trent’anni per leg­gere un nuovo testo più o meno esau­riente; prima però escono due brevi mono­gra­fie inse­rite rispet­ti­va­mente in una col­le­zione disco­gra­fica e den­tro una cele­bre rivi­sta; da un lato Bil­lie Holi­day di Max Jones fa parte de ‘I Grandi del Jazz’, cento dispense set­ti­ma­nali che escono in edi­cola, con vinile accluso; dall’altro Bil­lie Holi­day di Luciano Fede­ri­ghi è l’inserto cen­trale stac­ca­bile del men­sile ‘Musica Jazz’ per la rubrica ormai defunta ‘La sto­ria della musica afroa­me­ri­cana: per­so­naggi, stili, epo­che, stru­menti’. Tra l’altro pro­prio Fede­ri­ghi si rive­lerà il mag­gior cul­tore della can­tante, ossia lo stu­dioso ita­liano in grado di riser­varle il mag­gior numero di studi e interventi.

Solo nel 1990 esce però un vero e pro­prio libro: si tratta di La vita e le can­zoni di Bil­lie Holi­day, di Paola Bon­com­pa­gni nella nuova col­lana ‘Jazz Peo­ple’ inte­ra­mente dedi­cata alla musica afroa­me­ri­cana e codi­retta dall’autrice (anche can­tante) e dal musi­co­logo Gian­franco Sal­va­tore: il primo volume a uscire riguarda la grande voca­list nera, per molti cri­tici (tra cui Paola) l’emblema stesso della jazz sin­ger; nella prima edi­zione il volu­metto com­prende anche diverse car­to­line, men­tre la seconda del 2002 è assai più sobria, ben­ché alterni a una strin­gata bio­gra­fia anche alcuni cele­bri brani da lei interpretati.

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Nel 1993, José Muñoz e Car­los Sam­payo con Bil­lie Holi­day (Mila­no­li­bri) tra­du­cono visi­va­mente l’esistenza sof­ferta della pro­ta­go­ni­sta con bel tratto espres­sio­ni­stico: insomma i due impor­tanti espo­nenti del fumetto d’autore in lin­gua spa­gnola (ma ormai noti inter­na­zio­nal­mente) rac­con­tano per imma­gini in bianco e nero la sto­ria della dolente voce jazz, riu­scendo a col­lo­care gra­fi­ca­mente drammi, umori e sen­ti­menti nel cli­max socio­cul­tu­rale afroa­me­ri­cano. Ottime le poche ma signi­fi­ca­tive pagi­nette del mas­simo vocio­logo ita­liano: Luciano Fede­ri­ghi pre­sen­tando Le grandi voci della musica ame­ri­cana si sof­ferma in ben cin­que pagine a decan­tare il talento di Bil­lie Holi­day, anche se l’analisi più acuta che fa su di lei, si ritrova nel pre­ce­dente Can­tare il jazz.

L’universo vocale afroa­me­ri­cano, esem­plare per chia­rezza e pra­ti­cità. Sul piano cri­tico i testi di mag­gior peso, attorno alla sola Bil­lie, sono però altri, soprat­tutto editi negli anni Novanta: da un lato Strange Fruit (Arcana) del poli­to­logo sta­tu­ni­tense David Mar­go­lick, il quale com­pie un’analisi socio­lo­giz­zante sulla can­zone che ha reso cele­bre l’interprete, diven­tando un esem­pio inter­pre­ta­tivo asso­luto, non­ché un brano-simbolo per le ori­gini dei movi­menti ame­ri­cani sui diritti civili. Dall’altro il volume col­let­tivo (curato da Gior­gio Rimondi) dal titolo Lady Day Lady Night(Greco & Greco), in cui inter­ven­gono otto cele­bri esperti a par­lare della can­tante: la cele­bre Angela Davis, il jaz­zo­logo fran­cese Chri­stian Béthune, Liana Bor­ghi, Adone Bran­da­lise, Monica Far­netti, Luciano Fede­ri­ghi, Franco Min­ganti e lo stesso Rimondi; par­ti­co­lar­mente signi­fi­ca­tivi i due inter­venti della Davis sto­rica espo­nente del fem­mi­ni­smo afroamericano.

Invece, sul piano crea­tivo, Una can­zone per Bil­lie Holi­day (Hestia) della poe­tessa afroa­me­ri­cana Ale­xis De Veaux resta ancora un pic­colo caso let­te­ra­rio, tut­tora aper­tis­simo; è un breve romanzo in versi liberi – scritto ad Har­lem fra il 1980 e il 1988 ma pub­bli­cato in Ita­lia solo nel 1999 — che rac­conta la vita della cele­bre voca­list in modo esau­riente e auto­re­vole, sof­fer­man­dosi tanto sugli aspetti pro­fes­sio­nali della sof­ferta esi­stenza arti­stica, quanto sulla con­di­zione psi­co­lo­gica e sulla fra­gi­lità di carat­tere e di com­por­ta­mento in un rap­porto indis­so­lu­bile con la musica stessa. Il poe­metto in prosa sem­bra inol­tre agire nel solco di una let­te­ra­tura nor­da­me­ri­cana che alterna il rea­li­smo al flusso di coscienza, il gusto per la nar­ra­zione all’impiego dei lin­guaggi più ete­ro­ge­nei, dallo slang par­lato alla prosa avan­guar­di­sta. Senza il testo a fronte è dif­fi­cile capire quanto dia­letto o quale negri­tu­dine la scrit­trice impie­ghi nel dipin­gere un ritratto comun­que veri­tiero, accat­ti­vante, soprat­tutto leg­gi­bi­lis­simo sul piano della frui­zione. Per com­pren­dere a fondo il ‘feno­meno Bil­lie Holi­day’ nella sua inte­rezza si pos­sono inte­grare due opere uscite da noi rispet­ti­va­mente nel 2008 e nel 2007: da un lato sul piano musi­co­lo­gico Il jazz. I grandi soli­sti(EDT) di Gun­ther Schul­ler, dove il grande stu­dioso ame­ri­cano dedica un capi­tolo memo­ra­bile sul piano erme­neu­tico a Bil­lie Holi­day in mezzo a undici mae­stri dello swing nero come Art Tatum, Cole­man Haw­kins, Char­lie Chri­stian, ecce­tera. Dall’altro Lady Day.

La vita e i tempi di Bil­lie Holi­day (Il Sag­gia­tore) della bri­tan­nica Julia Blac­k­burn, roman­ziera e sag­gi­sta, che per­mea di acuto fem­mi­ni­smo una bio­gra­fia com­po­sta da testi­mo­nianze di prima e seconda mano (soprat­tutto fra i jaz­z­men), facendo emer­gere più la donna che la musi­ci­sta, tra aned­doti e pet­te­go­lezzi con una scrit­tura fasci­no­sa­mente scorrevolissima.

Ultimi in ordine di tempo due rivi­ste, i cui inserti spe­ciali pos­seg­gono il valore e la quan­tità di un libro intero: da un lato a gen­naio ‘Jaz­zit’ con Bil­lie Holi­day la voce del secolo a cura di Ser­gio Pasquan­drea, dall’altro pochi giorni fa, sul numero di aprile, ‘Busca­dero’ con Bil­lie Holi­day. Billie’s Blues con Gianni Del Savio e altri rie­vo­cano una figura che arti­sti­ca­mente nasce con l’hot jazz, trionfa gra­zie a uno swing ori­gi­na­lis­simo, anti­cipa la moda cool e pre­fi­gura il jazz poli­tico e la pro­test song, entrando di diritto e per genia­lità tra i fon­da­men­tali musi­ci­sti del XX secolo.

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