La cassetta degli attrezzi è servita

Saggi. «Diario di una crisi infinita» di Christian Marazzi. Una raccolta di scritti, saggi e interviste dell’economista svizzero. La critica al neoliberismo svolta attraverso l’azione dei movimenti sociali

La genesi di que­sto libro è da ricer­care nel decen­nio scorso, negli anni che pre­ce­dono e che seguono la crisi che i burat­tini che tirano le fila dell’economia mon­diale teme­vano, ma esor­ciz­za­vano affer­mando che tutto andava bene e che non c’erano alter­na­tive a que­sto rap­porto sociale.
Nel 2007, tut­ta­via, esplode fra­go­ro­sa­mente la bolla immo­bi­liare, por­tando sull’orlo dell’abisso pro­prio il capi­ta­li­smo. L’esito è il bai­lout di ban­che, imprese finan­zia­rie e società di con­su­lenza che hanno det­tato l’agenda poli­tica dell’Europa, degli Stati Uniti e di molti paesi lati­noa­me­ri­cani, asia­tici e afri­cani. Le prime misure poli­ti­che sta­tu­ni­tensi e euro­pee riguar­dano pro­prio le ban­che e le imprese finan­zia­rie. Sono troppo grandi per lasciare che il loro fal­li­mento fac­cia il suo corso, per­ché le con­se­guenze sareb­bero disa­strose. Pas­sano due anni e un’altra crisi irrompe sulla scena. È quella del debito accu­mu­lato dagli stati nazio­nali verso le ban­che, il fondo mone­ta­rio inter­na­zio­nale. Quello del «debito sovrano» è un’altra scossa tel­lu­rica. Alcuni paesi dichia­rano forfait.

I dogmi dell’austerity

Sono, scri­ve­reb­bero Imma­nuel Wal­ler­stein e Gio­vanni Arri­ghi, paesi peri­fe­rici – l’Islanda – o mar­gi­nali nell’economia euro­pea – la Gre­cia. Anche in que­sto caso, le misure pun­tano a con­so­li­dare il debito, per­ché il loro fal­li­mento potrebbe deter­mi­nare un effetto domino che tutti temono come la peste. L’Unione euro­pea impone misure dra­co­niane di auste­rità: tutte le risorse devono essere fina­liz­zate non al rilan­cio dello svi­luppo eco­no­mico, bensì al paga­mento dei debiti con­tratta da governi nel corso degli anni. È que­sto il con­te­sto den­tro il quale col­lo­care la rac­colta di scritti di Chri­stian Marazzi (Dia­rio della crisi infi­nita, pp. 190, euro 17), dove l’economista sviz­zero annota pun­tual­mente il dispie­garsi della crisi, forte della con­vin­zione che l’incapacità degli eco­no­mi­sti di pre­ve­derla non sia da impu­tare ai difetti dei modelli ana­li­tici bensì al defi­cit di cri­tica dell’economia poli­tica che carat­te­rizza la «tri­ste scienza».

I mate­riali che com­pon­gono il libro sono inter­vi­ste o scritti pub­bli­cati da rivi­ste, dalla Radio­te­le­vi­sione sviz­zera, da que­sto gior­nale o da siti «di movi­mento» (uni­no­made, com­mo­n­ware e effi­mera). Sono testi «sof­ferti», mossi dalla con­vin­zione che gran parte della cas­setta degli attrezzi del pen­siero cri­tico si sta­vano rive­lando insuf­fi­cienti per com­pren­dere la crisi o per indi­care pos­si­bili alter­na­tive a un capi­ta­li­smo dove pro­du­zione, finanza e con­sumo fos­sero altret­tanti fili di una matassa dif­fi­cile da sbro­gliare. Nel ten­ta­tivo di dipa­narla, Marazzi con­cen­tra la sua atten­zione su alcuni aspetti che hanno tenuto banco dal 2007. In primo luogo, le poli­ti­che di auste­rità dell’Unione euro­pea, che più che risol­vere il pro­blema accen­tuano le disu­gua­glianze sociali, la pre­ca­rietà nei rap­porti di lavoro, la can­cel­la­zione o il radi­cale ridi­men­sio­na­mento del Wel­fare State. Su que­sto ver­sante, l’economista sviz­zero com­pie un dop­pio movi­mento: l’euro non è solo come una moneta, ma anche un dispo­si­tivo poli­tico teso a defi­nire gerar­chie e una sorta di divi­sione con­ti­nen­tale del lavoro dai quali è impos­si­bile prescindere.

Il suo però non è un «euro­pei­smo» di maniera che fa spesso chiu­dere gli occhi sulla realtà. Scrive più volte con­tro l’austerity dell’Unione euro­pea e pone il pro­blema se vale la pena rima­nere nell’euro visto che dalla troika ven­gono con­ti­nua­mente con­fer­mate le poli­ti­che neo­li­be­ri­ste senza che si mani­fe­sti un minimo cam­bia­mento di rotta di Bru­xel­les. Marazzi non nasconde nep­pure il suo scet­ti­ci­smo nei con­fronti delle prese di posi­zione «sovra­ni­ste» che si sono mani­fe­state «a sini­stra». Non è dun­que asse­gnando cen­tra­lità allo stato-nazione che si può con­tra­stare l’austerity e svi­lup­pare una resi­stenza al feroce libe­ri­smo della troika.

L’alternativa è dun­que da cer­care altrove da Bru­xel­les o dalla Euro­to­wer di Fran­co­forte. Va infatti cer­cata nei movi­menti sociali che, in tutti que­sti anni, hanno scan­dito la rispo­sta poli­tica alla crisi del capi­ta­li­smo. Nel dia­rio di Marazzi sono pro­ta­go­ni­sti tutti i movi­menti sociali che, nell’ultimo decen­nio, hanno occu­pato le piazze e le strade euro­pee, per­ché, come scrive più volte l’autore, la posta in gioco è la riap­pro­pria­zione della ric­chezza che è finita nelle casse delle imprese in oltre trenta anni di neo­li­be­ri­smo. Que­sto può avve­nire solo in una auspi­ca­bile pro­spet­tiva con­ti­nen­tale dei movi­menti sociali.

Il secondo campo di ana­lisi è, appunto, la cre­scente inte­gra­zione tra finanza e pro­du­zione. Su que­sto Marazzi è con­sa­pe­vole che, nella rifles­sione mar­xiana, la finanza ha un ruolo «paras­si­ta­rio»: la sua tesi è che la finanza è diven­tata nel tempo uno dei pila­stri dell’economia capi­ta­li­sta, al punto che svolge un ruolo «poli­tico» di coor­di­na­mento e di gestione dell’economia capi­ta­li­stica. Signi­fi­ca­tivi sono i rife­ri­menti a quella che viene chia­mata «pri­va­tiz­za­zione del wel­fare state», che non signi­fica solo la messa sul mer­cato di alcuni diritti sociali – la sanità, la for­ma­zione, la pen­sione, la casa -, ma che i sin­goli acce­dono al cre­dito per acqui­starli: anche qui la finanza svolge un ruolo fon­da­men­tale per acce­dere pro­prio a quei beni e ser­vizi fon­da­men­tali. Forte la sin­to­nia con la rifles­sione di Mau­ri­zio Laz­za­rato sulla Fab­brica dell’uomo inde­bi­tato. Tutto ciò non porta a dire che la pro­du­zione e il con­sumo svol­gono ormai un ruolo «mar­gi­nale», bensì che la tota­lità mar­xiana dei rap­porti sociali capi­ta­li­stici è la ten­denza dive­nuta realtà.

Nell’era della governance

Non c’è mai, nelle due­cento pagine del libro, un’affermazione apo­dit­tica; mai un eser­ci­zio set­ta­rio di difesa di un punto di vista defi­nito apriori. Il libro di Marazzi è un «dia­rio» che non rinun­cia ad alcune con­vi­zioni, ma le mette sem­pre in rela­zione a quanto la realtà mani­fe­sta. Il dub­bio è, infatti, una costante di que­ste pagine.

Ciò non signi­fica che non ci sia una tesi forte al cen­tro del libro che può essere così rias­sunta: la crisi è un feno­meno non legato alla con­tin­genza, ma è una carat­te­ri­stica ormai strut­tu­rale del capi­ta­li­smo con­tem­po­ra­neo. E quello che la pub­bli­ci­stica chiama «cen­tra­lità della gover­nance» nella gestione della crisi, altro non è che le scelte e le poli­ti­che eco­no­mi­che, in Europa e non solo, sono fina­liz­zate a gestire la crisi dovuta sia al fun­zio­na­mento interno del sistema capi­ta­li­stico, ma anche a quell’azione di chi prova a con­tra­stare l’appropriazione pri­vata di una ric­chezza pro­dotta collettivamente.

La pre­ziosa indi­ca­zione di Marazzi è che anche le poli­ti­che di gestione della crisi sono ormai in crisi. Da qui l’enorme pos­si­bi­lità di tra­sfor­mare radi­cal­mente i rap­porti sociali di pro­du­zione capi­ta­li­stici. La cri­tica dell’economia poli­tica è dun­que cri­tica imme­dia­ta­mente poli­tica. E fa di que­sto libro un pre­zioso esem­pio di una cas­setta degli attrezzi per com­pren­dere, e tra­sfor­mare, la realtà.

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