G20 di Amburgo, ancora in cella i 5 italiani fermati. Polizia smentita dalla stampa

Amburgo. Nessun «attacco massiccio con bottiglie» come affermato dal vice capo della polizia

Quattro in cella nel Justizvollzugsanstalt Billwerder di Amburgo, mentre il neo-maggiorenne è detenuto a Jork nella Bassa Sassonia. Sono i giovani italiani arrestati il 7 luglio durante le manifestazioni contro il G-20: Alessandro Rapisarda e Orazio Sciuto, 25 e 32 anni, del centro sociale Liotru di Catania, i siciliani Riccardo Lupano e Emiliano Puleo, il giovanissimo bellunese Fabio Vettorel. Per la 23enne Maria Rocco di Cesiomaggiore (Belluno) le porte del carcere di Amburgo si sono riaperte l’11 agosto.

I cronisti del magazine tv Panorama e della Sueddeutsche Zeitung hanno verificato il video della polizia che contrasta con i verbali ufficiali a disposizione della magistratura. «Due bengala lanciati verso la piazza e uno sulla strada troppo lontano dagli agenti per configurasi come tentativo di assalto». E ancora: «Quello che non si vede è un singolo lancio di pietre o una sola bottiglia». Nel report del vice capo della polizia federale, invece, si legge di un «attacco massiccio e mirato con bottiglie, petardi e bengala».

Così Martin Dolzer, portavoce del Dipartimento Giustizia della Linke di Amburgo, continua ad insistere per la liberazione dei cinque italiani, gli unici ancora detenuti fra i 59 indagati per violazione dell’ordine pubblico: «L’impressione è che la magistratura soddisfi le esigenze del ministro dell’interno De Maiziere (Cdu) e del sindaco di Amburgo Scholz (Spd) a dure condanne, senza la presunzione di innocenza».

La senatrice Laura Puppato (Pd) ha invece sollecitato il governo Gentiloni ad agire in modo ufficiale nei confronti delle autorità tedesche: «I due ragazzi bellunesi erano a volto scoperto in un corteo autorizzato. L’arresto è scattato mentre proteggevano un’altra ragazza feritasi durante una carica di polizia. Nel caso di Vettorel dopo settimane di carcere preventivo non è stata formalizzata un’accusa».

Racconta Jamila Baroni, madre di Fabio che si è trasferita ad Amburgo in modo da poter seguire da vicino la vicenda giudiziaria: «Ha potuto effettuare una telefonata solo dopo 35 giorni di carcere. Gli è vietato scrivere o ricevere lettere. Sono riuscita a vederlo mercoledì scorso: sta bene fisicamente, tuttavia è nervoso e molto provato nel morale perché non si spiega il motivo della sua detenzione». Nella casa di reclusione, Fabio ha scontato un regime davvero speciale: «Tutte le visite autorizzate dal tribunale, ma in presenza della polizia con un interprete. Tutta la posta in uscita e in entrata acquisita dalla procura, tradotta e controllata. Tutti i pacchi sottoposti agli stessi controlli». E paradossalmente, nonostante qualsiasi modulo sia solo in tedesco e gli agenti penitenziari non comunichino in inglese, Jamila Baroni ha «scoperto» solo il 5 agosto l’impiegata responsabile dei detenuti stranieri che parla italiano.

E dal fascicolo della magistratura tedesca affiorano «suggestioni» tutt’altro che in sintonia con la procedura penale. Si parla di «aiuto psicologico» ai comportamenti violenti e il giudice capo della prima sezione penale, Marc Tully, descrive Fabio Vettorel come ispirato da «violenza profonda», con «tendenze criminali» frutto di «carenze educative».

Di ben altro tenore, la presa di posizione di Christiane Schneider, vice-presidente del Parlamento di Amburgo: «Se la rappresentazione di Panorama e Sueddeutsche Zeitung è corretta, allora abbiamo a che fare non solo con una presunta azione di polizia sproporzionata, ma anche con una falsa dichiarazione davanti alla commissione interna. Allora è tanto più forte la richiesta di una commissione parlamentare d’inchiesta».

FONTE: Sebastiano Canetta, Ernesto Milanesi, IL MANIFESTO

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