Movimenti. Gli attivisti del laboratorio autogestito hanno presidiato la sede vicina all’Università e hanno protestato contro il termine imposto dall’ateneo per la restituzione dello spazio occupato
TORINO. Manituana: questo è il nome che alcuni studenti torinesi hanno dato ad uno spazio abbandonato da tempo, adiacente al tristemente noto «Palazzo Nuovo», travagliata sede universitaria che dopo infiniti lavori di bonifica da amianto fatica a recuperare la piena fruibilità. Nel marzo del 2015 le stanze che furono sede di un master in giornalismo sono abbandonate: un gruppo di studenti le occupano e fanno sorgere un collettivo che prende il nome di Manituana, luogo mitico della tradizione irochese dove i Sioux-Lakota si rifugiano a seguito della sconfitta subita per mano dei coloni americani impegnati nella rivoluzione americana. Ma quella degli studenti torinesi appare più come una riconquista: perché in tre anni vengono organizzati centinaia tra incontri, concerti, dibattiti e confronti politici. Uno spazio aperto alla partecipazione, gestito in maniera sensata ed inclusiva. A fine luglio di quest’anno viene comunicato che dal prossimo quindici settembre Manituana sarà interessata da «importanti lavori di ristrutturazione». Una elegante locuzione per comunicare lo sgombero, veicolata attraverso il partecipativo mezzo dell’avviso affisso fuori dall’ingresso dei locali di via Sant’Ottavio 19 bis. L’università vorrebbe approntare un’aula studio dove un’aula studio, e non solo, c’è già. Stranamente, degli innumerevoli spazi a disposizione, molti in via di ristrutturazione, dati i lavori in corso presso il vicino «Palazzo Nuovo», viene scelta proprio la sede di un’occupazione. Casualità.
«Liberare uno spazio – sostengono gli studenti del collettivo Manituana – è stato per noi sinonimo di liberare saperi poiché crediamo fortemente che, oltre lo studio universitario e contro l’attuale miseria del mondo accademico, debba esserci la possibilità per tutti di sviluppare collettivamente capacità critica e immaginazione alternativa. A Manituana si tenta ogni giorno di instaurare relazioni paritarie e mai prevaricatrici, di trovare risposte collettive alla solitudine e all’atomizzazione». Ad agosto inizia una raccolta firme in difesa dell’occupazione e in pochi giorni ben mille torinesi sottoscrivono l’appello per la salvezza di Manituana. Da ieri lo spazio è a rischio sgombero, in attesa dell’incontro deciso con il rettore Gianmaria Ajani, previsto per il sette settembre. Le forze dell’ordine non si sono presentate, anche perché un nutrito gruppetto di studenti e non ha presidiato lo spazio occupato. L’amministrazione dell’Università di Torino, nelle passate settimane ha offerto uno spazio alternativo, giudicato dagli studenti inadeguato per continuare l’offerta culturale in essere. Luca, del collettivo avanza una speranza: «Ci aspettiamo che una spiegazione dettagliata sui lavori sia fatta, e che soprattutto ci sia un dialogo politico che porti ad una proposta da parte dell’Università adeguata a quanto ha prodotto Manituana in tre anni di autogestione».
FONTE: IL MANIFESTO
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