Togliatti. Il Migliore e il nemico, il noir indaga sul Pci

Apparati riservati e cimici a Togliatti. Ma il vero mistero è come sia sparito tutto quel mondo. A proposito dell’ultimo libro di Vindice Lecis

Dicembre 1951, via Arbe, quartiere Montesacro, Roma. Palmiro Togliatti esce dal villino con Nilde Iotti e la piccola Marisa. La scena è familiare, rassicurante. Ma quando i tre si allontanano un gruppo di uomini entra nella casa e la dissemina di microfoni. Non sono nemici. Sono compagni. Agli ordini del “partito”, in questo caso di Giulio Seniga, vicepresidente della commissione Vigilanza. Ma il segretario non sa nulla. Forse neanche Pietro Secchia, potente capo dell’organizzazione, “togliattiano riluttante”, contrario alla linea della legalità costituzionale che il Migliore ha imposto al Pci.

È l’episodio iniziale dell’ultimo noir storico di Vindice Lecis, Il nemico. Intrighi, sospetti e misteri nel Pci della guerra fredda (Nutrimenti, pp. 194, euro 16). L’autore, una vita da cronista all’Espresso, una seconda vita da scrittore, si basa su documenti in qualche caso inediti, archivi e sullo studio meticoloso della memorialistica sul Pci degli anni 50. Un partito di massa, due milioni di iscritti, tre scuole di formazione nazionali e molte locali che sfornano in 5 anni 61mila dirigenti. Ma il Pci è anche «un paese nel paese», assediato dal sospetto di intelligenza con l’Urss, bastonato nelle piazze, come spiega Secchia in una burrascosa seduta al senato («A Roma sono stati arrestati, dal primo di quest’anno, 868 lavoratori, 1119 sono stati processati in pretura o in tribunale, (…). A Napoli gli arrestati sono stati 407 di cui 308 processati e 99 condannati a pene varie. A Reggio Emilia, 410 arrestati per diffusione di manifestini, sciopero, strillonaggio dell’Unità…»). In piena guerra fredda in comunisti insomma sono il nemico della Dc, il partito di governo. Ma quanti nemici ha davvero Togliatti? È in questo clima che il Pci adotta una serie di rigorose misure interne: sconfina nella psicosi o non ha scelta? Lecis si diverte a descrivere l’apparato riservato, non inventa, non aggiunge, non serve. Nel suo racconto non ci sono cedimenti al complottismo, quello oggi che va alla grande nelle librerie (e nelle urne). Il meccanismo del giallo qui serve per indagare su alcuni punti dolenti della storia della sinistra, per tornare sui luoghi del delitto (politico). L’autore è un comunista italiano (nel senso di piccista) non pentito ma non agiografo. Nel precendente L’infiltrato riflette sulla partecipazione attiva del Pci alle operazioni del generale Dalla Chiesa contro le Br. Qui siamo vent’anni prima: le microspie ’amiche’ a casa di Togliatti nascono dalla necessità di proteggere il capo ma anche dalla ossessiva diffidenza di Botteghe Oscure nei confronti di Iotti, considerata troppo vicina ad ambienti cattolici. In quel periodo il segretario subisce un incidente d’auto, una successiva cura medica sbagliata lo riduce in fin di vita. Stalin non lo ama – è del 50 la “proposta” di andare a dirigere il Kominform, l’ufficio di informazione dei partiti comunisti, per farlo fuori dalla guida del più grande partito comunista occidentale. Dunque a chi risponde Secchia? E a chi Seniga, l’unico che conosce i nomi segretissimi dei compagni ai quali il Pci dà in custodia ingenti somme di denaro – utili in caso di golpe – e che nel 1954 fuggirà con la cassa per inseguire la fantasia di un partito rivoluzionario? Non manca poi l’indagine psicologica sui personaggi e sul vero mistero italiano: chi erano quei comunisti, e come si sono estinti.

Il nemico sarà presentato domani pomeriggio nella giornata finale della nona edizione di Florinas in giallo. Sul tema del ’furto’, variamente declinato, anche quest’anno autori e lettori si sono dati appuntamento nella cittadina logudorese arrampicata sulla collina, non lontano da Sassari, perfetta ambientazione per il festival «L’Isola dei misteri».

* Fonte: Daniela Preziosi, IL MANIFESTO

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